TENCA, Carlo

Enciclopedia Italiana (1937)

TENCA, Carlo

Mario Fubini

Letterato, giornalista, uomo politico, nato il 19 ottobre 1816 a Milano, ivi morto il 4 settembre 1883. Dedicatosi all'insegnamento privato, pubblicò nel 1840 una novella storica, La Cà dei Cani, a cui premise una prefazione facendosi beffe di quel genere allora in voga; più larga notorietà acquistò con la collaborazione a periodici, all'Italia musicale, al Corriere delle Dame e (dal 1841) alla più importante Rivista Europea, della quale nel 1845 ebbe la direzione letteraria. Dopo le Cinque Giornate, diresse il Ventidue marzo, organo del governo provvisorio, ma, contrario alla fusione col regno sardo perché di principî mazziniani, si ritirò da quel periodico per passare all'Italia del popolo. Lasciò Milano al ritorno degli Austriaci e a Firenze, seguace di G. Montanelli, combatté per l'unità e la costituente sul giornale da lui diretto, la Costituente italiana: tornato alla fine del'49 nella sua città, intraprese nel colmo della reazione la pubblicazione di un periodico settimanale, il Crepuscolo, che nel titolo stesso voleva essere un'affermazione di fede nei destini della causa italiana. Vi collaborarono, fra gli altri, C. Cattaneo, E. Camerini, T. Massarani, G. Zanardelli, E. Visconti Venosta, C. de Cristoforis; ma anima ne fu il T., che resistette per dieci anni alle minacce come alle lusinghe dell'autorità con fermezza mirabile non disgiunta da non comune accorgimento, riuscendo a pubblicare ininterrottamente il periodico dal 6 gennaio 1850 al 13 maggio 1859, senza venir meno mai al fine propostosi di mantenere desta la coscienza nazionale, anche quando, nel 1857, fu costretto, in seguito al rifiuto di fare un cenno della visita dell'imperatore d'Austria, a sopprimere la cronaca politica, che egli personalmente stendeva affettando d'ignorare quanto all'Austria si riferiva o trattandone come di cosa straniera. Col maggior numero dei redattori del Crepuscolo si distaccò progressivamente dal partito mazziniano e si volse al Piemonte: e alla camera, dove rappresentò per sette legislature (dalla VII alla XIII) il secondo collegio di Milano, militò nelle file della destra, rivelando nella sua opera silenziosa e modesta, dedicata soprattutto alla scuola, le migliori qualità della nuova classe dirigente italiana. Gli ultimi anni furono penosi per una lunga infermità e per la perdita dei suoi modesti risparmî: ma dolori e privazioni egli sopportò con quella sua caratteristica austerità di vita e di costume, che è ricordata con reverenza da tutti i suoi contemporanei e che fu temperata e raggentilita dall'amore per la contessa Clara Maffei (v.), moglie separata del poeta Andrea Maffei.

Le poesie italiane e milanesi, che egli compose per sé, sono invero pensieri in versi che possono interessare chi voglia conoscere l'uomo e il suo mondo morale; ma ben altro interesse offrono le pagine di critica, anche se per esercitare un'azione profonda in questo campo mancasse al T. una vasta e complessa esperienza di poesia e troppo saltuariamente egli avesse occasione di meditare sul concetto dell'arte. Si è detto che i suoi principî estetici sono sostanzialmente identici a quelli del Manzoni, ma, anche prescindendo dalla diversità delle opinioni religiose, così intimamente congiunte, per l'uno e per l'altro pensatore, con le loro opinioni letterarie, si devono ricordare le obiezioni essenziali che il T. mosse alla tesi del discorso sul Romanzo storico, rivendicando la libertà dell'artista di fronte alla materia dell'opera sua, e alle teorie linguistiche manzoniane, a cui oppose l'esistenza secolare di una lingua nazionale non identificabile col dialetto fiorentino del sec. XIX. Al romanticismo lombardo e manzoniano il T. riconosce come merito precipuo l'avere allargato il campo dell'arte, contrapponendo all'"astrazione circoscritta a pochi mezzi, a pochi tipi", "la verità varia, mobile, infinita nei suoi caratteri": ma ne limita il valore a questa efficacia polemica e cerca dalla polemica romantica di sollevarsi a una visione storica della letteratura. Assai più deve - e se ne risente anche lo stile - al Mazzini, il quale dal canto suo ebbe a giudicarlo il miglior critico che dopo il Foscolo fosse sorto in Italia, e col Mazzini ha in comune l'ammirazione per il Foscolo, che considera a miglior diritto dei romantici l'iniziatore di una nuova forma di critica. Avverso a una critica che, come quella ghibellina dell'Emiliani-Giudici, non sappia considerare il fatto letterario altrimenti che come un riflesso immediato della lotta politica, il T., movendo da un principio superiore, non subordina l'una all'altra le manifestazioni della vita di un popolo, e traccia, con questo spirito, un abbozzo di storia della letteratura italiana, che egli vede attraverso i secoli cercare invano quell'unità di fantasia e di fede raggiunta nell'opera di Dante e dopo Dante dissolta per un dissidio non ancora, ai suoi tempi, compiutamente risolto. Né in questo saggio, come si vede, né in altri scritti suoi riesce, come del resto non riesce tutta la critica romantica, a considerare nella sua peculiare essenza l'opera di poesia: ma, se non può correggere col suo gusto l'angustia di una concezione concettualistica o moralistica della poesia, scrive pagine singolarmente penetranti là dove il giudizio estetico può coincidere col giudizio morale, sia che dimostri l'inconsistenza di certa poesia del Prati, sia che celebri gli spiriti eroici di cui l'opera del Foscolo è pervasa, o, nel saggio che è il suo capolavoro, segua nel suo sviluppo e nelle sue varie manifestazioni la personalità di Silvio Pellico. Anche è da ricordare la breve storia che egli tentò della letteratura russa dalle origini al Puškin (anche in questo interesse per le cose slave è visibile l'influenza del Mazzini), e gli scritti numerosi sui proverbî e sui dialetti delle varie regioni italiane, che ce lo mostrano pensoso indagatore del carattere del popolo.

Prose e poesie scelte, ediz. postuma a cura di T. Massarani (Milano 1888, voll. 2): per gli altri scritti, si deve ricorrere alla Rivista europea e al Crepuscolo, dove per altro non sono firmati. Il carteggio fra il T. e la contessa Maffei si conserva nel Museo del Risorgimento di Milano, dove dal 1935 è accessibile agli studiosi e dove si conservano altre carte del T. Il T. pubblicò pure una Storia d'Italia narrata alle donne italiane, che non andò oltre il primo volume (Milano 1858).

Bibl.: T. Massarani, C. T. e il pensiero civile del suo tempo, Milano 1888; e, tra gli scritti apparsi in occasione della morte, A. D'Ancona, C. T. e i suoi scritti di critica letteraria, rist. in Varietà storiche e letterarie, Milano 1885, II, pp. 379-93 e P. Villari, C. T., rist. in Scritti varî, Bologna 1894, pp. 509-30; A. Cipollini, C. T. inedito, nel vol. Il conferenziere, Milano 1901; R. Barbiera, Il salotto della contessa Maffei, Milano 1901, capitoli 9°, 10° e passim; G. Mazzoni, L'Ottocento, 2a ed., Milano 1934, pp. 580-81, 592, 1142 e passim. Sul T. critico G. A. Borgese, Storia della critica romantica, 2a ed., ivi 1920, cap. 11° e passim; B. Croce, Storia della storiografia italiana nel sec. XIX, Bari 1921, II, cap. 11° e passim.