CARATTERE

Enciclopedia Italiana (1930)

CARATTERE (da χαρακτήρ "sigillo e impronta")

Antonio RENDA
Federico *RAFFAELE
Maria PIAZZA

La scarsezza di speciali considerazioni filosofiche sul carattere lascia prevalere e diffondersi un concetto empirico di esso, in cui si accordano tutti gli psicologi. In biologia il carattere indica ogni segno anatomico o fisiologico che distingue gl'individui; in psicologia l'unità delle volizioni in rapporto alle massime della condotta. Questa unità è d'ordinario concepita come un fatto e un prodotto di fattori fisici, fisiologici, psicologici, sociali, quasi la nostra personalità sia centro di molti circoli concentrici o la risultante di successive stratificazioni; onde il carattere è ravvicinato all'abitudine.

Un approfondimento del concetto kantiano di "carattere intelligibile" permetterebbe di oltrepassare le considerazioni empiriche dominanti, e di vedere nel carattere un atto di sintesi, sempre operoso, che è sorgente e condizione dell'unità delle volizioni e non il fatto del loro precedente e accumulato esercizio. In questo senso andrebbe corretto anche il concetto della formazione del carattere, opposta alla naturalità "data" del temperamento, e quindi quello della sua educazione. Grande importanza è stata conferita al valore e alla peculiarità (Eigentümlichkeit) del carattere dal romanticismo tedesco; ma si esaltava la sua individualità a scapito dell'universalità e razionalità. L'analisi psicologica del carattere mette in evidenza le sue qualità psichiche ed estrinseche più che il principio di razionalità che lo informa. Il Ribot distingue due fondamentali qualità: unità (coerenza) e stabilità (durata): con piccola differenza il Sergi distingue la costanza e la resistenza. La considerazione astratta delle massime ha condotto ad ammettere un carattere psicologico, amorale, non qualificato, o meglio estrinsecamente qualificato dalla sua coerenza, ed un carattere morale, investito del valore etico della massima.

Le questioni più discusse riguardano la differenza e i rapporti tra il temperamento "dato" e il carattere "acquisito", l'educabilità del carattere, la classificazione dei caratteri. Informate a criterî empirici, le classificazioni sono molte e nessuna soddisfacente; parecchie non riescono a tener fede alla distinzione del carattere dal temperamento e a superare la semplice descrizione; in tutte si rivelano instabili le differenze fissate. Ha oggi molto credito la classificazione del Ribot, che distingue caratteri sensitivi, attivi, apatici, con molteplici suddivisioni. Lo studio psicologico del carattere ha avuto un grande incremento nei sec. XIX: a ciò hanno contribuito molto le osservazioni cliniche sulle variazioni morbose della personalità e le esigenze pedagogiche. Oggi si distingue dalla psicologia generale un'etologia come scienza delle leggi formative del carattere in rapporto all'educazione (St. Mill, Logica, IV, 5) o una psicologia differenziale. Il Wundt riserva all'antologia lo studio del costume e chiama caratterologia lo studio del carattere (Logica, II, 2, 369). Per lo studio e l'educazione del carattere, nel 1925 N. Pende fondò in Genova uno speciale Istituto biotipologico; ma vi prevalgono intenti clinici.

Bibl.: G. Sergi, L'educazione del carattere, Torino 1885; Le stratificazioni del carattere, in Riv. di filos. scient., V (1883); F. De Sarlo, Psicologia e filosofia, Firenze 1918; B. Croce, Filosofia della pratica, II, v, Bari 1909; F. Del Greco, Psicologia dell'individualità, in Atti di antropologia, 1898; Temperamento e carattere, in Manicomio moderno, 1898; A. Renda, Le passioni, Torino 1906; L. Stern, Üeber Psychologie der individuellen Differenzen, Lipsia 1900 (con bibliografia; P. Malapert, Le caractère, Parigi 1912; Fr. Paulhan, Les caractères, Parigi 1913; T. Ribot, L'hérédité psych., Parigi 1924; id., Les maladies de la personnalité, Parigi 1925; id., La psychologie des sentiments, Parigi 1925; E. Kant, Anthropologie, Lipsia 1912; id., Kritik der prak. Vernunft, Lipsia 1920; Ch. Renouvier, La personnalité, in Année philos., X (1900); C. A. Helvetius, De l'homme, Parigi 1786; id., De l'esprit, Parigi 1880; G. G. Rousseau, Émile, Parigi 1915; A. Fouillée, Temperament et caractère, Parigi 1921; G. L. Duprat, L'instabilité mentale, Parigi 1899; P. Janet, L'automatisme psychologique, Parigi 1921; B. Perez, La caractère de l'enfant à l'homme, Parigi 1872; L. Duglas, L'éducation du caractère, Parigi 1912; A. Binet, Les altérations de la personnalité, Parigi 1892, e studî diversi in Année psychologique, 1896, 1898, 1902; I. M. Baldwin, Social and ethical interpretation in mental development, Londra 1897; Ch. Jeaumaire, L'idée de la personnalité dans la psych. moderne, Parigi 1882; H. Bailey, Bibliogr. references in ethologie, Berkeley 1899; A. Martin, L'éducation du caractère, Parigi 1900.

Il carattere nelle classificazioni naturalistiche. - Nella zoologia, nella botanica, nella mineralogia, si usa la parola "carattere" con varî significati. Nel significato più comune, i caratteri sono le qualità particolari atte a far riconoscere un animale, una pianta, un minerale e si riferiscono ai gruppi più o meno comprensivi della sistematica. Vi sono così caratteri di classe, di ordine, di famiglia, di genere, di specie, di varietà, ecc.

I caratteri debbono essere scelti in maniera da rendere quanto più è possibile sicuro e facile il riconoscimento dell'oggetto descritto e tali da potersi attribuire a tutti i componenti del medesimo gruppo. La scelta dei caratteri è stata ed è sempre una delle difficoltà maggiori delle scienze naturali e ha molte volte influito sulla interpretazione delle affinità fra organismi, o gruppi diversi. Tutta la storia della sistematica zoologica e botanica, con i numerosi e varî sistemi proposti e adottati successivamente, è, può ben dirsi, la storia dei diversi criterî con cui sono stati scelti i caratteri necessarî e sufficienti per definire con precisione i gruppi di animali, di piante, e anche, sebbene in forma alquanto diversa, di minerali (v. classificazione; sistematica).

I caratteri degli animali si sogliono distinguere in caratteri esterni ed interni, anatomici (detti anche morfologici, con espressione sul cui preciso uso non tutti sono d'accordo) e fisiologici, e gli uni e gli altri si possono riferire a gruppi più o meno estesi, che servono a definire e a distinguere dagli altri della medesima categoria; p. es.: caratteri degli esseri viventi, in opposizione a quelli dei corpi privi di vita, che permettono di creare e nettamente distinguere gli "organismi" dagli "anorganismi" attribuendo ai primi, come caratteri essenziali, la facoltà di assimilazione, di motilità, di eccitabilità, di riproduzione, d'autoregolazione.

Nel mondo dei viventi, si distinguono i due grandi regni, vegetale e animale. E una delle difficoltà più gravi è stata appunto la scelta dei caratteri distintivi fra questi due regni; perché, se a tutta prima sembra semplicissimo distinguere una pianta da un animale (e ciò è vero se si prendono in esame soltanto le piante e gli animali più grossi, meglio conosciuti da tutti), quando poi si vuole estendere le definizione di pianta, di animale agl'innumerevoli esseri microscopici, s'incontra, nella scelta dei caratteri distintivi, una difficoltà insuperabile, che Ernesto Häckel tentò di girare proponendo la creazione di un regno di Protisti, che comprenderebbe tutti gli organismi inferiori (per lo più microscopici), che non possono attribuirsi nettamente al regno animale né al regno vegetale. Sennonché, quando si vuol delimitare poi questo nuovo regno dagli altri due, s'incontrano le stesse difficoltà nello scegliere i caratteri distintivi (v. animale; pianta; protisto).

Un altro esempio dell'importanza che ha, per la delimitazione dei gruppi animali, la scelta dei caratteri, ci è offerto dalla posizione sistematica dei Vertebrati. Questa denominazione non lascia dubbio sulla condizione richiesta perché un animale si debba riferire a tale gruppo, la presenza cioè di una colonna vertebrale, che in tutti i vertebrati forma lo scheletro assile del corpo. In base a tale carattere fondamentale fu costituito il "tipo" dei Vertebrati, comprendente i Pesci, gli Anfibî, i Rettili, gli Uccelli e i Mammiferi. Ma se si sceglie come carattere di tipo la presenza di una corda dorsale, i limiti del tipo si allargano e vi rientrano gli Anfiossi (Cefalocordati), i Tunicati (Urocordati) e, secondo alcuni, gli Enteropneusti (Emicordati) e allora questi e i Vertebrati divengono sottotipi del tipo Cordati.

Oltre ai caratteri morfologici si possono prendere in considerazione quelli fisiologici, per es.: respirazione acquatica o aerea; regime carnivoro o erbivoro; nutrizione autotrofica (piante verdi) o eterotrofica; fra i caratteri fisiologici si possono comprendere quelli che si riferiscono allo sviluppo dell'organismo (embrionale e post-embrionale), contrapponendo p. es. lo sviluppo diretto a quello per metamorfosi. Altri caratteri sono quelli proprî del sesso negli organismi a sessi distinti; i cosiddetti "caratteri sessuali" che si distinguono in primarî (presenza di gonade maschile o femminile) e secondari, ossia caratteri proprî di uno dei sessi, quali p. es. la cresta e lo sperone dei galli, lo sviluppo delle mammelle nelle femmine dei mammiferi, la voce, il canto e via dicendo. Quanto all'origine dei caratteri, il problema rientra in quello dell'origine delle forme e può essere risoluto soltanto provvisoriamente e approssimativamente con ipotesi che si connettono con le ipotesi fondamentali dell'evoluzione. Si presenta allora la distinzione fra caratteri primarî, o palingenetici (originarî) e secondarî, o cenogenetici (acquistati cioè per modificazioni o adattamenti avvenuti durante l'evoluzione d'un gruppo di animali o di piante). Ma naturalmente, come è facile intendere, tale distinzione è per lo più arbitraria e discutibile, e possibile soltanto in base a premesse ipotetiche. V. evoluzione e embriologia.

I caratteri mineralogici. - I caratteri dei minerali possono essere, morfologici, fisici e chimici. A questi si devono aggiungere quei caratteri determinabili mediante i sensi, vista, udito, gusto, olfatto e tatto, che per la loro soggettività non possono servire per una rigorosa indagine scientifica. Maggiore importanza presentano, nel riconoscimento dei minerali, quelli che si percepiscono con l'occhio: colore, lucentezza, eccetera.

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