GUZZI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 61 (2004)

GUZZI, Carlo

Edoardo Borruso

Nacque a Milano il 4 nov. 1889, secondo di quattro figli (gli altri erano Giuseppe, Maria e Fanny).

Il padre, Palamede, ingegnere e apprezzato professionista, era titolare di un importante studio nella Milano del secondo Ottocento ed era stato, dopo la laurea nel 1866, fra i primi collaboratori dell'Istituto tecnico superiore (Politecnico) di Milano, dove aveva insegnato, tra il 1866 e il 1872, cinematica e organi elementari delle macchine e, in seguito, teoria dei meccanismi. Unitamente al collega Valentino Ravizza, Palamede, oltre allo studio di progettazione, aveva avviato, a Milano in via Pergolesi, un'attività produttiva d'avanguardia: l'Officina elettrotermica ing. Guzzi, Ravizza & C. per la produzione di lampade, dinamo, motori elettrici e trasformatori. Aveva pubblicato, inoltre, in importanti riviste tecnico-scientifiche, alcuni contributi molto apprezzati. La madre, Elisa Cressini, originaria di Genova, apparteneva a una della famiglie più in vista del capoluogo ligure. Nel panorama della Milano del tempo la famiglia Guzzi si presentava, quindi, come una famiglia benestante, proprietaria, oltre che della casa d'abitazione di corso Buenos Aires, di quella di villeggiatura a Mandello del Lario e in grado di concedersi frequenti periodi di soggiorno a Rapallo, sulla Riviera ligure.

Mentre il fratello maggiore Giuseppe (detto Nacco) seguì le orme del padre, laureandosi presso il Politecnico milanese in ingegneria civile, la formazione del G. appare, stando alla documentazione disponibile, più tortuosa e accidentata. Dopo le scuole elementari il G. si iscrisse alla scuola tecnica Barnaba Oriani di Milano, dove però non riuscì ad andare oltre il secondo anno. Per questo motivo il padre decise di iscriverlo al convitto della scuola tecnica nazionale A. Rossi di Vicenza.

Quest'istituto era considerato, nel panorama delle scuole tecniche italiane, una delle più severe e formative. Fondata da Alessandro Rossi nel 1878 vantava una dotazione di officine e d'apparecchiature di prim'ordine e impartiva un'educazione e una disciplina molto severe. Dal 1886 la scuola era diretta da Ernesto Boccardo, figlio del senatore Girolamo, che la resse fino al 1918.

I rendimenti scolastici del G., però, risultarono anche a Vicenza piuttosto deludenti: ammesso nel 1904-05 al secondo anno, ottenne la promozione con grande fatica; l'anno successivo fu rimandato agli esami di riparazione di ottobre, ma l'improvvisa morte del padre, avvenuta nell'ottobre del 1906, lo costrinse ad abbandonare gli studi. La madre Elisa, infatti, con tre figli ancora da mantenere, decise di lasciare Milano e di trasferirsi nella casa di Mandello. Il G., per aiutare la famiglia, cercò un'occupazione e trovò impiego come meccanico presso la fabbrica di macchine per cucire Singer che aveva da alcuni anni aperto uno stabilimento a Monza. Nel 1909 il G. entrò a far parte del reparto prove motori della Isotta Fraschini a Milano e in quello stesso anno sposò Francesca Gatti (1891-1967), figlia di un contadino di Mandello, da cui ebbe un unico figlio, Ulisse (1911-80).

Allo scoppio della prima guerra mondiale il G. fu richiamato presso la squadriglia idrovolanti S. Andrea a Venezia come maresciallo motorista. Ufficiali piloti in quella squadra erano Giorgio Parodi, discendente da una ricca famiglia d'armatori genovesi, e il bresciano Giovanni Ravelli, pilota di motociclette negli anni precedenti il conflitto. Il sodalizio fra i tre divenne molto intenso, cementato dalla passione per la meccanica e dall'orientamento nazionalista che permeava, in modo particolare, le squadriglie aeronautiche.

Nei mesi immediatamente successivi alla fine del conflitto Ravelli restò vittima di un incidente di volo e i progetti che i tre amici stavano da tempo accarezzando furono proseguiti solamente da Parodi e dal Guzzi. Questi aveva coltivato da tempo il progetto ambizioso di mettere a punto un modello innovativo di motore per motociclo che potesse offrire, oltre a ottime prestazioni, grandi affidabilità e sicurezza.

Nell'impostare e progettare il nuovo motore, il G. seppe fondere le soluzioni già presenti sul mercato e combinarle in maniera fruttuosa; l'esperienza appresa nelle grandi fabbriche (Singer), inoltre, lo aveva reso sensibile a un'impostazione "industriale" della produzione motociclistica. Ma per realizzare questi progetti c'era bisogno di cospicui investimenti ai quali provvide, tramite l'amico Parodi, il padre di questo, Emanuele Vittorio Parodi, grande armatore genovese. Questi - consigliato da uno fra i pochi esperti del settore in Italia in quegli anni, Guido Robecchi, allora segretario e, in seguito, presidente dell'ANCMA (Associazione nazionale costruttori motocicli e affini) - si dichiarò pronto a finanziare la realizzazione del progetto e disposto, qualora i risultati ottenuti fossero stati convincenti, a proseguire anche nell'attività industriale.

Gli studi e le prove dei materiali, per la messa a punto del prototipo, probabilmente si avvalsero dell'aiuto di qualche ufficio progettazione della grande meccanica genovese (Ansaldo). Il primo modello realizzato dal G., così come quello messo in produzione l'anno successivo, mostrava alcune caratteristiche innovative rispetto alla produzione corrente. Il principale sforzo del G. riguardò soprattutto il motore: cilindrata di 500 cc, cilindro orizzontale, che consentiva un abbassamento del baricentro del mezzo, lubrificazione forzata, valvole laterali, volano esterno, trasmissione a ingranaggi e motore sottoquadro (alesaggio - corsa). Il prototipo, caratterizzato da grande semplicità costruttiva, ma pure da un ottimo rendimento, fu denominato G.P. (Guzzi Parodi).

La Società anonima Moto Guzzi (questa fu la ragione sociale definitiva scelta) fu fondata il 15 marzo 1921, con un capitale di 500.000 lire (5000 azioni da 100 lire): E.V. Parodi forniva un apporto di 460.000 lire, il figlio Giorgio, il nipote Angelo Parodi, il G. e Gaetano Belviglieri (un uomo di fiducia dell'armatore genovese) 10.000 ciascuno. Alla prima assemblea del dicembre del 1921 E.V. Parodi fu eletto presidente e il G. amministratore delegato. Fu allestito uno stabilimento di 300 m2 a Mandello, dove trovarono posto nove torni, due fresatrici, una rettifica, una limatrice, due fresette, un trapano, una trancia, un forno elettrico, gli attrezzi da banco, gli strumenti di precisione e varie scorte di materie prime e semilavorati. Per approntare i 17 esemplari del primo modello del 1921 (il tipo Normale derivato con poche varianti direttamente dal prototipo) furono assunti 25 operai.

La scelta di Mandello poteva sembrare un po' azzardata, essendo una località non propriamente al centro delle principali vie di comunicazione nazionali, ma bisogna tenere conto che l'area lecchese aveva sviluppato da tempo forti competenze nel campo metallurgico, soprattutto di seconda lavorazione, e quindi poteva mettere a disposizione della nuova iniziativa un certo quantitativo di operai specializzati. Nel 1921 Mandello contava 3860 abitanti e, oltre alle officine tradizionali, annoverava un certo numero di filande da seta.

Nel corso del primo triennio d'attività della Guzzi furono prodotti 2065 esemplari del tipo Normale. Nel giro di qualche anno la capacità produttiva dell'azienda crebbe in modo sostenuto: nel 1925 gli occupati erano già 350 e la fabbrica era in grado di produrre 1500 esemplari all'anno, ponendosi, quanto a capacità produttiva, nel novero dei più importanti produttori nazionali: la Bianchi, infatti, era in grado di produrre 4000 motociclette all'anno e la Frera 2500. Le qualità intrinseche e la solidità del prodotto furono certamente alla base di questo exploit, ma per comprendere il rapido successo della Guzzi bisogna tenere conto anche di un altro aspetto, quello agonistico e sportivo.

La preparazione di modelli sportivi, o la partecipazione diretta alle gare nazionali e internazionali, diveniva in breve un imperativo di mercato importante per espandere la propria produzione di serie. Il G., personalmente, non riteneva che di per sé le corse fossero un banco di prova sufficiente per sperimentare nuove soluzioni; era convinto infatti che, più dell'impegno agonistico, la ricerca di nuove frontiere tecnologiche andasse coltivata soprattutto in laboratorio e nel reparto studi della fabbrica che, dal 1928-29, fu installato a Mandello. A tale scopo il G. aveva preparato un modello di motore a parti intercambiabili che gli consentiva di sbizzarrirsi nelle più audaci invenzioni al punto da soprannominarlo familiarmente Esagera. Ma, per ragioni anche commerciali, la Guzzi s'impegnò nelle gare fin dal suo primo anno di vita. Attraverso questa scelta, vennero riemergendo antichi legami e le esperienze comuni fatte nel passato dal Guzzi. Nella prima gara (la Milano-Napoli del 1921) affrontata dalla Guzzi con alcune moto del tipo Normale elaborate, Antonio Cavedini, un noto pilota di moto degli anni Venti, si piazzò ventesimo, mentre ventiduesimo si classificò Aldo Finzi, compagno di Gabriele D'Annunzio nel memorabile volo su Vienna (8 ag. 1918), allora sottosegretario agli Interni nel primo ministero Mussolini nonché responsabile del costituendo commissariato all'Aeronautica. Nello stesso 1921 il fratello di questo, Gino Finzi, risultò vincitore nella Targa Florio motociclistica in sella a una Guzzi.

Frutto di tali esperienze, nel 1923 vide la luce il modello Sport, sempre di 500 cc, che al costo di 4020 lire riscosse un certo successo: nel periodo tra il 1923 e il 1928 ne furono prodotti e venduti 8750 esemplari. L'andamento del mercato motociclistico nazionale tra le due guerre fu quasi in costante crescita: nel periodo 1919-24 l'aumento medio annuo fu di 3800 moto, tra il 1924 e il 1929 fu di 5500, nel quinquennio 1930-34 di 10.642 e nell'ultimo lustro degli anni Trenta di 7666. La Moto Guzzi partecipò a pieno titolo a questa crescita: nel corso degli anni Venti la produzione annua della fabbrica di Mandello fu di circa 1500 moto, nei primi anni Trenta passò a 2500 e nella seconda metà del decennio a 5000, superando così sensibilmente la Bianchi e la Frera che si erano attestate rispettivamente su un trend produttivo annuo di 2000 e 3000 motoveicoli.

L'espansione del mercato, unita al calo delle importazioni (queste, che nel quinquennio 1920-24 coprivano il 98,4% dell'incremento d'immatricolazioni del periodo, nella seconda metà degli anni Trenta scesero all'1,4%), favorì l'industria nazionale e la Guzzi, che di questo settore stava diventando un'importante comprimaria, trasse grandi benefici. L'andamento degli utili cominciò a divenire positivo già nel 1923, si innalzò fortemente nel biennio 1925-26 per scendere notevolmente nel 1927-28. La ripresa del trend positivo cominciò nel 1929 e, a parte un calo nel 1932 dovuto agli effetti della grande crisi, gli anni Trenta furono anni di grandi guadagni: l'utile medio del periodo 1921-39 fu pari a 242.208 lire.

La Moto Guzzi seppe approfittare anche dell'inversione di tendenza dell'interscambio, allorché dopo il 1925 cominciarono a crescere le esportazioni. Il successo sui mercati esteri della casa di Mandello fu soprattutto dovuto alle sue affermazioni sportive ottenute a livello internazionale. Aveva iniziato nel 1924 con la vittoria di Mentasti al Gran Premio d'Europa svoltosi a Monza; ma la sua fama si diffuse grazie alla assidua partecipazione al Tourist Trophy, non coronata da successo nel 1925 e 1926 con Ghersi, ma vittoriosa nel '34 con Stanley Woods e soprattutto con Omobono Tenni nel '37.

L'ascesa della Guzzi fu determinata, a cominciare dal 1928, anche dalle commissioni dell'amministrazione statale. La prima tranche di Guzzi fu destinata all'Esercito e riguardò un lotto di 245 motoleggere (175 cc) a telaio molleggiato, una G.T. con poche modifiche. Ma le commesse statali aumentarono in vista della guerra d'Etiopia del 1935-36 e soprattutto negli anni immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale, allorché il G. progettò un modello per l'Esercito: l'Alce. Gradualmente la Guzzi sottrasse le quote di forniture che negli anni precedenti erano state appannaggio della Frera e della Bianchi, divenendo principale cliente dello Stato nel settore motociclistico. Nel corso del secondo conflitto mondiale la Moto Guzzi proseguì attivamente la sua produzione e non subì gravi danni dai bombardamenti; negli ultimi mesi di guerra, grazie alla difesa che attuarono i gruppi partigiani, gli stabilimenti e gli impianti dell'azienda rimasero fondamentalmente integri.

La Moto Guzzi si presentò quindi all'appuntamento con la ricostruzione in condizioni ottimali e con un forte ampliamento della capacità produttiva: la forza motrice che alimentava gli impianti delle officine, che alla fine degli anni Venti era di 125 hp e nel corso degli anni Trenta era passata a 430 hp, alla fine degli anni Quaranta era di 1050 hp. Nel 1945 era frattanto morto Emanuele Vittorio Parodi e presidente diventò il figlio Enrico, mentre il G. rimase amministratore delegato. Le mutate necessità del paese indirizzarono immediatamente i progetti dei nuovi modelli verso forme di tipo utilitario. Per le esigenze della ricostruzione, la Guzzi produsse un motocarro robusto e maneggevole che fu molto usato come mezzo di trasporto di materiale edile: l'Ercole di 500 cc. L'attenzione del G. si rivolse soprattutto alla produzione di modelli economici che consentissero di motorizzare velocemente il paese. Nel 1946 vide la luce la Motoleggera di 65 cc., comunemente nota come Guzzino e, in seguito, ribattezzata Cardellino. Solamente nel triennio 1946-49 ne furono costruiti 50.000 e divenne il mezzo più diffuso tra gli operai, gli agricoltori e i medici condotti. Partito da un prezzo di 159.000 lire all'inizio degli anni Cinquanta, scese a 99.000 lire nel corso di un solo lustro. Per le cilindrate maggiori il modello di successo della Guzzi fu il Falcone.

La situazione del mercato nazionale della motocicletta cambiò radicalmente rispetto all'anteguerra con uno sviluppo decisamente impetuoso. La prima fase della motorizzazione del paese passò dalle due ruote. Era nato nel frattempo un nuovo tipo di veicolo, lo scooter, che contribuì notevolmente a espandere l'uso della motocicletta. Per tenere il passo con la domanda il G. riuscì a mettere a punto un veicolo di grande originalità che ottenne un notevole successo: il Galletto, sorta di scooter con le ruote alte, che fu molto apprezzato per la sua robustezza e la sua adattabilità a ogni terreno, soprattutto in campagna.

Il successo della produzione di serie non aveva però fatto cessare l'esperienza agonistica. Nel 1949, infatti, la Guzzi tornò sui campi di gara mietendo molte vittorie che le dettero prestigio. A seguire il reparto corse della Guzzi vi era un tecnico di grande talento, Giulio Cesare Carcano, approdato alla Guzzi nel 1936, che fece della produzione agonistica uno dei settori tecnologicamente all'avanguardia dell'azienda.

La crescita sostenuta della domanda di motoveicoli, soprattutto a partire dagli anni Cinquanta, decretò il definitivo successo industriale della casa di Mandello: fatta cento la media degli utili del periodo 1948-61 (=22.280.000 del dopoguerra), il livello rimase costantemente al di sopra dopo il 1951, raggiungendo il massimo nel 1955 con un valore pari a due volte e mezza quella del numero indice. L'andamento rimase alto per tutta la seconda metà degli anni Cinquanta fino al 1960, precipitando però drasticamente nel 1961 e inaugurando un lunga stagione di perdite che porterà l'azienda alla sua liquidazione nel 1966 allorché sarà rilevata dall'Istituto mobiliare italiano (IMI).

Il G. rimase alla testa della progettazione dell'azienda fino al 1961 con la produzione del modello Lodola che fu la sua ultima creazione. Morì a Lecco il 3 nov. 1964.

Fonti e Bibl.: Vicenza, Arch. dell'Istituto tecnico industriale statale "A. Rossi": Arch. studenti, f. 1229 (G., C.); U. Tegani, Le officine e i costruttori del motociclo italiano, in Motociclismo, XII (1926), 1, pp. 166 ss.; Frera (soc. an.) Milano, in Il Dizionario industriale italiano, Roma 1928, s.v.; E. Bianchi, L'industria del ciclo e del motociclo in Italia, in L'indipendenza economica in Italia, a cura di L. Lojacono, Milano 1937, pp. 343-346; L'industria motociclistica italiana nel primo ventennio del fascismo, Milano 1939, pp. 59-73; Alla memoria di Emanuele V. Parodi, nel trentesimo anno di fondazione della Motoguzzi, Milano 1951, p. 42; Moto Guzzi, società per azioni, Mandello del Lario, in 1901-1950. Italia motociclistica. Storia, tecnica, organizzazione, industria, sport, in Motociclismo, XXXVIII (1952), 3-4, suppl., pp. 141-155; L'industria del ciclo e del motociclo, in L'industria italiana alla metà del secolo XX, Roma 1953, pp. 362-368; A.G. Luraschi, Storia della motocicletta, I-V, Milano 1969-72 (II, pp. 43 ss.; III, pp. 431 ss.; IV, pp. 176 ss.); A. Micucci, L'ultima battaglia di un grande campione (Omobono Tenni), in Nuovo Pontile, III (1983), 3, pp. 6 s.; S. Alberti, L'industria motociclistica in Italia: la Moto Guzzi, 1921-1945, Milano 1984; R. Piloni, L'industria della bicicletta a Milano dalla fine dell'Ottocento al 1914, in Storia in Lombardia, IV (1985), 2, pp. 81-99; S. Alberti, Guzzi. Una famiglia e un paese, in Nuovo Pontile, VIII (1988), 1, p. 16; ibid., IX (1989), 6; ibid., 10, p. 15; I. Renzetti, Ricordo del comm. C. G., ibid., 3, p. 8; E. Borruso, L'industria motociclistica in Lombardia (1895-1978), in Id., Studi di storia dell'industria "milanese" (1836-1983), Milano 1996, pp. 147-185; S. Colombo, Giulio Carcano, in Legend Bike, ottobre 1998, n. 73, pp. 51-58; Id., C. G., ibid., aprile 2000, n. 91, pp. 56-63; M. Colombo, Moto Guzzi. Ottant'anni di storia, Vimodrone 2000; Creatori di lavoro, Roma 1954, sub voce. Per i dati economico-finanziari relativi alla Moto Guzzi, v. Credito italiano (poi Assonime), Le società italiane per azioni. Notizie statistiche, Roma, anni 1922-67.

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