CASTEL DEL MONTE

Enciclopedia Italiana (1931)

CASTEL DEL MONTE

Pietro Toesca

. Corona le basse colline presso Andria, aperte alla vista del mare e della costa fino al Gargano, favorevoli al passo degli uccelli e alla caccia col falco: e fu appunto eretto per dimora e per caccia da Federico II. Incominciata forse nel 1240, la sua costruzione doveva essere già inoltrata nel 1246. La mole ottagona di grandi conci grigi, con una torre ottagonale innestata a ognuno dei suoi spigoli, è pesante ma animata da quei giganteschi risalti, dal gotico imbasamento, da due ordini di finestre, che sole accennano ai suoi due piani interni. Una gradinata ascendeva al portale, composto di breccia rosata tra le enormi torri grigie: e in esso, come nella bifora che lo sormonta, è manifesta l'arte gotica, nei capitelli e nelle cornici, sebbene derivino da esemplari classici i pilastri scanalati. L'interno, in due piani simmetrici, è occupato al centro da un cortile ottagono, in ogni lato da un'aula; nelle otto torri, da ricetti ottagonali o da scale a chiocciola: e due di queste salgono fino alla copertura dell'edificio. Ma i due piani, simili nell'icnografia, hanno aspetto molto diverso: robusto l'inferiore nelle tozze colonne di breccia, nei costoloni quadrati, e oscuro per alte e strette finestre; arioso il superiore, dove costoloni marmorei profilati finemente si slanciano da tristili di marmo con capitelli di sottile intaglio, e luminoso per trifore o bifore sull'esterno e per altre finestre sull'interno o per porte di accesso al ballatoio pensile che era torno torno sul cortile.

Singolari anche le provvidenze pratiche, non così frequenti né altrettanto ingegnose nell'architettura domestica del Dugento: camini, serbatoi e condotti per la raccolta e la distribuzione dell'acqua piovana, studiata divisione delle sale in diversi quartieri, provveduti ciascuno di acqua e di latrina, e così disposti da isolare l'ultimo, cui apparteneva l'aula sull'ingresso, dalla quale si manovrava la saracinesca del portale, dominando così l'entrata nel labirinto delle sale. Un tempo la decorazione mostrava meglio il concorrere di diverse tradizioni d'arte: e ancora le porte del primo piano, sul cortile, rammentano i modi romanici pugliesi, sebbene volti in gotico; fasce di opus reticulatum attestano un nuovo osservare i modi murarî romani; cornici che riquadrano le pareti e i pochi avanzi di pavimento a musaico richiamano l'arte musulmana. Ora la struttura, quasi spogliata d'ogni decorazione, esprime più schiette le sue forme gotiche, nell'insieme e nei particolari. Pure, non soddisfa l'ipotesi che l'ignoto architetto sia stato francese, né è provata, sebbene attraente, quella che sia stato lo stesso Nicola Pisano. Più ragionevole è affermare che l'architetto fu di quella scuola di costruttori meridionali, impadronitisi delle forme gotiche allora già largamente diffuse, che eressero altri castelli di Federico II in Sicilia e nell'Italia Meridionale, tra cui quello di Capua (circa 1239) rassomigliava in un portale a Castel del Monte. Nei regesti di Federico II non risulta ch'egli mai abbia dimorato nel castello. Il quale, da Carlo I d' Angiò ebbe bertesche sulle torri e inferriate alle finestre (1277), servendo di prigione per i figli e per i partigiani di Manfredi; poi pervenne in feudo a Consalvo di Cordova e, infine, ai Carafa che lo abitarono saltuariamente sin nel sec. XVII. In seguito, abbandonato e aperto, resistette soltanto nella sua struttura ciclopica, pur intaccata dal tempo, alla quale è da deprecare qualunque restauro fuorché di consolidamento.

V. tavv. CVII e CVIII.

Bibl.: J. L. Huillard-Bréholles, Recherches sur l'histoire et les monuments des Normands, Parigi 1844, p. 110 segg.; W. Schulz, Denkmäler der Kunst in Unteritalien, I, Dresda 1860, pp. 160-65; F. Gregorovius, Nelle Puglie, Firenze 1882, p. 295 segg.; E. Merra, Castel del Monte, Trani 1895; A. Avena, Monumenti dell'Italia Meridionale, Roma 1902, p. 7 segg.; E. Bertaux, Histoire de l'art dans l'Italie méridionale, Parigi 1904, pp. 719-38; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I, Torino 1927, p. 718 segg.

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