CAPELLUTI, Rolando, il Giovane

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 18 (1975)

CAPELLUTI, Rolando, il Giovane (Rolandus Capellutus Chrysopolitanus)

Federico Di Trocchio

Nacque a Parma intorno al 1430 da Rinaldo; si attribuì egli stesso l'appellativo "Chrysopolitanus" per distinguersi dal famoso chirurgo Rolando da Parma, che era vissuto nel secolo XIII, e che egli riteneva essere stato il capostipite della propria famiglia.

In realtà i primi membri della famiglia Capelluti dei quali si abbia notizia a Parma vissero nella prima metà del secolo XIV. Medico rinomato fu Iacopo, uomo di chiesa insignito di varie cariche ecclesiastiche, che fu prima al servizio del cardinale Gozio Battaglini da Rimini, e in seguito, nominato archiatra di Clemente VI, si trasferì in Avignone dove, con molta probabilità, frequentò il Petrarca, e dove venne a morte il 13 ott. 1343; restano di lui una Quaestio sul potere soporifero del carbone (cod. Parm. 1065 della Bibl. Palatina di Parma) e una raccolta di Praecepta medicinalia composta in collaborazione con Giovanni da Parma (cod. 655 della Bibl. Casanatense di Roma). Medico e chirurgo fu pure Manuello, la cui figlia Adelaide andò in sposa al marchese Cavalcabò Lupi di Soragna nel 1351. Lo stesso padre del C., Rinaldo, esercitò la professione di medico, ed oltre al C. ebbe un altro figlio, Giovanni, cui fu attribuito il Tractatus compilationis flobothomiae che occupa le carte 153-155 del ms. Parmense 1065; l'opera però, secondo il Pezzana, andrebbe attribuita ad un altro Giovanni Capelluti, pressoché contemporaneo di Iacopo.

Il C. compì i propri studi parte in Parma e parte in altre città, come egli stesso dichiara senza fornire ulteriori precisazioni; addottoratosi in medicina si iscrisse nella matricola dei chirurghi del Collegio medico di Parma, ed esercitò in seguito la professione in città e nei dintorni.

Parallelamente alla medicina il C. coltivò interessi filosofici di cui andava particolarmente fiero: egli stesso si definisce spesso filosofo. In medicina mostrò di preferire le terapie farmaceutiche alla chirurgia, e della filosofia lo attrassero maggiormente gli aspetti logico-dialettici.

Un avvenimento che turbò la sua coscienza di medico e filosofo, e fu occasione della composizione della sua maggiore opera, fu la peste del 1468. In quell'anno il C. non si trovava in Parma, ma appresa la notizia dell'insorgere dell'epidemia vi rientrò e si adoperò in ogni modo per renderne meno gravi le conseguenze: elaborò personalmente alcuni farmaci - e altri ne preparò secondo le ricette che aveva raccolto - la cui efficacia veniva decantata. In seguito compose al riguardo un trattato conservatoci in due redazioni non molto dissimili nel ms. Parmense 1065: la prima ha per titolo Tractatus brevis et pulcher de regimine pestis, e può essere considerata come una minuta del successivo Tractatus de curatione pestiferorum apostematum, composto in forma epistolare e dedicato nel codice a Petrus de Gualandis, il cui nome però risulta scritto da altra mano sul testo primitivo eroso. Questa seconda redazione fu in seguito pubblicata varie volte, a partire da una prima edizione uscita in Roma intorno al 1475 dalla tipografia di U. Han (cfr. Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d'Italia, II, nn. 2428-2431). Nel medesimo codice si conservano del C. anche alcune ricette sparse, aforismi e proverbi relativi alla professione del medico, un altro breve trattato contenente nove precetti per la cura dell'otite, alcuni Philosophica problemata e un incompiuto Tractatus de dialectica secundum s. Isidorum extractus a suo De ethimologiis.

Si ignora l'anno della morte del C., che con molta probabilità era ancora in vita nel 1480.

In quell'anno infatti un "Magister Rolandus Capellutus" entrò a far parte del Consiglio degli anziani della città di Parma; l'identificazione del personaggio è tuttavia dubbia, in quanto viveva allora, nella medesima città, un altro Rolando Capelluti figlio del quondam Dionigi.

Bibl.: I. Affò-A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, II, Parma 1789, pp. 266-269; VI, 2, ibid. 1827, pp. 210-214; G. Marini, Degli archiatri pontifici, I, Roma 1784, pp. 71-73; A. Pezzana, Storia della città di Parma, I, Parma 1837, pp. 26, 33, 260; III, ibid. 1847, p. 294; IV, ibid. 1852, pp. XXXI, 69, 192; U. A. Pini, R. C. iuniore e la pestilenza del 1468, in Minerva medica, LXX (1959), pp. 15, 93.

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