Capitani di Parte guelfa

Enciclopedia Dantesca (1970)

Capitani di Parte guelfa

Guido Pampaloni

. Era a Firenze il massimo organismo della Parte, di cui, unitamente al Consiglio di Credenza, deteneva il potere effettivo. In origine si avevano soltanto tre C. (il termine Consoli dei Cavalieri, di cui parla il Villani [Cron. VII 17], si riferisce al periodo precedente e non ha nessuna relazione con questo momento), in seguito furono raddoppiati, sembra nel 1323, quando si vorranno far pervenire a quella carica anche elementi del popolo grasso per bilanciare il potere dei Grandi, sempre protesi nel tentativo di trasformare la Parte in un organo di natura decisamente politica.

Per quanto riguarda l'origine della Parte guelfa, variamente se ne è discusso nella storiografia fiorentina, volendola alcuni nata nel 1267 e facendola altri sorgere in un imprecisato periodo precedente; ma la discordanza è più apparente che sostanziale, ed entrambe le ipotesi hanno una loro parte di verità.

Al tempo del regime consolare, e anche al principio di quello podestarile, il potere del comune, com'è noto, è appannaggio pressoché esclusivo della nobiltà cittadina, saldamente unita in una societas militum. Ma col volgere degli anni l'unità del gruppo dirigente s'intacca e poi si rompe definitivamente: motivi fondamentali, la naturale grandigia delle casate e l'aspirazione alla supremazia politica dei vari gruppi; la lotta fra Papato e Impero e la divisione della società del tempo nei due partiti di guelfi e ghibellini sono lo sfondo grandioso nel quale s'innestano le discordie cittadine.

La rottura del gruppo nobiliare causa a sua volta una scissione nella societas militum : a Firenze, nel 1248, è documentata l'esistenza dei Capitanei Partis Ecclesiae, cui fa da contr'altare una Pars Ghibellinorum; le due organizzazioni sono naturalmente legate molto strettamente alla vita e alle fortune dei partiti dei guelfi e dei ghibellini.

I guelfi fiorentini, pur stando in esilio, contribuirono in maniera massiccia all'impresa di Carlo d'Angiò contro Manfredi (1266), inviando denaro e un forte contingente di cavalieri, i quali da papa Clemente IV avevano avuto l'insegna (un'aquila rossa in campo bianco nell'atto di atterrare un drago verde: in seguito sulla testa dell'aquila sarà aggiunto un giglietto), che poi diverrà l'emblema ufficiale della Parte guelfa fiorentina.

Con la vittoria degli Angioini e la fine della dinastia sveva, naturale protettrice dei ghibellini, i guelfi fiorentini trionfano definitivamente e il loro partito ne viene a essere enormemente rafforzato (1267) : è di questo periodo la radicale riorganizzazione della Parte chiamata a occupare un posto di primissimo piano nella vita politica della città.

Fino alla pace del Cardinal Latino (1280), la Parte guelfa sarà la base del potere e addirittura si immedesimerà nel comune: logica quindi la riorganizzazione, a conclusione della quale si avrà un ufficio strutturalmente e politicamente ben diverso dalla precedente Pars Guelforum, quando questi ultimi formavano semplicemente un partito non ancora al potere, se non addirittura in esilio : da questi presupposti è nata in alcuni storici (per tutti valga il Capponi) l'ipotesi, naturalmente erronea, dell'istituzione ex novo della Parte guelfa di Firenze.

Fino allo statuto del 1335 (quello precedente è andato perduto) decisamente scarsi sono i documenti relativi alla Parte guelfa; pochissime sono le notizie che la riguardano direttamente, e quasi tutte son desunte da cronisti (Malispini, Compagni, Villani, Marchionne di Coppo Stefani); la conclusione di questo stato di fatto è una scarsa informazione sull'organizzazione dell'ufficio per tutto il Duecento e per i primi del successivo Trecento, mentre lo statuto, edito dal Bonaini, riflette una situazione vicina all'anno della sua redazione; da qui le incertezze e, spesso, le contraddizioni degli storici per il primo periodo della vita dell'istituto.

I C., eletti per scrutinio in seno al Consiglio maggiore della Parte, duravano in carica due mesi ed erano scelti per sesto, cioè seguendo il criterio delle circoscrizioni toponomastiche della città: nella gerarchia dell'istituto occupavano il posto più alto e spettava a loro la difesa della Parte e il prendere i provvedimenti contro i ghibellini: intervenivano anche alle sedute dei consigli del popolo e del comune, cosa questa che aumentava di non poco la loro autorità potendo essi, col proprio intervento, influenzare direttamente l'azione politica dello stato.

Quella di C., almeno nel corso del Duecento, fu carica di possesso pressoché esclusivo dei Grandi; e, lo ripetiamo, sarà proprio per far da contrappeso al loro esclusivismo che ai primi del Trecento si ricorrerà al raddoppio di essi e all'immissione nel Capitanato di elementi del popolo grasso. Durante la carica i C. non potevano essere perseguitati per debiti e godevano del privilegio di portare armi addosso e di uscire di notte: all'insediamento dell'ufficio dovevano recarsi presso i Signori per raccomandar loro la Parte guelfa.

All'amministrazione dei beni della Parte, mobili e immobili, pensavano i priori della pecunia, i cui compiti molto spesso sono stati confusi con quelli dei C.: erano 6 di numero, tre Grandi e tre popolani, e duravano in carica sei mesi. Organi esecutivi e di amministrazione insieme erano il notaio, il camarlingo, il conservatore dei sigilli, mentre di schietta natura politica era il Sindaco accusatore dei ghibellini. Come tutti gli organi pubblici di Firenze, gli ufficiali della Parte nelle loro funzioni erano assistiti da Consigli speciali (v.), che il diritto pubblico del tempo ha posto al loro fianco per dare la sanzione finale al loro operato.

In seguito all'incameramento e alla vendita (il " far mobile " del Villani) dei beni dei ghibellini (1267 e anni successivi) la Parte guelfa divenne un ufficio molto ricco, tanto che il comune e la maggior parte dei banchieri fiorentini del tempo, e i maggiori per giunta, figurano suoi debitori, come dimostra un prezioso codicetto degli anni 1275-1278; ma dal 1279 la politica finanziaria dell'istituto subì un brusco cambiamento e si diede all'acquisto di beni immobili, divenendo in breve volgere di anni titolare di un vistoso patrimonio immobiliare, consistente specialmente in case e , botteghe in città.

Dal punto di vista politico il periodo in cui la Parte guelfa ebbe un posto preminente nella vita fiorentina furono gli anni 1267-1280, cioè quel lasso di tempo che corre dall'affermazione dei guelfi alla pace del Cardinal Latino. La Parte, che si arrogava il diritto di salvaguardare l'ortodossia guelfa, come l'inquisizione doveva guardare la purezza della fede (ma qui, bisogna pur dirlo, erano in giuoco anche vistosissimi interessi, come mostrava l'enorme ricchezza accumulata sulle spoglie dei ghibellini), costituiva la base di ogni potere e rappresentava le forze più attive e fattive del comune, le grandi casate guelfe, che determinavano l'indirizzo politico generale dello stato. Sarebbe però contrario alla verità pensare che la Parte fosse esclusivo dominio dei Grandi, anche se è vero che i membri delle famiglie più cospicue di questi vi predominavano : ma autentici popolani ne fecero parte anche nel periodo di indubbio predominio dei Magnati e in essa Parte avevano trovato posto anche quei ceti commerciali e finanziari di Firenze legati profondamente a Roma, alla Francia e agli Angioini di Napoli.

Il predominio politico della Parte viene meno con la pace del Cardinal Latino del 1280 (formazione di un governo con la partecipazione dei guelfi e dei ghibellini) e più ancora con l'istituzione del Priorato del 1282, col quale la base del potere si sposta sulle corporazioni artigiane, specialmente su quelle maggiori, che avevano fatto la fortuna economica della città: la Parte guelfa continuerà a essere il recettacolo dei Grandi, ma avrà le unghie tagliate, e vani saranno i suoi sforzi nel corso del tempo per ritornare a spadroneggiare nella vita politica della città.

Bibl. - Villani, Cronica VII 27; Ricordano e Giac0tt0 Malispini, Storia fiorentina, cap. CXCVIII; Statuto della Parte guelfa di Firenze compilato nel 1335, a c. di F. Bonaini, in " Giorn. stor. degli Arch. toscani " I (1857) 1-41 ; F. Bonaini, Della Parte guelfa in Firenze..., ibid. II (1858) 171-187, 257-289; III (1859) 77-99, 167-184; IV (1860) 3-31; Le Consulte della Repubblica fiorentina dall'anno MCCIXXX al MCCXCVIII, a c. di A. Gherardi, I, Firenze 1896, 4-5; U. Dorini, Notizie storiche sull'università di Parte guelfa in Toscana, Firenze 1902, 5, 7, 9, 10, 13, 17; R. Caggese, Su l'origine della Parte guelfa e le sue relazioni col Comune, in " Arch. Stor. It. " S. V, II (1903) 265 ss.; Marchionne Di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, a c. di N. Rodolico, in Ret. Ital. Script. XXX 1, rubrica 134 ss.; N. Ottokar, Il comune di Firenze alla fine del Dugento, Firenze 1926, 8, 22, 37, 47-48, 55, 59, 62-63; P. Villari, I primi due secoli di storia di Firenze, III ediz. (s.d.) 233, 432; G. Salvemini, Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295, Torino 19602, 303, 315, 317, 412; Davidsohn, Storia IV I 187, 196, 197.

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