CORSI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 29 (1983)

CORSI, Carlo

Rossella Motta

Nacque a Firenze di nobile famiglia il 21 ott. 1826 da Giuliano, segretario particolare del granduca Leopoldo, e da Anna Bellini delle Stelle, e rimasto orfano dei genitori in tenera età, studiò nel collegio Cicognini di Prato. Iscritto alla facoltà di legge a Siena, contro le intenzioni dei parenti che lo volevano diplomatico lasciò l'università per intraprendere la carriera militare, arruolandosi il 4 ott. 1844 volontario nel battaglione zappatori del genio dell'esercito sardo. Congedato il 25 febbr. 1848 "per affari di famiglia", entrava il 15 marzo successivo come volontario nel II battaglione fiorentino delle truppe toscane partecipando allo scontro di Curtatone (29 maggio). In seguito, presentate il 2 giugno le dimissioni dall'esercito toscano, nel quale aveva raggiunto il grado di capitano, rientrava col grado di sottotenente nel genio militare sardo il 13 dello stesso mese, per abbandonare però il servizio il 28 agosto successivo. L'8 febbr. 1849 il C. tornava nell'esercito toscano, col grado di sottotenente dal 18 apr. 1850, e con l'incarico dal 1851 di professore di storia, geografia ed arte militare nel collegio per i figli dei militari a Firenze, ricoperto fino alla nomina a capitano di Stato Maggiore il 7 maggio 1859. Era stato istitutore dell'arciduca Carlo Salvatore. Aveva intanto sposato il 26 sett. 1849 Teresa Maggio - che morirà il 25 nov. 1854 - dalla quale ebbe due figli. Con l'inizio degli anni '50 cominciarono ad avere sistematica attuazione e sviluppo l'interesse e la riflessione del C. sulla scienza militare, specie sulla pedagogia e l'organica, la preparazione cioè e la conservazione delle forze armate, e sulla strategia e la tattica, i problemi cioè generali e particolari dell'impiego.

Saranno questi i temi fondamentali della sua opera di studioso e di divulgatore, che in quegli anni si realizzò nel saggio Dell'esercito piemontese e della sua organizzazione (Torino 1851) - dove analizzava l'assetto di quelle forze armate, e ne metteva in risalto pregi e difetti, esponendo i criteri a suo giudizio migliori per l'organizzazione e la preparazione - e nell'altro Dell'educazione morale e disciplinare del soldato (Firenze 1858) -dove presentava le prime formulazioni delle sue idee sull'istruzione militare, e più in generale sul ruolo dell'esercito nell'ambito dell'educazione, articolando quella militare in "educazione morale e disciplinare", "educazione intellettuale" e "educazione fisica o tattico-ginnastica". "In ricompensa dei servizi prestati per l'istruzione militare" fu decorato della croce di cavaliere del S.M.O. di S. Stefano di Toscana.

Deposto il granduca Leopoldo II e costituitosi il governo provvisorio il 27 apr. 1859, ed accettata il giorno seguente da re Vittorio Emanuele la dittatura toscana, il C. prese parte alla guerra del '59 aggregato presso il V corpo d'armata francese e ricevendo la medaglia commemorativa francese della campagna (sulla Rivista contemporanea del febbraio 1864, fasc. 123, rievocherà i Ricordi del 1859. Il 5° Corpo d'Armata francese;in seguito stamperà, a Firenze nel 1896, il racconto del suo itinerario Dal toscano del 1825 all'italiano del 1859). L'esercito toscano si inseriva, già costituito e ordinato, nell'esercito piemontese. Il 20 nov. 1859 il C. prestava a Forlì il giuramento di fedeltà; unita la Toscana al Regno di Sardegna il 22 marzo 1860, tre giorni dopo il C. passava col grado di capitano nello Stato Maggiore dell'esercito sardo, ed il 20 luglio 1861 era comandato come professore presso la Scuola di cavalleria di Pinerolo. Aveva intanto partecipato alla campagna del 1860, meritandosi la medaglia d'argento al valore per la conquista dei forti di monte Pelago e di monte Pulito nei pressi di Ancona, e la croce di cavaliere dell'Ordine militare di Savoia per "essersi distinto nella ricognizione, del Garigliano" il 29 ott. 1860.

Il 23 marzo 1862 fu nominato maggiore, e dopo essere stato dal luglio capo di Stato Maggiore dell'11a divisione attiva, poi della 19a, nel dicembre era comandato presso la Scuola militare di cavalleria come direttore degli studi e professore, restandovi fino al settembre 1865. Lo stesso anno passava a seconde nozze con Clementina Carletti. Il 27 genn. 1866 il C. fu nominato sottocapo di Stato Maggiore del dipartimento di Milano; lo stesso anno a Milano uscivano le Conferenze di arte militare, un importante ciclo di lezioni tenute nel '66 e nell'anno precedente per il dipartimento stesso. Decorato nel marzo del '66 della croce di cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, partecipava alla guerra dello stesso anno meritandosi la seconda medaglia d'argento al valore nella battaglia di Custoza (24 giugno).

Della battaglia fece un ampio resoconto nell'opera Delle vicende del I corpo d'armata durante il primo periodo della campagna del 1866 (Milano 1867), e tornò ad esaminare l'andamento della guerra stendendo la relazione ufficiale (Comando del corpo di Stato Maggiore, Sezione storica, La campagna del 1866 in Italia) in due volumi, il primo dei quali uscì a Roma nel 1875 (ultimato nel '69, prima della stampa era stato sottoposto all'approvazione di La Marmora, Cialdini e Della Rocca) ed il secondo solo nel 1895 per evitare le numerose polemiche seguite alla sconfitta. Il giudizio del C. era infatti severo: come ripeterà (Rimembranze di guerra. 1848-1870, Roma 1896, p. 40), Custoza fu "soltanto una mezza sconfitta che il nemico non seppe o non poté renderla intera, e la dovemmo più a noi stessi che al nemico", e la riconosceva frutto dell'impreparazione nell'arte militare di tutte le componenti dell'esercito, dal Comando supremo agli ufficiali ed ai soldati. e degli errori commessi nella tattica e nella logistica.

Il 10 ott. 1866 il C. fu nominato capo di Stato Maggiore della divisione territoriale di Alessandria, per passare il 29 dicembre all'ufficio superiore del corpo di Stato Maggiore. Collaborava così ai lavori della commissione incaricata, dopo che la guerra aveva messo a nudo le insufficienze tattiche e logistiche, di progettare quella Scuola superiore di guerra, sorta nel 1867, che doveva preparare selettivamente gli ufficiali superiori ed abilitare al servizio di Stato Maggiore. Della scuola il C. fu anche docente.

Luogotenente colonnello il 9 luglio 1869, si deve al C. un tempestivo esame delle vicende e delle novità militari della guerra franco-prussiana. unito anche ad una ricognizione delle zone belliche.

Espose le sue considerazioni in una serie di articoli sulla Nuova Antologia: Le vicende della guerra tra Francia e Germania nel 1870 (con 6 carte topogr.; fascicoli di novembre e dicembre 1870, e di gennaio, febbraio e luglio 1871); Un'escursione militare in Prussia ed in Francia sul finire del gennaio 1871 (fascicoli di aprile e giugno 1871); Di alcuni frutti del 1870-71 nei vari rami della milizia (fascicoli del maggio e giugno 1874). Vi analizzava non solo i movimenti delle forze e la tattica impiegata - in particolare dell'esercito prussiano che rivelava un notevole progresso nell'arte militare - ma anche l'atteggiamento, i sentimenti, il comportamento delle popolazioni e dei soldati di entrambi i paesi.

Segretario del comitato di Stato Maggiore generale dal 1° genn. 1874, colonnello il 16 maggio, fu nominato capo di Stato Maggiore del III corpo d'armata di stanza a Verona il 28 maggio 1877 - ricoprirà nuovamente la carica dal marzo 1879 al maggio 1881 - quindi dal 28 febbr. 1878 comandante del 23° reggimento fanteria. Promosso maggior generale il 1° dic. 1881 mentre già dal maggio comandava la brigata Parma, il 27 apr. 1882 fu nominato comandante in seconda del corpo di Stato Maggiore, poi comandante dal 1° dicembre, e membro dal 1° ottobre del Consiglio delle strade ferrate. Col 24 giugno 1884 assumeva il comando della scuola di guerra, ed il 13 marzo 1887 era promosso tenente generale. Passato a comandare il 26 maggio 1892 il XII corpo d'armata, di stanza a Palermo, trasferito il 24 dic. 1893 al X con esonero dal comando, fu collocato in posizione ausiliaria il 16 febbr. 1895, e nel ruolo della riserva il 1° ott. 1898, cessandone per limiti d'età il 2 nov. 1901.

Morì a Genova il 30 maggio 1905.

La carriera militare del C. fu lunga, dal 1844 al 1901, sì da valergli la medaglia mauriziana per i dieci lustri di servizio (1895), poi la croce d'oro con corona reale per anzianità (1900). Fu anche segnalata da due medaglie d'argento al valore, dal cavalierato dell'Ordine militare di Savoia fino al cavalierato di gran croce col gran cordone dell'Ordine della Corona d'Italia (1893) ed a quello di gran croce col grancordone dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro (1895). Passato attraverso tutte le guerre per l'unificazione patria, il C. ebbe le medaglie commemorative: toscana per il '48; francese per il '59; italiane "per l'Indipendenza e l'Unità" con le campagne del '48, '59, '60-'61, '66, e per la "Unità d'Italia 1848-1870".

Proprio questa lunga diretta esperienza, criticamente elaborata ed estesa anche ai principali eserciti europei, costituisce la base dei suoi numerosi studi di scienza militare. Principale oggetto dei quali fu l'organizzazione dell'esercito, la sua composizione e formazione, e soprattutto la sua educazione ed istruzione, insieme allo studio dell'arte militare, temi ampiamente trattati nelle sue opere e nel numerosi articoli scritti sulla Italia militare, la Nuova Antologia, la Rivista militare italiana, ecc., rispecchiando i problemi reali che si presentarono nel lungo arco della sua carriera, e ponendosi spesso come divulgatore delle varie posizioni e decisioni.

Fu assertore, seppure con moderazione dell'esercito di qualità nella grande disputa che si aprì, ancor prima della unificazione italiana, tra coloro che difendevano il sistema francese e coloro che appoggiavano sul modello prussiano l'esercito-numero, affermando fin dai primi scritti la necessità e validità di un esercito permanente, ben addestrato ed organizzato, in quanto la sua forza "deriva dalla bontà della sua organizzazione e della sua educazione, dalla combinazione delle forze fisiche e morali" (Dell'esercito piemontese, p. 59).

Al momento dell'unificazione, di fronte al problema della costruzione dell'esercito nazionale, il C. vide come unica soluzione l'ampliamento dell'esercito piemontese, riorganizzato nel 1854 dal La Marmora prevalentemente secondo principi francesi, "anche se inficiato da soverchio regolamentarismo, da eccessiva importanza data agli uffici ed alle cure amministrative a scapito di quella data alle cure tattiche e dotato di un modo di addestramento tattico non bene corrispondente alle odierne condizioni dell'arte della guerra" (1844-1869..., p. 8). Nei suoi scritti sono indicati i problemi conseguenti alla necessità della riorganizzazione dell'esercito in senso nazionale, compreso quello dei quadri che intorno al 1860 poneva gravi problemi sia per la insufficienza numerica - con riferimento soprattutto a quelli di origine piemontese - sia per l'affrettata formazione che incideva sulla qualità.

Quanto al problema dell'esercito meridionale e del seguito di Garibaldi, ed a quello più generale dell'ampliamento della leva militare a tutta la popolazione - portato avanti dalla Sinistra -, il C. si mostrò critico, allineandosi con la classe politica al governo, esprimendo un giudizio negativo nei confronti delle milizie volontarie, e scrivendo che per il re l'esercito garibaldino era "una potenza anormale, un imbarazzo, un pericolo". Espresse tuttavia un apprezzamento molto positivo sulle figure di Garibaldi e dei suoi ufficiali, acquistando i quali l'esercito italiano aveva fatto, a suo giudizio, un guadagno.

Interessato fin dagli anni '50 all'organizzazione ed istruzione dell'esercito, considerava l'esercito stesso un "utilissimo strumento di civiltà" per l'educazione che ne poteva derivare, e dal momento dell'Unità vi vide un importante elemento unificante del nuovo Stato attraverso l'uso della leva nazionale che favoriva la fusione di elementi provenienti da regioni diverse. Inoltre, giudicando la caserma come la migliore scuola popolare esistente, vedeva nell'esercito un mezzo per sollevare il livello culturale e "morale" dei gregari, allora di fatto molto basso.

Le sue riflessioni sul primo esercito unitario furono rivolte anche alla organizzazione tattica, riconoscendo già in un articolo del 1863 che il sistema italiano era tra i migliori, ma non il migliore, e tuttavia per il momento aveva bisogno di una certa stabilità prima di ulteriori modificazioni - salvo la necessità di esercitazioni meno teoriche - che trovavano dopo l'Unità parecchi ostacoli (si pensi agli interventi del ministro Petitti).

Il problema emerse in modo particolare dopo le guerre del 1866 e del 1870-71, che portarono al ribaltamento della situazione europea con la vittoria della Prussia ed evidenziarono la superiorità dell'esercito prussiano nei confronti di quello francese cui fino ad allora si era guardato come modello. Il fatto portò finalmente l'Italia ad interessarsi della tattica e dello studio dei principi prussiani, ed in questo il C. emerge quasi un antesignano nell'analisi di nuovi sistemi di avanzata ed attacco, slegati dalle istruzioni precedentemente seguite. Quale insegnante militare il C. sottolineò innanzitutto la necessità di restringere le cognizioni necessarie a quelle più utili e pratiche, condannando così la lunga serie di norme teoriche, che gravava fino ad allora l'istruzione militare, a vantaggio delle dimostrazioni pratiche. In particolare affermò la necessità di uscire dalla piazza d'armi per effettuare esercitazioni direttamente sul terreno, per avviare una ponderata considerazione di questo elemento determinante in caso di guerra. Le sue opere maggiori in questo senso furono le Conferenze di arte militare e il Sommario di arte militare, frutto dei lunghi studi condotti "da autodidatta" - come egli stesso con senso polemico si definisce - sui libri o con l'osservazione attenta delle manovre durante le campagne cui partecipò. Nelle Conferenze... iniziava ad analizzare la tattica e l'uso della fanteria, artiglieria e cavalleria a partire dall'epoca di Napoleone - che prendeva come punto di partenza e di confronto - fino a giungere all'analisi della tattica prussiana del 1866, che rivoluzionava il comportamento dell'esercito in guerra, abbandonando l'assalto frontale di massa, caratteristico dell'esercito francese e dell'epoca napoleonica. Nell'analisi della vittoria prussiana il C. sottolineò i nuovi principi: la libertà da posizioni prestabilite, l'alleggerimento degli ordini tattici, la "semplicità e speditezza delle evoluzioni", il preferire l'offensiva e l'energica controffensiva alla difesa lenta e lunga, l'uso sapiente delle armi e in particolare dei fucili ad ago.

Qui, come nei suoi numerosi articoli riferiti alla guerra del 1870-71, il C. rivelava la sua ammirazione per l'organizzazione prussiana, mettendo tuttavia in guardia da una pedissequa imitazione, dovendosi anche tenere presenti alcuni caratteri peculiari di quel popolo. L'analisi della tattica prussiana veniva ripresa anche nell'articolo Di alcuni frutti del 1870-71..., in cui difendeva ancora una volta l'impiego di una tattica più elastica e più semplice, ed esaminava anche il metodo dell'avvolgimento, senza tuttavia rinunciare a considerare l'uso dell'attacco diretto.

Il Sommario di storia militare fu inizialmente compilato per l'insegnamento nel collegio militare di Firenze, e perfezionato fino al periodo in cui insegnò alla scuola di guerra (prima edizione in 4 volumi, Torino 1871; seconda in tre volumi, ibid. 1885; ultima edizione, ibid. 1931). Dotato di una vastissima bibliografia, è stato a lungo un testo di notevole importanza nell'ambito della istruzione militare. È concepito come una summa dell'arte militare nei vari periodi storici, dalle origini a quello definito "seconda età prussiana" (dal 1866 in poi), e vi vengono analizzati i caratteri delle singole epoche, le istituzioni militari, le guerre e gli scrittori militari, ampliando la trattazione dei periodi più recenti, in particolare dal 1815 al 1870 (secondo volume) e dal 1870 al 1885, cui è dedicato l'intero terzo volume.

I fatti del 1866 e quelli del 1870-71 costituirono un deciso incitamento alla riorganizzazione dell'esercito italiano, intrapresa tra il 1871 e il '76 dal generale Ricotti, avvicinandosi sostanzialmente, pur non facendolo proprio, al modello prussiano. Il C. approvò pienamente l'operato del Ricotti e le nuove riforme tendenti a dare all'Italia un esercito difensivo valido ed efficiente in un periodo in cui si diffondeva il clima della "pace armata". Lodò in modo particolare i mutamenti apportati alla istruzione militare, e fece però alcuni appunti riguardanti l'organizzazione della cavalleria (la cui importanza era già stata sottolineata nelle Conferenze ...) e le opere stabili di difesa, che se da un certo punto di vista sono considerate essenziali, dall'altro potrebbero rivelarsi una perdita di fiducia nella mobilità dell'esercito.

L'importanza accordata all'esercito sotto tutti gli aspetti, da quello educativo a quello economico, politico e sociale - quale elemento utile alla conservazione dello stato esistente - pose il C. tra gli strenui difensori delle spese militari, anche nei periodi più difficili per il bilancio del paese come gli anni intorno al 1870, che per il C. segnavano un momento di aumentato pericolo per l'Italia. Si mostrava dunque favorevole già nel 1881 all'accrescimento dell'esercito da dieci a dodici corpi d'armata, soluzione importante a suo avviso anche per risolvere il problema dei quadri della guardia mobile, che non potevano essere costituiti da personale in riposo.

Pur concorde con la politica governativa sulla necessità di approntare un valido esercito ed essere pronti alla guerra in considerazione del quadro europeo, il C. sembrava mostrarsi invece molto cauto nei confronti della Triplice Alleanza, cui a suo avviso l'Italia era stata spinta in un momento di paura. Critico, come altri quadri dell'esercito, verso le imprese coloniali, affermava la necessità di provvedere ai problemi italiani prima di affrontare guerre di conquista. Interessante in proposito l'articolo postumo le Cose d'Africa scritto intorno al 1900-1901 (parte di un'opera più generale Italia 1895-1900 rimasta inedita, pubblicato in vari numeri nella Rivista militare italiana nel corso del 1909), dove egli conduceva una dettagliata analisi della guerra d'Africa e dei motivi della sconfitta italiana.

Altra opera di un certo rilievo, uscita anonima, in cui rivela interesse per i problemi sociali, fu Sicilia (Firenze-Torino-Roma 1894). Il C. tracciava la storia dell'isola dall'epoca più antica, soffermandosi poi sulla situazione all'epoca della organizzazione dei fasci, deplorando l'opera del governo che non aveva saputo prendere in tempo le misure necessarie e considerando, anche a seguito dell'esperienza fatta personalmente, i veri mali della regione, il latifondo troppo esteso e la mancanza di bonifiche.

Del C. sono di particolare interesse anche scritti di argomento più generale, come 1844-1869, venticinque anni in Italia (2 voll., Firenze 1870) e Italia 1870-1895 (Torino 1896), che offrono un ampio quadro della situazione italiana in un cinquantennio saturo di decisivi avvenimenti. Il C. si propone la maggiore obbiettività possibile, ponendosi quale osservatore al di fuori e al di sopra delle parti, ed oltre agli avvenimenti collegati alla vita militare del paese, la sua attenzione si rivolge alla vita parlamentare ed alle vicende politiche e sociali. Si sofferma anche sul difficile funzionamento del sistema parlamentare, nei confronti del quale si esprime con prudenza, anche per la sua sfiducia nell'educazione impartita dalle famiglie e dalla scuola, a causa di un progressivo disfacimento morale. Vede inoltre una fonte di grande pericolo nel materialismo e nell'ateismo, che a suo parere si diffondevano nella scuola ad opera degli insegnanti pregiudicando l'educazione stessa dei giovani. Attento ai problemi sociali, critica l'operato della Sinistra per non aver trovato una linea diversa da quella del governo precedente, per aver quindi affrontato con poca energia i problemi esistenti e soprattutto la questione sociale.

L'interesse per le questioni sociali e per i problemi italiani fu anche al centro dei numerosi romanzi che scrisse; rimasti per la maggior parte inediti, ne dà ampia notizia il Ferraris che poté consultare i manoscritti. In essi c'è l'intento della caratterizzazione. ambientale, e risultano "in generale ritratti o quadri, o considerazioni sulle odierne condizioni della, società nostra", come li giudica il C. stesso (p. 30). Tra i romanzi si ricordano Enotrio (Firenze 1869) e le Elezioni politiche a Villadoro nel 189... (Genova 1897), pubblicato con lo pseudonimo "Anglario Tiberino". Scrisse anche delle poesie, alcune delle quali pubblicate in una raccolta dal titolo Poesie (Roma 1870).

Si possono ricordare ancora i seguenti articoli e saggi: Italia e Austria, in Riv. milit. ital., IV (1862), 1, pp. 66 ss.; Del carattere delle milizie italiane, in Nuova Antol., maggio 1869, pp. 66 s.; Comunesi e Versagliesi, ibid., febbraio 1872, pp. 286-340; Mem. di un veterano. Cronaca giornaliera nel Reame delle Due Sicilie, Napoli 1872; Guerra franco-prussiana, Torino 1872; Tattica, Firenze 1873; Dello studio dell'arte militare, in Riv. milit. ital., XIX (1874), 3, pp. 161-204; Del militarismo ai dì nostri, ibid., XXI (1876), 2, pp. 193-213; Della guerra in montagna, ibid., XXVI (1881), 1, pp. 209 ss., 453 ss.; La battaglia di Laing's Neck, ibid., pp. 641 ss.; La vita e la carriera militare, ibid., 2, pp. 3446; A proposito dei quadri della milizia, ibid., pp. 120 ss.; Educazione ed istruzione comune e militare, ibid., pp. 231-288; Della milizia ai dì nostri, Roma 1896; Un generale (G.S. Pianell), ibid. 1897; Del metodo applicativo dell'istruzione degli ufficiali, ibid. 1897; Il Generale Grant, ibid. 1897; Confutazioni alle lettere del generale G. S. Pianell, Napoli 1903.

Fonti e Bibl.: Ministero della Difesa, Direz. gen. per gli ufficiali dell'Esercito, Uff. generali, Stato di Servizio; L. Cisotti, Il generale C. C., in Riv. milit. ital., L (1905), 2, pp. 1176-1179; G. Sticca, Gli scrittori militari ital., Torino 1912, pp. 232, 234, 246 ss.; M. Ferraris, Il generale C. C. sociologo e letterato, Torino 1937; A. Ribera, C. C., in Il Risorg. italiano, V, Roma 1943, p. 145; P. Pieri, Storia militare del Risorg., Torino 1962, pp. 626, 748, 853 s., 858 s.; Id., Le forze armate nell'età della Destra, Milano 1962, pp. 37 s., 298, 305 s., 340 s.; Id., Il problema militare nel 1866, in Atti del XLIII Congr. di storia del Risorgimento italiano, Venezia, 2-5 ott. 1966, Città di Castello 1968, p. 6; F. Minniti, Esercito e politica da Porta Pia alla Triplice alleanza, in Storia contemporanea, III (1972), 3, pp. 465, 472 s., 496 s.; IV (1973), 1, pp. 27 ss.; M. Mazzetti, L'esercito ital. nella Triplice Alleanza, Aspetti nella politica estera 1870-1914, Napoli 1974, pp. 11 s.; V. Gallinari, C. C., in Riv. mil. ital., CI (1978), 6, pp. 113 ss.; G. Rochat-G. Massobrio, Breve storia dell'esercito ital. dal 1861 al 1943, Torino 1978, pp. 9, 11, 36, 101 s.; L. Ceva, Le forze armate, Torino 1981, p. 394.

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