RINUCCINI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2016)

RINUCCINI, Carlo

Emanuele Salerno

RINUCCINI, Carlo. – Nacque a Firenze il 28 marzo 1679, da Folco, marchese di Baselice, e da Maria Cassandra Gherardi, primogenito di un’antica famiglia dell’oligarchia fiorentina.

Sulla sua formazione influì la frequentazione, dal 1693, del collegio Tolomei di Siena, all’epoca sotto la direzione dei gesuiti. Nel 1697 fu ammesso a corte come gentiluomo di camera di Cosimo III e nello stesso anno entrò all’Accademia della Crusca, dove, con il nome di Lieto, ricoprì diverse cariche. Fu anche membro dell’Accademia Fiorentina e dell’Accademia dei Nobili. Cavaliere di S. Stefano, nel 1714 Cosimo III gli concesse la commenda di grazia con il titolo di priorato di Venezia, di rendita annua di scudi 300. Nel 1716 Rinuccini sposò Vittoria Teresa Guicciardini, dalla quale ebbe due figli, Folco (1719-1760) e Giovangualberto (morto in età infantile).

Iniziò la carriera diplomatica, di tradizione familiare, con una prima esperienza a Roma, nel 1699, al seguito del marchese Clemente Vitelli, inviato straordinario presso papa Innocenzo XII. Da allora le missioni si sarebbero susseguite quasi senza interruzione. Le prime, nel 1702 e nel 1704, furono piuttosto di rappresentanza, trattandosi di complimentare, a nome dei Medici, rispettivamente, a Londra la regina Anna Stuart in occasione della sua incoronazione e a Versailles Luigi XIV per la nascita del duca di Bretagna. Più rilevante l’incarico, nel 1705, di inviato straordinario in Spagna con il mandato di sostituire il precedente rappresentante presso la corte di Filippo V Borbone, dove sarebbe rimasto fino al 1709.

Nel carteggio con Cosimo III, di fronte ai successi degli Asburgo e dei loro alleati nella guerra di successione spagnola, già nel 1707 emerge l’intenzione di affidargli la successiva missione in Germania per «pigliare notizie, che possano essere utili alle convenienze di questa Casa, e Stato» in modo da predisporre una soluzione per la successione in Toscana dinanzi alla probabile estinzione della dinastia regnante (la trascrizione della cifra di Cosimo III a Rinuccini, 6 settembre 1707, è in Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 2708, cc. 88r-89v). Tale incarico si concretò nel 1710. Ufficialmente si dava mandato a Rinuccini di recarsi presso le corti tedesche, e poi a L’Aia, per ringraziare, come inviato straordinario, i principi elettori che avevano riconosciuto il titolo di Altezza Reale al granduca di Toscana, e per «attendere» all’eventuale congresso per un trattato di pace generale, in modo da negoziare con il principe che sarebbe risultato investito della monarchia di Spagna la richiesta di assegnazione al granduca dei «porti di Toscana», cioè dello Stato dei Presidi.

Nel viaggio verso L’Aia, si fermò a Düsseldorf, alla corte dell’elettore palatino Johann Wilhelm, marito della figlia di Cosimo III, Anna Maria Luisa, concordando i particolari per ottenere nel prossimo trattato di pace il sostegno delle Province Unite e dell’Inghilterra all’indipendenza e all’autonomia del piccolo Stato toscano dinanzi alle pretese della corte di Vienna e alle mire di Luigi XIV. A L’Aia, infatti, Rinuccini discusse con il gran pensionario Anthonie Heinsius e con l’inviato inglese whig lord Charles Townshend il progetto (allora sostenuto anche dal granduca) di ritorno del Granducato al «governo della Repubblica», una volta estintasi la casa Medici, e la possibilità di obbligare nel futuro trattato di pace Spagna e Impero a dare l’investitura dello Stato di Siena alla restaurata Repubblica (cifra di Rinuccini all’elettrice palatina, da L’Aia, 18 novembre 1710, ibid., 2709).

Ma Rinuccini non si limitava alla funzione esecutiva del fedele diplomatico; in più occasioni, infatti, nella sua lunga carriera, sarebbe intervenuto per integrare il momento decisionale della politica degli ultimi Medici, sia sul piano dell’ordine internazionale sia su quello interno, al fine di realizzare gli interessi dello Stato (intesi come «bene del Paese» e «utile ai Popoli», piuttosto che espressione della volontà del principe). Inviato come plenipotenziario per negoziare, in occasione del collegio dei principi elettori e dell’incoronazione del nuovo imperatore, Carlo VI, le contribuzioni richieste a Cosimo III per la «guerra d’Imperio in Italia», da Francoforte rispose al granduca in merito al giovane principe cadetto di Sulzbach quale possibile successore dei Medici, con la nota lettera ‘repubblicana’ del 17 dicembre 1711 (il testo originale in cifra decriptata è ibid., 1150, cc. 911r-915v; la minuta, che presenta non trascurabili differenze, ibid., 2712).

In questa, e nella successiva del 12 gennaio, riproponeva con vigore, quale esponente dell’oligarchia patrizio-senatoria, la ricostituzione dell’antica Repubblica come soluzione della crisi dinastica medicea (un’idea maturata da tempo e confessata al padre Folco sin dal 1706): una soluzione idonea a ostacolare le pretese imperiali di considerare non solo lo Stato di Siena, ma anche lo «Stato Vecchio», ossia Firenze e il suo dominio, quale feudo. In particolare, ricordava a Cosimo III che, esaurito l’affidamento dinastico originario alla casata Medici, il granduca aveva il dovere morale di restituire «la libertà al Paese» e, nel caso in cui decidesse di derogarvi, aveva comunque l’obbligo, «secondo le leggi e costituzione del nostro governo», di condividere la designazione del successore con il Senato fiorentino. Significativamente sia la lettera del 17 dicembre sia quella del 12 gennaio sono presenti anche tra i documenti appartenuti al senatore e consigliere di Stato, Niccolò Francesco Antinori, cui si deve il Discorso sopra la successione della Toscana, presentato a Cosimo III proprio nel 1711, da considerarsi un’anticipazione e un modello per le memorie e proteste di parte granducale successive al trattato di Londra del 1718.

Tra il 1713 e il 1716, difese nelle corti europee la libertà di designazione del successore da parte di Cosimo III, così come approvata, su suo suggerimento, dal Senato, a favore della figlia Anna Maria Luisa (una volta morto l’ultimo maschio della dinastia) il 27 novembre 1713. Plenipotenziario al congresso di Utrecht, fu inviato in Danimarca, di nuovo a Düsseldorf e infine a Londra, ufficialmente per complimentarsi dell’incoronazione di Giorgio I di Hannover, in realtà per «distruggere opportunamente in questa Corte le false idee che possono essere state date dall’ultimo Atto dell’elezione fattasi costì» (cfr. dispacci di Rinuccini del 26 gennaio e 18 marzo 1715, ibid., 2686).

Tornato a Firenze nel 1716, assunse le cariche di segretario di guerra e consigliere di Stato, alle quali aspirava già dieci anni prima, quando risiedeva presso la corte di Filippo V. Come segretario di guerra, che fino al 1739 conservò anche la soprintendenza su tutte le materie, sia militari sia civili, ossia commerciali, dei porti di Livorno e Portoferraio e sulle attività dei loro governatori e del tribunale labronico, difese e fece osservare i vincoli derivanti dallo statuto di neutralità del Granducato anche agli spagnoli, come dimostra il carteggio con il padre maestro fra Salvatore Ascanio, rappresentante della Spagna a Firenze. Ma la fiducia che in lui riponeva la corte medicea lo avrebbe impegnato di nuovo all’estero. Nel 1717, a Düsseldorf, per occuparsi degli interessi di Anna Maria Luisa Medici, divenuta vedova dell’elettore palatino, e per accompagnarla nel ritorno a Firenze, consolidando così un rapporto con l’elettrice che si sarebbe rivelato determinante. Nel 1718, insieme a Neri Corsini, venne inviato al congresso di Londra per seguire i negoziati tra L’Aia, Parigi e Cambrai, relativi alla Quadruplice alleanza, che con l’articolo V del trattato di Londra del 2 agosto 1718 aveva riservato all’imperatore il diritto di dare l’investitura del Granducato, considerato nella sua interezza quale feudo mascolino imperiale, al primogenito di Filippo V Borbone ed Elisabetta Farnese, Don Carlos.

Di fatto le sue responsabilità si estendevano a tutta la sfera delle relazioni internazionali. Fu lui a trattare la richiesta del sostegno spagnolo, nel trattato di pace da farsi a Cambrai, al mantenimento della successione toscana nella persona dell’elettrice palatina. E a lui, nel 1731, quando si prospettava l’effettivo cambio dinastico a favore di Don Carlos, il granduca Gian Gastone affidò la plenipotenza, assieme a Jacopo Giraldi, di negoziare, sempre insieme al domenicano Ascanio, la stesura del «Trattato, o Convenzione di Famiglia» tra il re di Spagna e l’ultimo granduca Medici, compresi eredi e successori (siglato a Firenze, il 25 luglio 1731), e di risolvere la questione dell’entrata e permanenza delle milizie spagnole in Toscana. Prima del cambio di regime a favore degli Asburgo-Lorena, l’inviato straordinario dell’Impero a Firenze, conte Girolamo Caimo, nel 1735, lo riteneva perciò un «partitario spagnolo».

Nel 1737, ad aprile, successivamente al diploma imperiale di investitura del Granducato a Francesco Stefano di Lorena e di Bar del 24 gennaio, fu il figlio di Rinuccini, Folco, a presentare a Vienna i complimenti dell’elettrice palatina al nuovo granduca; il quale lo nominò suo ciambellano. Ancora il 1° luglio 1737, il generale delle truppe asburgiche in Toscana, Karl Franz von Wachtendonck, lo giudicava nei suoi dispacci a Vienna come «l’esprit qui dirige toute la cour». È perciò comprensibile che fosse presente nella prima «adunanza» del provvisorio Consiglio di reggenza, dell’11 luglio 1737, convocata subito dopo la morte di Gian Gastone e nei negoziati per stabilire il Trattato o Convenzione di famiglia tra l’ultima Medici e il nuovo granduca Asburgo-Lorena (Aglietti, 2004, pp. 261 n., 304 n.; il verbale è in Archivio di Stato di Firenze, Consiglio di Reggenza, 171). Nonostante l’iniziale consiglio dato nel dicembre del 1737 al granduca dal lorenese conte di Richecourt di rimuovere Rinuccini dalla segreteria di guerra, in quanto gli appariva «plus intéressé à ce qui concerne le commerce qu’au militaire […] totalment dévoué à madame l’Electrice», nonché filospagnolo, Francesco Stefano lo avrebbe confermato nel nuovo ordinamento degli organi collegiali di indirizzo politico e di amministrazione centrale, decretato il 25 e 26 aprile 1739, e anche nel successivo ridimensionamento del Consiglio di reggenza del 31 marzo 1747 (Pansini, 1992, p. 44 n.). Anche se perse influenza nel Consiglio di reggenza di fronte alla preminenza di Richecourt, Rinuccini conservò la propria autonomia, come del resto è confermato dai dispacci del lorenese a Vienna. Nel 1736 era stato nominato soprintendente della «Libreria Pubblica» di Firenze, cioè la raccolta libraria di Antonio Magliabechi arricchita dal lascito di Anton Francesco Marmi.

Era noto, infatti, il suo interesse per i libri (oltre che per l’accrescimento della collezione d’arte familiare), che lo aveva portato, nel corso delle missioni estere, a raccogliere molte opere che confluirono nella già pregiata biblioteca di famiglia. Antonio Cocchi, figlio dell’amministratore dei beni Rinuccini nel Regno di Napoli e suo protetto, ne compilò un primo catalogo, descrivendo, nel novembre del 1731, all’incirca 5400 volumi. Rinuccini arricchì la collezione con l’acquisto di periodici esteri, di numerose opere storiche sui Paesi europei, trattati di diritto pubblico e internazionale, anche nelle più recenti edizioni in francese.

Morì a Firenze il 28 gennaio 1748.

Nelle note di viaggio di Montesquieu, in visita a Firenze tra il dicembre del 1728 e il gennaio del 1729, è così ricordato: «Le marquis Renucini, secrétaire d’État de la guerre, est un des meilleurs esprits de Florence» (Voyages, 1894). Diversamente dai giudizi di opportunismo politico espressi da Bernardo Tanucci, la recente storiografia è orientata a un positivo apprezzamento delle capacità dimostrate dal personaggio nel corso della crisi dinastica medicea (1710-37) e nella congiuntura diplomatica delle guerre di successione spagnola, polacca e austriaca. Consapevole della passiva funzione di bilanciamento attribuita dal sistema diplomatico ai piccoli Stati e della necessità di assicurare lo svolgimento delle attività commerciali nel porto franco di Livorno, attuò la politica di neutralità del Granducato cercando di accreditare nei suoi interlocutori l’immagine di un piccolo Stato, indipendente e, soprattutto, imparziale e affidabile.

Fonti e Bibl.: Viaggi e incontri nelle maggiori corti europee sono dettagliatamente descritti nei numerosissimi dispacci conservati presso l’Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, in partic. istr. 4 nov. 1702, ibid., 2700; istr. 12 ott. 1704, ibid., 2713, cc. 2r-8v; istr. 2 marzo 1705, ibid., 2702; istr. e credenziale di plenipotenziario 18 marzo 1710 e credenziali di plenipotenza: 3 ag., 10 nov. e 15 dic. 1711, ibid., 2710; istr. 19 feb. 1712, ibid., 2709; istr. 11 dic. 1714, ibid., 6321, cc. 351r-356v; duplicato della lettera credenziale per Rinuccini, dic. 1714, ibid., 2708, c. 804r; doc. di conferimento della segreteria di guerra, 6 gen. 1715, ibid., 2713, c. 444r; carteggio con Salvatore Ascanio, anni 1718-30, ibid., 2708: sulla neutralità, cc. 427r-428v, 580rv (1718); 582rv, 431r; 435r-436v, 583r-584v; 437r-440r, 585r-588r; 441r-443r, 589rv; 592rv, 449r (1719); 490r-492r, 606rv (1720), sulla successione dell’elettrice palatina, cc. 517r-518v (gennaio 1722), 560r-563v (agosto-novembre 1722); copie della prima e seconda istruzione, riprese quasi alla lettera nella convenzione del 25 luglio 1731, ibid., 2713, cc. 568r-576r; ulteriori documenti relativi alle sue missioni sono anche in Miscellanea Medicea; cfr. anche gli spogli mss. di R. Galluzzi, Indice della Segreteria vecchia, 1778, passim. Per il periodo lorenese i fondi d’interesse sono Consiglio di Reggenza e Segreteria di Guerra. I documenti relativi all’amministrazione patrimoniale della casata sono invece custoditi presso l’Archivio Corsini di Firenze (il volume ms. in folio intitolato Catalogo della Libreria del fu Marchese Carlo Rinuccini compilato dal Dott. Antonio Cocchi è in stanza 5, camp. 1, palc. 1; le ricevute degli acquisti librari e delle spese per le legature ibid., palc. 10, filza XXXIV). Alcuni stralci di lettere di Rinuccini sono conservati anche presso l’Archivio Antinori di Firenze (scatola 18); lettere a Guido Grandi, Antonio Niccolini e Francesco Riccardi sono custodite rispettivamente presso la Biblioteca universitaria di Pisa (Ms. 38, c. 293rv; Ms. 95, cc. 319r-320r), l’Archivio Niccolini di Firenze (291, ins. 10; vecchia segnatura D 5) e la Biblioteca nazionale di Firenze (N.A. 643, 666-696); presso quest’ultima è inoltre presente il fondo Rinuccini costituito da 27 filze di preziosissimi mss. dei maggiori letterati italiani (secc. XIV-XVI), innanzitutto sulla storia di Firenze e sulla lingua volgare, provenienti dalla biblioteca di famiglia (cfr. Passerini, 1850, pp. 212-215; inventario in sede). G.B. Casotti, Il vero onore. Festa teatrale fatta dall’Accademia de’ Nobili di Firenze…, Firenze 1713, p. 8; Ricordi storici di Filippo di Cino Rinuccini dal 1282 al 1460…, a cura di G. Aiazzi, Firenze 1840, pp. 190-200; Voyages de Mon-tesquieu, a cura di A. de Montesquieu, I, Bordeaux 1894, p. 176; Horace Walpole’s Corres-pondence with Sir Horace Mann, I-III, New Haven 1955, ad ind. (III, pp. 244-246, 251, 461 s.); B. Tanucci, Epistolario, Roma-Napoli 1980-, ad ind. (I, pp. 170 s., 803 s.; II, pp. 351 s.); Archivio biografico italiano sino al 2001: ABI IV, a cura di T. Nappo, I, München 2002, fiche 849, pp. 151 s., II, 2003, fiche 506, p. 385, http://db. saur.de/WBIS/ language/it/html/help.html (13 novembre 2016).

L. Passerini, Notizie sui manoscritti Rinucciniani…, in Archivio storico italiano. Appendice, 1850, t. VIII, pp. 207-215; T. Pendola, Il collegio Tolomei di Siena…, Siena 1852, p. XVI; Alcuni quadri della galleria Rinuccini, a cura di C. Pini - C. Milanesi, Firenze 1852, p. 60; L. Bruni, Il progetto di restaurare la Repubblica fiorentina…, in La rivista abruzzese di scienze, lettere ed arti di Teramo, XII (1897), pp. 289-301; E. Robiony, Gli ultimi dei Medici…, Firenze 1905, pp. 14-17, 88 n., 96-136, 226, 238 n., 263-268, 290-292; F. Diaz, I Medici e La Reggenza, in Il Granducato di Toscana. Storia d’Italia, XIII, 1-2, Torino 1976-1997, ad ind.; S. Parodi, Quattro secoli di Crusca, Firenze 1983, ad ind.; M. Verga, Da «cittadini» a «nobili», Milano 1990, ad ind. (in partic. pp. 13-29, 43); G. Pansini, Potere politico ed amministrazione al tempo della Reggenza lorenese, in Pompeo Neri, a cura di A. Fratoianni - M. Verga, Castelfiorentino 1992, pp. 29-82 (in partic. pp. 41, 44 e n., 51, 72 e n.); M. Mannelli Goggioli, La Biblioteca Magliabechiana, Firenze 2000, ad ind.; A. Contini, La reggenza lorenese tra Firenze e Vienna, Firenze 2002, ad ind.; M.A. Morelli Timpanaro, Tommaso Crudeli, Poppi 1702-1745, Firenze 2003, ad ind.; M. Aglietti, Il Granducato di Toscana negli anni Trenta del Settecento, in Ricerche storiche, XXXIV (2004), pp. 259-324; Ead., Giuliano Capponi governatore di Livorno tra Medici e Lorena, in Nuovi studi livornesi, XVI (2009), pp. 33-62 (in partic. pp. 35-38; app.); E. Salerno, Stare pactis and neutrality, in War, trade and neutrality. Europe and the Mediterranean in seventeenth and eighteenth centuries, a cura di A. Alimento, Milano 2011, pp. 188-202; Id., Giusnaturalismo e cultura giuspolitica nella Toscana del primo Settecento. Il Discorso sopra la successione della Toscana di Niccolò Antinori (1711), in Archivio storico italiano, CLXXIII (2015), pp. 31-64.

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