CAPPADOCIA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1993)

CAPPADOCIA

N. Thierry

(gr. Καππαδοϰία)

Regione della Turchia corrispondente, in senso storico e geografico, alla zona centrale dell'altopiano anatolico; dal punto di vista della produzione artistica di epoca medievale, la C. risulta invece più circoscritta e si estende dai dintorni di Niğde, a S, fino al fiume Kızıl Irmak (l'antico Halys), a N, e da Aksaray (Archelais), a O, a Kayseri (Caesarea), a E.Sulla base del recente inventario delle necropoli grecoromane, è stata accertata una continuità sia degli insediamenti rupestri e ipogei sia di quelli subdiali tra l'epoca pagana e quella cristiana. Così, per es., lo sviluppo medievale di Göreme ha le sue radici negli insediamenti di Çavuşin e Maçan, a loro volta sorti dall'antica città di Uenasa (l'od. Avanos), consacrata al culto dello Zeus celeste (Strabone, Geographia, XII, 2, 5).La C., la cui popolazione si convertì assai presto al cristianesimo, contava, a partire dal sec. 2°, numerose comunità cristiane e nel sec. 4° Gregorio di Nissa (Ep., II, 9) sosteneva che la regione contava un numero di chiese superiore a quelle esistenti nel resto del mondo. All'epoca paleocristiana risalgono alcune chiese in muratura, come la basilica di Eski Andaval, presso Niğde, e rari monumenti rupestri, come la basilica interrata di Maçan o quella di S. Giovanni Battista di Çavuşin.La storia della C. cristiana non si lega a quella di Costantinopoli, ma s'intreccia piuttosto con quella delle contigue regioni transcaucasiche, Armenia e Georgia. Pertanto è possibile individuare un periodo preislamico, che dura fino alla metà del sec. 8°, senza soluzione di continuità con l'età antica, in cui la C., situata nel cuore dell'impero bizantino, era una provincia popolosa e ricca. Contrariamente alla Georgia e soprattutto all'Armenia, la C. non fu occupata dagli Arabi, ma, divenuta una provincia di confine, fu prostrata dalle loro ripetute razzie annuali tra l'inizio dell'8° e la metà del 9° secolo. È il periodo dell'iconoclastia (726-843), ma in C., a causa della cospicua presenza di forze militari presso le quali la venerazione delle immagini era ben radicata, tale dottrina ebbe applicazione solo parziale.La riconquista delle province orientali dell'impero portò pace e prosperità alla C. e il sec. 10° e i primi tre quarti dell'11° segnano l'apogeo della regione in età medievale. Nell'ambito dell'aristocrazia terriera emerse la famiglia dei Foca, che sarebbe approdata al trono imperiale nella persona di Niceforo (963-969). Questi, prima dell'inizio del suo regno, fu fra i committenti della splendida decorazione della chiesa nuova di Tokalı a Göreme; anche quella della Grande colombaia di Çavuşin, che reca ancor oggi il suo nome, fu concepita in suo onore.L'arrivo dei Turchi in C. cadde nel pieno del periodo di prosperità (Cesarea fu conquistata nel 1081) ed ebbe carattere definitivo. Dopo lo stato di guerra permanente del sec. 12°, la rinascita economica dell'Anatolia nel sec. 13°, sotto le dominazioni selgiuqide e mongola, coinvolse anche la popolazione greca; in questo periodo furono restaurate e decorate numerose chiese. Il carattere rupestre, connesso alla morfologia della montagna, spiega la conservazione in C. di un gran numero di monumenti medievali, dai semplici oratori alle chiese di grande prestigio, dagli eremi ai monasteri. Questi ultimi fanno parte talora di insiemi complessi, come l'eccezionale Açık Saray ('palazzo aperto'), nei pressi di Gülşehir, che comprende numerosi magazzini e foresterie, tre monasteri e due chiese.Sebbene agli inizi il monachesimo abbia assunto in C. carattere essenzialmente anacoretico, anche in epoca molto antica esistevano monasteri: è il caso di quello di Özkonak, a N-O di Uenasa, che si può datare al sec. 6°, o di quello dell'Üzümlü Kilise ('chiesa dell'uva') di Zelve, che forse è ancora precedente. Si deve del resto al più illustre dei Padri della Chiesa di C., Basilio il Grande (330-379), la regola monastica detta basiliana. Nella regione l'aspra configurazione del rilievo favoriva la vocazione degli asceti, alcuni dei quali, emuli dei santi stiliti, vivevano su alti speroni rocciosi. Quanto ai monasteri, situati all'interno o nei dintorni dei borghi, essi facevano parte del paesaggio rurale; nel corso del Medioevo servirono anche come luoghi di rifugio; infatti, la popolazione religiosa e quella laica vivevano l'una accanto all'altra e le loro tombe sono vicine tanto nei cimiteri quanto nelle chiese. Tra i complessi monastici dei secc. 10° e 11° sono da menzionare quelli di Hallaç Manastir, nei pressi di Ortahisar, di Eski Gümüş, non lontano da Niğde, il gruppo del circo di Göreme e il Saray di Erdemli.L'architettura delle chiese rupestri riprende abbastanza fedelmente quella degli edifici in muratura coevi: le tipologie sono molto varie, a pianta longitudinale o centrale, mentre la navata trasversale, di matrice mesopotamica, si trova solo sporadicamente. A partire dal sec. 10° si moltiplicarono le piante a croce greca inscritta, a scapito di quelle a croce libera. Di questi edifici si conservano non solo gli alzati - cupole, coperture piane e volte - ma anche l'arredo: gli altari, i seggi e, nel caso della basilica di Durmuş Kilisesi a Maçan, di epoca protobizantina, anche l'ambone centrale; nel sec. 11° poi le recinzioni presbiteriali si svilupparono, diventando vere e proprie iconostasi.Per la storia dell'arte bizantina, l'interesse della C. risiede soprattutto nel gran numero di cicli pittorici decorativi che vi si conservano, nella maggior parte in frammenti. Sono state inventariate più di duecento testimonianze di pittura murale, distribuite soprattutto fra Yeşilhisar e Ürgüp, nonché nei pressi di Aksaray (nello Hasan Dağı). Tuttavia, non sono rari i monumenti isolati.La cronologia delle pitture della C. può basarsi su iscrizioni dedicatorie solo a partire dal sec. 10°, ragion per cui a lungo si è creduto a una sorta di generazione spontanea delle chiese in questo periodo. Pochi sono i complessi provvisti di una datazione precisa. La decorazione della Tavşanlı Kilise, nei pressi di Ortahisar, e quella del S. Giovanni di Güllü Dere, nei pressi di Çavuşin, risalgono agli inizi del regno di Costantino VII (913-920); quella dell'Eğri Taş Kilisesi, nello Hasan Dağı, risale al regno di Costantino VII e Romano Lecapeno (921-944). La Grande colombaia di Çavuşin, o chiesa di Niceforo Foca, commemora le vittorie di quest'ultimo e si può quindi datare tra il 965 e il 969. La chiesa nuova di Tokalı, che è precedente, è datata al 950-960.Del sec. 11° si conoscono la Direkli Kilise (976-1025) e il S. Michele di Ihlara (1055-1056), la chiesa di S. Barbara (1006, piuttosto che 1021) e la Karabaş Kilise (1060) nel vallone di Soğanlı. Al sec. 13° sono datate la Karşı Kilise (1212), la chiesa dei Quaranta martiri di Suveş (1216-1217) e il S. Giorgio di Belisırma (1283-1295).I complessi pittorici datati di queste chiese consentono di classificare le decorazioni che sono loro affini: la chiesa vecchia di Tokalı, per es., si ricollega a S. Giovanni di Güllü Dere, mentre l'abside di Eski Gümüş e la chiesa di Ayvalı Köy vanno riconnesse al S. Michele d'Ihlara. La cronologia delle altre pitture della C. viene fissata sulla base di confronti e, all'interno del singolo monumento, della concordanza dei suoi elementi costitutivi.Le chiese più antiche, di età preiconoclasta e iconoclasta, non hanno iscrizioni datate, come accade per es. per le cappelle copte contemporanee, e possono quindi venire identificate solo in base a specifiche caratteristiche: programma di tipo votivo e dogmatico (come a S. Maria Antiqua a Roma e a S. Demetrio di Salonicco), dettagli iconografici ed epigrafici, motivi ornamentali che trovano confronto nella Spagna visigota, nell'Italia longobarda, nella Transcaucasia preislamica, nell'Egitto bizantino e nella Siria bizantina e omayyade. Il 15% ca. delle decorazioni risale al periodo compreso tra il sec. 6° e la metà del 9° (inclusa la fase iconoclasta, che non risparmiò la provincia, come testimonia Areta di Cesarea, il quale ancora intorno al 900 lamentava la persistenza di un'iconoclastia di matrice popolare); il 30-35% è databile dalla fine del sec. 9° alla metà del 10°; il 10-15% risale alla metà del sec. 10°; il 25-30% ai primi tre quarti del sec. 11°; infine, il 15% appartiene al 13° secolo. Nella produzione monumentale si possono riconoscere dunque due periodi di stasi: uno, relativo, nell'8° e l'altro, totale, nel 12° secolo.Dal punto di vista della tecnica esecutiva, è necessario distinguere la pittura murale su intonaco dalle decorazioni di carattere solo grafico realizzate direttamente sulle pareti - suddivisibili al loro interno in fregi e motivi vegetali grossolani, croci di consacrazione, croci apotropaiche o magiche -, diffuse in tutte le epoche, talora rimaste l'unico elemento decorativo, talora ricoperte in seguito da vere e proprie pitture murali. La tecnica operativa subì poche trasformazioni nel corso dei secoli: si tratta essenzialmente di pittura a secco, in cui il legante più consueto è la caseina, mentre i pigmenti sono sempre prodotti naturali; l'intonaco era costituito in un primo tempo di gesso puro, poi, a partire dal sec. 9°, divenne un amalgama di calce e sabbia o un impasto di gesso, argilla e paglia triturata.I programmi iconografici, il vocabolario stilistico e l'ornamentazione cambiarono invece in maniera più significativa. Nei secoli che precedono l'iconoclastia, la pittura chiesastica esalta e invoca l'onnipotenza di Dio e le immagini costituiscono oggetti di culto al pari delle icone: vengono privilegiati i riferimenti alla grazia divina (Daniele nella fossa dei leoni, i Tre ebrei nella fornace, la Conversione di s. Eustachio in virtù del cervo che gli si rivela come Cristo). Le immagini assumono carattere dogmatico e simbolico: la Vergine è la 'porta di Dio', Giovanni Battista è il 'profeta dell'agnello che toglie i peccati del mondo'.Della vita di Cristo si privilegiano l'infanzia, che illustra la sua umanità, e la passione, che sviluppa il tema del sacrificio per la redenzione. Gli episodi significativi - il Battesimo, la Crocifissione, l'Ascensione - perdono del tutto il loro carattere storico e vengono trattati come rappresentazioni della gloria di Cristo. Così nel S. Giovanni Battista di Çavuşin (inizio sec. 7°) la scena dell'Incredulità di Tommaso mostra l'apostolo mentre si china di fronte a Cristo, senza toccare la ferita, come in S. Apollinare Nuovo a Ravenna. Le immagini teofaniche sono assai elaborate: per es. l'Ascensione con Cristo oratore della chiesa 1 di Balkanderesi o la Crocifissione trionfale della chiesa dello stilita Niceta, additata da Giovanni Battista e incorniciata dalla doppia fila degli apostoli. Nella chiesa di Gioacchino e Anna di Kızıl Çukur il ciclo della Concezione e dell'Infanzia di Maria è presentato come un susseguirsi di interventi divini, completato dall'immagine della Vergine nella mandorla, unica rappresentazione bizantina rimasta con questo soggetto dopo la distruzione del mosaico absidale della Panaghia Kanakaria di Cipro.Il simbolo cristologico della croce occupa un posto importante nei programmi di immagini votive, divenendo elemento esclusivo nelle decorazioni di epoca iconoclasta, senza modifiche del tipo di devozione. L'adorazione della croce si manifesta attraverso grandi pannelli votivi e croci che coprono soffitti, volte e conche absidali. Una serie di decorazioni (in cui rientrano tra l'altro quella della chiesa dello stilita Niceta, presso Ortahisar, e quella di Haghios Stephanos, in un monastero nei dintorni di Cemil) si distingue per gli sfondi con racemi di vite ancora d'ispirazione classica e talvolta popolati d'uccelli, ma la stilizzazione del fogliame deriva dall'Oriente antico e risulta affine all'ornamentazione sasanide nonché all'arte mediterranea. Nei pressi di Sinasos (Mustafapaşaköy) le pitture iconoclaste di Haghios Basilios si ricollegano ancora in qualche misura a quest'arte greco-orientale; nell'arco absidale i consueti busti dei patriarchi vengono sostituiti da croci. Nella chiesa 'iconoclasta' di Yaprakhisar (Davullu Kilisesi), s. Eustachio che insegue il cervo crucigero che si volge verso di lui è sostituito da un leone. È verosimile che le decorazioni funerarie recentemente scoperte a Karacaören, presso Ürgüp, siano anch'esse d'epoca iconoclasta; i racemi fioriti che incorniciano le croci evocano infatti l'arte omayyade.Tra la fine del sec. 9° e la metà del 10°, dopo più di un secolo d'interdizione delle immagini, le pareti delle chiese furono nuovamente coperte da decorazioni figurate, generalmente disposte su più registri, mentre l'ornamentazione fu limitata a qualche fregio. Anche le grandi croci votive scomparvero: il simbolo cristologico fu sostituito dalla figurazione della Vera Croce, al fianco della quale compaiono Elena e Costantino. Tali caratteri connotano le pitture di quest'epoca, classificate come 'arcaiche' da Jerphanion (1925-1942).Ne è ottimo esempio la chiesa vecchia di Tokalı: la sua navata è decorata con il tema della Vita di Cristo, i cui episodi formano una sequenza ininterrotta sulle pareti della chiesa, cominciando dall'alto della volta, a S, vicino al santuario. I quattro periodi (Infanzia, Vita pubblica, Passione e Risurrezione) sono diversamente sviluppati. L'ordine degli episodi è cronologico e la loro concezione è narrativa, sebbene la scena della Trasfigurazione venga estrapolata dalla sequenza per essere spostata nei timpani o sugli archi trionfali e l'Ascensione sia collocata al centro della volta o nella cupola. Nell'abside troneggiava il Cristo in maestà, circondato dalla sua guardia angelica, mentre nella parte inferiore delle pareti si dispiegava una lunga serie di raffigurazioni agiografiche. I testi cui questi cicli attingono sono sia i vangeli canonici sia quelli apocrifi; la libertà che ancora era lasciata ai pittori spiega la presenza di certe immagini rare, come la Trasfigurazione nella chiesa di S. Teodoro (Pancarlık Kilise), presso Ortahisar - abbinata alla visione del paradiso secondo l'Apocalisse di Pietro -, o il Giudizio di Pilato a Kokar Kilise (nel massiccio dello Hasan Dağı), dove Cristo è posto nella mandorla luminosa, allusiva alla sua divinità.Lo stile è estremamente vario: a S. Giovanni di Güllü Dere si ritrovano le convenzioni stilistiche dei mosaici della cupola di Santa Sofia a Salonicco; le pitture di Kılıçlar Kilise sono raffrontabili ai migliori prodotti degli inizi della rinascenza macedone; la Tavşanlı Kilise è invece testimonianza di un'arte in cui sopravvivono le tradizioni tardoantiche nelle forme in cui si erano conservate nell'arte copta o in quella protobizantina dell'Asia Minore; le pitture della Eğri Taş Kilisesi denunciano convenzioni rappresentative adottate nella Roma greco-siriaca dei secc. 8° e 9°; infine, la decorazione di S. Eustachio a Göreme presenta affinità con le arti popolari. I pittori di quest'epoca si ispirarono dunque a molteplici tradizioni, sia più antiche sia coeve, e anche al vicino mondo musulmano, ambito dal quale deriva per es. l'acconciatura dei capelli di s. Caterina nella chiesa vecchia di Tokalı.A partire dalla metà del sec. 10°, all'epoca della rinascenza macedone, le pitture testimoniano di una ricerca che investe tanto l'aspetto stilistico quanto l'esegesi dei testi che vengono illustrati. Così nella chiesa nuova di Tokalı l'iconografia della Pentecoste si arricchisce con la Consacrazione dei primi diaconi e con la Missione degli apostoli; la Crocifissione, posta nell'abside, è commentata dalla presenza di Geremia ed Ezechiele; infine, una bella immagine della Vergine Eleúsa sottolinea la natura umana del Bambino. Lo stile si ispira a modelli antichi diversificati, ellenistici e neoclassici; le figure sono slanciate e i panneggi assumono una consistenza plastica. Quest'arte si ritrova, in forme assai provinciali, nella vicina chiesa di Niceforo Foca, a Çavuşin, la cui decorazione pittorica è interessante soprattutto sul piano storico, in quanto presenta una scena di trionfo imperiale: nell'abside laterale nord compaiono Niceforo Foca, suo padre e suo fratello, eroi della guerra contro gli Arabi, e l'imperatrice Teofano affiancata dal figlio, il futuro Basilio II, mentre sulla parete laterale, come in una parata, avanzano due cavalieri, i comandanti dell'esercito d'Asia Giovanni Zimisce e Melias.Nei primi tre quarti del sec. 11° prosegue l'evoluzione avviata nel periodo precedente, ma i programmi si codificano secondo le formule ufficiali di Costantinopoli. In alcuni casi essi prevedono soltanto immagini di santi, in gran numero (come nella Direkli Kilise di Belisırma) o in pannelli isolati (come in molte cappelle di Göreme), in funzione di ex voto. Altrove i programmi si limitano alla scelta degli episodi cristologici più significativi (Annunciazione, Natività, Presentazione al Tempio, Battesimo, Risurrezione di Lazzaro, Crocifissione, Anastasi, Ascensione); poiché a tali episodi corrispondono altrettante feste della Chiesa bizantina, si è soliti parlare di cicli liturgici, in contrapposizione ai cicli narrativi. Le tre chiese di Göreme, Çarıklı Kilise, Elmalı Kilise e Karanlık Kilise, rappresentano altrettanti esempi emblematici di questi programmi decorativi, destinati a rimanere immutati nei secoli successivi. Tuttavia, mentre nell'abside principale delle chiese costantinopolitane viene normalmente collocata l'immagine della Vergine, i pittori della C. continuarono a rappresentarvi la Déesis, con il Cristo posto tra Maria e Giovanni Battista che intercedono per i fedeli.Lo stile delle diverse botteghe appare piuttosto vario: è prezioso e aristocratico nelle tre chiese di Göreme, con felici effetti manieristici in scene di particolare complessità (come l'Ascensione) e forme che richiamano quelle della capitale, il che si spiega con la presenza tra i donatori della Karanlık Kilise di un dignitario, l'entalmatikós Giovanni, emissario del patriarca di Costantinopoli. Nella Sümbüllü Kilise, nella Direkli Kilise e nella Ala Kilise di Belisırma, come anche nella S. Barbara di Soğanlı, lo stile è classico, mentre si fa più espressionistico nella Karabaş Kilise. Infine, forme semplificate, ridotte a una sorta di analisi strutturale dell'edificio e talvolta definite 'monastiche', si ritrovano nella chiesa di Ayvalı Köy e nell'abside di Eski Gümüş, dove appaiono formule rappresentative vicine a quelle dei mosaici greci di Hosios Loukas.Per quanto riguarda le pitture del sec. 13°, il loro carattere conservatore appare comprensibile se si considera che le comunità greche del sultanato di Rūm erano ormai in parte tagliate fuori dall'impero bizantino e infeudate nel mondo musulmano, dove fioriva una civiltà di livello molto elevato. Nella chiesa dei Quaranta martiri di Suveş (şahinefendi), la decorazione si ispira al classicismo del sec. 10° e l'Ascensione riproduce quella della Elmalı Kilise; nel caso della Karşı Kilise (presso Gülşehir), restaurata grazie a un'importante donatrice, il disegno delle figure risulta particolarmente sgraziato.È opportuno infine menzionare due casi 'anomali' dovuti senza dubbio ad artisti estranei alla C.: le pitture della Bezirhanı Kilisesi presso Belisırma e quelle della chiesa del villaggio di Yüksekli, a N del Kızıl Irmak, di fronte a Gülşehir. Si tratta in entrambi i casi di espressioni di un'arte sofisticata che tradisce influssi occidentali, analogamente a quanto si verifica per alcune opere bizantine risalenti alla fine del 13° secolo.

Bibl.: G. de Jerphanion, Une nouvelle province de l'art byzantin. Les églises rupestres de Cappadoce (Bibliothèque archéologique et historique, 5-6), 2 voll., Paris 1925-1942; N. Thierry, M. Thierry, Nouvelles églises rupestres de Cappadoce. Région du Hasan Daǧı, Paris 1963; M. Restle, Die byzantinische Wandmalerei in Kleinasien, 3 voll., Recklinghausen 1967; Arts de Cappadoce, a cura di L. Giovannini, Genève-Paris-München 1971; N. Thierry, Peintures d'Asie Mineure et de Transcaucasie aux Xe et XIe siècles, London 1977; Le aree omogenee della civiltà rupestre nell'ambito dell'Impero Bizantino: la Cappadocia, "Atti del quinto Convegno internazionale di studio sulla civiltà rupestre medioevale nel Mezzogiorno d'Italia, Lecce-Nardò 1979", a cura di C.D. Fonseca, Galatina 1981; La Cappadoce aux surprenantes richesses, Histoire et archéologie. Les dossiers, 1982, 63; N. Thierry, Haut Moyen Age en Cappadoce. Les églises de la région de Çavuşin, I, Paris 1983; L. Rodley, Cave Monasteries of Bizantine Cappadocia, Cambridge 1985; A.W. Epstein, Tokalı kilise. Tenth-Century Metropolitan Art in Byzantine Cappadocia (Dumbarton Oaks Studies, 22), Washington 1986; L'art religieux de la Cappadoce, Dossiers histoire et archéologie, 1987, 121; C. Jolivet-Lévy, Peintures byzantines inédites de Cappadoce, Archeologia, 1987, 229, pp. 36-46; Constantinus Porphyrogenitus and His Age, Athinai 1989, pp. 217-233; C. Jolivet-Lévy, Les églises byzantines de Cappadoce. Le programme iconographique de l'abside et de ses abords, Paris 1991.N. Thierry

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