FAVETTI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 45 (1995)

FAVETTI, Carlo

Silvano Cavazza

Nacque a Gorizia il 30 ag. 1819, da Giuseppe e Caterina Cipriani; il padre era un impiegato comunale, di disagiate condizioni economiche; la madre, figlia di un avvocato, proveniva da una famiglia di buone tradizioni culturali.

Dopo aver compiuto gli studi nel ginnasio cittadino (di lingua tedesca), nel 1837 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Vienna. Rimase nella capitale sette anni, senza conseguire la laurea; privo di mezzi e in disaccordo col padre, si mantenne dando lezioni d'italiano e facendo il traduttore. Risalgono a questo periodo le sue prime poesie in friulano.

Ritornò a Gorizia nel 1846 e trovò impiego presso lo studio dell'avvocato istriano G. Rismondo, che fin d'allora era in città il punto di riferimento per gli uomini di cultura e di quanti professavano sentimenti liberali. Nella primavera del 1848, quando arrivarono a Gorizia le notizie dell'insurrezione di Vienna e della promulgazione della costituzione, il F. fu accanto a lui nelle manifestazioni contro il governo, tanto che il suo nome cominciò a comparire nei rapporti della polizia politica. Clamoroso fu il suo gesto di dimettersi dalla guardia nazionale appena istituita. Divenne così una figura rappresentativa dei gruppi che avanzavano precise istanze nazionali, non accontentandosi delle riforme imperiali: organo di questi ambienti fu il giornale L'Aurora, che ebbe breve vita (8 ag.-13 sett. 1848).

Alla fine del 1849 i liberali più intransigenti fondarono il Giornale di Gorizia, del quale il F. ebbe la direzione e che durò dal 1º genn. 1850 al 4 febbr. 1851.

Col motto "Ciascuno ha il diritto di manifestare liberamente la propria opinione" (come recitava l'articolo 5 della costituzione austriaca), il periodico uscì con cadenza trisettimanale, per complessivi 170 numeri. Pur di sole quattro pagine, accolse numerosi collaboratori, tra cui l'istriano M. Fachinetti, deputato alla Costituente austriaca. Il F. curò personalmente l'ampia rassegna della stampa, che arrivo a comprendere fino a 150 testate, italiane, tedesche e croate; ma si occupò in particolare delle vicende politiche goriziane, battendosi tenacemente per l'istituzione in città di scuole di lingua italiana. Gli attacchi al governo portarono ai primi sequestri del giornale a dicembre; alla fine del gennaio 1851 la procura di Stato ne intimò la soppressione.

Nella primavera dello stesso 1851 le prime elezioni municipali tenutesi a Gorizia dopo la concessione dell'autonomia amministrativa (statuto del 20 nov. 1850) portarono alla guida della città il Rismondo e altri esponenti liberali. Venne eletto podestà l'avvocato C. Doliac de' Cipriani; il 4 giugno il F. era designato segretario del Comune.

Si trattava di una carica, in pratica vitalizia, dalla quale dipendeva la quotidiana amn-iinistrazione delle istituzioni civiche in campo educativo, assistenziale e sanitario. A essa però spettava anche la realizzazione dei progetti urbanistici legati alla crescita della città, allora di soli 15.000 abitanti, ma destinata a un rapido sviluppo per il collegamento ferroviario con l'Italia e l'Austria di cui avrebbe presto beneficiato.

Ben assecondato da un Consiglio comunale rimasto in carica senza interruzioni dieci anni, il F., sposato con Gioseffa Simers da cui ebbe dieci figli, divenne una figura molto apprezzata nella vita cittadina. Alla sua popolarità nei più diversi ambienti contribuirono le poesie e prose in friulano che componeva, inserite spesso nel Lunari di Gurizza, di cui curò la pubblicazione per gli anni 1853, 1854 e 1858.

Le sue idee politiche rimanevano gravemente sospette alle autorità governative: nel settembre 1860 un rapporto di polizia lo indicava come componente del Comitato rivoluzionario di Gorizia, tanto che si proponeva per lui e per il Rismondo un periodo d'internamento in Boemia.

Nel marzo del 1861 ci furono le nuove elezioni municipali, che portarono a una grande vittoria dei liberali. Eletto consigliere, nella seduta del 29 aprile il F. venne designato podestà, con due soli voti contrari su 24 votanti. Le autorità di Vienna tuttavia non ratificarono la nomina, accogliendo il ricorso contro la sua elezione presentato da 50 cittadini. Nella successiva seduta del 13 giugno il consigliere L. Pajer propose di respingere la risoluzione sovrana: ma la maggioranza preferi accondiscendere, scegliendo un altro podestà. Nella stessa serata una manifestazione a favore del F. portò all'arresto e alla condanna a un mese di carcere di alcuni, suoi sostenitori, tra i quali il fratello minore, Giovanni Nepuceno. Il F. continuò la sua opera di segretario del Comune e d'instancabile animatore dell'associazionismo cittadino d'indirizzo liberalnazionale.

La polizia lo sorvegliava, ma prove precise a suo carico non furono mai trovate: gli veniva riconosciuta una condotta "molto prudente", anche perché da lui dipendeva la sussistenza di una numerosa famiglia. Più apertamente si comportava il fratello, pittore dilettante e indicato spesso come dedito al bere, che nel luglio 1863 venne condannato a otto mesi di carcere per una manifestazione garibaldina. Anche le due sorelle dovettero pagare multe per aver espresso pubblicamente sentimenti antiaustriaci.A metà degli anni '60 le autorità di polizia parlavano dell'esistenza a Gorizia di un vero e proprio "partito favettiano", che aveva contatti in Lombardia e in Friuli e dal quale vari esponenti liberalmoderati cominciavano a prendere le distanze. Nel 1865 il Comune deliberò di collocare un busto di Dante nell'aula consiliare: l'atto aveva un chiaro significato politico, tanto che di lì a pochi mesi, in maggio, il governo di Vienna intimò lo scioglimento del Consiglio comunale. Si voleva colpire il F. indirettamente, ma le elezioni di giugno riportarono in carica molti suoi sostenitori.

Il 25 maggio 1866 la polizia austriaca intercettò a Peschiera una lettera del F. a Federico de' Comelli, gradiscano, antico collaboratore del Giornale di Gorizia, da molti anni emigrato a Firenze. La lettera auspicava che nell'ormai imminente guerra contro l'Austria il Regno d'Italia rivendicasse anche il Goriziano, e rivelava stretti rapporti con gli ambienti dell'emigrazione politica veneta e istriana. Il 29 seguente il F. venne arrestato e trasferito alle carceri di Trieste; in giugno il fratello Giovanni Nepuceno e altri goriziani di sentimenti italiani vennero deportati in Ungheria.

Il 26 luglio, mentre era in corso la guerra italo-austriaca, il tribunale provinciale di Trieste condannava il F. a sei anni di carcere duro da scontarsi nel penitenziario di Carlau, in Stiria. La fine della guerra e la clausola del trattato di pace, che imponeva all'Austria la liberazione dei prigionieri politici delle province italiane, facevano sperare in una rapida scarcerazione: ma nei suoi confronti l'amnistia non venne applicata. In autunno le autorità comunali di Gorizia designavano un nuovo segretario. Soltanto nel febbraio del 1867 il detenuto veniva liberato, in seguito a un provvedimento sovrano di grazia.

Nei due anni seguenti, non più legato all'impiego, il F. si recò spesso in Friuli, nel Veneto, a Milano e a Firenze. Ormai era riconosciuto come il capo del "partito italiano" di Gorizia e controllato dalla polizia in ogni suo spostamento. Agli inizi del 1868 fu tra i promotori della Società goriziana di ginnastica, scherma, canto. In aprile i funerali del fratello Giovanni Nepuceno, morto a 45 anni, si trasformarono in una manifestazione contro il governo.

Il 19 ott. 1868 il F., con molti concittadini, si recò a Palmanova - appena al di là del confine - per celebrare l'anniversario del plebiscito che aveva riportato il Veneto all'Italia. La polizia identificò i partecipanti alla manifestazione e nelle settimane seguenti prese a operare vari arresti. L'8 dicembre il F. si rifugiò a Udine, prevenendo il mandato di cattura che sarebbe stato spiccato contro di lui pochi giorni dopo. Trovò un impiego a Venezia presso la Compagnia di assicurazioni Milano e si fece raggiungere dalla famiglia. Anche dall'esilio continuò a far distribuire a Gorizia manifesti e proclami contro l'Austria. Alla fine del 1869, sempre a Venezia, diede alle stampe Un bon prinzipi!, almanacco friulano per il 1870.

Nel febbraio 1871 poté rientrare a Gorizia, beneficiando di una nuova amnistia. Continuò a svolgere il suo lavoro presso le Assicurazioni Milano, sperando sempre di riprendere la sua carica di segretario del Comune: trovò tuttavia una dura opposizione in due consiglieri già di sentimenti liberali, ora divenuti alleati del partito governativo: l'avvocato L. Pajer e l'albergatore F. Marzini. Nel settembre 1873 gli fu conferito dal podestà C. Coronini il modesto incarico di segretario della commissione sanitaria. Finalmente il 12 maggio 1877, resasi libera la carica, il nuovo podestà G. Deperis lo ripristinò nell'ufficio che aveva ricoperto fino al 1866.

La situazione politica goriziana era nel frattempo profondamente mutata, con profonde spaccature tra gli esponenti del partito liberaInazionale. All'ala moderata si contrapponevano ormai i repubblicani, i più attivi nella propaganda contro l'Austria e gli unici ad essere duramente perseguiti dalle autorità di polizia. Il F., che in passato aveva nutrito sentimenti mazziniani, si era ormai riavvicinato ai moderati, ricevendo dagli antichi compagni accuse e minacce. D'altra parte i legittimisti lo ritenevano sempre il maggiore dei loro avversari, e ben presto mossero pesanti attacchi alla sua gestione delle finanze comunali. Circolarono manifesti e lettere diffamatorie, ai quali nel 1879 egli rispose con l'opuscolo Alle tre lettere S. B. B., a difesa della legittimità delle sue azioni. Particolarmente violenta e continua fu l'opposizione dei Marzini, che in una lettera aperta pubblicata il 27 apr. 1888, sotto forma di foglio volante, arrivava a definire il segretario comunale "imbecille e presto maturo per essere ricoverato in qualche manicomio".

Polemiche e insinuazioni non intaccarono la popolarità del F., che aveva ripreso la collaborazione con i giornali d'indirizzo liberale, prima l'Isonzo e poi il Corriere di Gorizia. Continuò con successo anche l'attività letteraria. Assai apprezzati furono i suoi bozzetti di vita popolare goriziana scritti in friulano: 1782-1882 e Dopo cinq agn, recitati con successo nel 1882, e Fusilir e granadir, di cui nel 1893 le autorità vietarono la rappresentazione, per la rievocazione delle vicende quarantottesche in esso contenute. Nel 1892 pubblicò anche un dramma storico in quattro atti, Leonardo Papes.

Morì a Gorizia il 30 nov. 1892, ancora in carica come segretario del Comune. La raccolta delle sue Rime e prose in vernacolo goriziano, che stava preparando, apparve postuma a Udine nel 1893.

Fonti e Bibl.: Gorizia, Arch. stor. prov., ms. 228; Documenti di storia patria, mappa n. 84, fascicolo "C. Favetti"; Processo verbale della seduta del Consiglio comunale di Gorizia, tenuto nella sala della Dieta provinciale il 13 giugno 1861, Gorizia 1861; Necrologi in Corriere di Gorizia, 1º e 6 dic. 1892 (col resoconto dei solenni funerali); La Patria del Friuli, 2, 3, 5 dic. 1892; D. Del Bianco, in Pagine friulane, V (1892), 9, in copertina; La Provincia dell'Istria, XXVII (1893), pp. 5 s.; C. Venuti, Discorso commemorativo letto nella sera del 30 dic. 1892, trigesimo della morte di C. F., Gorizia 1893, ristampato in Studi goriziani, XXI (1957), I, pp. 123-43; A. de Claricini, Gorizia nelle sue istituzioni e nelle sue aziende comunali, Gorizia 1873, ad Indicem; [Carolina Luzzato], C. F., la sua vita e le sue opere, in C. Favetti, Rime e prose in vernacolo goriziano, Udine 1893, pp. I-XXXIX; G. Occioni Bonaffons, Bibliografia stor. friulana, III, Udine 1899, nn. 1239, 1279, 1926, 2067 s., 2142; C. L. Bozzi, La giovinezza di C. F., in Atti e mem. dell'Accademia di Udine, s. 5, XI (1931-32), pp. 143-178; R. M. Cossàr, Gorizia ottocentesca. Il Quarantotto e la guardia nazionale, in Rass. stor. del Risorgimento, XX (1933), pp. 321, 358, 382, 394 s.; Id., ... Da Villafranca all'armistizio di Cormòns, ibid., XXIV (1937), pp. 288 s., 293, 299-302, 308, 474 s., 480, 483, 496, 624-644, 805 ss., 821-827; Id., ... Dal Sessantasei agli albori del Settanta, ibid., XXV (1938), pp. 1383, 1389-92, 1396-1405, 1418; Id., ... Il tormentato periodo dal 1870 al 1882, ibid., XXX (1943), pp. 435-39, 443, 454 s.; XXXI-XXXIII (1944-46), pp. 63 ss., 71; C. L. Bozzi, Gorizia agli albori del Risorgimento, 1815-1848, Gorizia 1948, pp. 122, 131, 137-141, 145-48, 170, 193-234; R. M. Cossàr, C. F. e l'italianità di Gorizia nella seconda metà dell'Ottocento, in Studi goriziani, XIII (1952), pp. 111-118; A. Venezia, Il pensiero politico di C. F., ibid., XV (1954), pp. 71-146; R. M. Cossàr, Contese ottocentesche per l'italianità, in La Porta orientale, XXXI (1961), pp. 205-212; R. Giusti, Orientamenti liberali del giornalismo lombardo-veneto, Venezia. 1966, pp. 23 s.; M. De Grassi, Il giornalismo goriziano a metà dell'Ottocento (1848-1851), Trieste 1974, pp. 9, 12-19.

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