RIZZARDA, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2016)

RIZZARDA, Carlo

Stefania Cretella

RIZZARDA, Carlo. – Nacque a Feltre il 23 gennaio 1883, quarto figlio di Luigi, carradore, e di Tommasina Saccari. Il padre aveva frequentato i corsi di pittura di Antonio Crico, tenuti nella scuola di disegno per artieri di Feltre, e negli anni Settanta aveva ottenuto la medaglia d’argento come modellatore di sculture in creta. Carlo crebbe quindi in un ambiente modesto, ma non del tutto estraneo alle inclinazioni artistiche e, seguendo l’esempio paterno, si iscrisse ai corsi della scuola di disegno e plastica, tenuti da Pietro Malliani. Nel 1896 si aggiudicò un premio per studi in disegno industriale.

Dopo un breve apprendistato presso un fabbro di Castel Tesino, nel settembre del 1899 trovò lavoro come fabbro ferraio forgiatore e aggiustatore presso Patrizio Bertolin, proprietario di un’officina a Farra di Feltre. Nell’autunno del 1900 riprese gli studi, iscrivendosi alla scuola industriale di disegno e plastica diretta da Giacomo Andolfatto. Nel 1902 gli venne assegnato il primo premio per la sezione disegno industriale e nel 1903 il primo premio per la sezione speciale del secondo corso, insieme a Umberto Celli.

Ultimata la scuola, nel 1904 si trasferì a Milano, finanziato da una borsa di studio per giovani artisti elargita dal governo italiano e ottenuta grazie all’intervento dell’onorevole Guido Fusinato, deputato alla Camera per la circoscrizione di Feltre. Si iscrisse alla scuola di disegno della Società umanitaria e il 16 maggio iniziò un apprendistato presso l’officina d’arte di Alessandro Mazzucotelli. I rapporti tra maestro e allievo si fecero ben presto molto stretti, tanto da rendere spesso difficile riconoscere con esattezza le opere ideate e realizzate dai due artisti.

Verso la fine del 1906, con il sostegno di Mazzucotelli, Rizzarda intraprese la carriera di insegnante, dapprima come supplente del maestro e in seguito come assistente nella sezione fabbri della scuola professionale maschile diurna. Nel 1908 ottenne la docenza e divenne assistente nella sezione fabbri della scuola laboratorio serale. La sua collaborazione con l’Umanitaria sarebbe terminata nel 1914 (Milano, Archivio storico della Società umanitaria, Personale in servizio, f. 114, ad nomen).

Nel 1910 Rizzarda fu inviato a Bruxelles per accompagnare le opere di Mazzucotelli che dovevano essere presentate all’Exposition universelle et internationale. Poco tempo dopo decise di avviare un’impresa indipendente associandosi con il collega Giuseppe Bernotti, insieme al quale acquistò il laboratorio di Giuseppe Marinoni in via Cappuccini 15 e costituì una ditta registrata nel 1911 presso la Camera di commercio di Milano come «Officina costruzioni in ferro». La società sarebbe stata sciolta nel 1919. Accanto ai lavori destinati all’arredo, Rizzarda si occupò della progettazione e della realizzazione di cancelli, ringhiere, inferriate e lampade per numerosi palazzi e ville milanesi.

Le opere di questa fase dimostrano la grande versatilità di Rizzarda, aperto alle novità contemporanee e al tempo stesso affine allo spirito neoeclettico. Rinunciando alle movenze sinuose tipiche della stagione liberty, costruì i suoi progetti partendo da una struttura stilizzata e lineare, all’interno della quale inserire con eleganza e ritmo gli ornamenti floreali e naturali, interpretati in chiave geometrica.

Nel 1914 divenne membro della Famiglia artistica milanese e l’anno successivo acquistò un’officina in via Rosolino Pilo.

Nel 1916 partì come volontario per la prima guerra mondiale, occupandosi della revisione delle armi pesanti. Al termine del conflitto rientrò a Milano e riprese l’attività artistica all’interno della società fondata con Bernotti, esponendo alla Mostra regionale lombarda di arte decorativa, ordinata dalla Società umanitaria nel 1919. Dopo questa esperienza si mise in proprio e iniziò a intervenire con costanza a tutte le principali manifestazioni espositive italiane e internazionali, a partire dall’Esposizione intima della Società umanitaria (1920) e dalla Mostra d’arte sacra di Venezia (1921).

Nel 1923 prese parte alla I Esposizione biennale internazionale delle arti decorative di Monza, mostrando una produzione che tendeva verso un generale alleggerimento delle forme. Alcuni dei lavori monzesi conservavano movenze sinuose, decorazioni a volute fitomorfe ed elementi naturalistici che rivelavano un certo attardamento su motivi iconografici e formali di stampo tardoliberty ed eclettico, mentre in altri casi appariva più evidente la tendenza a schematizzare le composizioni e a irrigidirne la struttura complessiva dimostrando un avvicinamento verso il nascente gusto déco.

Le opere dell’artista erano collocate in due diverse sale del percorso. Nella sala 19 (espositori vari) Rizzarda collocò un portafiori e una selezione di lampade, tra le quali compariva lo stelo portalampada a quattro luci schermate da corolle in vetro viola di Murano, con decorazioni a fiori e foglie di cardo stilizzate, oggi custodito presso la Galleria d’arte moderna Carlo Rizzarda di Feltre. Il nucleo più importante si trovava però nella sala personale organizzata all’interno della sezione degli espositori lombardi e progettata a partire dal novembre del 1922. L’ambiente ospitava un ricco campionario di ferri battuti, molti dei quali eseguiti appositamente per l’evento e oggi custoditi presso il museo di Feltre, tra i quali un tripode, un ferro protettivo in stile impero, due alari, una fioriera con tre vasche ovali e il leggio a due fasce girevoli, su colonna a tripode, decorato con uccelli stilizzati al centro. Per dar prova della varietà della sua produzione, Rizzarda espose anche tre cornici montate su tabelle di legno che contenevano diversi elementi decorativi. Alle pareti erano appesi diversi tondi contenenti animali stilizzati, che potevano essere utilizzati come applicazioni per porte o mobili. Infine, nella sala si trovavano una rostra per sovrapporta eseguita nello stesso anno per la propria abitazione milanese, una grande gabbia per uccelli e un parafuoco con vetro realizzato da Pietro Chiesa su disegno di Emilio Lancia. Il Comune di Milano acquistò due ferri battuti per i Musei civici (Monza, Archivio storico del Comune, Consorzio autonomo Milano Monza Umanitaria - CAMMU, 26/3): un braccio portatorcia con cigno stilizzato, oggi conservato presso il Museo delle arti decorative del Castello Sforzesco, e un ornamento con granchio stilizzato, al momento di ubicazione ignota.

La sua partecipazione all’evento fu accompagnata da una serie di polemiche determinate dalla reazione negativa in seguito all’assegnazione del secondo premio da parte della giuria. Rizzarda, convinto di meritare il primo premio, conferito invece a Umberto Bellotto, rifiutò il riconoscimento. Guido Marangoni, promotore e direttore generale della Biennale, tentò di convincere l’artista ad accettare il giudizio della commissione, ma, data la sua irremovibilità, la giuria decise di modificare la graduatoria e di decretare vincitrice la ditta Cappellin Venini e C., assegnando il secondo premio a Bellotto.

Nonostante l’intensa attività espositiva e le numerose commissioni ricevute, Rizzarda non rinunciò all’insegnamento, accettando di tenere i corsi di disegno e lavoro di officina presso la scuola serale professionale di Lodi, incarico iniziato nel novembre del 1923 e mantenuto fino alla morte.

Nel 1924 prese parte alla XIV Esposizione internazionale d’arte di Venezia, proponendo alcuni ferri battuti all’interno della mostra dei «Sei pittori del ’900». Nello stesso anno alcune sue opere furono selezionate da Giulio Aristide Sartorio per partecipare alla traversata atlantica della regia nave Italia, una sorta di fiera campionaria itinerante organizzata dal governo fascista per propagandare l’arte e l’industria italiane in tredici Paesi dell’America Latina. Probabilmente, proprio grazie a questa partecipazione Rizzarda divenne noto anche in Sudamerica e, nel 1925, realizzò la cancellata in bronzo e ferro battuto per la basilica di Nostra Signora della Mercede a Buenos Aires.

Ancora nel 1925 opere di Rizzarda furono esposte sia alla II Biennale di Monza, sia all’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes di Parigi, dove il maestro allestì una sala personale fuori concorso e si presentò come espositore nella classe del metallo, vincendo il terzo premio.

Le opere di questo periodo testimoniano la piena adesione ai dettami del déco internazionale, interpretato soprattutto attraverso una stilizzazione geometrica e una sempre più evidente semplificazione lineare. Esse erano impreziosite da inserti ornamentali tratti dal mondo animale e vegetale, volti al raggiungimento di una leggerezza strutturale che permetteva di distinguerle da quelle di altri maestri del ferro battuto, più inclini a una concezione scultorea della materia.

In occasione della II Biennale di Monza, Rizzarda non organizzò una sala personale, ma ebbe comunque modo di mostrare le proprie abilità tecniche e artistiche esponendo in diverse sale collettive.

Partecipò all’allestimento della Mostra d’arte sacra, realizzando la cancellata d’ingresso disegnata da Enrico Griffini. Per la sezione della Famiglia artistica milanese realizzò il cancello che consentiva l’accesso alla mostra, un’elegante ringhiera collocata nel vestibolo, un lampadario e diversi ferri battuti raccolti nella sala 112 (Monza, Archivio storico del Comune, CAMMU, 28/2, Recensioni d’artisti). Ancora più significativa fu la collaborazione fornita all’architetto Mario Faravelli, ideatore di un’esedra d’accesso a una cappella funeraria, predisposta nella sala 115 della sezione lombarda, per la quale Rizzarda eseguì anche tutti i ferri battuti: patere con colombe dorate, una fioriera con tazza in rame martellato e base esagonale in marmo, angeli in ferro battuto dorato montati su colonne in marmo di Candoglia, una lampada votiva in ferro battuto e vetro, decorata con gli stessi angeli oranti delle colonne, sei torcieri con tazze in vetro di Murano, una catena di chiusura in ferro battuto e borchie, un cancello in ferro battuto decorato con l’angelo, l’agnello, la croce greca, la rosa mistica, il giglio e la colomba. Infine, espose due fioriere con vetri Cappellin Venini e C. nella sala 172 del Belvedere, dedicata a Guido Marussig.

Nel maggio del 1926 nella galleria Pesaro di Milano venne organizzata una mostra collettiva che vide impegnato Rizzarda accanto allo scultore Giuseppe Graziosi e ai pittori Bice Visconti, Angiolo D’Andrea e Primo Sinòpico (nome d’arte di Raoul Chareun).

Nel testo di accompagnamento al catalogo, Pietro Torriano colse l’originalità dello stile dell’artista, capace di combinare una perfetta padronanza tecnica con un’inventiva inesauribile, raggiungendo risultati di fresca novità, pur non rinunciando a rimandi neorinascimentali e settecenteschi, determinati da un mai sopito legame con la cultura eclettica e con l’immaginario figurativo ottocentesco.

Nello stesso anno Rizzarda acquistò il cinquecentesco palazzo della famiglia Cumano a Feltre con l’intenzione di crearvi un museo dedicato alle arti decorative. Espresse le proprie volontà nel testamento redatto nel 1929, nel quale dichiarava di voler lasciare il palazzo e le sue raccolte d’arte al Comune di Feltre, incaricando l’architetto Alpago Novello del restauro e della trasformazione dell’edificio in museo. Oltre alle opere originali dell’artista realizzate a partire dal 1910, il lascito comprendeva disegni, progetti e fotografie dei suoi lavori, i libri della sua biblioteca personale, quadri, mobili e opere d’arte decorativa acquistate o ricevute in dono da diversi autori italiani. La Galleria Rizzarda sarebbe stata inaugurata nel 1938.

Nel 1927 si iscrisse alla Federazione autonoma degli artigiani d’Italia, aderente alla Confederazione fascista dell’industria, e acquistò un villino in via Castelmorrone a Milano, utilizzandolo anche come sede per l’esibizione dei propri lavori. Fu nuovamente un anno ricco di impegni espositivi: partecipò all’Esposizione di belle arti di Roma, promossa dalla Società degli amatori e cultori delle belle arti, alla Mostra internazionale d’arte ispirata alla vite e al vino, svoltasi a Conegliano Veneto, e alla III Biennale internazionale di Monza.

Come già accaduto nel 1925, anche in occasione della sua terza partecipazione all’evento monzese Rizzarda non ebbe a disposizione uno spazio personale, ma collocò un cancello, un portafiori, un lampadario con vetri di Murano e vari ferri battuti nell’atrio del secondo piano nobile, alcuni lampadari nella galleria della sezione fiorentina e nella galleria del secondo piano nobile e altri lavori nella sezione della fotografia artistica. Sebbene le opere di Rizzarda non richiamassero l’attenzione della critica contemporanea, i suoi lavori furono apprezzati dalla Casa reale, che acquistò per 400 lire la lampada a braccio esposta a sinistra dello scalone, e dal podestà del Comune di Monza, che selezionò una formella del valore di 500 lire (Monza, Archivio storico del Comune, CAMMU, 29/5).

Rizzarda partecipò alle Fiere di Milano del 1928 e del 1929, alla XCIV Esposizione della Società degli amatori e cultori delle belle arti di Roma e all’Esposizione internazionale di Barcellona del 1929, dove ottenne il gran premio. L’anno seguente venne insignito del diploma d’onore per la sua partecipazione alla IV Triennale di Monza, per la quale realizzò i ferri battuti che ornavano i reggistendardo ai lati dei viali d’ingresso. L’ultima esposizione cui prese parte fu la Mostra d’arte sacra tenutasi a Padova nel 1931.

Morì il 4 maggio 1931, in seguito alle complicazioni sopraggiunte dopo un incidente automobilistico.

Fonti e Bibl.: R. Calzini, L’Esposizione regionale lombarda di arte decorativa, in Emporium, 1919, vol. 50 (settembre), n. 297, p. 158; Catalogo della Prima Mostra internazionale delle arti decorative (catal., Monza), Milano-Roma 1923, pp. 68, 114; XIV Esposizione internazionale d’arte della città di Venezia (catal.), Venezia 1924, p. 78; U. Nebbia, L’Italia all’Esposizione internazionale di Parigi d’arti decorative ed industriali moderne, in Emporium, 1925, vol. 62 (luglio), n. 367, p. 30; Seconda Mostra internazionale delle arti decorative (catal., Monza), Milano 1925, pp. 113-115, 157 s.; G. Marangoni, Il ferro battuto, Milano 1926, pp. 51-59, tavv. 52-76; Mostra individuale dei pittori Bice Visconti, Angiolo D’Andrea, Primo Sinòpico, dello scultore Giuseppe Graziosi e dei ferri battuti di C. R. (catal., galleria Pesaro), Milano 1926; Espositori a Monza, in Le Arti plastiche, IV (1927), 18 (16 settembre); Terza Mostra internazionale delle arti decorative (catal., Monza), Milano 1927, p. 26; Catalogo ufficiale della Quarta Esposizione Triennale internazionale delle arti decorative ed industriali moderne (catal., Monza), Milano 1930, p. 31; R. Rizzarda, C. R., fabbro maestro, Feltre 1967; C. R. (1883-1931) e l’arte del ferro battuto in Italia, a cura di A.P. Zugni-Tauro, Feltre 1987; La collezione Rizzarda: dal secondo Ottocento alle arti decorative degli anni venti, a cura di N. Comar, Milano 1996; F. Lanza, C. R., maestro artigiano. Il gusto nell’arte del ferro battuto 1900-1930, Feltre 2001.

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