CELIO CALDO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1959)

CELIO CALDO (C. Caelius Caldus)

A. Longo

Tribuno della plebe nel 107 a. C., pretore in Spagna nel 99 e console nel 94; durante il suo tribunato fu autore di una lex tabellaria che istituiva il voto segreto negli iudicia perduellionis ed è appunto a ciò che si riferiscono le lettere L. D. (libero-damno) che sono su alcune monete recanti la sua immagine. Queste monete furono probabihnente coniate attorno al 61 (Grueber) da un C. C., forse suo nipote, che vi pose l'effigie del più famoso rappresentante della sua gens. In esse ci vien dato uno dei migliori ritratti della serie repubblicana prima di Cesare.

I tipi di C. C. sono due e sicuramente si ispirano ad un ritratto (o più ritratti?) dell'inizio del I sec. a. C., ritratto che forse si trovava nel larario della casa di Celio. È probabile che un personaggio così famoso fosse stato effigiato più volte, ma di lui non ci è rimasto alcun ritratto marmoreo o in bronzo. La scultura perduta, di cui le monete sono copia, è stata (dal Poulsen) inserita nella corrente del tardo ellenismo, dominante nella scultura romana attorno all'anno 100, sia pure con influssi di quella latina. Il ritrattista eseguì il suo lavoro non molto dopo la morte di C. C.: di ciò ci fa sicuri la notevole individualizzazione dell'opera. L'ultima menzione del nostro personaggio è del 93. Siamo di fronte ad un homo novus (v. il giudizio ammirativo di Cicerone: Verr., v, 181; Pro Plan., 52). C. C. è nelle monete effigiato nel pieno dell'età: il suo volto magro è solcato profondamente da rughe, il naso è vigoroso e diritto, gli occhi grandi sono infossati sotto la fronte prominente, la bocca, con le labbra gonfie, è semiaperta. Quest'ultimo particolare è sembrato (al Vessberg) in contrasto con la sobrietà dell'insieme, poiché la bocca semiaperta esprimerebbe una certa pateticità, contraria allo stile veristico dell'insieme.

Il Poulsen, basandosi sulla differenza riscontrata tra i due tipi delle monete e soprattutto sul diverso trattamento delle ciocche dei capelli, più sottile nell'effigie più giovanile, mentre nell'altra la capigliatura prende l'aspetto di piccole masse a fiocco, ha congetturato l'esistenza di due Celî Caldi vissuti in epoca diversa. Tale ipotesi non presenta però molta consistenza, come prova soprattutto la dicitura cos, posta su ambedue i tipi, di seguito al nome: conosciamo infatti un solo C. C. console.

Esiste a Napoli (Guida Ruesch 1105) un busto dell'ultimo secolo della Repubblica per il quale taluno, forse a causa del volto asciutto e dell'espressione risoluta, ha pensato a un ritratto di Celio Caldo. Non abbiamo tuttavia elementi fondati per suffragare tale ipotesi.

Bibl.: J. J. Bernouilli, Röm. Ik., I, Stoccarda 1882, p. 85, Müntzaf. I, nn. 21-22, H. A. Grueber, Coins of the Roman Republik, I, Londra 1910, p. 474, tav. 47, nn. 22-24; R. West, Römische Porträt-Plastik, I, Monaco 1933, p. 37; F. Poulsen, Probleme der römischen Ikonographie, Copenaghen 1937, p. 17; S. L. Cesano, Fasti della Repubblica Romana sulla moneta di Roma, in Studi di Numismatica, I, 2, 1942; A. de Franciscis, Ritratti romani del Museo Nazionale di Napoli, in Memorie Accad. Archeol. e B. A. di Napoli, VI, 1942, p. 216 ss.; O. Vessberg, Studien zur Kunstgeschichte der römischen Republik, Lund-Lipsia 1941, p. 128, tav. III, 7-8 e XIV, 7; B. Schweitzer, Die Bildniskunst der römischen Republik, Lipsia 1948, pp. 14, 49, 60, 68.