CAROLINGI

Enciclopedia Italiana (1931)

CAROLINGI

Giulio Bertoni

. Così si suol designare dal più illustre di essi. Carlomagno (v.) - la dinastia che governò i Franchi dopo la scomparsa dei Merovingi, e che riuscì a rinnovare, sotto l'egemonia franca, l'Impero romano d'occidente. Oscure sono le origini di tale famiglia. Il primo personaggio storicamente accertato è Arnolfo, vissuto fra il 580 ed il 641, consigliere autorevole di Clotario II e di Dagoberto e vescovo di Metz. I genealogisti del sec. IX affermarono che Arnolfo discendeva da famiglia senatoria romana d'Aquitania, cercando di stabilirne il legame con Clodoveo, sì da giustificare la legittimità dell'assunzione al trono della dinastia. Già allora la famiglia appare potente per grandi proprietà e cinta del prestigici derivantele dall'essere diversi suoi membri uomini di chiesa. Dei due figli di Arnolfo, uno, Clodulfo, successe al padre nel vescovado di Metz: l'altro, Ansegiso, ebbe cariche cospicue nella corte di Austrasia e sposò Begga, figlia del duca franco Pipino I il vecchio, maestro di palazzo d'Austrasia (detto di Landen), e di Itta, appartenente a famiglia romana aquitanica. Il figlio di Ansegiso e di Begga fu Pipino II detto di Heristal (v.) maggiordomo prima in Austrasia, poi anche in Neustria; dopo di lui, il maggiordomato rimase per tre generazioni nella famiglia carolingica, finché con Pipino il breve (v.) la famiglia assunse ufficialmente il potere regio. S'iniziava una nuova monarchia, che dalla merovingica si differenziava solo per la consacrazione religiosa introdotta a dare maggior prestigio al monarca, il quale acquistava carattere d'un eletto di Dio. Nella politica estera, come nell'interna, si continuò a svolgere il programma dei re merovingi, ma con maggiore energia degl'immediati predecessori, riuscendo a conquistare quel primato nell'Europa occidentale già ambito dai figli di Clodoveo. I contatti sempre più stretti con la tradizione romana spinsero Carlomagno a rinnovare l'Impero romano nella sua famiglia, ma gli eredi e discendenti non seppero conciliare la tradizione germanica della monarchia franca con la tradizione romana dell'Impero. Attraverso alle lotte civìli, fallite le formule dell'unità assoluta dell'impero, della divisione basata sulla fratellanza, si venne col trattato di Verdun (843) alla spartizione dell'impero per opera ed a vantaggio dei tre rami d'Italia, di Francia e di Germania della famiglia carolingica, discesi dal figlio ultimo di Carlomagno, Ludovico il Pio. Nella seconda metà del sec. IX le tre dinastie carolinge si estinsero successivamente e con grande rapidità. Solo per pochi anni Carlo il Grosso (morto nell'888) riuscì a riunire nelle sue mani tutti gli stati carolingici. In Francia un ramo carolingico derivato da un figlio postumo di Ludovico il Balbuziente cercò di conservare il trono, ma ebbe da lottare contro l'aristocrazia feudale durante tutto il sec. X, e scomparve nel 987, dando motivo al sorgere della nuova dinastia dei Capetingi. In Germania ebbe breve durata (sino al 911) un ramo carolingico illegittimo, e in Italia si considerò come carolingico il re ed imperatore Berengario I, solo per parte di donne imparentato con la grande dinastia. (Per la precisa discendenza dei Carolingi, v. la tavola genealogica). L'importanza storica dei Carolingi risulta dall'opera di ricostruzione sociale è politica che essi svolsero nella seconda metà del sec. VII, durante tutto il sec. VIII e nel primo decennio del sec. IX. Dinastia fortunata in quanto fu sin dal principio diretta da uomini di prim'ordine così nelle armi come nelle opere di pace, tenaci nel perseguire un disegno, che Carlomagno era chiamato a portare all'ultima attuazione, superando i predecessori nell'ampiezza delle vedute e nel prospero successo dei risultati. L'unità della Francia, l'evangelizzazione della Germania, l'alleanza col papato furono, tra gli avvenimenti del periodo migliore della dinastia, certo i più memorandi e fertili di conseguenze per la storia dell'Europa occidentale e dell'Italia.

Bibl.: Per le fonti vedi G. Monod, Études sur les sourecs de l'histoire carolingienne, in Bibl. de l'École des Hautes études, Parigi 1898, fasc. 119; e A. Molinier, Les sources de l'histoire de France, I: Epoque primitive, Mérovingiens et Carolingiens, Parigi 1901. Per la cronologia, preziosi Die Regesten des Kaiserreichs unter den Karolingern, 751-918 di J.F. Böhmer-E. Mühlbacher, I, 2ª edizione, compiuta da J. Lechner, Innsbruck, 1908; ed utili G. Richier e H. Kohl, Annalen des fränkischen Reichs im Zeitalter der Karolinger, in Annalen der deutschen Geschichte im Mittelalter von der Gründung des fränkischen Reichs bis zum Untergang der Hohenstaufen, II, Halle a. S. 1885-87, pp. 1-2. La maggior parte delle fonti annalistiche e narrative sono edite nella sezione in fol. degli Scriptores, e nella sezione Scriptores Rerum Germanicarum in usum scholarum dei Monumenta Germaniae Historica. Le fonti documentarie sono raccolte nella sezione Diplomata (Diplomata Karolinorum. Die Urkunden der Karolinger; I: Die Urkunden Pippins, Karlmanns und Karls d. Grossen, a cura di E. Mühlbacher in coll. con altri, 1906); le legislative nelle sezioni Leges, in fol. ed in 4° (Capitularia regum Francorum, a cura di G. H. Pertz, 1835 [rist. 1925], e di A. Boretius e V. Krause, 1883-1897; Formualae merovingici et Karolini aevi, ed. K. Zeumer, 1886; Concilia aevi Karolini, ed. A. Werminghoff, 1904-1908; Libri Carolini, ed. H. Bastgen, 1924) degli stessi Mon. Ger. Hist., i quali, inoltre, nella sezione Epistolae, contengono le Epistolae Karolini aevi, a cura di diversi, 1892-1928. Per i documenti, v. Th. Sickel, Acta regum et imperatorum Karolinorum, Vienna 1867-68. Per la storia v. W. Giesebrecht, Geschichte der deutschen Kaiserzeit, I, 5ª ed., Lipsia 1881; E. Mühlbacher, Deutsche Geschichte unter den Karolingern, Satoccarda 1896; F. Dahn, Die Könige der Germanen, VIII: Die Franken unter den Karolingern, Lipsia 1897-1900. Fondamentali i volumi dedicati a questo periodo negli Jahrbücher der deutschen Geschichte da H. E. Bonnell, 1866; H. Hahn, 1863; Th. Breysig, 1869; L. Oelsner, 1871; S. Abel e B. Simson, 1883-1888; B. Simson, 1874-76; E. Dümmler, 1887-88. Per la storia religiosa, A. Hauck, Kirchengeschichte Deutschlands, II e III, 3ª e 4ª ed., Lipsia 1902 e 1904 (ristampa 1920); R. Stachnik, Die Bildung des Weltklerus im Fraukreiche von Karl Martell bis auf Ludwig den Frommen, Paderborn 1926. Per le relazioni col Papato e con l'Italia: H. Lilienfein, Die Anschauungen von Staat und Kirche im Reich der Karolinger, Heidelberg 1902; J. Haller, Die Karolingern und das Papsttum, in Hist. Zeitschr. CVIII, 1912, p. 38 segg.; B. Malfatti, Imperatori e papi nei tempi della signoria dei Franchi in Italia, Milano 1876; A. Crivellucci, Storia delle relazioni tra lo Stato e la Chiesa, III: Le origini dello stato della Chiesa, Pisa 1909; L. M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, II, ii e III, Gotha 1903-1911; G. Romano, Le dominaizoni barbariche in Italia, Milano s. a. (circa 1910); Th. Hodgkin, Italy and her invaders, VII e VIII, Oxford 1899; L. Duchesne, Les premiers temps de l'État pontifical, 3ª ed., Parigi 1911. Per la storia delle istituzioni: G. Waitz, Deutsche Verfassungsgeschichte, 2ª edizione, III-IV, Berlino, 1883-1885; J. Flach, Les origines de l'ancienne France, Parigi 1886-1917; Fustel De Coulanges, Histoire des institutions politiques de l'ancienne France, II, IV, V, 2ª ed., Parigi 1905-1907; A. Kleinclausz, L'Empire Carolingien. Ses origines et ses transformations, Parigi 1902; G. Eiten, Das Unterkönigtum im Reiche der Merowinger und Karolinger, Heidelberg 1907; J. Declareuil, Histoire générale du droit français des origines à 1789, Parigi 1925; E. Chenon, Histoire générale du droit français public et privé des origines à 1815, I, Parigi 1926. Interessante, per l'iconografia dei Carolingi, E.P. Schramm, Die deutschen Kaiser und Könige in Bildern ihrer Zeit, I, Lipsia 1928.

La poesia eroica carolingia. - L'idea ispiratrice della poesia eroica carolingia è quella d'una missione divina affidata alla Francia, rappresentata da Carlomagno. Questi, assistito dai dodici pari, dai suoi feudatarî e dai suoi vassalli, ha il compito di combattere i nemici della patria, soprattutto gl'infedeli. Dio lo protegge c lo aiuta. L'angelo Gabriele veglia su di lui. Nei sogni, nelle visioni, nelle deliberazioni, nei pensieri del grande imperatore si sente la presenza di Dio. Così, le sue guerre sono tutte vittoriose, combattute nella gioia di servire la grande causa della fede di Cristo. Perciò la sua spada invincibile si chiama "Gioiosa".

Nei maggiori poemi carolingi si raccontano e si celebrano queste guerre: in Spagna (ed ecco la Chanson de Roland, l'Anseïs, l'Agolant, ecc.); in Terra Santa (ed ecco il Pèlerinage à Jérusalem); in Italia (ed ecco l'Aspremont, l'Ogier, l'Otinel, ecc.); sul Reno (ed ecco la Chanson des Saisnes. Ovvero, se non si narrano le guerre, si esaltano gli ascendenti di Carlomagno (ed ecco il poema di Berte), o i suoi discendenti (Couronnement Louis), o la giovinezza del re (Mainet), o alcuni eroi idealmente congiunti alla gloria della casa imperiale (Huon de Bordeaux). Altri poemi si schierano, accanto ai maggiori, sia nella serie di quelli consacrati alle lotte di Spagna (Fierabras, Galien), sia nella serie di quelli dedicati al racconto di guerre in Italia (Balan, Jean de Lanson), o in Germania o in Palestina. L'insieme di queste canzoni di gesta è chiamato "gesta del re" o "ciclo carolingio".

C'è bisogno di dire che, fra tutti questi poemi, si eleva per la grandiosità 1 della concezione e per l'altezza dell'arte, la Chanson de Roland? più si studia questo poema e più ci si convince che a un solo autore è dovuta tutta la trama, che stringe l'uno all'altro gli episodî in una salda e vigilata unità, e più ci si persuade che questo autore (sia egli stato Turoldo o un anonimo) era un dotto, un chierico, esperto nell'arte di scrivere poemi romanzeschi. Si noti, infatti, come si svolge la scena del tradimento di Gano (e come sia psicologicamente preparata) e con quale arte è trattata la pugna di Roncisvalle, in cui rifulgono Olivieri, con la sua saggezza, e Rolando con la sua prodezza; si osservi come lineari e conseguenti siano i caratteri e come Bramimonda, moglie del re infedele Marsiglio, destinata a farsi cristiana, sia per questa ragione, sin dal principio, presentata con tratti tutt'altro che antipatici, quali ci aspetteremmo per una donna saracena; si ponga mente, infine, alla lingua incisiva, potente, e agli accorgimenti dell'autore per svegliare e tener desta l'attenzione. Tramontata la teoria delle "cantilene lirico-epiche" (v. canzoni di gesta), il poema appare sotto una luce nuova, quale il capolavoro della più antica poesia francese, scritto in quel periodo di fermento e di travaglio (circa 1050-1150), durante il quale fiorirono in Francia il feudalismo e la cavalleria e sbocciarono i primi fiori della poesia aulica o cortese e si preparò la prima crociata. Dal 1064 al 1120 in particolare, si combatterono le crociate spagnole. E non è improbabile che, per effetto di questi avvenimenti, sia risorta l'immagine di Carlomagno e di Orlando con il ricordo della storica rotta di Roncisvalle (778), della quale l'eco non s'era spenta nelle "stazioni" della strada del pellegrinaggio di Compostella, e che un poeta, attingendo a vecchie tradizioni, abbia dato sfogo ai suoi nuovi sentimenti in un'opera d'arte, che fornì gli schemi di molti altri poemi, sia di quelli che trattano le guerre di Spagna, sia di quelli che raccontano le guerre di Germania, d'Italia, ecc.

Anche l'azione dell'Anseïs de Carthage si svolge in Spagna, dove Carlomagno nomina re Anseis e gli dà per consigliere Isoré. Ma Anseis seduce la figlia di Isoré; e questi chiede aiuto a Marsiglio, dopo avere abbandonata la religione cristiana. Scoppia di qui una guerra che è vinta grazie all'intervento del vecchio e stanco imperatore, giunto ormai all'età di duecento anni. Nella Chanson des Saisnes vediamo i Sassoni, morto Orlando, farsi minacciosi con Carlomagno. Li combatte Baudoin, il fratello più giovane di Orlando, innamorato di Sebille, figlia del re sassone Guiteclin. Anche qui la vittoria è decisa dalla venuta dell'imperatore. Nel poema di Otinel assistiamo ad una sfida fra Orlando e Otinel. Mentre si svolge il duello, una colomba discende dal cielo sopra Otinel, che improvvisamente si converte al cristianesimo ed è battezzato.

I modelli di queste canzoni sono stati ricercati sinora nell'oscuro periodo dell'alto Medioevo o si è pensato all'influsso germanico e alla potenza creatrice del genio popolare, mentre ora si va facendo strada l'opinione che non esista un problema sull'origine dei poemi carolingi (e, in genere, dei poemi nazionali francesi) distinto dal problema della poesia lirica in Franeia. Aparirono nel secoli XI-XII in Francia, nell'età della seconda rinascita (o risorgimento romanico), poeti che quasi contemporaneamente composero gli uni canzoni di gesta e gli altri poesie d'argomento amoroso, guerresco, ecc. E l'attenzione degli studiosi si va volgendo più che a presunti canti popolari perduti, alle opere che ci sono state lasciate dall'antichità classica e dal Medioevo latino, tanto che si va colmando lo iato fra il mondo dei chierici e il mondo romanzo nell'età di mezzo e si vedono rapporti e interferenze laddove si vedeva soluzione di continuità. Dei due problemi si è oggi sulla via di fare un solo problema. Dietro ogni poema, si ricerca, più che la folla anonima degli autori, il volto d'un autore, il che è quanto dire che ci si rappresenta ormai in modo del tutto diverso il processo formativo delle canzoni di gesta. Si vorrebbe, insomma, sostituire a uno schema d'indagine astratta uno schema concreto. Ma, in nome appunto di questo sano bisogno di concretezza, sarebbe pericoloso escludere per ogni caso la possibilità di qualche testo poetico perduto. Ogni canzone di gesta ha una sua storia particolare e determinata. Ogni canzone va studiata da sola; o anche, se meglio piace, per lo studio storico di canzoni diverse debbono valere argomentazioni diverse.

Bibl.: Oltre a quella sotto la v. canzoni di gesta: J. Bédier, Les chansons de geste, in G. Hanotaux, Hist. de la nation franç., XII: Hist. des lettres, I, Parigi 1921, pp. 177-236; P. Rajna, in Studi medievali, III, p. 331 segg.; P. Boissonnade, Du nouveau sur la Chanson de Roland, Parigi 1923.

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