GAZZOLA, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999)

GAZZOLA (Gazola), Carlo

Giuseppe Monsagrati

Nacque a Piacenza il 28 febbr. 1804 da Giovanni e da Anna Maria Buzzetti. Scomparsa prematuramente la madre (1812), venne affidato alle cure di uno zio, il teologo Vincenzo Buzzetti, celebre riscopritore del tomismo, che lo iscrisse come studente laico al seminario cittadino. Quattro anni di corsi, seguiti da altri quattro di umanità e retorica nelle scuole pubbliche e da un biennio di diritto canonico e civile, lasciarono nel G. una profonda insofferenza per i metodi pedanteschi dei docenti ma rivelarono anche in lui un giovane "invasato dal demone della curiosità" (La mia educazione, p. 13) e perciò instancabile nella ricerca di ogni tipo di lettura, con un orientamento che all'inizio, per l'ascendente esercitato dallo zio, lo indirizzava verso gli esponenti del pensiero religioso della Restaurazione (J. de Maistre, L.-G.-A. de Bonald, F.-R. Lamennais) distogliendolo al contempo dal sensismo, ma che presto lo avrebbe sospinto a prendere confidenza con i grandi illuministi europei. Recepito il tomismo come la migliore risposta che il pensiero religioso cristiano avesse saputo dare alle esigenze di un moderno razionalismo, il G. ampliava poi i suoi interessi verso il mondo dei letterati, molti conoscendoli di persona (I. Pindemonte, A. Manzoni, T. Grossi), altri incontrandoli nel corso delle sue divagazioni intellettuali che, partendo dall'umanesimo, lo portavano fino a G. Vico, con la Scienza nuova, e a G.D. Romagnosi, con gli Annali universali di statistica, con ciò alimentando la sua nascente attenzione per le scienze storiche e sociali.

Nel frattempo il G., firmandosi Luigi Tibaldi, aveva pubblicato nel periodico torinese L'Amico d'Italia (1825, fasc. 8) il suo primo scritto, un enfatico Elogio in morte di V. Buzzetti, e aveva dato alle stampe il primo volume delle Lezioni sacre ovvero teologali dello stesso Buzzetti (Piacenza 1826: gli altri otto previsti non sarebbero mai usciti per mancanza di sottoscrittori), premettendovi un proprio discorso denso di ammirazione per il Maistre; infine, risoltosi al sacerdozio, aveva preso gli ordini il 25 dic. 1826. Con caratteristica e solo apparente contraddizione, dovuta alla molteplicità degli influssi che lo avevano formato, l'adesione al pensiero reazionario e l'ideale di una Chiesa finalmente sottratta al pericolo del giansenismo convivevano in lui con il bisogno di impegnarsi a stretto contatto con il popolo per una rigenerazione su basi cristiane della vita sociale. L'esercizio della predicazione appena intrapreso lo avvicinò allora a Gaspare Del Bufalo e alle sue missioni: per quasi un decennio, a partire dall'estate 1830, il G. si mosse tra Frosinone, Benevento e Napoli dedicandosi all'evangelizzazione delle masse ma anche operando a sollievo dei malati di colera. Non si spegneva però il suo interesse per la vita intellettuale (a Napoli aveva conosciuto T. Gargallo, C. Troya, L. Bianchini) ed era forte l'attrazione per l'ambiente culturale romano al quale si accostava intorno al 1839 grazie all'amicizia del cardinale B. Pacca, che il 15 giugno 1840 lo faceva entrare in prelatura e poco più di un anno dopo gli procurava la carica di segretario della congregazione della Disciplina regolare. Il G. ebbe così accesso al mondo delle accademie romane alle cui riunioni prendeva parte con le più varie dissertazioni: nella Tiberina, di cui nel 1841 fu presidente annuale, parlava di letteratura commentando La Commedia di Dante Alighieri illustrata da U. Foscolo che G. Mazzini aveva appena pubblicato a Londra (1842-43), mentre lasciava gli argomenti ecclesiologici alle sedute dell'Accademia di religione cattolica o della Liturgica, ove esponeva con toni controversistici il suo pensiero sulla Storia del Papato di L. von Ranke o sul socialismo umanitario; non meno intensa era poi la sua collaborazione ad alcuni periodici, in particolare a L'Album e più tardi, tra il 1845 e il 1848, al settimanale L'Artigianello, sul quale precisava il proprio impegno a favore di una più incisiva opera di educazione e istruzione dei giovani. Era evidente, in tutto ciò, l'influenza del giobertismo, ma non era difficile avvertire anche l'eco lontana della pedagogia mazziniana.

Una Vita di G.B. Lambruschini vescovo di Orvieto, scritta in chiave perfettamente controrivoluzionaria e pubblicata a Orvieto nel 1841, assicurava intanto al G. la protezione del segretario di Stato L. Lambruschini ma gli dava anche la mal fondata certezza di una intangibilità destinata a cessare nel 1843, quando, allontanatosi da Roma senza permesso, veniva sollevato dalle segreteria della congregazione con un provvedimento che teneva conto dei maneggi da lui intrapresi per farsi nominare cappellano cattolico della legazione russa a Roma, probabilmente per potere meglio sviluppare, al riparo dell'immunità diplomatica, una linea di pensiero destinata ad approdare su posizioni politicamente più avanzate. L'elezione di Pio IX e l'inizio del suo riformismo liberaleggiante parvero favorire questa evoluzione del G., che il 12 dic. 1846 dava vita, insieme con L. Potenziani, L. Masi e F. Torre, al Contemporaneo, un settimanale (e dal 3 giugno 1848 quotidiano) che avrebbe aperto con la sua impostazione liberal-moderata e poi sempre più decisamente progressista, anticuriale e antigesuitica, la breve stagione del giornalismo romano segnalandosi, oltre che per il buon livello dei collaboratori (tra gli altri, G. Capponi, G. Montanelli e L. Dragonetti), per il sostegno offerto alla linea di intervento pontificio nella guerra all'Austria. Il G., in particolare, vi si distinse per la vivacità e l'insistenza con cui chiedeva che si intervenisse con misure di soccorso a favore dei ceti popolari; e forse fu per questo che nel maggio 1847 gli furono sottratti in casa alcuni documenti che, riconosciuti come suoi, lo portarono davanti al giudice, imputato di scritti contrari all'interesse della Chiesa e ingiuriosi per la memoria di Gregorio XVI. Emerse quindi una storia di debiti e inoltre la denunzia di una vedova che lamentava la perdita del patrimonio affidato alle cure del Gazzola. Con una supplica accorata al papa il G. ottenne il perdono, ma il 25 sett. 1847, di nuovo nell'occhio del ciclone per un articolo Del così detto partito cattolico in cui deprecava l'ipotesi di un formale impegno politico dei cattolici belgi a difesa dei loro privilegi di classe, veniva, soprattutto per le reazioni provocate all'estero, allontanato da Roma. Gli era vicino, in quella circostanza, V. Gioberti che gli esprimeva pubblicamente la propria solidarietà consigliandogli al contempo grande prudenza. Poche settimane dopo, l'11 nov. 1847, cessava le pubblicazioni Il Popolare, un altro settimanale fondato dieci mesi prima dal G. col Masi e col Torre non solo per istruire il popolo, come diceva il sottotitolo, ma anche per dare battaglia senza inibizioni di sorta e forse con qualche eccesso di demagogia su questioni sociali e amministrative.

Richiamato a Roma il 15 giugno 1848 dopo una permanenza in Romagna e in Toscana, il G. non tornava subito al giornalismo (Il Contemporaneo era ormai controllato dall'ultraradicale P. Sterbini), ma si ricollegava agli esponenti del riformismo cattolico con la speranza di risospingere il papa ad appoggiare il movimento nazionale. Poi, fuggito Pio IX da Roma, si risolveva a ritentare con il quotidiano Il Positivo - da lui fondato e diretto dal 30 dic. 1848 al 31 maggio 1849 - la via del giornalismo d'opinione, dapprima con un tono molto suadente, volto a riportare il papa a Roma, quindi, soprattutto dopo l'arrivo del Mazzini, con sempre maggiore esagitazione e senza esitare a disconoscere l'autorità pontificia, considerando finito il potere temporale ("questo infausto dominio che costa sangue e angosce", scriveva il 23 maggio 1849) e sancendone la condanna definitiva in una requisitoria nella quale spiccava - e avrebbe destato enorme scandalo - l'accusa a Pio IX di avere appartenuto in gioventù alla Giovine Italia.

Caduta la Repubblica Romana, il G., dopo avere inutilmente tentato di rilanciare Il Contemporaneo, fu arrestato e rinchiuso in Castel Sant'Angelo in base a un capo di imputazione - ingiurie alla persona del papa - che chiamava in causa quest'ultimo articolo sul Positivo, più ancora che la svolta repubblicana del quotidiano, che a inizio giugno si era fuso con la mazziniana Italia del popolo. Negato dagli inquirenti il carattere politico del procedimento a suo carico al fine di evitare che l'accusato potesse giovarsi dell'amnistia, bastarono due udienze, il 26 febbraio e il 18 marzo 1850, per riconoscere il G. colpevole "di calunniose ed atrocissime ingiurie pubblicate replicatamente a stampa contro il Sommo Pontefice" e per condannarlo alla reclusione perpetua nella casa di penitenza di Corneto, con conseguente perdita di tutti i benefici ecclesiastici e rinvio all'Inquisizione degli articoli pubblicati sul Positivo. La sentenza, apparsa sul Diario di Roma del 1° apr. 1851, disponeva anche l'ammonizione del difensore G. Petroni e la distruzione di tutte le copie della difesa a stampa del Gazzola. Non passavano però dieci giorni che nella notte tra il 26 e il 27 marzo il G., con l'aiuto di altri detenuti e con la complicità delle sentinelle francesi, evadeva in modo rocambolesco da Castel Sant'Angelo e, dopo essere rimasto nascosto fino al 6 aprile in casa di un ufficiale del corpo d'occupazione, si imbarcava a Civitavecchia su un vapore che il 9 aprile lo portava a Genova.

Ottenuto asilo politico in Piemonte, il G. si affrettava a pubblicare un denso volume, Il prelato italiano mons. C. G. ed il vicariato di Roma sotto papa Pio IX, 1849-1850… (Torino 1850) che, raccogliendo gli atti del processo, una larga selezione degli articoli scritti nel 1847-49 e altre considerazioni sull'avvenuta restaurazione, sembrava dovesse rappresentare la ripresa della sua fiera polemica antipapale. Cominciò invece un periodo di profonda prostrazione anche fisica dalla quale non lo risollevò la fondazione di un settimanale, La Discussione, che, nato il 29 genn. 1851, durò meno di tre mesi e propugnò una soluzione moderata del conflitto aperto con la Chiesa dal Piemonte di M. d'Azeglio. In una condizione morale assai critica il G. respinse nel 1853 un'offerta da parte dei valdesi di aderire alla loro confessione; un anno dopo, però, cedeva alle pressione di un cappuccino, Giovanni Battista da Taggia, che tra la fine del 1854 e la primavera del 1855 chiedeva e otteneva per lui il perdono del papa accompagnato da un'ampia ritrattazione di tutto quanto il G. aveva fatto e scritto nel corso dell'attività di pubblicista. Curiosamente due anni più tardi, ospite a Mondovì del vescovo G.T. Ghilardi, il G. rinnovava la propria ritrattazione che veniva pubblicata in forma solenne sulla Gazzetta di Bologna del 28 giugno 1857, quando cioè era in corso la visita di Pio IX: come compenso ottenne un assegno mensile, un posto di bibliotecario e una cattedra di francese nel seminario di Mondovì, ma non riconquistò mai la fiducia del papa che aveva già dimostrato di non volergli concedere ulteriore spazio quando nel luglio del 1855 aveva considerato molto severamente, lasciandola cadere, l'offerta del G. di compiere una missione conciliativa a Roma per conto di Vittorio Emanuele II.

Sempre di salute inferma, il G. fu trasferito a un altro seminario monregalese, quello di Maria Santissima, presso Vicoforte, dove si spegneva il 6 nov. 1865 dopo una breve malattia.

Fonti e Bibl.: In parte utilizzata da G. Forlini, Un prelato piacentino alle prese con la Curia romana nella prima metà dell'Ottocento: C. G. (1804-1865), in Boll. stor. piacentino, LXXVIII (1983), pp. 143-169, è la documentazione che si conserva in Arch. segr. Vaticano, Segreteria di Stato, Gaeta-Portici, 1848-1850, reg. 165, f. 5, cc. 72-89, avente per oggetto il processo del 1850; a essa si aggiungano, nello stesso archivio, il materiale del fondo Pio IX - Oggetti varii, nn. 441 (inchiesta del 1847) e 1128 (lettere al papa di Giovanni Battista da Taggia e ritrattazioni autografe del G.), e in Bibl. apost. Vaticana, Raccolta Ferrajoli-Ferrajoli, nn. 6206-6208, tre lettere del G. a F. Galvani (1834-38) e a T. Moreschi (1849). Il Museo centrale del Risorgimento di Roma custodisce invece una lettera a F.-R. Lamennais del 1825 (b. 171/21) e tre lettere a M. d'Azeglio del 1849-50 (b. 562/37). Da segnalare infine le 75 lettere al G. di Teresa Gamba Guiccioli, in Bibl. comunale di Forlì, Raccolta Piancastelli. Tra le fonti edite è ricco di notizie autobiografiche lo scritto del G., La mia educazione e i miei studi. Lettera… al prof. B. Silorata, uno de' compilatori della Gazzetta piemontese, Torino 1844, mentre per gli ultimi anni risulta preziosa la Necrologia di don C. G. piacentino, già prelato romano e segretario della S. Congregazione della Regolare Disciplina, Milano 1866, che colma le lacune del citato saggio di G. Forlini e delle brevi biografie in Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v., e nel Nuovo Dizionario biogr. piacentino (1860-1960), Piacenza 1987, s.v. Le principali testimonianze dei contemporanei sul G. provengono da L.C. Farini, Epistolario, a cura di L. Rava, I, Bologna 1911, pp. 736, 766, 770, 772, 776, 782, 788, 806, 814; Carteggio Tommaseo-Capponi, a cura di I. Del Lungo - P. Prunas, II, Bologna 1914, ad indicem; V. Gioberti, Epistolario, a cura di G. Gentile - G. Balsamo Crivelli, VI-VII, Firenze 1931-34, ad indices; P. Pirri, Pio IX e Vittorio Emanuele II dal loro carteggio privato, I, 1848-1856, Roma 1944, ad indicem; N. Roncalli, Cronaca di Roma, I-II, a cura di M.L. Trebiliani, Roma 1972-97, ad indices. Su una prospettiva più storica si collocano L.C. Farini, Lo Stato romano dall'anno 1815 al 1850, Firenze 1853, I, p. 184; II, p. 67; G. Spada, Storia della rivoluzione di Roma…, Firenze 1869-70, I, pp. 46, 54, 99 s., 179, 322, 325 s., 370; III, pp. 35, 221, 303, 337, 356. Scarso l'interesse della storiografia per il G. se si esclude l'attività pubblicistica, analizzata da F. Fonzi, I giornali romani del 1849, in Arch. della Soc. romana di storia patria, LXXII (1949), pp. 108, 115 s.; M. Battistini, Gioberti in Belgio. Contrasti e problemi della cultura belga, in Quaderni di cultura e storia sociale, II (1953), pp. 458-460; R. Quazza, Pio IX e Massimo d'Azeglio…, Modena 1954, ad indicem; O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana dell'800, Roma 1963, II, ad indicem; A. Galante Garrone - F. Della Peruta, La stampa ital. del Risorgimento, Roma-Bari 1979, ad indicem. Qualche cenno sull'arresto, sulla fuga da Roma e sull'esilio in L'emigraz. in Genova e in Liguria dal 1848 al 1857, Modena 1957, III, ad indicem; A.M. Ghisalberti, Roma da Mazzini a Pio IX, Milano 1958, ad indicem; G. Martina, Pio IX (1846-1850), Roma 1974, ad indicem. Una vivace discussione sul valore di testimonianza dei ricordi giovanili del G. in A. Fermi, Origine del tomismo piacentino nel primo '800…, Piacenza 1959, pp. 147 ss., 237-241; G.F. Rossi, La filosofia nel Collegio Alberoni e il neo-tomismo, Piacenza 1959 [ma 1961], ad indicem.

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