D'ORMEVILLE, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 41 (1992)

D'ORMEVILLE, Carlo

Alessandra Cimmino

Nacque a Roma il 24 apr. 1840, nella parrocchia di S. Lorenzo in Lucina, da Luigi, di nazionalità francese, e da Annunciata Latuille. Rimasto orfano di padre in giovane età, fu convittore del collegio "Capranica"; dal 1855 al 1857 frequentò il corso di filosofia del Collegio Romano ottenendo il bacceffierato. Nell'anno accademico 1857-58 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza presso l'Archiginnasio romano e nel 1860-61, al momento dell'iscrizione al quarto anno di studi, aveva superato tutti i gradi previsti; tuttavia si laureò in utroque solo nel 1866. Come il D. stesso ebbe a scrivere alcuni anni dopo (Dietro le scene, in Universo illustrato, IV [1870], 20, pp. 335-38), entrato per la prima volta in un teatro a sedici anni, era rimasto affascinato dall'ambiente tanto da desiderare di farne parte, passando appunto "dietro le scene".

L'effettivo esordio nel mondo dello spettacolo - in cui avrebbe militato, svolgendovi attività diverse, tutta la vita - risale al 1860, come autore del dramma La contessa di Colmarino, in cui l'ambientazione storica, cara al teatro risorgimentale del primo Ottocento, si risolve in pretesto scenografico-spettacolare, e dove serpeggiano confuse e vaghe aspirazioni sociali quale "segno" di una ricerca già in atto di modi nuovi. Appassionato anche di musica e frequentatore della Filarmonica romana, nel 1861 il D. compose per G. Branzoli i versi di un Inno all'Italia (poi pubblicato, o ripubblicato, a Milano nel 1893), mentre dell'anno seguente è il debutto come librettista con Iginia d'Asti, musica di F. Sangiorgi, pubblicata a Roma e ivi andata in scena al teatro Argentina il 12 giugno 1862. La temperie ideologica di questi primi lavori e le sue conoscenze e frequentazioni (G. Checchetelli, G. Baccelli, R. Marchetti, P. Cossa) lo rivelano di sentimenti liberali e moderato, quale rimase sempre senza evoluzioni di rilievo, interessato alla politica piuttosto nella prospettiva dell'intellettuale che in quella del militante.

Inizialmente il D. fu autore drammatico e librettista, affiancando spesso a questo ultimo ruolo la funzione di direttore di scena, secondo un diffuso costume del teatro d'opera dell'epoca. Compose i drammi L'angelo dei poveri (1861), L'affricana (1866), Carmela o Il supplizio di un cuore (Milano 1869), Tutto per la patria (ibid. 1872), Luchino Visconti (copione manoscritto per la compagnia Salvini, conservato a Roma presso la Biblioteca del Burcardo); una commedia Fuochi fatui (1862) e una farsa I fanatici per il gioco del pallone (Roma 1868), che ebbe a Roma un notevole successo di pubblico. Nell'ambito di questa produzione, pressoché priva di ogni valore artistico, da tenersi presente solo come testimonianza di un gusto e di una maniera ormai in declino, di qualche interesse una Norma (Milano 1864), tragedia in versi in cinque atti, rappresentata a Firenze, all'arena Goldoni nell'estate 1865, con una certa risonanza, che il D. compose ispirandosi al dramma L'infanticide di L. A. Soumet (base a sua volta del libretto di F. Romani per Bellini) che A. Ristori - cui il D. dedicò la sua tragedia - si era fatta tradurre e aveva portato sulle scene.

Il D. ci aggiunse di suo qualche personaggio (per es. un fratello di Norma innamorato di Adalgisa) e qualche evento straordinario (come un caso di sonnambulismo magnetico), partorendo un incredibile pastiche i cui aspetti più significativi consistono nel taglio della pièce, esemplare dell'agevolissimo trascorrere del D. dal dramma al melodramma vero e proprio, e nella grande facilità di versificazione, di cui rende testimonianza anche un volume di Poesie (Firenze 1864), che raccoglie un poemetto in epistole "Fernando ed Irene" (polimetro m otto canti), ballate, romanze, liriche popolareggianti, alla maniera del Prati. Nel 1864 il D. aveva composto un nuovo libretto, da una tragedia di G. Checchetelli, per F. Sangiorgi, direttore della Filarmonica romana, Guisemberga di Spoleto (Spoleto 1864, ivi rappresentata lo stesso anno per l'inaugurazione del teatro Nuovo).

Sulla base di queste prime affermazioni il nome del D. cominciava ad essere abbastanza conosciuto, quanto meno fra gli addetti ai lavori, sicché, tra il '67 e il '68, volle tentare il gran salto trasferendosi a Milano, città "teatrale" per eccellenza e comunque ricca di occasioni per un giovane intellettuale ambizioso e attivo. Qui riuscì ad inserirsi assai rapidamente nell'ambiente della tarda scapigliatura, quando ormai questo movimento, persi lo slancio e la vitalità originari, andava risolvendosi in un episodio indolore di vita letteraria, tra i salotti musicali e non, le vecchie osterie, il giro degli artisti, compositori, cantanti e letterati che gravitava intorno alla Scala.

E proprio alla Scala nel 1868 già lavorava il D. come direttore di scena; in quello stesso anno un compositore emergente come il brasiliano A. C. Gomes gli affidò il libretto del suo Guarany (con A. Scalvini, s. l. 1870, prima rappresentazione alla Scala, 19 marzo 1870), e il 3 apr. 1869 venne presentata alla Scala una delle opere di maggior successo fra quelle di cui il D. fu librettista, Ruy Blas (Milano 1869), per la musica di F. Marchetti.

Sempre nel 1869 iniziò la lunga e feconda collaborazione del D. con l'editore Emilio Treves; il D. fu infatti estensore e firmatario del programma del nuovo settimanale di Treves L'Illustrazione popolare (primo numero del 7 nov.), che si proponeva la diffusione dell'educazione popolare attraverso una qualificata stampa ad hoc, e presentava rubriche estremamente varie: vite di uomini illustri, zoologia, botanica, descrizioni delle maggiori città italiane, "conversazioni igieniche"; fra gli altri collaboratori G. Strafforello, L. Mantegazza, E. Torelli Viollier, E. Fuà Fusinato.

Per vari anni la firma del D. comparve anche su di un altro foglio della casa Treves, L'Universo illustrato (dal 1873 L'Illustrazione italiana), in calce a critiche letterarie, racconti di impianto melodrammatico, poesie, profili biografici soprattutto femmibili (questi ultimi poi raccolti in volume: Profili muliebri, Milano 1876).

Dopo la presa di Roma e per breve tempo il D. fu cointeressato in un quotidiano politico, La Nuova Roma, pubblicato appunto a Roma, su cui si hanno poche notizie certe se non che era in qualche modo collegato a Leone Fortis, gestito in loco dall'impresario teatrale G. Canori, nonché sostenitore alle prime elezioni ronfane dei moderati V. Tittoni, R. Marchetti, E. Ruspoli, M. Caetani. L'attività giornalistica non distolse tuttavia il D. dal teatro: nella seconda metà del 1871 era al Cairo dove, quale régisseur della locale opera, curò, in assenza del celebre autore, l'allestimento della trionfale prima dell'Aida.

Nonostante i molteplici impegni cui si è accennato- resta che il ruolo preminente dei D. nel corso degli anni Settanta fu quello che si riferisce alla sua attività di librettista. Egli fu infatti il librettista per eccellenza della cosiddetta "generazione di mezzo".. quella che operò principalmente negli anni del silenzio di Verdi dopo l'Aida, fino al primo fiorire della "giovane scuola", quando la scena musicale italiana appariva influenzata dal grand-opéra francese e cominciava a diffondersi la conoscenza della produzione di Wagner.

Il D. stesso, in un brano di una lettera a G. Checchetelli (3 luglio 1876), tratteggia un penetrante quadro della turbolenta atmosfera di quegli anni: "... le mistificazioni sono all'ordine del giorno e la grancassa non si ristà dal picchiare colpi assordanti per annunziare alle turbe ogni settimana qualche celebrità nuova di zecca...".

Il D. si pose con onesta professionalità, anche se ben raramente con autentica partecipazione, al servizio delle personalità musicali - spesso effimere, quasi sempre mediocri - che operarono in quel periodo. Per citare solo i più noti scrisse per F. Marchetti (Ruy Blas, cit.; Gustavo Wasa, Milano 1874; Don Giovanni d'Austria, ibid. 1880), A. C. Gomes (IlGuarany, cit.; Maria Tudor, Milano 1879, revisione di un libretto di M. Praga, con A. Zanardini); G. Libani (IlConte Verde, Roma 1873; Sardanapalo, Torino 1879); F. Sangiorgi (Iginia dAsti, cit.; Guisemberga di Spoleto, cit.; Giuseppe Balsamo, Milano 1873; Diana di Chaverny, ibid. s.d. [1875]); C. Pinsuti (Mattia Corvino, ibid. 1877); A. Ponchielli (Lina, 1877); S. Gobatti (Cordelia, Bologna 1881); A. Catalani (Elda, Milano 1878, poi Loreley, ibid. 1889, nella revisione di A. Zanardini).

I libretti del D. si riferiscono per lo più al classico modello di argomento storico ispirato al romanticismo teatrale francese, dove, ancora una volta, l'ambientazione d'epoca è solo pretesto allo svolgersi di situazioni drammatiche semplici nella sostanza e ripetitive, ma lo spirito che sottende non è più certo quello eroico di stampo "verdiano" ed accoglie invece istanze più consone al pubblico dell'epoca, facilmente trasferibili nella contemporaneità, sicché c'è chi, ad esempio, ha potuto parlare di una sorta di preverismo per il libretto del Ruy Blas di Marchetti, per cui le vicende dell'eroico paggio innamorato della sua regina creato da V. Hugo, potrebbero interpretarsi come "una ben camuffata storia di conflitti di classe ... un amore irrealizzabile per disparità di condizione sociale tra i due amanti" (Portinari). Né d'altro canto il D. trascurò, sulla scia del grand-opéra, le suggestioni del colore storico e dell'esotico (vedi Il Guarany di Gomes), come non si sottrasse ad un recupero in chiave preliberty di elementi leggendari e fiabeschi protoromantici (Elda di Catalani), cui non dovette essere insensibile il librettista di Puccini, F. Fontana, per Le Villi. Il suo fu in definitiva un percorso di costante accostamento a mode e stili già in atto senza però riuscire mai a realiziare una sintesi originale, limitandosi, nella maggior parte dei casi, ad affastellare, con una versificazione facile, spesso sciatta, scene ad effetto e personaggi privi di rilievo caratteriale e di sviluppo psicologico coerente, come ebbe a notare anche la critica contemporanea che non fu avara di riserve nei confronti del D., pur apprezzandone l'indubbia professionalità.

Come direttore di scena, giornalista, librettista, il D. si era creato cogli anni numerosi e solidi legami nel mondo dello spettacolo e una vasta rete di conoscenze che faceva di lui una personalità di riferimento anche dal punto di vista dell'organizzazione generale del lavoro teatrale. Questo specifico aspetto della sua attività, prima in secondo piano rispetto agli altri impegni, assunse dalla fine degli anni Settanta rilievo sempre maggiore, in particolare a partire dal 1877, quando il D. divenne direttore di un settimanale milanese, La Gazzetta dei teatri, fondato nel 1836, che si occupava di cronaca teatrale e musicale, soprattutto cittadina.

In questo, come in molti altri giornali consimili, avevano magna pars le inserzioni che sollecitavano, procuravano, offrivano lavoro nel teatro, d'opera in particolare. Questa funzione divenne, nella Gazzetta dei teatri, via via preminente, finché, nei primi anni Ottanta, fu istituzionalizzata con la creazione di una vera e propria agenzia, la Agenzia della Gazzetta dei teatri, collaterale al giornale. Il D., da allora, si impegnò quasi esclusivamente come organizzatore e agente, in un momento in cui il teatro musicale italiano stava passando da una conduzione ancora per molti aspetti artigianale ad uno sfruttamento di tipo industriale da parte delle case editrici, e di conseguenza la gestione dei rapporti fra autori, artisti, impresari, editori, si era fatta così complessa da rendere necessari intermediari qualificati e attendibili e una organizzazione specializzata.

Il D., attraverso la sua agenzia, svolse ottimamente un ruolo di organizzazione e di mediazione secondo le linee sponsorizzate dai maggiori editori italiani (Ricordi, Lucca, Sonzogno), talvolta anche acquistando in proprio i diritti di opere straniere che poi piazzava in Italia (per esempio, nel 1881, Iracconti di Hoffmann di J. Offenbach; nel 1906 l'editore di R. Strauss offrì a lui l'esclusiva della Salome); organizzando compagnie complete che portarono l'opera italiana all'estero, in Sudamerica in particolare; favorendo in Italia la penetrazione del nuovo repertorio rappresentato dall'opera verista, da Wagner, dagli autori francesi fin de siècle. Tra i momenti salienti di quest'ultima fase dell'attività del D. ricordiamo: la gestione del S. Carlo di Napoli per quattro stagioni dal '79-'80 all'84-'85, realizzata insieme con il direttore d'orchestra C. Scalisi, cointeressato nell'impresa e suo rappresentante locale; la formazione nel 1890 di una società fra gli impresari Graziosi, Cesari e Pozzoli per la gestione di vari teatri, facente capo alla sua agenzia; in particolare il D., nel 1891, presentò l'offerta di L. Cesari per la gestione del Regio di Torino, ottenendo un appalto che si protrasse fino al 1895 e si caratterizzò per serietà di intenti e notevole livello.

In quel periodo si ebbero al Regio la prima assoluta della Manon Lescaut di Puccini (1893), le prime torinesi di Cavalleria rusticana e Amico Fritz di Mascagni; Walchiria, Maestri cantori e Crepuscolo degli dei di Wagner; Falstaff e Otello di Verdi, Wally di Catalani.

Consociato con l'impresa Ferrari, tra il 1889 e il 1897 il D. operò in particolare a Buenos Aires, favorendo anche qui la diffusione del nuovo repertorio e organizzando famose tournées, come quella del 1895, con la soprano R. Pinkert, che coprì le maggiori città dell'America Latina: nel 1905 organizzò a Buenos Aires il festival Puccini sotto la direzione di L. Mugnone e alla presenza dell'autore.

Popolarissimo nel mondo teatrale e noto per la sua liberalità e il tratto signorile, oltreché per le sue capacità, il D. era considerato alla morte, avvenuta a Milano il 26 luglio 1924, il decano degli agenti teatrali italiani. In data che non conosciamo aveva sposato Emma Bellotti.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Università, Archivio moderno, s. 2, Studenti, II, b. 496, f. 4847; Roma, Bibl. dell'Istituto per la storia del Risorgimento, bb. 113, f. 34; 185, f. 18, nn. 1-12 (dodici lettere a G. Checchetelli); 732, f. 82; necr. in Corriere della sera, 29 luglio 1924; L'Illustraz. ital., 3 ag. 1924, p. 148; C. Trevisani, Delle condizioni della letteratura drammatica ital. nell'ultimo ventennio, Firenze 1867, pp. 54 s., 169 s.; Yorick [P. Ferrigni], La morte di una musa, Firenze 1885, p. 39; G. Costetti, Il teatro italiano nel 1800, Bologna 1901, pp. 167 s.; P. A. Omodei, rec. alla prima della Salomè di R. Strauss, in La Stampa, 27 dic. 1906; G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1934, ad Indicem; C. Dossi, Rovaniana, a cura di G. Nicodemi, Milano 1946, ad Indicem; O. Majolo Molinari, La stampa romana dell'Ottocento, Roma 1963, pp. 659 s.; A. C. Gomes, a cura di G. N. Vetro, Milano s. d., pp. 13, 27, 29 s., 46 e ad Indicem; G. Mariani, Storia della scapigliatura, Caltanissetta-Roma 1967, ad Indicem; Genesi dell'Aida, a cura di S. Abdoun, Parma 1971, ad Ind.; A. Cassi Ramelli, Libretti e Librettisti, Milano 1973, pp. 255 s.; Storia del teatro di Torino, II, A. Basso, Il teatro della città. Dal 1788 al 1936, Torino 1976, ad Indicem; F. Cella, Dalla scapigliatura al gusto liberty, in Storia dell'opera, a cura di G. Barblan-A. Basso, III, 2, Torino 1977, p. 260; M. Grillandi, Emilio Treves, Torino 1977, ad Indicem (sub voce Ormeville, Carlo d'); C. Casini, Puccini, Torino 1978, ad Indicem; F. Portinari, Pari siamo!, Torino 1981, ad Indicem; D. Rubboli, Ridi pagliaccio, Lucca 1985, ad Indicem; J. Rosselli, L'impresario d'opera, Torino 1985, p. 209; Id., Artisti e impresari, in Il teatro S. Carlo, Napoli 1987, I, p. 44; R. D. Benedetto, L'ultimo trentennio dell'Ottocento, ibid., p. 211; A. Caselli, Catalogo delle opere liriche pubblicate in Italia, Firenze 1969, ad Indicem; Encicl. d. spett., IV, col. 887.

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