CASISTICA

Enciclopedia Italiana (1931)

CASISTICA (o. Casuistica)

Arturo Carlo Jemolo

Nel suo significato letterale casisti indica quantl'in qualsiasi ramo dello scibile, attendano a configurare casi concreti o talora ipotetici fattispecie per trovare la regola applicabile a ciascuno di essi. Il termine si oppone a teologia morale speculativa ed è volto a designare solo quegli scrittori di teologia morale e queì direttori di coscienze, fioriti sin dal sec. XV, ma particolarmente sulla fine del Cinquecento e nel Seicento, che volsero le loro cure a configurare un numero più grande possibile di contingenze umane, prescrivendo per ciascuna la linea di condotta da seguire, dicendo quale comportamento in ciascuno di tali casi apparisse lecito e quale no. La configurazione di casi pratici era sempre stata conosciuta da teologi e da giuristi: i libri poenitentiales dei secoli VII-IX sono ricchi di casi siffatti; e Graziano (v.) nella seconda parte del suo Decretum è un felice e fecondo costruttore di casi pratici. Ma solo nel tardo periodo della Controriforma cattolica venne maggiormente in uso questa maniera di trattare la teologia morale o piuttosto la sua parte precettiva

Frattanto, nello stesso periodo di tempo, cominciando a prevalere, sotto l'influenza dei giansenisti, la morale rigorista, le venne opposta, specialmente dai gesuiti, la morale benigna, che presso alcuni degenerò nel cosiddetto lassismo, frenato e riprovato da condanne pontificie, p. es, da Alessandro VII (1665) e da Innocenzo XI (1679). E poiché parlando di casisti si pensava non solo agli scrittori di teologia morale che, pur essendo probabilisti, scioglievano i casi di coscienza secondo retti principî teologici e seguendo la tradizione ecclesiastica, ma anche a coloro che cadevano nel lassismo, avvenne che il termine casista assunse un significato lievemente spregiativo, come quello che recava con sé l'idea di scrittori tutti intesi a giustificare e a far passare come lecite azioni quasi unanimemente riprovate. Artefice massimo di questa riprovazione fu Biagio Pascal (v.) con le sue Provinciali (esiste tutta una letteratura sull'equanimità del Pascal e sulla fedeltà, dagli uni asserita, dagli altri negata, con cui egli avrebbe scelto, riportato e tradotto i passi di casisti che cita). Ma anche in Italia non mancarono scrittori morali rigoristi, molto severi nei loro giudizî contro i casisti, che non ristettero dal raccomandare al clero e ai fedeli di non lasciarsi guidare da essi; così nel sec. XVIII i domenicani Orsi, Concina e Patuzzi. Ma questa corrente rigorista, alla quale appartenne anche il generale della Compagnia di Gesù Tirso González, fu sul finire del secolo sconfitta pienamente, e un benignismo moderato, che si appoggiava sulla dottrina della libertà entro i limiti del probabile, trionfò in seno al cattolicesimo con S. Alfonso de' Liguori. Così la più gran parte delle regole di condotta elaborate dai serî teologi casisti vennero accettate - senza essere mai canonizzate - dalla chiesa, e sono oggi a base della direzione delle anime.

Tra i più celebri scrittori di teologia morale, che furono anche casisti, vanno annoverati: i gesuiti Emanuele Sa da Villa do Conde (1530-1596) per i suoi Aphorismi confessariorum (Venezia 1595); Francesco Toledo, poi cardinale (1532-1596), con la Sumrma casuum conscientiae; il notissimo Luigi Molina (v.) da Cuenca (1536-1600); Gregorio de Valentia da Medina del Campo (1551-1603), la cui attività si svolse però più nel campo della teologia dogmatica che in quello della teologia morale; Enrico Henriquez da Oporto (1536-1608) per la sua Theologiae moralis summa (Salamanca 1591); Leonardo Lessio (v.; 1554-1623); Stefano Bauny (v.); Vincenzo Filliucci (v.) da Siena (1566-1622); Nicola Baldelli da Cortona (1573-1635), per i Disputationum ex morali theologia libri quinque (Lione 1637); Francesco Amico da Cosenza (1578-1651) per i Cursus lheolooici (Vienna 1630 segg.); Ferdinando de Castro Palao da León (1581-1633), autore del De virtutibus et vitiis contrariis (Lione 1631 segg.); il celebre Giovanni de Lugo, poi cardinale (1583-1660); Antonio Escobai y Mendoza (v.) da Valladolid (1589-1669); Ermanno Busembaum (v.) da Notteln in Vestfalia (1600-68). Con questi debbono essere ricordati gl'insigni domenicani Tommaso de Vio Gaetano con la sua Summula casuum e Vincenzo Candido con i suoi quattro tomi Illustriorum disquisitionum moralium (1637-1643); il prete secolare Carlo del Balzo, il francescano Nicodemo da Firenze, il teatino Marco Vidal, autore dell'Arca vitalis (Venezia 1650), il toletano Tommaso Hurtado dei chieiici regolari minori, autore dei Tractatus varii resolutionum moralium (Lione 1651). Possono anche sotto molti riguardi ascriversi tra i casisti il grande Francesco Suarez (v.) da Granata (1548-1617), e Tommaso Sánchez da Cordova (1550-1610), autore, il secondo, dei De sancto matrimonii sacramento disputationum libri (Madrid 1602) e dell'Explicatio mandatorum decalogi (Lione 1613).

Il rimprovero più diffuso volto ai casisti che indulsero al lassismo, fu, come si è accennato, quello di aver indirizzato ogni sforzo a diminuire il numero degli atti considerati come peccati e ad alleviare la gravità di questi. È stato pure rimproverato loro di avere troppo spesso volto la mente a futili questioni. È indubbio che alcuni di essi siano spesso venuti a soluzioni contrastanti con la morale più rigorosa e ispirate a scarso senso cristiano (si veda ad es. nel Hurtado la difesa della legittimità della tratta dei negri, e in tutti il diverso trattamento che è fatto al nobile che ha sedotto la plebea, e all'uomo che ha sedotto una ragazza del suo stato). Ma deve pure concedersi che questi casisti, spesso pratici della cura d'anime, eran tratti a molta benignità dalla coscienza dell'impossibilità di far battere troppo aspre vie alla fievole religiosità dei loro contemporanei; e che il giudizio sulla futilità di certe questioni e sull'immoralità di certe soluzioni è spesso il frutto di fatale incomprensione per le preoccupazioni di età tramontate. D'altronde non è stata sin qui compiuta una paziente ed equanime valutazione dell'opera dei casisti; sicché, ad es., è sfuggito il contributo da loro recato anche alla formazione e determinazione di nozioni e concetti giuridici, quale del concetto di buona fede.

Come si è accemato, l'opera dei casisti fu riassunta, purificata dai suoi eccessi, integrata da notevole senso giuridico, ma mantenuta nei suoi caratteri essenziali, da S. Alfonso de' Liguori (v.). Ma anche in tempi recenti compaiono, e hanno grande diffusione, opere di schietto carattere e metodo casistico: così il Compendium theologiae moralis del Gury, annotato dal Ballerini; i sette volumi dell'Opus theologicum morale di quest'ultimo, compiuto e pubblicato dal Palmieri; la Theologia moralis del Lehmkuhl, le Institutiones theologiae moralis del Bucceroni e del Génicot; i trattati del Noldin; la Summula theologiae moralis di Giuseppe D'Annibale (1819-92); le Quistioni canoniche con le Consultazioni morali su casi e materie svariate di Casimiro Gennari (1839-1914), opere tutte ch'ebbero non scarsa influenza sulla codificazione del diritto della chiesa..

Bibl.: E. Dublanchy, in Dict. de théol. cath., II; Urbany, in Kirkenlexikon, II, 2035-2044; H. Reusch, Der Index der verbotenen Bücher, II, Bonn 1883-85, p. 309 segg.; Chr. E. Luthardt, Geschichte der christl. Ethik, Lipsia 1888-93; J. von Döllinger e Fr. H. Reusch, Gschichte der Moralstreitigkeiten in der römisch-katholischen Kirche, Nördlingen 1889; E. Sieffert, in Realencyklopädie für protestantische Theologie und Kirche, X, pp. 116-121.

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