CARACALLA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1959)

Vedi CARACALLA dell'anno: 1959 - 1994

CARACALLA (M. Aurelius Antoninus)

B. M. Felletti Maj

Imperatore romano. Nato a Lione nel 188 d. C. da Settimio Severo e Giulia Domna. A quattordici anni fu sposato a Plautilla. Salì al trono alla morte del padre (211) insieme al fratello minore Geta, ch'egli poco dopo uccise, rimanendo solo a regnare. Morì a Carre in Mesopotamia, a soli ventinove anni, nel 217 d. C. Fu divinizzato nel 218 da Elagabalo.

C. era di piccola statura (Herod., iv, 7). Il suo desiderio di somigliare ad Alessandro Magno lo induceva, secondo i biografi, a tenere torto il collo verso sinistra (Herod., iv, 8; Aur. Vict., Epit., 21). Le prime monete con la sua effigie si riferiscono al 196, ma nel 198-199 appare il suo busto laureato di Augusto fanciullo, poiché egli ebbe tale titolo quand'era appena decenne. A questi tipi monetali corrisponde il busto marmoreo di un florido fanciullo ricciuto, che un tempo si usava identificare con Annio Vero, ma che è riconosciuto ormai come Caracalla. Gli esemplari migliori sono forse quelli del Museo Naz. Romano e del Museo Naz. di Napoli; altri si trovano al Vaticano (Sala dei Busti, Chiaramonti, Braccio Nuovo, Magazzini), nelle ville Doria Pamphilj e Albani a Roma, a Palazzo Pitti a Firenze, nel Palazzo Ducale di Mantova, nella Gliptoteca Ny Carlsberg a Copenaghen, ai Musei di Berlino, al Louvre, a Tolosa, in Holkham Hall e Wilton House, al Prado, all'Ermitage. Si notano fra queste copie diverse varianti, ma è pure evidente la derivazione da un archetipo comune, partecipe del classicismo severiano per le larghe superfici chiare e lisce modellate con morbidezza, per le voluminose chiome con le ciocche lavorate ciascuna a sé e ravvivate dal chiaroscuro. Altri due monumenti riproducono, con la famiglia imperiale, C. ancora fanciullo, poco dopo l'elevazione al rango di Augusto: un disco ligneo dipinto proveniente dall'Egitto, dei Musei di Berlino, e un cammeo della Bibliothèque Nationale di Parigi; nell'uno e nell'altro, sui folti ricci del primogenito posa la corona d'alloro. Giovinetto intorno a quattordici anni C. è rappresentato nell'arco degli Argentari (203-204 d. C.) e nell'arco di Settimio Severo a Leptis Magna, con lunghi capelli ricciuti e col viso grassoccio, che ancora ricordano la tipologia del ritratto infantile. Nei coni monetali del 208 comincia ad apparire, infine, l'immagine di C. con una breve barba, fornendo così un dato cronologico a un gruppo di ritratti giovanili marmorei che trovano corrispondenza nei tipi monetali degli ultimi tre anni del regno paterno: un busto e una testa del Museo Torlonia a Roma, un busto del Museo Capitolino (Sala Imperatori), una testa in Holkham Hall, un busto nella Gliptoteca Ny Carlsberg di Copenaghen (n. 730), una testa nel British Museum. I caratteri stilistici di queste opere sono in contrasto, sia con i ritratti anteriori, sia con quelli di Settimio Severo, ma sono affini ai busti coevi di Geta: la barba brevissima e la massa compatta, antidecorativa, dei riccioletti poco voluminosi, sono espressi senza lavoro di trapano; il cranio è massiccio, i lineamenti pesanti sono resi con realismo. Nella testa del Museo Torlonia, che è dovuta a una notevole personalità di artista, si afferma una forte tendenza espressiva, che si svilupperà al massimo nella iconografia di C. imperatore, specialmente negli ultimi anni. Un singolare ritratto giovanile (Vaticano, Loggia scoperta) rappresenta C. col collo piegato e con lo sguardo in alto tipico della statua di Alessandro con la lancia, di Lisippo: è forse la prima traduzione artistica della posa prediletta del principe. I ritratti che, sulla base del confronto con le monete, si possono collocare all'inizio del regno (quali la bella testa del Museo Naz. Romano, proveniente dalla via Cassia; la testa dei Musei Vaticani esposta ai Quattro Cancelli; quella del Museo Capitolino, Galleria; l'altra di Villa Albani a Roma, collocata su busto moderno; il busto del Louvre n. 1105, proveniente dalla Coll. Borghese), segnano il risorgere dell'elemento decorativo e chiaroscurale nella chioma, e l'accentuarsi dell'espressività, che però non raggiunge ancora quella del busto di Berlino. In questa ultima opera è ormai fissata la maschera cupa e violenta del tiranno, che, unita alla torsione del collo, di sopravvivenza ellenistica, tende a divenire una tipologia convenzionale. All'incirca allo stesso periodo si possono ascrivere la testa del Museo Nuovo Capitolino, quella posta su una statua nuda nel cortile di Palazzo Mattei a Roma, e un piccolo busto, praticamente inedito, del Museo Archeologico di Firenze. Una corrente più affine a quella che ha prodotto i ritratti giovanili pare aver dato origine all'archetipo dei busti della casa delle Vestali, ora nel Museo Naz. Romano, e dell'Albertinum di Dresda, nei quali, tuttavia, si ripete la torsione del collo a sinistra, come nel busto di Berlino.

Un busto nella Gliptoteca Ny Carlsberg di Copenaghen (n. 730 a) e uno nel Museo Arch. di Venezia sono invece espressione di un più rozzo realismo, del tutto privo di spiritualità. Ultimo, cronologicamente, viene un ritratto che deve la sua fortuna a una bellissima replica rinascimentale della Collezione Farnese nel Museo Naz. di Napoli. Esistono però altre copie antiche a testimoniare la esistenza dell'originale: le teste su busto moderno al museo di Napoli ed al Capitolino (Sala Imp.), una testa con busto quasi tutto moderno al Vaticano (Sala dei Busti), un busto restaurato a Villa Albani (Roma), una testa su busto moderno al Museo Torlonia (Roma), un busto agli Uffizî, teste su busto moderno al Louvre, Sala di Settimio Severo, al British Museum, ad Erbach. La particolare torsione del collo è portata in quest'opera al suo limite estremo, come la torva espressività del volto. La violenza del movimento, la tensione e la contrazione dei muscoli, specialmente di quelli della fronte, hanno la loro origine in schemi e motivi ellenistici, ma sono al servizio di una ricerca espressiva che tende a fissare le caratteristiche individuali di una personalità psichicamente non comune, e tale da attirare l'attenzione. La testa nel Metropolitan Museum di New York, tipica per la morbidezza del modellato, non si riconnette alla tipologia ufficiale romana, da cui si scosta anche la testa marmorea colossale al Louvre, caratteristicamente provinciale. Notevoli sono inoltre le statue di C. effigiato come faraone nel museo del Cairo e a Filadelfia (da Koptos), più per le sue relazioni religiose con l'Egitto che dal punto di vista iconografico. Invece un monumento di grande interesse, ora al Metropolitan Museum, è una testa giustamente attribuita all'età di Alessandro Severo per i suoi dati stilistici. È questo l'unico ritratto postumo di C. che per ora ci è dato conoscere.

Bibl.: J. J. Bernoulli, Römische Ikonographie, II, 3, Stoccarda 1894, p. 47 ss.; K. A. Neugebauer, Die Familie des Septimius, in Die Antike, XII, 1936, p. 155 ss.; G. M. A. Richter, A Marble Portrait of Caracalla, in Am. Journ. Arch., XLIV, 1940, p. 439 ss.; B. M. Felletti Maj, Un ritratto di Caracalla dalla via Cassia, in Bull. Com., LXXII, 1946-48, p. 67 ss. Monete: H. Mattingly, Coins of the Roman Empire in the British Museum, V, Londra 1950, pp. 150 s., 171 ss., 183 ss., 205 ss., 329 ss., 383 ss., 436 ss., 531 ss.; L. Budde, Jugendbildnisse des C. u. Geta, Münster 1951; F. W. Goethert, in Neue Beiträge zur klassischen Altertumswissenschasft, Festschrift Schweitzer, Stoccarda 1954, p. 361 ss.