ROSSELLI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROSSELLI, Carlo

Mauro Moretti

– Nacque a Roma il 16 novembre 1899, secondo figlio di Giuseppe Emanuele (Joe), musicista, e di Amelia Pincherle Moravia.

Entrambi i genitori provenivano da famiglie ebraiche appartenenti «alla classe eletta della nuova Italia» (Garosci, 1973, p. 3). Alcuni anni dopo la nascita di Carlo, nel 1903, a causa della separazione dal marito e di transitorie, ma non trascurabili, difficoltà economiche, Amelia si trasferì a Firenze, dove poteva valersi dell’appoggio di «molti parenti di mio marito (Nathan e Rosselli)» (Rosselli, 2001, p. 113), e di un’ampia rete di contatti, non solo familiari. Questi reseaux agevolarono anche l’inserimento di Amelia, nota autrice di teatro, nell’ambiente culturale fiorentino.

Alcune figure contarono molto nella prima giovinezza di Carlo, segnata da qualche problema fisico e da una non esemplare attitudine scolastica (prolungamento degli studi elementari, rinuncia al ginnasio): quella di Giulio Zabban, attivo nel campo assicurativo e finanziario, molto legato alla famiglia e pronto a rispondere alle curiosità del giovane Carlo, in particolare «al [suo] desiderio di capire il meccanismo interno di certe costruzioni economiche» (p. 118); e quella del fratello della madre, Gabriele, magistrato e senatore. Il padre era scomparso nel 1911. Dopo la morte del fratello maggiore Aldo, caduto in guerra nel marzo 1916, Carlo venne richiamato alle armi nel giugno 1917. Durante il corso per allievi ufficiali, a Caserta, ebbe fra i suoi insegnanti, per ‘morale militare’, Luigi Russo. Il peso dell’ambiente familiare, legato alla tradizione risorgimentale e mazziniana, patriottico e interventista, agiva certamente su Carlo, che diede vita, assieme al fratello minore Sabatino, detto Nello, a una rivista, Noi giovani, uscita nella prima metà del 1917.

Dagli articoli con i quali collaborò al periodico emergeva il suo precoce interesse per le questioni internazionali, accanto a una sorta di disagio – che lo avrebbe sempre accompagnato, e che cercò di placare, in seguito, con il largo contributo materiale offerto alla mobilitazione e all’organizzazione antifascista – per il proprio status sociale.

Rispetto a queste premesse l’esperienza di guerra ebbe un ruolo notevole, e più tardi rivendicato, nello svolgimento del pensiero di Carlo: tanto nell’orientare una solidale attenzione per le condizioni dei ceti popolari, visti all’opera nell’esercito, quanto, con la scoperta della letteratura pacifista (Henri Barbousse, Romain Rolland), nel determinare un progressivo distacco dalle tematiche dell’interventismo democratico, e l’accostamento a prospettive internazionaliste. Prima del congedo definitivo nel febbraio del 1920, Carlo aveva ripreso gli studi. La licenza dell’istituto tecnico gli consentì l’iscrizione presso l’istituto di scienze sociali Cesare Alfieri di Firenze; in parallelo, si preparò per l’esame di licenza liceale per poter accedere a una facoltà universitaria. Il primo accostamento alla politica avvenne dunque in un periodo di intenso impegno intellettuale, e su temi – la tesi al Cesare Alfieri, discussa nel luglio 1921, era dedicata a Il sindacalismo – che sollecitavano un forte intreccio fra campo scientifico e partecipazione civica. La coeva crisi delle istituzioni liberali e l’avanzata, violenta, del fascismo erano elementi del quadro, ma non, in quel momento, il punto di riferimento principale delle riflessioni di Carlo.

Molte testimonianze, a partire da quella materna, hanno consegnato alla storiografia una sorta di polarità e complementarietà caratteriale fra i fratelli: al riflessivo e dubbioso Nello faceva da contraltare Carlo, dinamicamente volto all’azione. Per qualche anno, tuttavia, fino alla drammatica svolta del 1924-25 nella vita italiana, i fratelli condivisero alcune esperienze organizzative, e alcune fondamentali reti di relazioni. Anzitutto il rapporto con Gaetano Salvemini, significativo forse per Carlo più ancora che per Nello. In entrambi i casi, a stare al racconto di Salvemini, era in gioco la tesi di laurea. Per Nello non fu semplice soddisfare il suo relatore; Carlo avrebbe trovato in Salvemini un lettore esterno molto critico, operante «cancellazioni spietate delle sue opinioni personali dove i fatti avrebbero dovuto dominare padroni del campo» (G. Salvemini, Prefazione a N. Rosselli, Saggi sul Risorgimento, Torino 1946, p. 10).

In effetti, come ha scritto Nicola Tranfaglia, il lavoro giovanile di Rosselli – che aveva alle spalle, fra l’altro, l’occupazione delle fabbriche – appare segnato da varie tensioni: l’interesse diviso fra aspetti teorici e questioni contemporanee, l’accettazione della lotta di classe e un certo fondo elitista, la predilezione per un sindacalismo riformista sul modello britannico e il fascino del sindacalismo rivoluzionario, Sidney e Beatrice Webb e Georges Sorel (e tuttavia distante dai miti di questi, lo sciopero generale e le minoranze trainanti), ma anche Ivanoe Bonomi ed Eduard Bernstein. Poco Marx, per Carlo, favorevole ad alleanze di classe, e insoddisfatto da una visione determinista del processo politico e da una interpretazione materialistica della storia. Era già evidente nel suo esordio scientifico «quella che sarà una costante del temperamento politico di Rosselli, la volontà cioè di conciliare in una nuova sintesi idee e motivi provenienti da concezioni politiche differenti» (Tranfaglia, 2010, p. 55). Donde una certa attitudine nomenclatoria, visibile anche nell’apparente ossimoro che denomina l’opera più famosa. Questo aspetto, secondo Roberto Vivarelli, segna uno dei punti di maggior distacco intellettuale fra Rosselli e Salvemini: «Il titolo stesso dell’opera, poi, ‘socialismo liberale’, può sembrare proprio l’escogitazione di una di quelle formule, simboli di una fede astratta, che proprio nel momento di fare i suoi conti con la tradizione politica italiana, cioè nelle discussioni intorno al programma de L’Unità, Salvemini aveva fermamente respinto» (Vivarelli, 2004, p. 76). Di fronte alla successiva disgregazione del campo democratico e socialista, al fascismo vittorioso e alla dittatura aperta, la ricerca di possibili composizioni, l’invenzione di formule che potessero avere una funzione di aggregazione rispondeva anche all’esigenza di arrestare la frana, di costruire un punto di appoggio sul quale posare, e organizzare la resistenza antifascista.

Nel primo dopoguerra Carlo e Nello frequentarono a Firenze gli stessi ambienti – collaborarono alla rivista Vita, animarono le riunioni che più tardi, nel 1923, avrebbero trovato uno sbocco nelle attività del Circolo di cultura. Carlo però uscì dall’ambiente fiorentino, per un congiunto interesse politico e scientifico. Nel gennaio del 1921 era al congresso socialista di Livorno, vicino a Filippo Turati, così come nell’ottobre del 1922, al momento dell’uscita dal partito dei riformisti, che fondarono il Partito socialista unitario (PSU); e sempre nel 1921 recensì sulla Critica sociale un volume di Eugenio Artom, con il quale avviò un’interessante discussione: Artom evidenziava, nell’atteggiamento di Rosselli, lo sfondo fideistico, la ricerca di un mito per sostenere l’azione, insistendo sull’antitesi fra liberalismo e socialismo. Alla fine del 1922 Carlo, per ragioni di studio, e per il perdurante clima di violenza fascista a Firenze, si recò a Torino, dove prese contatti – non tutti inizialmente soddisfacenti – con intellettuali e accademici come Luigi Einaudi e Achille Loria, ma anche con Piero Gobetti. Il comune antifascismo, con Benito Mussolini ormai al governo, era però legato a valutazioni diverse del nesso fra recente passato e presente italiano, con Gobetti che vi leggeva il segno di una vicenda lunga, e la prospettiva di un corso necessario della tirannide e di un’opera di rifondazione morale, mentre Carlo pensava alla possibilità di un’azione politica a breve scadenza.

Nel 1930, tuttavia, Rosselli avrebbe ripreso l’immagine gobettiana: «Il fascismo è stato in certo senso l’autobiografia di una nazione che rinuncia alla lotta politica, che ha il culto dell’unanimità, che rifugge dall’eresia, che sogna il trionfo della facilità, della fiducia, dell’entusiasmo» (C. Rosselli, Socialismo liberale, 1930, in Id., Socialismo liberale e altri scritti, a cura di J. Rosselli, Torino 1973, p. 462).

Carlo comunque collaborò alla Rivoluzione liberale, discutendo di liberismo e movimento operaio, mentre continuava a scrivere sulla Critica sociale: risale al luglio del 1923 il saggio Liberalismo socialista, nucleo di successive elaborazioni. Con lo stesso titolo, nel luglio 1924, apparve un articolo nella Rivoluzione liberale, in cui Rosselli, distinguendo fra sistema e metodo liberale, individuava in una chiusura elitaria del pensiero liberale il fallimento di questo, riflettendo poi sulla nozione di libertà all’interno della tradizione socialista, in una prospettiva di crescita e di emancipazione materiale e morale delle masse, e del socialismo come «ideale di vita, d’azione, immenso, sconfinato» (ibid., p. 124).

Fra i viaggi di quei mesi molto importante fu quello in Gran Bretagna, fra l’estate e l’autunno del 1923, intrapreso subito dopo la discussione della tesi di laurea in legge a Siena, Prime linee di una teoria economica dei sindacati operai. Rosselli vi strinse relazioni con gli ambienti fabiani, gli Webb, e con storici e studiosi dell’economia e dei movimenti sociali, da George D.H. Cole a Richard H. Tawney, consolidando, su quella base, la propria riflessione sui caratteri di un socialismo staccato dalla matrice classista e dallo sfondo deterministico che vedeva tipici del marxismo. A differenza di quel che avvenne per Nello, gli studi economico-sociali di Carlo ebbero un rapido, iniziale esito accademico: Attilio Cabiati, nella Bocconi ancora di Angelo Sraffa, lo chiamò come assistente nell’Istituto di economia politica, provocando le proteste dei fascisti milanesi nell’aprile 1924; sempre per opera di Cabiati, Carlo ottenne, per l’anno accademico 1924-25, l’incarico di istituzioni di economia politica all’Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Genova.

La dimensione dottrinale e scientifica dell’impegno intellettuale di Rosselli è innegabile (i temi della disoccupazione, del sindacalismo e dell’unità sindacale, la polemica con Einaudi e la discussione su libera concorrenza e mercato, i problemi monetari affrontati nell’esame delle posizioni di John Maynard Keynes, contrario al ritorno allo standard aureo), così come esiste un denso, specifico ambito di tipo teorico anche nell’elaborazione politica. Si tratta di questioni ampiamente indagate dalla storiografia. E tuttavia, forse, si è più colpiti dalla polarità, nel discorso di Carlo, fra la forza suggestiva, magari poco determinata, di alcune formulazioni etiche – molto, se non tutto, del socialismo liberale sta in un’affermazione famosa: «Il socialismo, più che uno stato esteriore da realizzare, è, per il singolo, un programma di vita da attuare» (ibid., p. 432) – e l’analisi politica quasi quotidiana, anche con le sue illusioni, e gli errori di valutazione, scandita dalle fitte cronache europee di un decennio, e dalla necessità di misurarsi con queste. Alla morte dello zio Gabriele, nel 1928, Carlo avrebbe parlato, in una bella lettera alla madre, da Lipari, della figura dello zio che «ci aiuta a discernere nelle tenebre il vero dal falso» (I Rosselli, 1997, p. 426). Ad aver presenti alcuni scritti politici di Rosselli – si pensi, ad esempio, a La guerra che torna, del 1933, o a quelli sull’esito filonazista del referendum nella Saar, del 1935, e sulla crisi spagnola – ci si rende conto di quanto simili testimonianze contino, oggi, nell’avvicinarsi alle tenebre europee di quegli anni.

Il delitto Matteotti segnò una svolta nella vicenda biografica di Carlo. Nel luglio del 1924 aderì al PSU; dopo le violenze fasciste di fine anno a Firenze e lo scioglimento del Circolo di cultura, all’inizio del 1925 insieme a Nello e a Salvemini diede vita al foglio clandestino Non mollare, chiuso in seguito agli assassini fascisti di inizio ottobre a Firenze. Il transito di Salvemini, sulla via dell’espatrio, a casa Rosselli, nel luglio 1925, provocò una devastazione fascista. Fra il marzo e l’ottobre 1926, a Milano, Carlo pubblicò con Pietro Nenni la rivista Il Quarto Stato, avviando un ripensamento della politica socialista e dei motivi della sconfitta. Le sue prese di posizione determinarono, fra l’altro, l’interruzione della sua attività accademica. L’incarico genovese gli era stato rinnovato, ma alla fine di aprile del 1926 Carlo – ispiratore dei giovani antifascisti della rivista Pietre – venne aggredito a Genova dai fascisti, che nei loro organi di stampa ne chiedevano l’allontanamento. Nel luglio lasciò l’insegnamento genovese e il 24 di quel mese sposò Marion Cave, inglese, conosciuta a Firenze alcuni anni prima; dal matrimonio nacquero tre figli: John, Amelia, Andrea. Da Milano, di fronte alla repressione seguita all’attentato Zamboni, Carlo, membro del gruppo dirigente del Partito socialista dei lavoratori italiani (PSLI), si occupò dell’espatrio di alcuni leader socialisti. Nel dicembre 1926, dopo aver messo in salvo Turati, Rosselli venne arrestato e destinato a cinque anni di confino.

Fra i vari documenti di natura giudiziaria che lo riguardano, significativo un suo ricorso del dicembre 1926: era l’«ironia della storia» a far sì che i sostenitori del metodo liberale in politica potessero essere allora accusati di sovversivismo (Un’altra Italia, 2002, p. 72).

Quell’arresto segnò l’avvio di un decennio di intensa azione politica. Da Ustica a Savona, per il processo, e poi dalla fine del 1927 a Lipari, dove soggiornarono a intervalli anche i suoi familiari, Carlo riuscì a evadere dall’isola nel luglio del 1929, con Emilio Lussu, approdando in Francia attraverso la Tunisia. Nel periodo del confino aveva redatto l’opera Socialisme libéral, pubblicata nel 1930 e rivista anche da Nello. Appena giunto a Parigi, assieme a Lussu, Salvemini, Alberto Tarchiani costituì il movimento Giustizia e libertà (GL), organizzazione indipendente dalla Concentrazione di azione antifascista, nata in Francia nel 1927, che raccoglieva socialisti, repubblicani, esponenti sindacali. La scelta repubblicana, la natura non partitica, la prospettiva insurrezionale definivano la fisionomia iniziale di GL. I passaggi successivi videro l’allontanamento politico di Salvemini da Carlo, a causa degli accordi stretti da GL nel 1931 con i socialisti e la Concentrazione, della riorganizzazione di GL dopo la fine della Concentrazione nel 1934, della diversa diagnosi sulla crisi etiopica e del disegno via via elaborato da Carlo di uno schieramento antifascista aperto ai comunisti. A Salvemini Rosselli avrebbe scritto, il 29 febbraio 1936, della necessità, per l’Italia, di una «sovversione profonda»: «Noi siamo i fuorilegge, i traditori della patria fascista e anche della vecchia patria tout court» (Fra le righe, 2009, p. 269).

A fianco dell’intensa attività pubblicistica legata a GL, rilevanti furono alcune azioni dimostrative, come il volo di Giovanni Bassanesi su Milano nel 1930 e, in un quadro in cui la rete di informatori e spie del regime ebbe un suo ruolo, il coinvolgimento di Carlo in alcuni episodi montati per screditare l’antifascismo all’estero, come, nel 1933-34, il caso dell’attentato a S. Pietro e di un presunto complotto contro Mussolini.

La guerra d’Etiopia fece sperare Carlo in difficoltà crescenti per il regime; l’impegno in Spagna, con il rilancio della mobilitazione antifascista, fu verosimilmente la causa diretta del suo assassinio. Alla Seconda Repubblica spagnola Rosselli aveva guardato con interesse fin dalla sua proclamazione nel 1931; nell’agosto 1936 fu fra i fondatori della Colonna italiana, alla quale non aderirono i partiti socialista e comunista; con lui l’anarchico Camillo Berneri, già in contatto con il gruppo del Non mollare e poi ucciso dai comunisti nel maggio 1937. Il 13 novembre 1936 Carlo tenne a radio Barcellona il discorso manifesto del suo impegno antifascista transnazionale: «Oggi in Spagna, domani in Italia». Ferito alla fine di agosto e in contrasto con gli anarchici, Rosselli lasciò il comando della Colonna, tornando a Parigi all’inizio del 1937. Il 9 giugno fu assassinato a Bagnoles-de-l’Orne, in bassa Normandia, in un agguato organizzato dai servizi italiani, assieme al fratello Nello.

Su quel delitto, nell’immediato circolarono varie voci, volte al depistaggio e legate anche alle vicende spagnole. I funerali dei fratelli Rosselli, che si svolsero a Parigi il 19 giugno 1937, dettero luogo a una grande manifestazione antifascista.

Fonti e Bibl.: Le carte di Carlo Rosselli sono attualmente depositate presso la Fondazione Rosselli a Torino, e presso l’Istituto storico della Resistenza in Toscana a Firenze.

Per una bibliografia degli scritti di Carlo, si rinvia a N. Dell’Erba, Scritti di C. R. (1917-1937), in Politica, valori, idealità. Carlo e Nello R. maestri dell’Italia civile, a cura di L. Rossi, Roma 2003, pp. 161-184, e all’annessa Bibliografia sui fratelli Rosselli (1937-2001), ibid., pp. 189-231.

Per la biografia di Carlo: A. Garosci, Vita di C. R., Firenze 1973; G. Fiori, Casa Rosselli. Vita di Carlo e Nello, Amelia, Marion e Maria, Torino 1999; N. Tranfaglia, C. R. e il sogno di una democrazia sociale moderna, Milano 2010, che riprende studi precedenti.

Per i carteggi: Dall’esilio. Lettere alla moglie 1929-1937, a cura di C. Casacci, Firenze 1997; I Rosselli. Epistolario familiare 1914-1937, a cura di Z. Ciuffoletti, Milano 1997; e il fondamentale Fra le righe. Carteggio fra C. R. e Gaetano Salvemini, a cura di E. Signori, Milano 2009.

Contributi critici e materiali documentari in cataloghi e volumi miscellanei: Lessico familiare. Vita, cultura e politica della famiglia Rosselli all’insegna della libertà, a cura di Z. Ciuffoletti - G.L. Corradi, Città di Castello 2002; Un’altra Italia nell’Italia del fascismo. Carlo e Nello R. nella documentazione dell’Archivio Centrale dello Stato, a cura di M. Giannetto, Città di Castello 2002; P. Bagnoli, Una famiglia nella lotta. Carlo, Nello, Amelia e Marion Rosselli: dalle carte dell’Archivio dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana, Firenze 2007.

Inoltre: C. R. e il socialismo liberale, a cura di M. Degl’Innocenti, Manduria-Bari-Roma 1999; S.G. Pugliese, C. R. Socialista eretico ed esule antifascista, Torino 2001; A. Rosselli, Memorie, a cura di M. Calloni, Bologna 2001; R. Vivarelli, C. R. e Gaetano Salvemini, in Id., Storia e storiografia. Approssimazioni per lo studio dell’età contemporanea, Roma 2004, pp. 73-101; M. Franzinelli, Il delitto Rosselli, 9 giugno 1937. Anatomia di un omicidio politico, Milano 2007; I fratelli Rosselli. L’antifascismo e l’esilio, a cura di A. Giacone - E. Vial, Roma 2011.

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