CAPITANATA

Enciclopedia Italiana (1930)

CAPITANATA (A. T., 27-28-29)

Goffredo COPPOLA
Carmelo COLAMONICO
Raffaele CIASCA

È la parte settentrionale della Puglia. L'origine del nome risale probabilmente all'epoca della dominazione bizantina, col significato di territorio amministrato da quei funzionarî del governo bizantino che ebbero il nome di "catapani".

La Capitanata è costituita da tre zone, le quali hanno forme e caratteri nettamente diversi fra loro: sono - da O. a E. - il paese appenninico, il Tavoliere di Puglia e il Gargano. La scarsa accessibilità delle alte coste garganiche e la frangia di lagune (i cosiddetti laghi di Lesina, di Varano, di Salpi) che orlano i tratti del litorale della Capitanata ne ostacolano i rapporti col mare e rendono spopolate le aree costiere: per molto tempo vero sbocco del Tavoliere sul mare è stato il porto di Barletta, nella Terra di Bari; oggi una discreta importanza ha, da questo punto di vista, il porto di Manfredonia.

Col censimento del 1° dicembre 1921, la Capitanata, su una superficie di 6951 kmq., raccoglieva una popolazione di 458.502 ab. La densità di popolazione risulta, pertanto, la più bassa di tutta la Puglia: 66 ab. per kmq. Uno dei caratteri principali della popolazione è, come nella massima parte della Puglia, il suo forte accentramento: nel 1921 la percentuale della popolazione sparsa nelle campagne era calcolata nella media del 5% sulla popolazione totale. Dei 54 comuni da cui, sempre all'epoca dell'ultimo censimento, la provincia era costituita, 25 avevano una popolazione superiore ai 5000 ab. ciascuno (e fra essi 13 superavano i 10 mila). L'area territoriale media di ciascuno di questi 54 comuni è di 129 kmq., la più alta fra le provincie italiane (fatta esclusione della sola provincia di Grosseto).

Nella Capitanata le occupazioni prevalenti della popolazione sono l'agricoltura e l'allevamento del bestiame. Il Tavoliere di Puglia, che è stato per molti secoli area prevalentemente utilizzata per pascolo, è oggi, per contrario, coltivato in gran parte a cereali, sebbene continui in alcune zone ad essere largamente sfruttato per l'industria armentizia; le colture arboree dell'ulivo, degli alberi da frutta e della vite sono diffuse nella zona di S. Severo a N. (molto nota per i vini bianchi) e in quella di Cerignola a S., oltre che in prossimità dei centri garganici. Nella fascia litoranea del Gargano settentrionale si è affermata, per la presenza di falde acquifere nel sottosuolo, la ricca coltura degli agrumi. Al confronto con le altre provincie del regno, quella di Foggia è una delle prime quanto a produzione di grano e di avena, e ne è addirittura la prima per l'estensione dell'una e dell'altra coltura. E fra le provincie pugliesi la Capitanata è al primo posto anche per la produzione di patate. Colture irrigue si trovano specialmente nelle immediate vicinanze dei centri (San Severo). L'allevamento del bestiame riguarda specialmente gli ovini; i suini sono allevati quasi esclusivamente nel Gargano; è pure discreta la produzione equina; sebbene meno largamente di una volta, è anche oggi praticata la transumanza fra le zone piane della Capitanata e le montagne dell'Appennino Abruzzese, Campano e Lucano. Dipende dall'industria armentizia la considerevole produzione locale di formaggi (notissimi i "cacicavalli"), delle ricotte e delle mozzarelle (per cui va ricordata Foggia). Per i prodotti della pesca hanno considerevole importanza Manfredonia per la pesca marittima, e i cosiddetti laghi di Lesina, di Varano e di Salpi per la ricca pesca lagunare (anguille, cefali, ecc.). Nelle industrie estrattive vanno citati: il Gargano per il calcare compatto e in alcuni punti per i bellissimi marmi colorati, e Lucera per le argille, dalla cui presenza è favorita una locale industria ceramica; Margherita di Savoia, a O. della foce dell'Ofanto, ha vaste e ricche saline, fra le più importanti del regno. Vanno infine ricordate le industrie olearie e vinicole di primo ordine (specialmente a Cerignola e a San Severo), l'industria molitoria e quella delle paste alimentari (a Foggia, a Cerignola, ecc.), l'industria della carta (a Ortanova).

La Capitanata ha una rete stradale di grande importanza, sia per le comunicazioni su vie rotabili, sia per le comunicazioni ferroviarie: centro di questa rete è Foggia.

Bibl.: M. Manicone, La fisica appula, Napoli 1806; M. Fraccacreta, Teatro storico, topografico, poetico della Capitanata, Napoli 1835; S. Staffa, il presente e l'avvenire della provincia di Capitanata, Napoli 1860; F. Fonseca, Della Capitanata e dei modi di migliorare la sua regione piana, Torino 1862; L. Agnelli, la Daunia auntica e la Capitanata moderna e i boschi, Napoli 1879; T. Pensa, La Capitanata, Cerignola 1903; F. Sacco, Il Molise. Schema geologico, Roma 1908; R. Caggese, Foggia e la Capitanata, in Italia artistica, Bergamo 1910; A. Fraccacreta, Le forme del progresso economico in Capitanata, Napoli 1912; G. Checchia-Rispoli, Bibliografia geologica e paleontologica della Capitanata, Palermo-Roma 1912-1917; C. Colamonico, La distribuzione della popolazione in Puglia secondo la distanza dal mare, Roma 1918; id., La geografia della Puglia, 2ª ed., Bari 1926; C. Bertacchi, Puglia, Torino 1926; Touring Club Italiano, Guida dell'Italia meridionale, I, Milano 1926; Ente Autonomo Acquedotto Pugliese, Prima relazione sull'attività dell'Ufficio speciale irrigazione, Bari 1926 (con carta geologica al 500.000, a cura di B. Lotti); id., Seconda relazione ecc., Bari 1928; V. Rivera, Oro di Puglia, Firenze 1928.

Storia. - Per la stessa posizione geografica intermedia fra Roma e Bisanzio, fra il territorio longobardo e quello greco, la Capitanata fu per molti secoli del Medioevo contesa, corsa e ricorsa; fu campo trincerato di Longobardi, di Saraceni, dei papi e degli imperatori dell'Oriente e dell'Occidente, finché il declinare della fortuna degli Ottoni permise ai Bizantini, che erano rimasti aggrappati a Siponto e nelle sedi vescovili di Ascoli e di Bovino, di riconquistarla sino al Fortore al nord e al Basento a ovest. Queste terre, appunto, costituirono il "tema di Langobardia". Comandata da un catapano greco (onde l'antica Daunia tolse il nome metatizzato di Capitanata, quasi "terra del catapano", alle cui dipendenze erano gli "spatarî", fu dai Bizantini organizzata a difesa, soprattutto nella zona appenninica: ne derivò un certo riordinamento della vita civile. Sopravvenne la conquista dei Normanni, che, venuti in aiuto del capitano bizantino Maniace per Lacciare i Saraceni nuovamente insediatisi sul Gargano, s'impadronirono con un fortunato colpo di mano di Melfi, fino allora in mano dei Greci. Nella ripartizione seguitane delle terre conquistate e da conquistare (1043), la Capitanata venne distribuita fra Guglielmo (Ascoli), Rodolfo (Canne col territorio fino all'Ofanto), Gualtieri (Civitate), Rainolfo (Siponto e il Gargano).

La conquista si allargò presto. Nei due ultimi decennî del secolo XI, la Capitanata, posta ai confini del ducato col regno d'Italia fu teatro di zuffe, di ribellioni. Molte città passarono dai Normanni ai Greci e viceversa, al papa e all'imperatore tedesco; e il fuoco della rivolta non fu spento, se non quando alcuni fra i più irrequieti duchi e conti normanni partirono per la prima crociata, e quando a Troia, nel 1115 e nel 1120, auspice Callisto II papa, si riconciliarono il duca Guglielmo con Ruggiero di Sicilia, e conti, duchi, baroni, papa giurarono la pace. Nuove guerre domestiche, nuove sedizioni funestarono la Capitanata durante la prima metà del sec. XII, finché Ruggiero II non ebhe saldamente ristabilita, col 1140, l'autorità regia. Però, sorta nel 1154 contesa fra Guglielmo I e il papa, tutta la Capitanata, salvo Troia, si unì al ribelle Roberto Loretello (o di Bassavilla); ma Guglielmo d'un tratto riprende Bari la Capitanata, Benevento; trionfa dei nemici, riporta nel travagliato paese la pace, durata poi fino alla morte di Guglielmo II (1189).

Federico II, pur avendo spostato il centro del suo regno in Sicilia, ebbe cura anche della Capitanata, che fortificò e affidò alle cure di un giustiziere; e il suo fu un periodo di rifiorimento civile ed economico.

Ciò nonostante, la Capitanata non fu sempre fedele all'imperatore svevo. Nella lotta con Gregorio IX, Troia e Foggia, ribelli, furono da Federico riconquistate col ferro e col fuoco. Sui Saraceni di Lucera invece poterono contare sempre incondizionatamente tanto lui quanto i successori della sua casa.

La Capitanata non si sottrasse alle tristi conseguenze della signoria angioina: le città si videro ridotte le immunità e sentirono aggravarsi il giogo tributario, per effetto della politica estera angioina. Il tono della vita e della cultura si abbassa. Della Capitanata s'impadroniscono mercanti e banchieri genovesi prima, e poi fiorentini e veneziani, esportatori privilegiati dei prodotti agrarî del paese, monopolizzatori del traffico e dei porti. Dallo stabilimento della signoria angioina in poi, l'importanza politica della Capitanata diminuisce straordinariamente. Alla celebre sollevazione dei baroni contro Ferdinando d'Aragona presero parte i centri più notevoli della regione: Lucera, Troia, Foggia, S. Severo e Manfredonia. Nella repressione seguitane, Lucera fu guastata, il santuario e il teatro di Monte S. Angelo, dov'erano raccolte tutte le ricchezze delle Puglie, furono saccheggiati.

Da secoli remoti la Capitanata piana era meta invernale degli armenti dell'Abruzzo, per i quali si pagava un diritto alla dogana di Foggia. Alfonso I d'Aragona ne riordinò l'esazione, proponendovi un presidente, di stanza a Foggia; l'esazione di quella dogana fu uno dei motivi della lotta fra Ferdinando di Spagna e Luigi di Francia che portò all'incursione in Capitanata di truppe francesi comandate dal duca di Nemours. Anche la guerra fra Carlo V e Francesco I ebbe una fase nella regione: l'assedio di Foggia, difesa dalle truppe di Carlo V. Il moto masanielliano ebbe esso pure un'eco in Capitanata, a Foggia.

Foggia e le terre contigue furono presto democratizzate nel 1799; ma la reazione, prima e più che dalle armate alleate, venne compiuta dai contadini tumultuanti contro i proprietarî per il possesso della terra. Una provvida riforma del restaurato governo francese, l'abolizione dell'ordinamento della dogana del Tavoliere (21 maggio 1806), non diede tutti i frutti sperati, sia perché fu, dopo pochi anni, revocata dal restaurato regime borbonico, sia perché allora e per alcuni anni dopo le campagne furono infestate dai briganti. La loro repressione, pur essendo stata iniziata dal governo francese e da quello borbonico (memoranda la strage del 1817 dei fratelli Vardarelli), fu una triste eredità lasciata allo stato italiano.

I moti del 1820 furono in Capitanata preparati dal "senato della Daunia", presidente Francesco Paolo Cassitti di Lucera, con programma avverso alla coscrizione militare, favorevole a sgravî tributarî e daziarî e a riduzione di prezzi di alcuni generi. Centri del movimento culturale ed economico e della propaganda nazionale furono Lucera e Foggia, capoluogo della regione dal regno di Giuseppe Bonaparte. Esse organizzarono i gruppi liberali della provincia, mantennero il collegamento con Bari, con Potenza e con Napoli; organizzarono le feste per la costituzione del '48, la resistenza durante la reazione soprattutto contro le mene dei contadini, illusi, si disse, dagl'ideali del comunismo; prepararono truppe e denari nel 1860-61 per facilitare a Garibaldi l'esito della spedizione, resistettero alla reazione borbonica e al brigantaggio politico ed economico, collegantesi col brigantaggio del Barese e della Basilicata. Dal 1860 in poi, nonostante crisi agrarie e sociali (quella vinicola, in particolar modo), la Capitanata ha sviluppato le sue migliori energie.

Bibl.: F. Borsoni, Geografia e storia della Capitanata, 1884; Consalvo di Taranto, la Capitanata al tempo dei Normanni e degli Svevi, Matera 1925. Notizie interessanti sui primi secoli del Medioevo sono nelle note opere di J. Gay, l'Italie méridionale et l'empire byzantin, Parigi 1904, trad. ital., Firenze 1907; e dello Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, voll. 2, Parigi 1907. Sull'economia della Capitanata son da vedere A. Fraccacreta, Forme ed aspetti dell'economia in Capitanata, Napoli 1916; e V. Rivera, Oro di Puglia, Firenze 1928.

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