Carne

Enciclopedia Dantesca (1970)

carne

Amedeo Quondam

. Nel corpo dell'uomo indica la parte costituita dai muscoli distinta dalle ossa: una delle donne che circondano il carro della Chiesa era come se le carni e l'ossa fossero state di smeraldo fatte (Pg XXIX 124); il difetto di carne di Forese Donati (XXIII 51) esprime la condizione di pena dei golosi, che non hanno c. tra la pelle e le ossa (cfr. la descrizione della schiera dei golosi ai vv. 22-24); così ancora in Fiore CCXIV 2 e, figurato, LV 13 Ell'enterrà in sì gran malinconia / che no lle dimorrà sopr'osso carne; infine, con preciso riferimento, in Cv IV XXVIII 10, ove D. cita s. Paolo (Rom. 2, 28).

Quindi, per estensione, designa tutto il corpo dell'uomo: umana carne (Pd VII 147; cfr. anche XXVII 93); con risalto particolare in If XXXIII 63, nelle parole dei figli di Ugolino, che offrono al padre le loro misere carni. In Pg XXXI 48 (mia carne sepolta) e Pd XIV 56 il riferimento è ai corpi sotterrati dei morti. Infine non ha dove le carni sue ripogna (Fiore CLXXV 14) vale " non ha di che coprirsi ".

Per tre volte Virgilio e D. debbono precisare alle anime meravigliate del Purgatorio che di vera carne (V 33 e XXIII 123), di carne d'Adamo (XI 44), cioè un uomo vivo, è colui che compie il viaggio nell'aldilà; nel luogo di Pg XX 84 la propria carne indica una figliolanza, quindi una discendenza, una stirpe; analogo l'uso di ‛ carnale ' (vedi) in Fiore CLXI 13.

Più volte c. appare in riferimento al momento della morte, quando l'anima si stacca dal corpo e la c. resta nuda (If IX 25) e sola (Pg V 102); e ancora Pg XI 104 e XXV 80.

Riferito in modo particolare al momento della resurrezione dei corpi, quando ogni uomo ripiglierà sua carne e sua figura, in If VI 98; e così in Pd XIV 43. Nel racconto dell'episodio di Traiano riportato in vita dalle preghiere di Gregorio Magno, tornata ne la carne (Pd XX 113) indica proprio la resurrezione dell'anima gloriosa, in stretto rapporto con il tornò a l'ossa del v. 107, che ha lo stesso significato.

" Incarnarsi ", " farsi uomo ", vale la locuzione carne si fece, di Pd XXIII 74, riferita ovviamente a Cristo; e così in carne, di Pd X 116, significa " in vita ", nella vita " mortale "; eguale valore, rafforzato dalla contrapposizione con spirto, cioè la " vita eterna ", ha c. in Pg XXX 127.

In senso figurato, la carne d'i mortali (Pd XXII 85) indica la " natura umana "; nota il Porena: " La carne degli uomini (ossia l'uomo in quanto l'unione col corpo lo dispone al peccato) ". Complesso è il valore in Pg IX 17 Ne l'ora che comincia i tristi lai / la rondinella... / e che la mente nostra, peregrina / più da la carne e men da' pensier presa, / a le sue vision quasi è divina: c. qui va intesa non solo come " corpo ", " peso corporeo ", contrapposto alla mente, all'anima; ma anche in riferimento all'esperienza fallibile dei sensi corporei, all'ombra de la carne (Pd XIX 66), cioè all'offuscamento che deriva all'uomo dai sensi, non nel solo significato ristretto attribuito dal Buti " la concupiscienzia della carne che n'offusca ". Con preciso significato di " piacere sensuale " è invece il diletto de la carne di Pd XI 8. Designa la c. degli animali, come alimento dell'uomo, in If XXI 57 i cuoci a' lor vassalli / fanno attuffare in mezzo la caldaia / la carne con li uncin, perché non galli. In senso figurato, in Pg XIV 61, è riferito a Fulcieri da Calboli, che diventa cacciatore dei Fiorentini (i lupi) e vende la carne loro essendo viva. Peculiare del ‛ comico ' dantesco è l'uso di Rime LXXV 4 Ben ti faranno il nodo Salamone, / Bicci novello, e' petti de le starne, / ma peggio fia la lonza del castrone, / ché 'l cuoio farà vendetta de la carne: la c. di castrato che il goloso Forese tanto gradisce, sarà vendicata dalla pelle, che trasformata in pergamena " servirà per fare i contratti di debito " (Contini). In Pg XXX 15 l'ediz. del '21 leggeva, come era anche in precedenti stampe, la revestita carne alleluiando; nell'edizione Petrocchi si è tornati alla lezione tradizionale la revestita voce alleluiando, sostenuta dall'autorità dei vari rami dell'antica vulgata (per la complessa questione v. Petrocchi, Introduzione 218-220, e ad l.).

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