Caricatura

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Immagine espressionisticamente deformata a scopo satirico e umoristico, o densa di significati simbolici. È presente nella produzione figurativa di tutti i popoli e di tutti i tempi.

La c., nel senso moderno del termine, come esagerata accentuazione dei tratti fisiognomici di un determinato individuo con intenti comici e satirici, ottenuta prevalentemente con il disegno, nasce nell’ambito artistico bolognese, intorno ai Carracci. Nel 17° sec. emblematici sono i «ritratti caricati» del Guercino, del Domenichino, i disegni caricaturali di J. Callot, S. Della Bella e, particolarmente notevoli, quelli di G.L. Bernini. Momento di evasione, destinata a suscitare sorriso e diletto dapprima solo in cerchie ristrette, la c., dal 18° sec., conquista un pubblico più vasto attraverso la stampa (P.L. Ghezzi, A.M. Zanetti) e, soprattutto in Inghilterra, diventa strumento di critica sociale (W. Hogarth) e politica (Th. Rowlandson, J. Gillray).

Accanto alla c. dell’individuo nasce la c. di una situazione; si creano personaggi simbolici e si sviluppa il motivo del racconto figurato. Sorgono in Francia i primi giornali umoristico-satirici, La Caricature (1830), Le Charivari (1832), che si avvalgono per le illustrazioni del procedimento litografico con le eccellenti collaborazioni di P. Gavarni, Grandville e, soprattutto, H. Daumier. Analoghe pubblicazioni sorgono in tutta Europa: a Londra The Punch (1841), a Monaco Die fliegende Blätter (1844), a Torino Il fischietto (1848) e, al volgere del secolo, sempre a Monaco il mordace Simplicissimus (1896), che ha tra i suoi collaboratori Th. Heine. Pur presentandosi per i suoi caratteri distintivi come un vero e proprio genere artistico, la c. continua, nel 20° e 21° sec., soprattutto come strumento privilegiato della satira politica.

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