GEMMELLARO, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GEMMELLARO, Carlo

Pietro Corsi

Nacque a Nicolosi (Catania) il 14 nov. 1787, da Gaetano e Margherita Morabito.

L'interesse della famiglia del G., originaria di Nicolosi, per le scienze naturali, e in particolare per l'osservazione e la descrizione del vulcanismo etneo, si può far risalire allo zio di Carlo, Raimondo Gemmellaro, membro del gruppo di pionieri dello studio dell'Etna che aveva in G. Recupero e G. Gioeni i suoi corifei, e autore di una descrizione dell'eruzione dell'Etna del 1766 (Giornale dell'eruzione dell'Etna) pubblicata in W. Sartorius von Waltershausen, Der Aetna, I-II, Leipzig 1880.

Anche il fratello minore, Giuseppe, di cui poco si sa, medico a Nicolosi, si dedicò alla descrizione delle eruzioni dell'Etna, e organizzò le famose spedizioni del geologo inglese sir Charles Lyell sull'Etna del 1857 e del 1858, nel corso delle quali venne accompagnato da Gaetano Giorgio, figlio di Carlo. Giuseppe pubblicò, a Catania, nel 1823 un Quadro storico topografico delle eruzioni dell'Etna, e nel 1853 un Sunto del giornale dell'eruzione del 1852.

Laureatosi in medicina nel 1808, grazie all'amicizia tra il fratello Mario e il vicecomandante delle forze britanniche di stanza a Messina J. Ochocorne, il G. venne assunto come chirurgo di reggimento. Insieme con ufficiali inglesi, dai quali fu probabilmente iniziato alla massoneria di rito scozzese, compì escursioni geologiche nelle isole Eolie, in particolare a Vulcano e a Stromboli. Trascorse il biennio 1810-11 a Londra, dove perfezionò le conoscenze mediche. Partecipò inoltre a un famoso ciclo di lezioni di geologia alla Royal Institution (aprile-giugno 1812), nelle quali sir H. Davy proponeva una teoria chimica dei fenomeni vulcanici, illustrandola con un modello di cono vulcanico in cui provocava eruzioni artificiali. Il G. si dedicò quindi allo studio della geologia e delle scienze fisico-naturali in genere, seguì con interesse la polemica tra nettunisti e plutonisti in Inghilterra, studiò i testi di J. Hutton e J. Playfair, sostenitori del ruolo dei fenomeni vulcanici nel plasmare la superficie della terra, e di R. Jameson, lo scienziato scozzese che al contrario riteneva la formazione degli strati dovuta a fenomeni di deposizione graduale di materiale sospeso in un oceano primitivo. Dimostrò anche familiarità con opere francesi, in particolare con strumenti di divulgazione scientifica quali il Journal de physique o il Nouveau Dictionnaire d'histoire naturelle, che marcavano la continuità di interessi per tematiche cosmologiche e cosmogoniche tipiche del romanzo filosofico settecentesco tra le élites colte dei primi due decenni del XIX secolo.

Terminato il tirocinio londinese, il G. iniziò una carriera di medico imbarcato su vari vascelli della flotta inglese di stanza nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo. Tra il 1813 e il 1817 percorse le coste e le isole del Mediterraneo, unendovi anche numerose escursioni naturalistiche. Tornò infine a Catania nel 1817, dove unì l'esercizio della professione medica con un'attività di notabile colto, occupandosi di geologia, archeologia e numismatica, letteratura e poesia dialettale, storia locale e arte; di tale attività sono testimonianza, tra l'altro, i seguenti testi, tutti pubblicati postumi: Avvenimenti notabili successi in Catania nel 1837, con una nota illustrativa di V. Finocchiaro, in Arch. stor. per la Sicilia orientale, XX (1924), pp. 75-192; Il martirio di s. Agata. Componimento tragico (1844), a cura di C. Naselli, ibid., s. 2, III-IV (1927-28), pp. 314-358; Cenni storici di la rivoluzioni siciliana l'annu MDCCCXLVIII, scritti in lingua patria, a cura di C. Naselli, ibid., s. 4, I (1948), 3, pp. 1-91.

La sua casa divenne un apprezzato museo di reperti naturalistici, medaglie e monete, con collezioni di dipinti e stampe di diverse epoche e un'importante biblioteca (se ne veda la descrizione dell'allievo e biografo A. Aradas, Elogio accademico…, p. 283).

Il G., nel 1824, fu tra i fondatori dell'Accademia Gioenia di Catania, del cui Giornale fu a più riprese direttore e redattore; fu, inoltre, professore di storia naturale, poi di geologia e mineralogia dal 1830, e, dal 1852, solo di geologia presso la locale università, dove occupò cariche amministrative e rettorali.

Tutta la carriera scientifica del G., a eccezione della sua partecipazione alla riunione degli scienziati tedeschi a Stoccarda nel 1834 e alla settima riunione degli scienziati italiani a Napoli nel 1845, si svolse nella sua città e nelle sale dell'Accademia Gioenia, pur mantenendo contatti personali ed epistolari frequenti con geologi e naturalisti di tutta Europa.

La produzione geologica, mineralogica, zoologica e botanica del G. era volta a illustrare le particolarità della sua terra, con esplorazioni entro i confini della regione etnea, di cui sosteneva un'analogia nella struttura fisica e biologica con quella di altre contrade d'Europa visitate in gioventù, o descritte nella letteratura scientifica.

La sua prima memoria scientifica, Sopra alcuni pezzi di granito e di lave antiche trovati presso alla cima dell'Etna. Osservazioni fisiche (Catania 1823) ricollegava il ritrovamento di graniti contornati di lave a una teoria del vulcanismo come prodotto dall'azione di gas - primo tra tutti il vapore acqueo sviluppatosi per contatto con il nucleo incandescente della terra - che spingono verso l'alto il magma degli strati profondi.

Il G. condivise col fratello Mario la convinzione che la Val del Bove fosse in realtà l'antica bocca eruttiva dell'Etna, e nel 1827 contribuì allo sviluppo delle teorie geologiche del Lyell al quale indicò i vulcani estinti della Val di Noto, anche se non accettò mai pienamente le deduzioni anticatastrofiste che il collega inglese ne trasse.

Nel 1824, insieme con S. Scuderi, A. Di Giacomo e I. Napoli, presentava all'Accademia Gioenia il Prospetto d'una topografia fisica dell'Etna e suoi contorni (in Atti dell'Acc. Gioenia in Catania, I [1825], pp. 19-34), in cui si delineava il programma di ricerca multidisciplinare sul vulcano che caratterizzò gran parte della sua produzione scientifica e che culminò nella pubblicazione di La vulcanologia dell'Etna, che comprende la topografia, la geologia, la storia delle sue eruzioni… (ibid., s. 2, XIV [1859], pp. 183-350; XV [1860], pp. 27-140; rist. anast. a cura di A. Cocuzza, Catania 1989).

Fu tra i primi e pochi scienziati italiani a sostenere sin dai primi anni Trenta la tesi secondo cui solo i fossili permetterebbero di distinguere e datare le varie formazioni (Cenno sopra le conchiglie fossili dell'argilla terziaria di Cifali presso Catania, Catania 1833) anche se, di fatto, le sue ricerche paleontologiche non brillarono per originalità e perspicacia; formulò un'audace teoria sull'origine organica dello zolfo siciliano, indicato come il prodotto della decomposizione di molluschi (Considerazioni geologiche sullo zolfo, in Giorn. dell'Acc. Gioenia in Catania, I [1834], pp. 1-10, e in Atti dell'Acc. Gioenia in Catania, X [1835], pp. 161-200) fortemente contestata nell'ambito della stessa Gioenia. Tale teoria discendeva dalla parziale accettazione di una tesi di J.-B. Lamarck, secondo cui gran parte della crosta terrestre si sarebbe formata da resti di organismi, depositatisi, secondo il G., in un mare primigenio, formatosi a seguito del precipitare di ingenti masse di ossigeno e di altri gas che componevano la nebulosa all'origine di tutti i corpi celesti.

Le ricerche del G. si caratterizzano per due aspetti principali: l'attenzione costante agli aspetti morfologici e il forte impianto speculativo. Così, il G. fu tra i rari seguaci in Italia delle teorie geomorfologiche di R. Jameson, che riteneva poter dedurre la costituzione fisica di una regione dalla forma dei rilievi montuosi. Il G. applicò la teoria allo studio delle montagne della Sicilia (Sopra la fisionomia delle montagne della Sicilia, in Atti dell'Acc. Gioenia in Catania, V [1831], pp. 73-94) e si spinse sino a elaborare deduzioni geologiche dall'esame di una mappa della lontana Crimea (Brevi considerazioni sulla carta topografica della Crimea, ibid., s. 2, XII [1856], pp. 27-42). Di impianto essenzialmente morfologico erano anche le sue interessanti osservazioni sulle lave (per es., Sopra la varietà di superficie nelle correnti vulcaniche, ibid., XIX [1842], pp. 171-198) facilitate dalla forte attività eruttiva dell'Etna tra gli anni Trenta e Sessanta. Il G. poté così studiare ripetutamente le varie colate e determinare le forme assunte, secondo il raffreddamento, su pendii di diversa inclinazione, anche se non possedeva le competenze necessarie a una analisi chimica del materiale eruttato.

La consuetudine di descrivere luoghi e forme di vita attuali e del passato, come l'appello costante alla necessità di attenersi strettamente ai fatti, non era in contraddizione con il complesso ed eclettico sistema cosmologico e cosmogonico messo a punto dal G., e sostanzialmente mai da lui mutato (v. Lievi osservazioni sui fossili dei terreni paleozoici, ibid., s. 3, I [1867], pp. 1-22).

Precocemente attratto da vaste teorie cosmogoniche, tra cui l'ipotesi oggi nota come di Kant e Laplace, di un'origine del sistema solare dal condensarsi di nebulose, o la tesi di E.M. Patrin, che considerava la Terra e l'Universo come organismi viventi, insiemi di fenomeni chimico-fisici e vitali, segno dell'intervento di un Creatore, negli anni Trenta venne influenzato, come del resto la maggior parte dei geologi italiani, dal manuale di J.-B.-J. d'Omalius d'Halloy, da cui trasse parte delle dottrine che illustrò nei suoi Elementi di geologia (Catania 1840). Conosceva poi le opere di G.-L. Buffon, A.-M. Ampère, G. Cuvier e del Lamarck, cui affiancava testi di una congerie di autori oggi considerati minori, come J.-C. De la Métherie o P. Bertrand. Proponeva quindi una cosmogonia che si ispirava a quella nebulare di Kant e Laplace, alle teorie astronomiche di J.F. Herschel e a quelle di Buffon sulla formazione dei minerali, ai lavori di M. Faraday sulla condensazione dei gas, e poneva al centro del suo sistema l'azione dell'ossigeno, elemento base di nebulose attraversate da forti correnti elettriche che provocherebbero la condensazione e l'unione del gas con altri elementi.

Va tuttavia notato che l'eclettismo del G. non costituiva affatto un'eccezione nell'Italia e nell'Europa della prima metà del secolo, e anzi rappresenta un elemento di forte interesse per comprendere i rapporti tra i processi di innovazione scientifica in atto nei maggiori centri di ricerca dei paesi più sviluppati, e la ricezione di nuove idee e pratiche sperimentali in ambienti periferici, dove si assiste spesso a una loro traduzione in impianti teorici e in concezioni del lavoro scientifico legate a tradizioni amatoriali più antiche.

Il G. rifiutava la tesi delle generazione spontanea e della trasformazione delle specie, e sosteneva che Dio aveva sin dagli inizi creato i germi di tutte le forme di vita possibili sulla terra, le quali si erano poi sviluppate man mano che si verificavano condizioni geoclimatiche a esse favorevoli. Si oppose dunque al trasformismo lamarckiano e alla teoria della selezione naturale di Darwin in nome di un creazionismo e di una fedeltà al dettato biblico, opportunamente interpretato, che lo portò a sostenere la realtà storica del diluvio universale (Sul diluvio. Prove geologiche, Catania 1857). Dimostrò in genere nei suoi lavori un'adesione convinta alle verità rivelate, che vedeva confermate dalle proprie ricerche, e che difese a oltranza contro tutte le "novità" scientifiche.

Verso gli illustri visitatori stranieri (Lyell, E. de Beaumont, C. Prévost, F. Hoffmann, W. Sartorius von Waltershausen) mantenne un atteggiamento autonomo, criticando chi pretendeva di parlare di quei terreni conoscendoli solo superficialmente. In contrasto con il Lyell, che la riteneva derivata da un antico cono dilavato dall'azione atmosferica e tellurica nel corso di diversi millenni, il G. insistette nel considerare la Val di Noto come uno sprofondamento, così come mantenne un atteggiamento di benevola critica verso la teoria dei crateri di sollevamento proposta da L. von Buch, avversata fermamente dal collega inglese.

Numerose furono le pubblicazioni del G. nei settori della numismatica, dell'archeologia della Sicilia orientale e della storia patria; convinto fu il suo tentativo di rivendicare per la Sicilia e per l'Italia un primato di civiltà artistica e scientifica, anche se gli stessi contemporanei e i primi biografi hanno messo in luce l'impianto amatoriale delle sue ricerche.

Controversa è l'interpretazione dell'atteggiamento del G. nei confronti degli sconvolgimenti politici che si trovò ad attraversare (cfr. i già ricordati Cenni storici sulla rivoluzione del 1848). I suoi scritti si caratterizzano per espressioni di gratitudine verso i sovrani della casa Borbone, mentre alcuni commentatori hanno pensato a una simpatia del G. per il movimento risorgimentale, se non addirittura democratico, invocando a supporto l'adesione alla massoneria. La partecipazione del figlio Ferdinando nelle file garibaldine ai combattimenti alle porte di Palermo, garantì comunque alla famiglia del G. una posizione di prestigio anche nel nuovo Regno d'Italia.

Il G. morì di un tumore alla gola a Catania il 22 ott. 1866.

Tra le opere del G. si ricordano: Su i vulcani estinti della Val di Noto, in Atti dell'Acc. Gioenia in Catania, III (1829), pp. 211-230; X (1835), pp. 61-96; XVI (1841), pp. 225-245; s. 2, XX (1865), pp. 185-195; Sopra la origine ed i progressi delle scienze naturali in Sicilia. Prolusione, Catania 1833; Relazione del viaggio del prof. C. G. all'assemblea dei fisici tedeschi in Stuttgard, in Atti dell'Acc. Gioenia in Catania, IX (1834), pp. 174-205; De Vallis de Bove in monte Aetna geognostica constitutione…, ibid., XI (1836), pp. 351-360; Sulla costituzione fisica della Valle del Bove, ibid., XII (1837), pp. 163-182; Sulla influenza del regno organico nella formazione della crosta del globo, ibid., XVI (1841), pp. 149-166; Sulla influenza dell'ossigeno nella formazione dei globi celesti, ibid., XVIII (1842), pp. 23-40; Cenno storico sulla eruzione dell'Etna del 27 nov. 1842, ibid., pp. 227-242; Sulla eruzione del 17 nov. 1843, ibid., XIX (1843), pp. 223-258; Sul basalto decomposto dell'Isola dei Ciclopi. Memoria letta al settimo Congr. degli scienziati italiani in Napoli il 29 sett. 1845, ibid., s. 2, I (1845), pp. 309-332; Sui crateri di sollevamento e di eruzione, ibid., II (1846), pp. 109-134; Saggio sulla costituzione fisica dell'Etna, Catania 1847; Cenno storico su di una tela di Girolamo La Manna antico pittor catanese, ibid. 1848; Poche aggiunte ad un articolo del giornale "La Civiltà cattolica" sul tesoro di antiche medaglie trovate presso Nasso, ibid. 1853; Sul rinvenimento del ripostiglio di monete greco-sicule presso Nasso. Breve disamina, ibid. 1854; Di taluni fenomeni della vita minerale, in Atti dell'Acc. Gioenia in Catania, s. 2, IX (1854), pp. 73-97; La Creazione: quadro filosofico, Catania 1856 (2ª ed., ibid. 1864); Memoria sul terreno erratico del Nord di Europa, in Atti dell'Acc. Gioenia in Catania, s. 2, XIII (1857), pp. 33-68; Sul diluvio. Prove geologiche, ibid., pp. 253-278; Sul profondamento del suolo nel cratere dell'Etna, ibid., XV (1859), pp. 149-160; Recensione bibliografica:"On the structure of the lavas ecc.". Sulla descrizione delle lave… per Sir Charles Lyell, dalle Transazioni filosofiche, vol. 148 (2. parte) (1858), Londra 1859, ibid., pp. 180-183; Sommi capi di una storia della geologia sino a tutto il secolo XVIII pei quali si detegge che le vere basi di questa scienza sono state fondate dagli Italiani, Catania 1862; Breve ragguaglio della eruzione dell'Etna negli ultimi di gennaio 1865, ibid. 1865; Un addio al maggior vulcano di Europa, ibid. 1865.

Fonti e Bibl.: Gran parte dei manoscritti del G. citati dai primi biografi non sono stati ritrovati, probabilmente dispersi nei rami collaterali della famiglia. Per una descrizione del lascito manoscritto del G., e una prima bibliografia commentata dei suoi scritti si veda A. Aradas, Elogio accademico di C. G., in Atti dell'Acc. Gioenia in Catania, s. 3, II (1870), pp. 117-303; una descrizione dei manoscritti ancora esistenti in collezioni pubbliche e una bibliografia completa del G. si trovano in G. Bentivegna, Appunti per l'edizione dell'epistolario di C. G. (con lettere inedite), in Il Naturalista siciliano, s. 4, XIII (1989), 3-4, pp. 131-151, e in Scienze della terra e filosofia della vita in C. G., in Arch. stor. per la Sicilia orientale, XCI (1990), pp. 235-329 ("Repertorio degli scritti", pp. 265-281 ed ediz. di testi…, pp. 282-329); J.-B.-J. d'Omalius d'Halloy, Éléments de géologie, Paris 1831, ad ind.; F. Hoffmann, Geognostische Beobachtungen. Gesammelt auf einer Reise durch Italien und Sicilien in den Jahren 1830 bis 1832, Berlin 1839, passim; S. Brancaleone, Biografia di C. G., Catania 1866; A. Aradas, C. G. a Stuttgard nel Congresso dei naturalisti tedeschi, Catania 1870; E. Lombardo Giudice, C. G. scrittore di cose patrie, Catania 1870; A. Aradas, La storia naturale in Sicilia e i suoi cultori nel secolo XIX, Catania 1874 (nuova ed. in Univ. di Catania. Lezioni inaugurali. Anni acc. 1861/62-1879/80, a cura di C. Dollo - G. Giarrizzo - V. Librando, Catania 1989, pp. 181-198); G. Di Stefano, Cenno storico sullo sviluppo degli studi geologici in Sicilia, in Boll. della Soc. geol. ital., XXIX (1909), pp. LXXXV-CXXVI; V. Finocchiaro, Catania e il Risorgimento politico nazionale nelle Memorie inedite di C. G., in Arch. stor. per la Sicilia orientale, XIX (1922-23), pp. 167-202; XX (1924), pp. 75-192; M. Naselli, Il "Giornale del Gabinetto letterario dell'Accademia Gioenia di Catania" (1834-1868), ibid., pp. 314-344; E. Di Carlo, Due lettere inedite di C. G. al p. Giuseppe Romano, in Arch. stor. siciliano, n.s., XLIX (1928), pp. 275-279; S. Di Franco, I primi geologi siciliani e i Gemmellaro, in Arch. stor. per la Sicilia orientale, XXIX (1933), pp. 102-108; V. Novarese, Geologia, in Un secolo di progresso scientifico…, Roma 1939, II, pp. 486, 488 s., 492; G. Libertini, Lettere del '48 a C. G., in Arch. stor. per la Sicilia orientale, XLV-XLVI (1949-50), pp. 194-201; Id., L'Università di Catania dal 1805 al 1865, in Storia dell'Università di Catania dalle origini ai nostri giorni, Catania 1954, ad ind.; A. Carrà, La stampa periodica catanese nel Risorgimento, Catania 1962, ad ind.; Id., Attività pubblicistica di C. G. nel "Giorn. del Gabinetto letterario dell'Acc. Gioenia in Catania" nel 1852-1859, in Il Risorgimento in Sicilia, I (1965), pp. 334-341; L. Ogniben, Il centenario di C. G. (1787-1866) e l'evoluzione degli studi geologici, in Atti dell'Acc. Gioenia in Catania, s. 6, XIX (1967), pp. 241-267; G. Sichel, Lo sviluppo del pensiero naturalistico in Sicilia tra idéologues e darwiniani, in I naturalisti e la cultura scientifica siciliana, a cura di G. Liotta, Palermo 1987, pp. 31-54; R. Laudan, From mineralogy to geology. The foundations of a science, 1650-1830, Chicago-London 1987, ad ind.; G. Bentivegna, La produzione scientifica a Catania (1800-1860): un'analisi quantitativa, in Il Meridione e le scienze dal XVI al XIX secolo, a cura di P. Nastasi, Palermo 1988, pp. 169-176; M. Carapezza, La geologia siciliana nel XIX secolo, ibid., pp. 97-110; P. Corsi, The age of Lamarck. Evolutionary theories in France, 1790-1830, Berkeley 1988, ad indicem.

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