CORNER, Caterino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 29 (1983)

CORNER, Caterino

Renzo Derosas

Nacque a Venezia il 27 ott. 1624 da Andrea di Girolamo di Giorgio e da Morosina di Caterino Morosini, secondo maschio di una figliolanza numerosa.

Ebbe tre fratelli che raggiunsero l'età adulta: Giorgio, Girolamo, e Federico; e quattro sorelle, di cui la maggiore, Pisana, andò sposa ad Antonio Grimani con una dote di 20.000 ducati, mentre le altre finirono in convento. Del ramo dei Corner "della Regina" residente a S. Cassiano la famiglia del C. fa parte di quella ristretta oligarchia cui sono tradizionalmente riservate le più alte cariche nel governo della Repubblica: cavaliere e procuratore di S. Marco il nonno Girolamo (1562-1634); cavaliere, rettore a Verona e a Brescia, capo del Consiglio dei dieci, provveditore generale in Terraferma e provveditore generale in Candia il padre: comandante valoroso ma poco amato per la sua alterigia, morì difendendo Retimno dai Turchi nel 1646.

Al seguito del padre in Candia allo scoppio della guerra coi Turchi, il C. ebbe assai presto occasione di mettere in luce il suo valore militare. Quando nell'estate del 1645 i Turchi strinsero d'assedio la Canea, Andrea vi spedì in una rischiosa operazione di soccorso tre galere con 200 fanti, e pose il figlio ventenne al comando di una di esse. Riuscito a penetrare in città, il C. venne ferito al volto da un colpo di moschetto mentre partecipava alla difesa; nondimeno si oppose energicamente, ma senza risultato, alla resa cui il rettore Navagero fu costretto dalla rivolta della popolazione. Distintosi ancora come sopracomito nella battaglia di Milo, il C. tornò a Venezia dopo la morte del padre.

Qui si trovò a fronteggiare coi fratelli una situazione economica inaspettatamente difficile: nonostante la notevole ricchezza immobiliare della famiglia - la redecima del 1661 attribuiva alla "fraterna" settantatré case ed oltre duemilacinquecento "campi" in Terraferma - Andrea aveva infatti accumulato un debito di oltre 100.000 ducati. A salvare il patrimonio dall'assalto dei creditori intervennero tempestivamente gli zii paterni, Giorgio, Francesco e Federico, e quest'ultimo assunse la tutela dei nipoti Girolamo e Federico, ancora minori, e l'amministrazione dei beni della fraterna. Ma l'unione del patrimonio, cui si era ispirata per generazioni tutta la politica familiare, tanto matrimoniale che testamentaria, era destinata a finire due anni dopo, quando Giorgio e Girolamo, scontenti della pensione che lo zio passava loro, pretesero dinanzi ai giudici del Proprio la divisione dell'eredità paterna, nonostante l'opposizione del C. e lo sdegno di Federico (che per questo diserederà i due nipoti). Cominciò così, buon esempio di quella litigiosità civile che inquinò la società veneziana, una lunghissima serie di cause, tra Giorgio e Girolamo da una parte, e il C. e Federico dall'altra, e poi tra i rispettivi eredi, che inevitabilmente si riflesse anche sul piano degli affetti familiari, come il C. non mancherà ripetutamente di rammaricarsi.

Queste traversie non impedirono però al C. di dedicarsi alla carriera politica cui era chiamato per tradizione familiare. Dopo un periodo di apprendistato in cui si impiegò in incarichi di scarso rilievo (dal 1648 al 1652 è due volte "patron all'Arsenal", nel 1655 provveditor di Comun, nel 1657 "doi sopra i lazzaretti"), nel 1658 ottenne, poco più che trentenne, la prestigiosa podesteria di Verona.

La città si presentava al nuovo rettore in uno stato di grave dissesto, "sregolata nei maneggi di sue entrate e degl'estimi, trascurata nella cura del Santo Monte e luoghi pii, afflitta nelle discordie de' cittadini, inquieta per li malviventi, e deplorabile nelle miserie degl'habitanti"; particolarmente vigorosa fu l'azione che il C. intraprese, assieme al capitano Alvise Foscarini, per porvi rimedio. Istituì nuove "regole" per il Monte di pietà, che gli permisero la riscossione delle "tante migliara di ducati" di cui era creditore e lo salvaguardarono dalla "perfidia de ministri". Quanto alle finanze cittadine, il C. licenziò il vecchio esattore, colpevole di aperte collusioni con i maggiori estimati, risultati "debitori di grosse summe", e di disinvolte manipolazioni delle scritture contabili, sequestrò le rendite dei contribuenti morosi (tra i quali l'abate di S. Zeno Vetter Grimani), instaurò l'obbligo della registrazione in partita doppia, e caldeggiò infine la formazione di un nuovo estimo, essendo quello vigente, per i suoi squilibri, o uno dei più gagliardi instrumenti dell'esterminio della città stessa". Assai preoccupante era anche la situazione dell'ordine pubblico, poiché alla criminalità comune dei malviventi che infestavano il territorio si affiancavano le continue violenze tra le fazioni in cui la città era divisa da un'esasperata litigiosità civile, e i cui esiti erano "bene spesso lagrimevoli et eccidiosi". Perciò il C. provvide da una parte all'espulsione di bravi e vagabondi, alla riorganizzazione della sorveglianza rurale, ad una maggiore solerzia e severità nei processi - i condannati alla galera erano 120 in un anno -il che, egli nota compiaciuto, "non è di poca consideratione"; dall'altra si adoperò in una mediazione personale per sanare "discordie et inimicitie "decennali, e dissipare "odi implacabili et continuati". Infine c'era la grave crisi economica, particolarmente del lanificio, con la quale andava connesso l'impressionante declino demografico in atto; qui il C. propose una riforma dei capitoli dell'arte della lana, e caldeggiò un'esenzione dodecennale dal dazio relativo.

Tornato a Venezia, il C. fu chiamato ormai alle cariche di maggiore prestigio: depositario del Banco Giro e in Zecca nel 1661-1662, fu consigliere del doge per il sestiere di S. Croce nel 1662-63; ancora depositario del Banco Giro nel '61, il 13 novembre venne eletto provveditore generale in Dalmazia. "Huomo d'acuto intendimento, di prontezza, disinvoltura, e grave tratto, con piena abilità del maneggio delle cose grandi": così ce lo descrive, in questi anni, un anonimo, probilmente patrizio veneziano, che pure era tutt'altro che tenero nei confronti della classe dirigente d'allora -, ma anche politico smaliziato, unito al potente clan dei Grimani dai Servi - capace di "strascinare co' brogli tutti i voti del Consiglio e del Senato a suo favore; cosa difficile a credersi, ma però vera". Partito per il nuovo incarico nel dicembre 1664, il C. sostituì Girolamo Contarini nel governo della Dalmazia quando la minaccia di un attacco turco sulla provincia appariva tanto concreta che Luigi da Mosto e Luigi Molino proposero in Senato di negoziare la pace cedendo l'isola di Candia piuttosto che rischiare di perdere l'una e l'altra. In realtà lo sforzo turco doveva concentrarsi tutto su Candia, e l'impegno militare del C. non arrivò oltre qualche scaramuccia di frontiera, nonostante le ripetute minacce dei "bassà" della Bosnia e dell'Erzegovina. Anche in Dalmazia il C. ebbe modo di far valere la propria capacità direttiva, improntata ad una visione disincantata della realtà e tutta tesa a ridare efficienza e razionalità all'amministrazione. Ispezionata minuziosamente la catena difensiva con l'assistenza del marchese Villa, temporaneamente al servizio della Repubblica, il C. si dedicò alla riorganizzazione dell'esercito, trovato in pessime condizioni, "con militie scontente, senza sovegni, e fuori d'ogni credenza afflitte et oppresse". Accentrò a Zara i soccorsi ricevuti dal Senato, ordinando che "niente potesse disponersi" senza suo assenso, e ottenendo così "un risparmio infinito" di "biscotti" e polvere. Compì poi una revisione generale dei ruoli, eliminando le guarnigioni inutili e iscrivendo in un ruolo distinto quanti vi si trovavano solo per titolo di benemerenza, in modo di aver chiaro il numero degli effettivi realmente disponibili. Infine suddivise le truppe a seconda della loro nazionalità, "molto pregiudiciale in una Compagnia stessa considerando la diversità de' costumi e de' riti non solo, ma sopra tutto quella de' linguaggi, che impedisce ricever da proprii officiali l'instruttion necessarie, e la militar disciplina, nella quale con i frequenti esercitii per tutto disposti feci che s'ammaestrassero". Il restauro degli accasermamenti, la distribuzione di vestiario, la paga effettuata ogni dieci giorni, anziché mensilmente fecero sì che le diserzioni cessassero quasi completamente.

Non erano passati che pochi mesi dal suo ritorno in patria, quando sul finire di aprile del 1668 il C. fu costretto a ripartire, eletto provveditore generale da Mar e inviato urgentemente dal capitano generale Francesco Morosini al soccorso di Candia. Giuntovi il 20 giugno, il giorno successivo la morte del provveditore generale dell'isola, Nani, lo costrinse ad assumerne provvisoriamente il comando supremo. Stavolta non c'era per il C. la possibilità di por mano a quelle riforme e riorganizzazioni che gli erano congeniali. Stremata dal continuo e durissimo attacco dei Turchi, per la città assediata non c'era altro da fare che cercare, giorno per giorno, di resistere. Per due mesi, il C. inviò giornalmente pressanti appelli al Senato per rinforzi e soccorsi, descrivendo la drammaticità della situazione, il blocco totale dei rifornimenti, il rapidissimo esaurirsi delle scorte, la stanchezza e lo scoramento dei soldati, il numero enorme dei morti, dei feriti, dei disertori. Ma quando finalmente a metà agosto il capitano generale si portò con la flotta in soccorso della città, scoppiò tra i due un dissidio aperto e clamoroso, a causa del totale disaccordo sulla condotta da seguire nelle operazioni militari, incline il Morosini alle sortite e ai contrattacchi, favorevole il C. all'impegno di ogni uomo nell'organizzazione della difesa. Il C. venne così bruscamente emarginato dalla direzione militare, e addirittura escluso dalle consulte di guerra, con la scusa che era un capo "da mare", e messo alla difesa del bastione di S. Andrea. Comprensibile l'amarezza del C., che traspare con evidenza dai suoi dispacci al Senato: le sue opinioni non sono tenute in alcun conto, spesso si organizzano azioni senza dargliene informazione, o gli si toglie il merito per quelle che è lui a compiere, persino si ritarda volutamente l'invio dei suoi dispacci "che vengon pure espediti e consignati con quegl'istessi" del Morosini. Per tre volte in quattro mesi rassegnò le dimissioni dalla carica, "fatta per tante cause, e tutte stimo palesi, sempre più travagliata e molesta", offrendosi di rimanere a combattere come volontario. Il Senato si sforzò diplomaticamente di sostenere il C. senza opporsi apertamente al Morosini: rifiutò le dimissioni, gli dichiarò continuamente il suo apprezzamento per il servizio svolto, ordinò che fosse riammesso a tutte le consulte "così da terra come da mar", con voto deliberativo secondo solo a quello del capitano generale, lo nominò cavaliere di S. Marco, lo mise a conoscenza di tutte le notizie che inviava al Morosini, a dimostrazione della sua stima per lui. Ciò non bastò però a sanare il dissidio; a risolvere l'imbarazzante situazione sarà solo la morte del C., ucciso il 13 maggio 1669 da una bomba mentre partecipava di persona, com'era suo solito, alla difesa di S. Andrea. I Turchi fecero grandi festeggiamenti alla notizia della sua morte, e inviarono immediatamente una delegazione a Candia, convinti che la città non avrebbe potuto ormai che arrendersi, tanta stima facevano del valore del Corner. Trasportata a Venezia, la salma ebbe l'onore di esequie ufficiali e di un'orazione pubblica, e fu poi fatta tumulare dal fratello Federico nella chiesa di S. Antonio a Padova.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Miscell. codd., I, Storia veneta, 19:M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti,III, pp. 55, 60; Ibid., Avogaria di Comun, Nascite, reg. 58, c. 209; Ibid., Dieci savi alle decime, busta 225, nn. 661, 662; il testamento dello zio Giorgio, Ibid., Notarile, Testamenti, Alessandri Angelo, busta 1141, III, c. 32v; quello dello zio Federico, Ibid., Notarile, Testamenti, Acerbi Gaspare, busta 1146, n. 337; Ibid., Segretario alle voci, Maggior Consiglio, regg. 19-21, passim; Ibid., Segretario alle voci, Pregadi, regg. 17-19, passim; la relazione sulla podesteria di Verona e i dispacci al Senato e al Consiglio dei dieci, Ibid., Senato Secreta, filza 51, 29 apr. 1660; Ibid., Senato, Rettori, Dispacci Verona, 1659; Ibid., Capi del Consiglio dei dieci, Lettere di rettori e di altre cariche, filza 202, nn. 77-92; la relazione, le lettere e il rubricario del C. provveditore in Dalmazia, Ibid., Collegio Secreta, Relazioni, busta 67; Ibid., Senato, Provveditori da Terra e da Mar, buste 493-497 e reg. 379; le lettere del C. provveditore generale da Mar, Ibid., Senato, Provveditori da Terra e da Mar, busta 938; Ibid., Senato, Rettori, regg. 40-44, passim;Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., cl. VII, 15 (= 8304): G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, I, c. 328; un anonimo Testamento di Candia che esalta l'eroismo del C., Ibid., Mss. It., cl. VII, 211 (= 7468); copia del testamento del C. in Venezia, Bibl. d. Civico Museo Correr, Mss. P. D., c. 2451/7; estratti dei processi per la divis. dell'eredità patema, Ibid., Mss. P. D., c. 2203/XIX; 2247/3-7; 2571; 2689/3, 6; 2751/18; docum. relativa ad altri processi civili del C., Ibid., Mss. P. D., c. 2202/III, 2227/I-IV, 2229/5, 2357/XV, 2377/XL, 2435/8, 2665/I, 2747/6; sull'attività econ. del C. (acquisti, vendite, operazioni finanziarie), Ibid., Mss. P. D., c. 2210/V, 2214/II, III, 2230/5, 8, 2232/6, 2233/2, 5, 2379/15, 2386/6, 2431/12, 2479/I-III, 2602/21, 2660/2, 2665/I, 2666/13, 2755/5; inventari dei beni mobili e immobili del C., Ibid., Mss. P. D., c. 2215/11 e 2571/8; l'inventario del corredo del C. provveditore in Dalmazia, Ibid., Mss. P. D., c. 2751/10; una lettera del C. da Piacenza, Ibid., Mss. P. D., c. 1054/499, e dalla Dalmazia, c. 1055/276/277/388, 1056/153-155/162/293, 1057/20/25/30/35/635/367-369; minute di due lettere inviate al C. a Candia da parte del cognato Antonio Grimani ambasciatore a Roma, datate 9 e 25 maggio del 1669, Ibid., Archivio Morosini-Grimani, busta 513, /. II/9; Ibid., Miscellanea Correr, XLIII/2015, cc. 75-170: [Felice Gallo], Relatione giornaliera della continuatione dell'assedio di Candia nell'anno 1669 formata dal Secretario di s. Cattarin C. Provveditor general da Mar;G. Cadenedo Scoto, Panegyricus illustr. et excell. Catherino Cornelio Veronae Praetura augustissime functo, Vicentiae 1660; Tributi di riduttione accademica all'illust. ed eccell. Catterino Cornaro Podestà di Verona nella partenza del suo gloriosissimo reggimento, Verona 1660; Relazioni dei rettori veneziani in Terraferma, IX, Pod. e cap. di Verona, Milano 1977, pp. 451-57; In funere illustr atque excell. DD. Catharini Cornelii ... Oratio habita a P. D. Stephano Cosmo... coram Serenissimo Principe et augustissimo Senatu, Venetiis 1669; C.Piovene, In morte dell'illustr. ed eccell. cav. Cattarino Cornaro... Ode, Venezia s. d.; Poesie in morte del cav. Caterino Cornaro... raccolte... da Lorenzo Fondra, Venezia 1669; Macedo a S. Augustino Francisci, Phoenix ereticus Catherinus Cornelius venetus incendiarii pulveris opera extinctus, Venetiis 1669; Capellarii Michaelis carmen parentale manibus Catherini Cornelii ducis invictissimi, Venezia 1670. G. Brusoni, Hist. dell'ult. guerra tra' Venez. e Turchi, Bologna 1674, passim;B. Nani, Ist. della Rep. veneta, in Degl'istorici delle cose veneziane..., Venezia 1720, passim; S.Romanin, Storia docum. di Venezia, VII, Venezia 1858, pp. 364, 458; Bigge, La guerra di Candia negli anni 1667-69, Torino 1901, p. 49; A. Wiel, The navy of Venice, London 1910, p. 350; P. Piccolomini, Corrisp. tra la corte di Roma e l'inquisitore di Malta durante la guerra di Candia (1645-'69), in Arch. stor. ital., s. 5, XLIX (1912), p. 35; P. Molmenti, Curiosità di storia venez., Bologna 1919, pp. 406, 451 s.; H. Kretschmayr, Geschichte von Venedig,III, Stuttgart 1934, pp. 320, 335, 337 ss.; M. Nani Mocenigo, Storia della marina veneziana..., Roma 1935, pp. 140, 227; C. Argegni, Condottieri, capitani, tribuni, I, Milano 1936, p. 196.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

CATEGORIE
TAG

Provveditore generale da mar

Consiglio dei dieci

Francesco morosini

Maggior consiglio

Cappellari vivaro