BICHI, Carlo Giacomo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)

BICHI, Carlo Giacomo

Gaspare De Caro

Nacque a Siena, da Galgano, marchese di Rocca Albegna, il 6 maggio 1639. Destinato dalla sua condizione di cadetto alla carriera ecclesiastica, iniziò questa con i migliori auspici, sia per la parentela della sua famiglia con il pontefice regnante, il senese Alessandro VII, sia per l'influenza di cui godeva alla corte romana lo zio paterno, il cardinale Alessandro, il quale, infatti, si mostrò subito generoso con il nipote, rinunziando in suo favore all'abbazia di Saint-Pierre de Montemajour, presso Arles, rinunzia convalidata dalla corte francese il 2 ott. 1655.

Con queste premesse il B. si dedicò agli studi di diritto civile ed ecclesiastico, terminati i quali fu chiamato da Alessandro VII a servire nella Curia romana. Dopo alcuni anni trascorsi negli impieghi subalterni delle segreterie pontificie, il B. fu incaricato dal pontefice del governo della provincia di Bologna, in qualità di vicelegato, una carica che egli esercitava ancora al principio del pontificato di Clemente IX. Questo pontefice lo designò nel 1668 a subentrare ad Angelo Ranuzzi nella carica di inquisitore di Malta. Compito essenziale del B. era quello di esortare in nome del pontefice i cavalieri gerosolimitani ad aumentare il loro contributo alla difesa di Candia nel momento in cui da più segni sembrava evidente che Maometto IV si accingeva a sferrare contro l'isola l'attacco decisivo.

Il B. dovette rendersi ben presto conto che i dissapori tra l'Ordine di Malta e i Veneziani avevano raggiunto una effettiva gravità e dovette affannarsi a convincere i cavalieri "che la piazza di Candia non è più ora a carico de' Signori veneziani, ma della cristianità tutta che v'è interessata per la sicurezza propria, et anco per la reputatione" (Piccolomini, p. 53). Le pressioni del B. conseguirono in effetti qualche positivo risultato e nel nov. 1668 ottenne che un contingente di volontari partisse al soccorso di Candia, sebbene il reclutamento dei militi fosse stato parecchio difficoltoso e la preparazione degli ufficiali tutt'altro che rassicurante. La corrispondenza dell'inquisitore di Malta con la corte romana rispecchia nei mesi successivi, con il riconoscimento dell'effettiva impotenza militare dell'Ordine, l'angosciosa consapevolezza della vanità della resistenza di Candia, donde giungono a Malta notizie sempre peggiori sulla situazione militare delle forze cristiane, specialmente dopo le disastrose prove dei contingenti francesi. Il B. riferisce puntualmente le notizie che gli pervengono dai canali più diversi ed è attentissimo a raccogliere ed a riferire ogni segno o voce capace di destare ancora qualche speranza. Così nel dispaccio del 20 apr. 1669 riferisce al cardinal nepote Rospigliosi le voci che sono giunte a Malta su una rivolta dei giannizzeri, i quali "fecero intendere al Gran Signore che se fra il termine di quaranta giorni non stabiliva la pace coi Venetiani et ritornava in Constantinopoli, essi haverebbero, riconosciuto et coronato per loro signore il di lui secondo fratello, chiamato Solimano" (ibid., p. 339):ormai tutte le speranze dei Cristiani riposavano sull'esaurimento delle forze turche, ma erano speranze vane, come nei dispacci successivi il B. doveva riconoscere. Così nella corrispondenza del B. si segue di giorno in giorno, attraverso le notizie degli scampati e dei viaggiatori, l'ultima disperata resistenza dei Veneziani e di tutta l'Europa cattolica, sino al settembre 1669, quando il B. ebbe da Candia e trasmise a Roma, prima incerta, poi sempre più amaramente sicura, la notizia della capitolazione.

Clemente IX ritenne in ogni modo che il B. avesse assolto lodevolmente ai compiti affidatigli e nel novembre 1669 lo premiò concedendogli la carica di chierico della Camera apostolica. A Malta il B. rimase sino all'agosto dell'anno successivo, allorché, in seguito ad alcuni contrasti col gran maestro Raffaele Cotoner, sulla cui natura non si hanno notizie, fu richiamato a Roma, dove riprese la propria attività presso la Camera apostolica. Innocenzo XI lo promosse alle cariche di auditore e poi di protonotario apostolico, ufficio quest'ultimo che il B. esercitava nel 1687. Non si hanno notizie particolari sulla attività giuridica del B., che dovette tuttavia essere cospicua se un contemporaneo, Giacinto Gimma, citato dal Mazzuchelli, poteva ricordare che le sue opere giuridiche "ardentemente si desideravano da' causidici del foro romano, e da ogni altro straniero": se ne ignorano tuttavia i titoli e non si sa se venissero effettivamente pubblicate.

Durante il pontificato di Innocenzo XI il B. dovette rinunziare alla sua ricca abbazia francese: in nome del proprio governo, infatti, l'ambasciatore di Francia a Roma, marchese di Lavardin, gli impose di innalzare sul proprio palazzo romano, come beneficato del re di Francia, le insegne di Luigi XIV, richiesta questa che si collocava in uno dei tanti momenti di irrigidimento della politica religiosa del Borbone: ma proprio per il significato che la cosa avrebbe assunto il B. dovette rifiutarsi e di conseguenza il governo francese gli revocò il beneficio.

Il B. era noto alla corte romana come amico del cardinale Pietro Ottoboni: questo infatti, poco dopo la sua assunzione al pontificato, lo elesse alla dignità cardinalizia nella promozione del 13 febbr. 1690; gli fu attribuito il titolo diaconale di S. Maria in Cosmedin, cambiato poi il 22 dic. 1693 con quello di S. Agata ai Monti, e fu chiamato a far parte di numerose congregazioni cardinalizie: della Consulta, dello Stato dei regolari, della Visita apostolica, del Buon Governo, dell'Immunità ecclesiastica; partecipò ai conclavi del 1691, dal quale risultò eletto Innocenzo XII, e del 1700, che elesse Clemente XI; ma ebbe sempre un ruolo modesto. Tra il 1699 e il 1702 governò in qualità di vicelegato la legazione delle Romagne, anche qui lasciando scarsissima traccia della propria attività.

Morì il 7 nov. del 1718 (non 1708, come scrive il Piccolomini).

Fonti e Bibl.: Lettres du cardinal Mazarin pendant son ministère, a cura di A. Chéruel, VII, Paris 1893, p. 567; G. Gigli, Diario sanese, Lucca 1723, I, p. 101; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, p. 1207; F. Bandini Piccolomini, Berlino e la sua corte nell'anno 1696. Il cav. fra' A. B., in La rass. naz., XXXIX (1888)p. 589; P. Piccolomini, Corrisp. tra la corte di Roma e l'inquisitore di Malta durante la guerra di Candia, in Arch. stor. ital., XLIX (1912), pp. 51-67, 322-354; L. von Pastor,Storia dei papi, XIVI 2, Roma 1933, p. 400.

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