GHISILIERI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 54 (2000)

GHISILIERI, Carlo

Giorgio Tamba

Figlio di Giovanni, nacque a Bologna verso l'anno 1400. Non è noto il nome della madre: ebbe una sorella, Sarasina, che, rimasta nubile, visse sempre con il fratello, nella casa avita in "cappella" di S. Fabiano.

Il padre aveva impiegato le risorse familiari nel prestito a usura, palesemente e con successo. Sentendo approssimarsi la fine, se ne pentì e dispose che il mal tolto venisse reso ai debitori. Probabilmente gli mancò il tempo per una completa riparazione, cosicché, nell'adire l'eredità paterna nel gennaio del 1417, il G. si assunse l'impegno di provvedere alle restituzioni promesse dal padre, mettendo a disposizione per tale finalità l'intero asse ereditario. Ciò nonostante lo sgradevole ricordo del padre usuraio gravò a lungo sul G. che non mancò mai nei suoi ripetuti testamenti e fino all'ultimo di essi di rinnovare l'impegno a risarcire anche con le proprie sostanze coloro che erano stati danneggiati dall'attività paterna.

La fama del padre non sembra peraltro aver influito negativamente sulla carriera pubblica del G., che anzi risulta aver goduto ben presto ampia stima nell'ambiente cittadino. Il primo incarico di cui resta memoria, risalente all'inizio del 1430, è infatti quello di gonfaloniere di Giustizia, cioè di capo del Collegio degli anziani, la magistratura posta teoricamente al vertice della struttura politica cittadina. Al G. non doveva far difetto una buona dose di energia, se, mentre ne era a capo, gli Anziani seppero imporre al legato pontificio, Giovanni Caffarelli, di desistere dal disegno di fortificare a propria difesa il palazzo del governo. A questo contrasto altri fecero seguito con conseguenze sempre più gravi, quali l'uccisione dei più decisi sostenitori di Antonio (Antongaleazzo) Bentivoglio, preludio a quello che fu un vero e proprio stato di guerra tra il legato pontificio e la città. In un clima di lotta così fortemente esasperata il G. si distinse per una posizione di moderazione e quasi di equidistanza dalle parti. Specchio di essa e nel contempo di un prestigio già sicuro è l'incarico ricevuto nel dicembre del 1430 di provvedere, insieme con altri sette eminenti cittadini, alla tutela dell'ordine pubblico, coadiuvando il podestà nella repressione delle attività criminali che avevano reso estremamente insicura la vita all'interno della città. Tale posizione ricevette ulteriore e più alta conferma l'anno seguente. Il papa Eugenio IV, nel nominare di propria autorità un Collegio di venti persone incaricate di provvedere alla designazione degli anziani e dei titolari delle altre principali magistrature cittadine, incluse il G. in tale Collegio; vale la pena di ricordare che in esso, accanto a lui, sedevano i cittadini al momento più influenti, vale a dire Battista Canetoli, Nicolò Zambeccari, Guido Pepoli, Romeo Foscarari, Girolamo Bolognini e Giovanni Griffoni. Al pari degli altri componenti, inoltre, il G. venne confermato nell'incarico anche l'anno successivo.

In questo periodo, ricco di riconoscimenti e di incarichi pubblici, il G. assunse impegni altrettanto rilevanti anche nella sfera privata. Sposò infatti Antonia, figlia di Matteo Griffoni, che gli recò la dote, usuale per donne di rango elevato, di 1200 lire tra denaro e beni. Cosa ancora più importante, Antonia mostrò di essere in forte sintonia con il marito per capacità d'affetti e sentimento religioso, un sentimento che rivestì notevole rilievo nella vita di entrambi i coniugi; né mancò di concorrere con disponibilità e sostanze personali alla formazione del patrimonio familiare. Quella tra il G. e Antonia Griffoni fu dunque con tutta probabilità un'unione felice, nonostante la mancanza di figli: ebbero infatti solo una figlia, Dorotea, che morì in tenera età.

Agli stessi anni - la prima testimonianza è del novembre 1431 - risale anche l'inizio di una serie di acquisti di appezzamenti di terra a Borgo Panigale. Attraverso di essi, nel corso dei quindici anni successivi, il G. costituì una estesa proprietà, una vera e propria grande azienda agricola in una località estremamente fertile e posta nelle immediate vicinanze della città.

Nel frattempo il G. andava maturando una scelta di campo nella politica cittadina, accostandosi, diversamente dalla maggior parte degli esponenti della sua casata, alla fazione dei Bentivoglio. Motivazioni e tempi precisi di tale scelta non sono noti; tuttavia le convinzioni morali del G. inducono a ritenere che su di essa abbia fortemente inciso l'efferato assassinio di Antonio (Antongaleazzo) Bentivoglio, eseguito il 23 dic. 1435 da Baldassarre Baroncelli (Baldassarre da Offida) su ispirazione del governatore pontificio, Daniele da Treviso. L'adesione si manifestò in modo esplicito nel maggio 1438, quando Raffaello Foscarari, dopo aver propiziato l'ingresso in città delle truppe di Francesco Piccinino al soldo del duca di Milano Filippo Maria Visconti, assunse il potere, facendosi nominare gonfaloniere di Giustizia. Accanto a lui, nel Collegio degli anziani, entrarono gli amici e i sostenitori dei Bentivoglio, tra cui Romeo Pepoli, Gasparo Malvezzi e il Ghisilieri. Ne seguì il richiamo in Bologna di Annibale, figlio di Antonio Bentivoglio e la progressiva azione di questo per acquisire la supremazia in città. Il 4 febbr. 1440 Annibale uccise Raffaello Foscarari, provocando la reazione del Piccinino, che mosse le sue milizie contro la città. Lo scontro aperto fu tuttavia, per il momento, evitato e, a garantire l'accordo provvisoriamente raggiunto, vennero insediati nuovi membri del Collegio che governava la città. Ne fecero parte i principali esponenti della fazione bentivolesca e il G. fu di nuovo tra essi.

Tra i sostenitori dei Bentivoglio il G. non brillava certo per essere uomo d'azione, come i Marescotti o i Malvezzi; ciò nonostante il suo apporto risultava prezioso per le sue capacità amministrative e per le sue attitudini diplomatiche. Ebbe modo di esplicare le prime nel 1441, quando ricevette l'incarico di sovrintendente alla Fabbrica di S. Petronio e acquisì in tale veste da alcuni ebrei un forte contributo per la costruzione della chiesa, e nel 1443, quando fu eletto a sovrintendere ai lavori per il rifacimento delle prigioni. Le seconde le manifestò direttamente a favore di Annibale Bentivoglio.

Ciò avvenne una prima volta nell'aprile del 1441, quando, insieme con Nicolò Sanuti, fu inviato a Milano per accompagnare a Bologna Donnina Visconti, promessa sposa di Annibale. La seconda volta fu nel novembre 1442. Annibale era stato fatto prigioniero in ottobre da Francesco Piccinino: i Bolognesi avevano inviato una prima ambasceria a Filippo Maria Visconti, ma il duca non aveva voluto intervenire a favore di Annibale. Venne quindi inviata a Milano una seconda, più solenne ambasceria e ne furono incaricati il G., Giovanni da Tossignano e Melchiorre Malvezzi. Essi rinnovarono al duca la richiesta di intervenire per far liberare Annibale. La risposta del Visconti, ironica e sprezzante, fece chiaramente capire che egli non considerava più il Bentivoglio un suo possibile alleato e che era in forse anche la parvenza di una autonoma signoria in Bologna di un esponente cittadino.

La spettacolare liberazione di Annibale Bentivoglio nel giugno del 1443 impresse una nuova, violenta sterzata alla lotta per il potere in Bologna. Annibale, rientrato in città, assalì il palazzo del governo e fece prigioniero Francesco Piccinino. Impose quindi la nomina di un nuovo Collegio di sedici riformatori, incaricato di sovrintendere all'amministrazione della città; di esso, insieme con Annibale e con altri suoi partigiani, fu membro anche il G., che fu poi anche dei Dieci di balia subentrati al Collegio dei riformatori.

L'alta considerazione di cui il G. godeva ormai nella fazione bentivolesca trovò conferma nel dicembre dello stesso 1443 (allorché fu chiamato a far parte di un Collegio di venti membri, incaricati di nominare i principali ufficiali cittadini), e soprattutto nel gennaio del 1445: nei mesi precedenti Filippo Maria Visconti aveva raccolto truppe in Lombardia e in Romagna con il chiaro intento di assalire Bologna. La città inviò ambasciatori a rinnovare la lega con Firenze e Venezia e a sollecitarne aiuti. Il G. e Gasparo della Renghiera furono a Venezia e, al pari dei colleghi inviati a Firenze, ne riportarono il rinnovo dell'alleanza e gli aiuti promessi. Fu questo peraltro l'ultimo, rilevante incarico pubblico assolto dal Ghisilieri.

Ad allontanarlo dalle prime luci della scena politica fu probabilmente la piega, sanguinosa e drammatica, impressa alla vicenda cittadina da un altro assassinio, quello di Annibale Bentivoglio, ordito e perpetrato il 24 giugno 1445 dai Canetoli e da un membro della casata Ghisilieri, Francesco di Lippo. La successiva lotta, estremamente violenta, non era consona al temperamento e alle doti del G., e quando Sante, il nuovo capo della famiglia Bentivoglio, impresse il proprio, personale indirizzo alla politica della fazione e della città l'apporto del G. non dovette più apparire necessario come un tempo.

In questa situazione si ebbe un rifluire degli interessi del G. verso temi prettamente privati, con la conclusione degli acquisti di terre a Borgo Panigale e le diverse, successive redazioni delle disposizioni testamentarie. Vi trovarono voce l'aspettativa sempre più frustrata di un erede, la stima e l'affetto per la moglie e la volontà di destinare a finalità caritatevoli e religiose l'ormai considerevole patrimonio accumulato.

Da siffatta vita, decisamente appartata, lo trasse brevemente, all'inizio del novembre 1462, Giovanni Bentivoglio, il figlio di Annibale, che, appena ventenne, era succeduto a Sante nella guida della famiglia e della città. Nel corso dei festeggiamenti che ne celebrarono l'acquisita supremazia, Giovanni creò cavaliere Domenico Garganelli, membro del Collegio degli anziani: a cingergli gli speroni d'oro Giovanni chiamò il G. e Galeazzo Marescotti. Era l'attestato di un sentimento d'affetto e di riconoscenza per due fedeli amici del padre.

Di questo clima di rinnovata stima il G. non poté peraltro godere. La morte lo colse infatti a Bologna agli inizi del 1463.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Comune-Governo, Bolle, brevi e diplomi originali, b. 8, doc. 63; Riformatori dello Stato di libertà, Libri mandatorum, reg. 8, cc. 41-42; Ufficio dei memoriali, Provvisori, serie cartacea, reg. 774, Not. Agostino Zambeccari, 11 ag. 1441; Notarile, Not. Filippo Formaglini, bb. 197, filza 1, doc. 15; 198, filza 2, doc. 280; 201, filza 5, docc. 22, 29, 146; 202, filza 6, docc. 73, 74; 203, filza 6, doc. 241; 206, doc. 269; 212, prot. 25, c. 10; Not. Francesco Bonazoli, b. 250, 23 maggio 1462; Not. Pietro Bruni, bb. 301, doc. 1; 305, doc. 113; Not. Domenico Amorini, b. 376, doc. 183; Not. Carlo Bruni, b. 419, doc. 74; Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XVIII, 1, t. II, ad ind.; M. de Griffonibus, Memoriale historicum de rebus Bononiensium, a cura di L. Frati - A. Sorbelli, ibid., XVIII, 2, pp. XIV, XVIII, 123; P.S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, p. 361; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, III, a cura di A. Sorbelli, Bologna 1933, ad ind.; A. Sorbelli, I Bentivoglio, a cura di M. Bacci, Bologna 1969, p. 59.

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