CASTELFIORENTINO

Federiciana (2005)

CASTELFIORENTINO

JJean-Marie Martin

Chiamato anche Torre Fiorentina (ca. 10 km a sud di Torremaggiore, in provincia di Foggia), Castelfiorentino è il nome odierno di un sito, abbandonato, sul quale si vedono i resti ‒ recentemente scavati, almeno in parte, dall'École Française di Roma e dall'Università di Bari ‒ di una piccola città medievale chiamata Florentinum (Fiorentino). È citata per la prima volta ‒ con Troia, Civitate e Dragonara ‒ da Leone Ostiense nei Chronica monasterii Casinensis (II, 51) fra le fondazioni del catapano Basilio Boioannes lungo il confine del principato beneventano, nei primi decenni dell'XI secolo. Sin dal 1058, figura nell'elenco delle sedi vescovili suffraganee della metropolia di Benevento.

La sua storia è discretamente documentata da atti privati, soprattutto della prima metà del XIII secolo. Era allora ben popolata (notizia confermata dagli scavi); ospitava pochi artigiani, due o tre giudici, probabilmente altrettanti notai, ma la sua cattedrale contava circa quindici canonici e in città c'erano almeno altre sei chiese. Ubicata su uno sperone di forma allungata, fu edificata, come le altre città bizantine della Capitanata, su una pianta ortogonale, con una grande via longitudinale e viuzze perpendicolari. Senza dubbio all'estremità dello sperone (verso ovest) si ergeva un castello normanno costruito alcuni decenni più tardi (Fiorentino fu due volte capitale di una piccola contea negli anni 1080-1090, poi negli anni 1180); all'altra estremità, probabilmente sin dalla fine del XII sec. la città era prolungata da un sobborgo, ben visibile sulle fotografie aeree. Il territorio della città, che si estendeva nella zona delle colline subappenniniche, pure di superficie ristretta, ospitava almeno un casale, S. Salvatore, che scomparve durante l'occupazione musulmana di Lucera. Il declino della città ‒ che comunque non fu mai veramente importante ‒ cominciò nella seconda metà del XIII sec.; la sede vescovile scomparve nel secolo successivo e le ultime tracce di insediamento sembrano spegnersi verso l'inizio del Seicento; le rovine della cattedrale erano ancora visibili nell'Ottocento.

Durante il ventennio anarchico della minorità di Federico II, Florentinum era governata dal conte di Lesina e Civitate Matteo Gentilis, ma nel 1223 era tornata al demanio. Non si sa quando, nell'ambito del rimaneggiamento del territorio della Capitanata, Federico II decise di farsi edificare una domus solaciorum nella città (o piuttosto a fianco); supponiamo che essa sia stata eretta abbastanza presto, in quanto non riveste la forma dei palazzi federiciani più recenti (v. Palatia). Sembra evidente comunque che la domus abbia occupato il posto (probabilmente una motta di origine normanna ben difesa) sul quale sorgeva il castello normanno, separato dalla città con un muro. Tale sostituzione di un castello difensivo con una domus non specificamente fortificata nella parte centrale della Capitanata, che non sembra documentata in altri posti, corrisponde bene all'idea secondo la quale l'intera regione sarebbe stata protetta dai castelli periferici.

La domus federiciana, completamente interrata, è venuta alla luce quando si è scavata la parte più alta del sito. Si innestava su strutture preesistenti (del castello), ed è stata in seguito rimaneggiata, probabilmente in età angioina, dai signori della città. Si trattava di un edificio maestoso, di pianta quasi rettangolare, lungo 29 m e largo 17 m, con uno spazio utile interno di 275 m2, costituito da due stanze lunghe leggermente spostate l'una rispetto all'altra. I muri, spessi 1,50 m, erano coperti da un rivestimento di belle pietre. Certo la pianta della domus di Castelfiorentino era molto meno sofisticata di quella dei palazzi di Castel del Monte, di Lucera e anche di Gravina.

Quattro aperture strette e protette permettevano l'accesso dall'esterno. All'interno, le pareti erano rivestite di intonaco e il suolo di mattonelle disposte in opus spicatum. La stanza ovest era munita di due camini, i muri della stanza est di banchi di pietra. Tre archi di tufo sostenevano un soffitto o una volta su ogni stanza. L'edificio doveva comprendere un piano superiore, non conservato, ma probabilmente ornato di finestre con colonnine scolpite. Frammenti di capitelli, di colonne e di pilastri, di cornicioni, di archi a ogiva, di vetrate policrome testimoniano la ricchezza della decorazione interna della residenza imperiale.

Federico II, che disponeva di tante domus, in particolare nella Capitanata dove risiedeva più spesso, non avrebbe avuto occasione di visitare quella di Castelfiorentino (non visitò mai neanche Castel del Monte) se la malattia non l'avesse costretto a passare in essa gli ultimi giorni della sua vita.

Nel 1250, nel corso della lotta contro il papa e i comuni settentrionali, gli eserciti dell'imperatore cominciarono a prevalere. Federico restò in Basilicata (luogo di residenza estiva) fino a ottobre. All'inizio di dicembre, mentre era nella sua domus invernale di Foggia, decise di andare a caccia, ma fu colpito dalla febbre e dovette fermarsi a Castelfiorentino, nella domus che avrebbe dunque visitato per la prima volta. La dissenteria della quale soffriva si aggravò e degenerò in enterite infettiva. L'imperatore morì a Castelfiorentino il giorno della festa di s. Lucia, 13 dicembre 1250, alla presenza dell'arcivescovo di Palermo Berardo, del gran giustiziere della Magna Curia Riccardo di Montenero, del figlio Manfredi, allora diciottenne, di Pietro Ruffo, che dirigeva le scuderie imperiali, di Riccardo, conte di Caserta e genero dell'imperatore, e del medico Giovanni da Procida.

A proposito del luogo della morte dell'imperatore, nacque una leggenda che forse aveva un fondamento veridico. Ne parlò per la prima volta, sembra, lo storico Saba Malaspina, che scrisse il suo racconto alla fine del XIII sec. (morì nel 1297 o nel 1298). Secondo questa storia, gli astrologi annunciarono all'imperatore che egli sarebbe dovuto 'appassire' sub flore; Federico, desiderando nientemeno che l'immortalità, avrebbe allora sistematicamente evitato Florentia (Firenze) e Florentinum (Ferentino). Ma cadde in una trappola imprevista e così morì realmente sub flore, a Castelfiorentino appunto. Un poco più complesso è il racconto della Cronaca di fra Francesco Pipino, della prima metà del Trecento. In questo caso l'imperatore avrebbe saputo dagli astrologi che sarebbe dovuto morire ad Portas ferreas, in una città il cui nome derivava da flos. Ammalatosi, fu portato infatti a Castelfiorentino e posto su un letto che confinava con la parete di una torre, nella quale era nascosta una porta con elementi di ferro. Altro racconto, ancora diverso: secondo l'Historia Sicula dell'Anonimo Vaticano (che si chiude nell'anno 1282), l'imperatore, andato a caccia con il falcone, stuprò una donna in una chiesa, sotto l'immagine della Vergine; fu per questo punito con la dissenteria. Portato a Castelfiorentino, Manfredi lo soffocò con un cuscino. Esiste, infine, la versione di Giovanni Villani, della prima metà del Trecento, che combina le due leggende: Federico, che evitava sia Firenze che Faenza, perché il demonio gli aveva predetto che vi sarebbe morto, non poté però evitare Florentinum; lì fu soffocato da Manfredi, che voleva impadronirsi dei suoi tesori e del governo del Regno.

È probabile che la fama circoscritta della cittadina dove morì, nonché il suo nome, abbiano favorito le leggende sorte intorno alla morte improvvisa dell'imperatore. Il suo corpo fu trasportato nella cattedrale di Palermo, le sue viscere a Foggia.

Fonti e Bibl.: Anonimo Vaticano, Historia Sicula […], in R.I.S., VIII, 1726, coll. 745-780; Saba Malaspina, Rerum Sicularum libri VI, ibid., coll. 785-874, in partic. coll. 788-789; Francesco Pipino, Chronicon, ibid., IX, 1726, coll. 583-752, in partic. coll. 660-661; Giovanni Villani, Nuova Cronica, a cura di G. Porta, I-III, Parma 1990-1991: I, pp. 331-332 (VII, 41). E. Kantorowicz, Federico II, imperatore, Milano 1976, pp. 681-682, 700-702; P. Beck-M.S. Calò Mariani-C. Laganara Fabiano-J.-M. Martin-F. Piponnier, Cinq ans de recherches archéologiques à Fiorentino, "Mélanges de l'École Française de Rome. Moyen Âge", 101, 1989, pp. 641-699 (sta per essere pubblicato un volume dedicato agli scavi di Castelfiorentino); J.-M. Martin-G. Noyé, La Capitanata nella storia del Mezzogiorno medievale, Bari 1991, in partic. pp. 161-200.

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