CARUCCI, Iacopo, detto il Pontormo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 20 (1977)

CARUCCI, Iacopo, detto il Pontormo

Silvia Meloni Trkulja

Nacque a Pontorme (donde il soprannome), sobborgo di Empoli, il 24 maggio 1494 da Bartolomeo, pittore allievo di Domenico Ghirlandaio, e da Alessandra di Pasquale di Zanobi di Filippo (Vasari, p. 245). La famiglia Carucci è detta forse originaria dell'Incisa dal Vasari, la cui vita dell'artista è tuttora la fonte più esatta e completa sulle vicende del pittore, fondata com'è sulla conoscenza personale e su informazioni fornite all'autore dal Bronzino, allievo del Pontormo fin da giovanissimo.

Ignota è la data di nascita del padre Bartolomeo che si era stabilito e sposato a Pontorme dove probabilmente era giunto per svolgere un lavoro. Già il Vasari scriveva (p. 245) che sue opere dovevano trovarsi in Valdarno.

Il Pontormo rimase orfano del padre nel 1499, della madre nel 1504; ma già nel 1503 risulta presente a Firenze (in un documento relativo alla vendita di una casa da parte dei frati di S. Maria Novella a Mariotto Albertinelli) e vi risiederà stabilmente almeno dal 1508. Il 24 gennaio di quell'anno, infatti, la nonna materna Brigida, rimasta vedova due anni prima, ne affida la tutela al magistrato dei pupilli. Morta anche la nonna, il ragazzo viene raggiunto dalla sorella Maddalena, che morirà quindicenne nel 1517. Alloggiato dapprima presso un parente calzolaio, Niccolò, entra forse nella bottega di Leonardo e poi in quelle di Piero di Cosimo e di Mariotto Albertinelli; finché, nel 1512, approda a quella di Andrea del Sarto. Il Vasari racconta che presso l'Albertinelli il Pontormo dipinse una Annunciazione, ammirata da Raffaello, il quale preconizzò un grande avvenire all'artista; mentre la prima opera di cui dà notizia durante l'alunnato presso Andrea è una predella, in collaborazione col Rosso Fiorentino, per l'Annunciazione del maestro in S. Gallo (Firenze, Galleria Palatina): ma queste due primizie non si sono conservate e non convince la proposta (J. Lányi, comun. orale) di identificare la predella con la Pietà e otto santi di Dublino.

Nel 1513 il C. riceve le prime commissioni indipendenti: per dieci carri trionfali carnevaleschi delle compagnie del Broncone e del Diamante, e per lo stemma di Leone X sul portico della SS. Annunziata. Grazie alla minuziosa descrizione che dei carri dà il Vasari (pp. 250-255) si sono potuti recentemente ricollegare (Shearman, 1962) al Pontormo due pannelli a chiaroscuro della collezione Kress con metamorfosi degli dei (Apollo e Cupido, Lewisburg, Pa., Bucknell Univers.; Dafne, Brunswick, Me., Bowdoin College Museum of Art): l'attribuzione, accolta da L. Berti, è rifiutata da Forster (1966), ma convince perché la cultura che vi si dispiega riflette proprio gli insegnamenti avuti dall'artista, sopratutto quelli di Piero di Cosimo e dell'Albertinelli. Subito dopo il Pontormo affrescò la Fede e la Carità, con putti (Firenze, Gallerie) intorno allo stemma di Leone X sulla facciata della SS. Annunziata: i pagamenti relativi vanno dal novembre 1513 al giugno 1514.

L'opera, strappata nel 1955 in pessime condizioni e quasi illeggibile, suscitò - sempre secondo il Vasari - la gelosia di Andrea del Sarto e l'ammirazione di Michelangelo: era stata commissionata ad Andrea di Cosimo Feltrini, che si limitò a eseguire stemma e grottesche, passando le figure al giovane collega. Analogo stemma con putti, su una porta, vollero subito dopo gli abitanti di Pontorme: ma esso era già fatiscente ai tempi del Vasari e oggi non ve n'è traccia.Le opere successive citate dal Vasari sono, nell'ordine, la decorazione della cappella papale in S. Maria Novella, un affresco con la Madonna e santi in S. Raffaello e i pannelli per il carro della Moneta: gli studi odierni tendono a considerare la prima di queste opere posteriore alle altre due.

La Madonna di S. Raffaello, databile 1514, è oggi nella cappella dei pittori alla SS. Annunziata, senza la lunetta con Dio padre e serafini, perdutasi nel trasporto (1823): rivela influssi di fra' Bartolomeo e Andrea del Sarto, ma ne mina la classicità per il contrapporsi dei santi (due in piedi e due inginocchiati, ma non simmetricamente) e la violenta torsione del Bambino. Allo stesso anno - e probabilmente alla prima metà, dato che il carro, di proprietà della Zecca, andava in processione il 24giugno - si possono assegnare i pannelli del carro della Moneta (Firenze, Palazzo Vecchio: raffigurano la Visitazione, un S. Giovanni Battista, un Battesimo di Cristo e altre quattro Storie del Battista, i Santi Giovanni Evangelista, Matteo, Zanobi, e dieci riquadri con putti). Molto ridipinti, lasciano però leggere molto chiaramente le loro fonti, per esempio l'Albertinelli per la Visitazione, Donatello per il S. Giovanni Evangelista, e infine Leonardo per il Battista.

A queste opere si apparentanol'affreschino probabilmente votivo con una Scena di ospedale (Firenze, Galleria dell'Accademia), e una Madonna col Bambino (Gallerie fiorentine) proposta dal Berti (1956) che le collega con un disegno del Gabinetto nazionale delle stampe di Roma. Seguirebbe la decorazione a fresco della cappella papale in S. Maria Novella, con una Veronica nella lunetta sopra l'altare e nove riquadri col Padre Eterno e putti nel soffitto, entro spartimenti ideati ed eseguiti dal Feltrini.

I lavori nella cappella in S. Maria Novella erano certo terminati per l'arrivo - 30 nov. 1515 - del papa, per cui il Pontormo lavorò anche a uno degli archi trionfali: l'artista vi dimostra una nuova monumentalità, di ispirazione michelangiolesca, che ha fatto supporre un suo viaggio a Roma. Ma un'opera contemporanea, l'affresco con la Visitazione nel chiostrino della SS. Annunziata, per cui esistono pagamenti dal dicembre 1514 al giugno 1516, mostra invece un ritorno a più classici schemi fiorentini, mutuati da fra' Bartolomeo e Raffaello, ma venati di inquietudine e intellettualismo: sentimenti che esploderanno di qui a poco nella pala Pucci (1518).

In questo periodo si pongono i due celebri ritratti della Dama con cestello di fusi (Firenze, Uffizi) e, poco più tardi, dell'Incisoredipietre preziose (Parigi, Louvre) accettati da tutta la critica (eccetto Berenson, 1963, che li assegna al Puligo). Il primo ritratto muove da prototipi raffaelleschi (La Velata), il secondo, invece, da ritratti sarteschi come il Giovane della National Gallery di Londra; ma entrambi i personaggi hanno irrequietezza e forza nuove. L'identità degli effigiati non è nota: l'incisore era creduto Giovanni delle Corniole (1470-1516), per la dama è stato proposto il nome di Margherita Borgherini, la cui camera nuziale (nel palazzo in borgo SS. Apostoli) fu ornata con Storie di Giuseppe da Andrea del Sarto, Bachiacca, Granacci e Pontormo: di quest'ultimo sono (in ordine cronologico) il Giuseppe che si rivela ai fratelli, il Giuseppe venduto e il Suppliziodel fornaio della collezione Salmond a Henfield (Sussex), e il Giuseppe in Egitto della National Gallery di Londra.

In questi pannelli è palmare per la prima volta l'influsso nordico (dalle stampe di Luca di Leida) nell'analitico microcosmo delle storiette (peraltro così tipiche e gradite nell'anibiente fiorentino del tempo). La composizione ha ritmi ed equilibri ricercati e stravaganti, con cesure, divergenze, andamento a zig-zag in una capricciosa libertà che piacque allora e fu imitata poi specialmente dai pittori dello Studiolo.

La stessa sintassi di teso divergere, spezzare, torcersi nelle pastoie di uno schema consueto si ritrova nella contemporanea pala Pucci (Madonna col Bambino e santi, Firenze, S. Michele Visdomini). Datata 1518 e considerata dal Vasari capolavoro dell'artista, rappresenta il punto di rottura - o di saturazione - del classicismo protocinquecentesco. Si è cercato di collegarle (Freedberg-Cox Rearick, 1061), per concordanza di misure, la predella della National Gallery of Ireland di Dublino (Pietà e otto santi)che oggi (Cox Rearick, 1964; Shearman, 1965; Forster, 1966) è ritenuta piuttosto uscita dalla bottega dell'artista, e del resto non è citata in antico insieme alla pala, come sarebbe logico.

Altre opere di questo tempo sono il S. Quintino nella Pinacoteca comunale di Sansepolcro, che Vasari dice iniziato da Giovanni Maria Pichi (uno dei primi allievi dell'artista, insieme con Giovanni Antonio Lappoli), ma poi completamente rifatto dal maestro; il Ritratto di musicista, creduto Francesco dell'Ajolle o più recentemente G. A. Lappoli, agli Uffizi; il Ritratto di Cosimo il Vecchio (Uffizi), intensa evocazione carica di simbolismo; e il S. Antonio abate pureagli Uffizi, che si ricollega ai due santi (S. Giovanni Evangelista e S. Michele)di Pontorme (Empoli, Museo della collegiata), ormai scopertamente manieristici, forse in relazione con gli esordi del Rosso Fiorentino.

Controversa, ma entro brevi termini (1517-23), è la datazione dell'Adorazionedei Magi (Firenze, Galleria Palatina) che il Vasari dice dipinta, dopo le storie Borgherini e prima di Poggio a Caiano, per l'anticamera di Giovanni Maria Benintendi; anche qui il formato diminutivo favorisce bizzarria e libertà di composizione e l'affiorare di accentuati tratti dureriani. Uno stupefacente episodio di serenità e naturalezza ritroviamo invece nella celebre lunetta della villa medicea di Poggio a Caiano, il cui soggetto, di incerta interpretazione ma comunemente indicato come Vertumno e Pomona, è stato invece recentemente spiegato (Winner, 1972; Cooper, 1973) come relativo alla commedia di Jacopo Nardi I due felici rivali, allusiva ai vari progetti matrimoniali del committente della decorazione, Giuliano de' Medici.

Qui il rovello di ricerca del pittore, documentato attraverso i numerosi disegni e nella lucida, nettissima trattazione del tema arcadico, si placa in un equilibrio poetico perfettamente raggiunto dal colore chiaro e vivido nell'abbagliante luminosità estiva. La decorazione della sala, relativa ai fasti medicei, fu ordinata nel 1519 e interrotta nel 1521 alla morte di Leone X, e a questo periodo va assegnata la lunetta; il Pontormo riprese poi a studiare l'esecuzione del resto della sala, su incarico di Clemente VII, nel 1532, tracciando disegni (Uffizi, 6738 F e 13861 F) e cartoni (perduti) che non giunsero a realizzazione.

Si assegnano comunemente a questo periodo, intorno al 1522, la Madonna col Bambino e i ss. Girolamo e Francesco degli Uffizi, proveniente dalle collezioni medicee e forse identificabile con un quadro citato dal Vasari in casa di Alessandro Neroni; una Sacra Famiglia con s. Giovannino (Leningrado, Ermitage; disegno agli Uffizi); il Ritratto di due amici (Venezia, coll. Cini) ritenuto quello che Vasari (p. 260) afferma effigiare "due suoi amicissimi"; e la bellissima Madonna col Bambino e s. Giovannino (Firenze, Galleria Corsini; repliche a San Francisco, Coll. Kress, M. H. De Young Memorial Museum, e Firenze, palazzo Pucci) in un paesaggio nordico, tratto da una stampa di Dürer. Alla serie di stampe con la Passione dello stesso Dürer il Pontormo si ispirerà nei cinque affreschi eseguiti dal 1523 in poi (i pagamenti vanno fino al 1527) nella Certosa del Galluzzo, dove si era ritirato per sfuggire alla peste.

Vi aveva progettato otto storie, per gli spigoli del chiostro grande, e ne realizzò cinque: l'Orazione nell'orto, Cristo dinanzi a Pilato, Andata al Calvario, Deposizione, Resurrezione;per le altre tre (Inchiodamento alla croce, Crocifissione, un'altra Deposizione)restano disegni agli Uffizi e altrove. Essi segnano una profonda svolta dell'inquieto artista, causata forse, secondo un'interpretazione recente (Berti, 1964), da una crisi dovuta non solo (come si è detto spesso, ma genericamente) all'infelice e incerta situazione italiana, ma soprattutto, in uno spirito introverso e indagatore come quello del Pontormo, al corso di idee che la Riforma andava propugnando e insinuando nelle coscienze. L'antiromanismo e l'anticlassicismo di un Lutero, di un Erasmo dovettero interessare una città, come Firenze, che ancora risentiva della predicazione del Savonarola e ferveva di spiriti irrazionalistici e ribelli, pronti a cogliere la dissoluzione del classicismo antropocentrico rinascimentale; e gli artisti ne furono interpreti (e vittime, si vorrebbe dire) ben palesi.

Ma per il Pontormo anche questo momento ha breve durata: e se nell'altra opera rimastaci fra quelle fatte per la Certosa, la Cena in Emmaus (Firenze, Uffizi), si nota un'umiltà antiretorica e una insistenza sul tema del sacramento ben in carattere col clima della Riforma, nelle opere successive, di cui è emblematica la decorazione della cappella Capponi in S. Felicita, egli evolve verso una soggettiva, nostalgica deformazione e astrazione dal classicismo che è il suo vertice più alto. Vi appartengono il tabernacolo di Boldrone (Firenze, Gallerie); il desco da parto con la Natività del Battista (Uffizi), probabilmente dipinto per la nascita del primogenito di Girolamo della Casa e Lisabetta Tornaquinci, dei quali reca gli stemmi; il Ritratto digiovane, creduto Giuliano oAlessandro de' Medici, nel Museo di villa Guinigi a Lucca; il tondo con Madonna di proprietà Capponi. Per i Capponi, che avevano acquistato nel 1525 la brunelleschiana cappella Barbadori in S. Felicita, il pittore lavorò tre anni, dipingendo nella volta un Padre Eterno e patriarchi (perduto), nei pennacchi i Quattroevangelisti, uno o due dei quali (probabilmente Luca e Marco; secondo Berti, Marco e Matteo) sono però del Bronzino, all'altare la famosa Deposizione e nella parete destra l'Annunciazione, monumentali e pur leggerissime figure allucinate in dialoghi irreali, dipinte senza chiaroscuro in colori insolitamente chiarissimi e squillanti con un effetto di consistenza vetrina: tecnica e monumentalità da far risalire al coevo operare di Michelangelo nella sagrestia nuova di S. Lorenzo. In questo rarefatto clima si pongono (1528-29) il S.Girolamo di Hannover (Niedersächsisches Landesmuseum), la Madonna (o Carità)degli Uffizi, la Visitazione della pieve di Carmignano (Firenze), la debole Pala di s. Anna (Parigi, Louvre), e i ritratti dell'Alabardiere (New York, coll. Chauncey Stillman) e del Liutista (Firenze, già coll. Guicciardini). Intorno al 1530 l'adesione a Michelangelo si fa sempre più palese negli Undicimila martiri (Firenze, Galleria Palatina), dipinti per lo spedale degli Innocenti e replicati per Carlo Neroni: replica che si suole indicare nel quadretto degli Uffizi e forse dovuta prevalentemente al Bronzino. L'avvicinamento a Michelangelo, che qui carica di retorica e pathos il dipinto, procurò al Pontormo la commissione di tradurre in pittura due cartoni del Buonarroti: un Noli me tangere (già a Milano, coll. privata) per il marchese del Vasto (poi replicato per Alessandro Vitelli), e una Venere e Cupido (Firenze, Uffizi).

La cronologia degli ultimi anni di attività del Pontormo, dal 1530 alla morte, è più incerta. Delle opere citate dal Vasari sono perdute le più importanti, cioè la decorazione di due logge nelle ville medicee di Careggi (1535-36) e di Castello (1538-43), e il coro di S. Lorenzo, che impegnò l'artista dal 1546 alla morte, e per cui d'altronde si conservano numerosi disegni sui quali sono state condotte ragionevoli ricostruzioni.

La grande impresa di S. Lorenzo venne affidata al pittore dal duca Cosimo I: in un'asserita emulazione di Michelangelo l'artista vi dipinse episodi biblici, dal Peccato originale al Giudizio (il Diluvio universale e la Resurrezione dei morti furono terminati dal Bronzino) che lasciarono sconcertati Vasari e i contemporanei: il groviglio di nudi, dai torsi esageratamente grandi e dalle pose stravolte, la composizione caotica, i colori monotoni non piacquero e nel 1742gli affreschi furono distrutti.

Toccano a questi ultimi anni vari bellissimi ritratti, come la Dama col canino (Francoforte, Städeisches Institut), l'Alessandro de' Medici (Filadelfia, coll. J. G. Johnson), il Gentiluomo con libro (già a Firenze, coll. privata), NiccolòArdinghelli, già creduto Monsignor della Casa (Washington, National Gallery of Art), Maria Salviati con una bambina (Baltimora, Walters Art Gallery). Il Pontormo fornì anche cartoni per due o tre dei venti arazzi con Storie di Giuseppe tessuti (1546-53) nell'arazzeria medicea, ma secondo il Vasari (pp. 283 s.) essi non piacquero, e per il secondo dei tre concordemente attribuiti, comunque, all'artista (Lamento di Giacobbe; Giuseppe e la moglie di Putifarre; Beniamino alla corte del faraone;arazzi a Roma, Quirinale) la critica moderna (Cox Rearick, 1964; Forster, 1966) ritiene che il cartone effettivamente eseguito sia un altro del Bronzino.

Negli ultimi due anni della sua vita il Pontormo tenne un Diario (edito da El Cecchi, Firenze 1956), in cui annotò anche il progredire dei lavori in S. Lorenzo. Un altro suo scritto è la lettera sulla preminenza delle arti scritta (1548) a Benedetto Varchi che la pubblicò nelle Due lezzioni quale sia più nobile arte, Fiorenza 1549, pp. 132-135.

Il C. morì il 1º gennaio del 1557 a Firenze e venne sepolto nel chiostro dell'Annunziata.

Oltre alle opere citate qui sopra, certe o perché documentate in antico o perché unanimemente ritenute dell'artista, le più considerate attribuzioni al Pontormo sono le seguenti: Leda, attribuita anche al Puligo (Firenze, Uffizi); Ritratto femminile (Firenze, Galleria Palatina); S. Sebastiano (Digione, Musée des Beaux-Arts); Madonna col Bambino (Firenze, già coll. Frascione); Madonna col Bambino e s. Giovannino (Varramista, propr. S.A.P.I.); Sibilla (Firenze, Palazzo Vecchio, coll. Loeser), probabile copia antica di una idea indubbiamente pontormesca; Adamoed Eva cacciati dal Paradiso terrestre (Firenze, Uffizi); Profilo d'uomo, forse Francesco da Castiglione (Firenze, Galleria Palatina); S. Girolamo penitente (Firenze, già coll. Guicciardini); Ritratto di giovane (Roma, coll. Majnoni Baldovinetti); Madonna col Bambino (Città del Messico, Museo de San Carlos); Madonna col Bambino e s. Giovannino (Firenze, Galleria Corsini); S. Sebastiano (Firenze, coll. priv.: C. Del Bravo, in Paragone, XIII[1962], 151, p. 54); Cosimo I di profilo (Gall. fiorentine, già Mus. mediceo); Ritratto di giovinetto (Milano, Civici musei del Castello Sforzesco); Ritratto di giovinetto (già Firenze, collezione Contini Bonacossi); Maria Salviati (Firenze, Uffizi); Sacra Famiglia (Monaco, Alte Pinakothek); Scena di sacrificio, monocromo (Napoli, Pinacoteca nazionale: vedi R. Causa, L'arte nella Certosa di S. Martino, Napoli 1973, p. 96 n. 56); Loth e le figlie, monocromo (Firenze, Uffizi, Gabinetto dei disegni e delle stampe); Madonna col Bambino e s. Giovannino (Londra, National Gallery); S.Michele arcangelo (Torino, Museo civico).

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