ARIENTI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 4 (1962)

ARIENTI, Carlo

Angela Ottino Della Chiesa

Nacque il 21 luglio 1801 ad Arcore da Bernardo, direttore botanico dei giardini di Mantova: bambino autodidatta, copiò in disegni gli affreschi del Palazzo ducale di Mantova e di quello del Te, cui aveva libero accesso. Orfano di padre a tredici anni, trasferito a Milano, studiò a Brera sotto L. Sabatelli e C. Pacetti, vivendo di una modesta pensione e dei proventi di numerosissimi disegni di ogni genere per negozianti d'arte e imprenditori. Aiutato da un mecenate, si perfezionò a Roma dal 1824 al '28; tornato a Milano, solo nel '31ebbe un primo colpo di fortuna col ritratto, l'unico rimastoci dal vero e subito famoso, di Vincenzo Bellini (Napoli, Conservatorio). Dipinse La donna greca (1833, venduta al governatore, conte Harbing), l'Uccisione di Giovan Maria Visconti per il principe di Belgioioso, la Morte di Bernabò Visconti per C. Morbio, la Congiura dei Pazzi per il conte Porro Schiaffinati, la Strage degli Innocenti per Ferdinando I d'Austria (1835). In quegli anni supplì per un triennio il Sabatelli (a Firenze per gli affreschi di palazzo Pitti) nella cattedra di Brera, e disegnò i cartoni con le gesta di casa d'Austria che copersero le tempere napoleoniche di A. Appiani nel Salone delle Cariatidi durante le feste per la venuta dell'imperatore austriaco (1838).

Dipinto nel 1840 un Amedeo VIII per la reggia di Torino e invitato a coprire la cattedra di pittura all'Accademia Albertina, ivi si trasferì nel 1843, rimanendovi sino al 1859. Sono di quegli anni la celebre Cacciata del Barbarossa (1845, Torino, Pal. reale), dove ritrasse sé stesso nella figura di Galiano Aulari, con berretto rosso in testa. Questa acconciatura si dice che lo mettesse in sospetto presso la polizia politica, il che potrebbe spiegare il fatto che si dedicò in seguito alla pittura sacra: la bella tela degli Angeli del Calvario (1846, già racc. A. Gargantini, Milano), la Persecuzione dei cristiani (1848, già racc. m.se A. Busca, Milano), il Profeta Geremia (1856). Insignito della commenda dei Santi, Maurizio e Lazzaro, forse da Torino non si sarebbe mosso se non fosse venuto in urto col marchese di Breme, presidente dell'Accademia, il quale aveva tentato di togliergli la cattedra. Fu insegnante di artisti egregi, come Enrico Gamba, Bartolomeo Giuliano, Lorenzo Delleani.

Al momento dell'annessione gli fu offerta la carica di direttore della ricostituita Accademia di Belle Arti di Bologna, dove giunse nello stesso 1859. E a Bologna terminò la Barca di Caronte e dipinse l'Origine della Lega Lombarda, ambedue per la villa reale di Santa Maria in Bosco, il ritratto di Vittorio Emanuele II e altre opere, affrontando le inevitabili ostilità dei circoli artistici e soprattutto quelle del corpo accademico locale, ma col conforto di sicuri amici, come il poeta Mercantini e il suo biografo Masini, e di illustri estimatori come Giuseppe Mazzini. Colpito da insulto apoplettico nel 1869, morì il 21 marzo 1873. Agli Uffizi è conservato il suo Autoritratto.

Educazione, formazione e stile sono e rimangono nell'A. neoclassici, e ad essi si sovrappone una maniera romantica, maniera nel senso di illustrazione, di soggetto, di spiriti estemi, non di intuino, rminovamento della tecnica o della interpretazione pittorica. Le sue opere - tra cui vanno ricordate anche numerose incisioni: coltivò l'acquatinta e l'acquaforte a colori - rimangono neoclassiche travestite alla romantica, come nel primo Hayez, mentre il suo primo classicismo, sia pure tardo, era vivo: tra Appiani e Bossi, per spiegarci. Come provano i pochi ritratti giovanili, il Bellini, già ricordato, e lo Schiaffinati, che reggono qualsiasi paragone contemporaneo. L'Autoritratto agli Uffizi, pur vivo, ma ben più tardo e pseudoromantico, è retorico al confronto. Il giudizio di Mazzini sull'A., se esalta l'uomo, si risolve negativamente sul piano artistico.

Altre opere: Maddalena penitente (1829); Beatrice di Tenda che ascolta il canto di Orombello (1830, già racc. conte A. Belgioioso, Milano); Parisina (1834);Saffo; Virginia; Egisto e Clitennestra; Oreste sulla tomba di Agamennone (1840);la Morte di Rizzio (1844);la Battaglia di Legnano;la Congiura di Pontida; I due Foscari; Francesca da Rimini; Il figliol prodigo; I fuggiaschi milanesi; I profughi di Tortona, nonché parecchi ritratti che in ogni periodo restano le sue cose più vive.

Bibl.: G. Mazzini, Scritti editi ed inediti, XXI, La pittura moderna italiana [Londra 1840], Imola 1915, p. 311; C. Masini, Vita del comm. C. A. pittore storico di S.M. il re d'Italia, Bologna 1873; G. Rovani, Le tre arti, Milano 1874, II, pp. 137154; A. Stella, Pittura e scultura in Piemonte, Torino 1893, pp. 64-67; E. Somaré, Storia della pittura italiana dell'800, Milano 1928, I, pp. 147, 575; A. Minghetti, Vita del pittore C. A., Milano 1942; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, II, p. 98; Encicl. Ital., IV, p. 307; L. Servolini, Dizionario illustrato degli incisori italiani moderni e contemporanei, p. 25.

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