MORELLI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 76 (2012)

MORELLI, Carlo

Carlo Sisi

MORELLI, Carlo. – Nacque a Roma nell’ultimo decennio del Settecento, in data non accertata, da Nicola, noto incisore di pietre dure.

A Roma ebbe modo di incontrare il principe Nicola Demidoff, collezionista e mecenate, che nel 1821, quando si trasferì a Firenze, lo invitò a seguirlo, garantendogli il patronato familiare. Morelli ricevette l’incarico di decorare, per conto dell’erede Anatolio Demidoff, la cupola della sala da ballo della villa suburbana di San Donato in Polverosa, a coronamento dei nuovi lavori all’edificio intrapresi nel 1835. Fu questo il primo rilevante impegno documentato, andato distrutto con l’abbandono e la successiva demolizione della dimora dei Demidoff, ma conosciuto grazie agli acquerelli di Jean-Baptiste Fortuné de Fournier (Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti) e alle incisioni che ne furono tratte nel 1869 per l’edizione francese dell’opuscolo di Innocenzo Giamperi (La favola di Psiche, dipinta in undici quadri a buon fresco per commissione di… Anatolio Demidoff in una sala della di lui villa al Ponte alle Mosse dal pittore C. M., Firenze 1836), stampato per le nozze di Anatolio con Matilde Bonaparte.

Le vicende di Psiche vi erano raffigurate in 12 comparti riquadrati da cornici in stucco dorato eseguite dall’artigiano Niccòli e, per quanto si può ricavare dalle citate testimonianze figurative, dipendevano stilisticamente dal classicismo purista d’ambiente romano gradito al gusto del committente russo, che aveva accolto infatti nella sua ristretta cerchia, insieme con i prediletti francesi, anche il pittore Adamo Tadolini.

Morelli partecipò a diverse esposizioni fiorentine a cominciare da quella del 1839 dove si presentò con un Ritratto di nobil donna avente in mano un altro ritratto; nel 1840 espose un ritratto del granduca Leopoldo II col costume dei cavalieri di S. Stefano, una variante dello stesso a mezza figura, un ritratto di Nicola Demidoff (forse oggi conservato nel Museo di Nizhniy Tagil, esposto accanto a quello di Elizaveta Demidoff, attribuito dubitativamente allo stesso Morelli) e altri tre ritratti virili; nel 1841un Ritratto di fanciulla con due cani, un ritratto d’uomo e due ‘ritrattini virili’; quindi nel 1842, quattro ritratti uno dei quali della granduchessa di Toscana Maria Antonietta. Di quest’ultimo si conosce l’esemplare oggi esposto nella Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti, a pendant di quello di Leopoldo II con le insegne dei cavalieri di S. Stefano, datato 1848 e quindi da considerare, insieme col ritratto della granduchessa che lo accompagna (provengono entrambi da un lascito della famiglia Ginori Conti), una replica o un’ulteriore versione dei ricordati dipinti del 1840 e del 1842. Si tratta di soggetti più volte affrontati da Morelli (sono noti altri due commissionati da Anatolio Demidoff per il comune di Portoferraio), cui si possono affiancare, quali significativi esempi di genere intimo, un ritratto a matita, forse un autoritratto (datato 18 marzo 1850, poi passato alla vendita all’asta degli arredi della villa di Pratolino nel 1969); nonché il ritratto di Nicola Morelli, padre del pittore, donato dalla famiglia all’Accademia di San Luca.

Nel 1840 Morelli fu nominato professore all’Accademia di belle arti di Firenze con attestazioni di Luigi Sabatelli, Giuseppe Bezzuoli e Benedetto Servolini a conferma del raggiunto prestigio.

Parallelamente al ritratto, che sembra configurarsi come sua specialità, si dedicò alla pittura sacra, a quella di storia e decorativa con risultati che non passarono inosservati ai contemporanei: nel 1840 Anton Maria Izunnia, uno fra i più solleciti recensori dell’artista, segnalò il tabernacolo affrescato con l’immagine della Vergine col Bambino presso il Ponte alle Mosse, a Firenze; nel 1841, lo «sfondo a buon-fresco» in casa di Emilio Frullani con Piccarda Donati; nel 1842, un’allegoria raffigurante Amore come anima del mondo dipinta in una stanza del palazzo di Michele Giuntini che, a quella data, vedeva concludersi un progetto decorativo di grande prestigio cui avevano collaborato i migliori artisti del tempo. Nel 1842 Morelli fu incluso tra questi ultimi, nella Guida di Federico Fantozzi, che ne segnalava anche lo studio nel soppresso convento di S. Barnaba (tra le attuali via Guelfa e via Nazionale).

Dal 1845 fu attivo a Livorno: dapprima in palazzo Larderel, dove affrescò la Gran Galleria rievocando in due grandi lunette alcuni episodi della favola di Psiche (L’Olimpo in festa e Il trionfo di Amore e Psiche) e secondando, con queste, il gusto di Francesco de Larderel; quindi nella chiesa di S. Maria del Soccorso dove dipinse, nel 1854, un’Incoronazione della Vergine che tuttavia, poco apprezzata dai livornesi, suscitò aspre polemiche riportate nella stampa locale.

A proposito di controversie artistiche, nel 1851 Morelli aveva pubblicato una lettera per chiarire uno spiacevole episodio: nell’ottobre di quell’anno i frati di S. Croce l’avevano incaricato di dipingere le pareti della cappella Bardi, allora completamente intonacata, ma, intrapreso il lavoro, si era accorto che, sotto lo scialbo, erano evidenti tracce degli affreschi sottostanti. Colto dall’entusiasmo e con l’assenso dei frati aveva iniziato a scoprire la lunetta della Conferma della regola ma, a seguito del severo e irritato intervento del presidente dell’Accademia nonché operaio di S. Croce, si vide privato dell’incarico, che fu affidato a Gaetano Bianchi senza tener conto – scriveva – «di quell’amore che aveva suscitato in me il portentoso lavoro dell’illustre maestro, e la parte che aveva avuta nel riportarlo agli onori del mondo» (Lettera al signor professore*** a Roma, riguardante la scoperta fatta della porzione delle pitture di Giotto nella cappella di San Francesco in Santa Croce, Firenze 1851).

Nel 1861 fu inviato all’Esposizione italiana di Firenze un quadro di proprietà di Anatolio Demidoff così descritto: «I cavalieri toscani lasciando Firenze per andare in Terra Santa a prender parte all’ultima Crociata nell’anno 1268, si fermarono alla chiesa di S. Donato in Polverosa per ascoltarvi la messa» (in Esposizione italiana agraria, industriale e artistica: tenuta in Firenze nel 1861. Catalogo officiale…, Firenze 1861, p. 219), soggetto storico da porsi in relazione con il luogo scelto dai Demidoff per la costruzione della loro villa e quindi celebrativo di un’epopea locale; il disegno già appartenuto alla collezione di Luigi Bardi e raffigurante la Benedizione della prima pietra di San Donato (Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi) potrebbe costituire l’idea compositiva per un pendant destinato a comporre una sorta di ciclo storico-iconografico. Anatolio Demidoff aveva del resto destinato una stanza della villa di S. Donato a celebrare – scriveva Tullio Dandolo – «in modo ingegnosissimo le glorie del sito» dove «sorgeva l’Abazia, e la Chiesa di San Donato che, sul cominciare del secolo XIII, accolse, a prestar il giuramento della Crociata, i gentiluomini fiorentini e toscani» (Panorama di Firenze. La Esposizione nazionale del 1861 e la villa Demidoff a San Donato…, Milano 1863, p. 218).

Lo stile del disegno – accostabile a un altro raffigurante un Miracolo durante una processione, già nella collezione di Emilio Santarelli (Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi) – ricco di varianti luminose e con riferimenti alla pittura murale toscana fra Cinque e Seicento, suggerisce di datarlo agli anni di metà secolo quando gli artisti di formazione accademica, come appunto Morelli, innovarono la pittura di genere storico arricchendone le componenti naturalistiche.

Non è noto se Morelli fosse vivo quando il quadro dei crociati fu presentato all’Esposizione del 1861: fra i documenti dell’Accademia del Disegno, che lo ascrivono fra l’altro al «ruolo degli accademici professori della prima classe», si indica la sua morte a Firenze in data 7 febbraio 1855. Tuttavia la notizia è in contraddizione con il documento livornese, in cui si attesta la sua disponibilità a lavorare gratuitamente alla cornice del quadro per l’altare della Madonna nella chiesa del Soccorso che l’artista stava ultimando nel novembre di quello stesso anno.

Fonti e Bibl.: Firenze, Arch. dell’Accademia di belle arti, a. 1840, ins. 75; Arch. di Stato di Livorno, Deputazione per le opere di Pubblica Utilità e Ornato, 43; Arch. di Stato di Firenze, Accademia del Disegno, 154; A.M. Izunnia, Una pittura campestre, in Giornale del commercio, n. 5, 29 gennaio 1840, p. 18; Gazzetta di Firenze, n. 122, 10 ottobre 1840; A.M. Izunnia, Sui principali oggetti di pittura e scultura esposti alle Belle Arti, in Giorn. del commercio, n. 42, 14 ottobre 1840, p. 166; M. Missirini, Belle Arti, ibid., n. 6, 10 febbraio 1841, p. 22; A.M. Izunnia, Piccarda Donati, sfondo a buon-fresco del prof. C. M. in casa del nobile sig. Emilio Frullani, ibid., n. 7, 17 febbraio 1841, pp. 26 s.; Gazzetta di Firenze, n. 120, 7 ottobre 1841; A.M. Izunnia, Erote, sfondo a buon fresco del prof. C. M., in Giorn. del commercio, n. 25, 22 giugno 1842, pp. 98 s.; Gazzetta di Firenze, n. 123, 13 ottobre 1842; Giorn. del commercio, n. 42, 19 ottobre 1842, p. 166; F. Fantozzi, Guida alla città e contorni di Firenze, Firenze 1842, p. IX; Brevi cenni sulle pitture a fresco eseguite dal sig. prof. C. M. (Romano) nella nuova chiesa di S. Maria del Soccorso in Livorno, in L’Euterpe, n. 108, 25 novembre 1854, p. 49; Yorick [Piero Coccoluto Ferrigni], Viaggio attraverso l’Esposizione italiana del 1861…, Firenze 1861, p. 116; Description de la cupole de S. Donato répresentant la fable de Psyché, peinte par Charles M. dédiée à la princesse Mathilde Demidoff, Firenze 1869; C. Guasti, Firenze ai Demidoff. Pratolino e S. Donato. Relazione storica e descrittiva preceduta da cenni biografici sui Demidoff…, Firenze 1886, pp. 405 s.; G. Piombanti, Guida storica ed artistica della città e dei dintorni di Livorno, Livorno 1903, p. 204; Catal. della vendita della villa Demidoff a Pratolino, Sotheby’s of London 1969, p. 294; Cultura neoclassica e romantica nella Toscana granducale (catal.), a cura di S. Pinto, Firenze 1972, p. 134; Cultura toscana dell’Unità (1859-70) e primi cenacoli dei Macchiaioli. Le collezioni Martelli e Banti, a cura di C. Bon, Firenze 1976, nn. 2-3; G. Incisa della Rocchetta, La collezione di ritratti dell’Accademia di San Luca, Roma 1979, pp. 65 n. 246, 196 n. 198; Il giardino d’Europa. Pratolino come modello nella cultura europea (catal.), a cura di A. Vezzosi, Milano 1986, p. 133; W.B. Spence, Firenze: guida alla capitale dei granduchi, a cura di A. Brilli, Siena 1986, p. 84; Disegni dell’Ottocento dalla collezione Batelli (catal.), a cura di C. Sisi, Firenze 1987, pp. 102-104; M.T. Lazzarini, Artigianato artistico a Livorno in età lorenese (1814- 1859), Pisa 1996, pp. 57, 92, 171; Palazzo de Larderel a Livorno. La rappresentazione di un’ascesa sociale nella Toscana dell’Ottocento, a cura di L. Frattarelli Fischer - M.T. Lazzarini, Milano 1992, pp. 135, 149, 156, 160, 183 s., 204; L. Pirzio Biroli Stefanelli, Nicola Morelli, incisore in pietre dure, accademico di merito di San Luca, virtuoso del Pantheon, in Boll. dei musei comunali di Roma, n.s., VI (1992), pp. 64 s., fig. 1; I Demidoff a Firenze e in Toscana, Atti del convegno… 1991, a cura di L. Tonini, Firenze 1996, pp. 58, 194, 200, 235; C. Morandi, La decorazione pittorica, in Il Palazzo Vivarelli Colonna, Firenze 1996, pp. 140, 146 n.; M. Cardelli, I due purismi. La polemica sulla pittura religiosa in Italia 1836-1844, Firenze 2005, pp. 416 s., 458 n., 540, 548; L. Tonini, Nicola Demidoff collezionista russo a Firenze all’inizio del XIX sec., in Il collezionismo in Russia da Pietro I all’Unione Sovietica, Atti del convegno, Napoli… 2006, a cura di L. Tonini, Gaeta 2009, pp. 79, 81 n., 86, fig. 10; Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti. Catalogo generale, a cura di C. Sisi - A. Salvadori, Livorno 2008, II, p. 1406.

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