CERAMICA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

CERAMICA

Eugenio Mariani

(IX, p. 771; App. IV, I, p. 409)

I prodotti ceramici di qualunque tipo, tradizionali o avanzati, costituiscono un esempio di materiali compositi (v. compositi, materiali, in questa App.), poiché la loro struttura risulta da uno o più componenti cristallini immersi (o circondati) e tenuti insieme da una fase vetrosa più o meno complessa. Le differenze di proprietà che riscontriamo fra vari prodotti ceramici, dai laterizi ai ceramici avanzati, dipendono in larga parte: dalla diversità, qualitativa e quantitativa, sia delle fasi cristalline che di quella vetrosa; dalle diverse loro proprietà (chimiche, fisiche, strutturali); dal diverso loro rapporto. Le fasi cristalline contribuiscono a dare la durezza e la resistenza alle alte temperature, mentre la fase vetrosa costituisce il legame che tiene uniti i componenti ed è quindi responsabile sia della chiusura dei pori (riduzione della porosità), sia della temperatura di rammollimento, più o meno alta a seconda della sua fusibilità, sia anche della fragilità che tende a conferire ai manufatti, in ragione diretta della quantità presente.

La preparazione dei prodotti ceramici è caratterizzata da consumi energetici piuttosto elevati (necessità di energia meccanica nelle fasi di preparazione delle materie prime − macinazione, miscelazione, omogeneizzazione, formatura, ecc. − e di energia termica in quelle di essiccazione e cottura dei manufatti). Le crisi petrolifere di questi ultimi anni hanno favorito innovazioni indirizzate sia al risparmio di energia nelle varie fasi che alle modifiche nella composizione delle materie prime e nei sistemi di foggiatura per ottenere prodotti di caratteristiche migliori (resistenze più elevate, costanza di proprietà, riduzione degli scarti di produzione, ecc.).

Ai sistemi di foggiatura delle materie prime allo stato plastico o per colaggio si sono affiancati sistemi allo stato secco (o semi-secco), che consistono nello stampare prodotti in polvere con un grado di umidità per quanto possibile basso, che, pur richiedendo energia meccanica in quantità maggiore, consente di ottenere manufatti più facili da essiccare, che presentano ritiri molto minori e sono meno soggetti ad assumere forma difettosa oltre che essere meno porosi, con proprietà superiori. Poiché macinazione e miscelazione delle materie prime allo stato secco presentano difficoltà, per facilitarne l'esecuzione e ottenere prodotti omogenei, tali operazioni si effettuano spesso in presenza di acqua che viene poi eliminata in parte (per sedimentazione, per filtrazione, ecc.) nel caso di stampaggio allo stato plastico, o quasi del tutto con sistemi di essiccazione a spruzzo. Si ottiene così una materia prima omogeneamente miscelata e sotto forma di granuli minuti, adatti allo stampaggio con pressioni piuttosto alte, che danno prodotti di composizione omogenea e di proprietà costanti, adatti per cotture più rapide, con minore rischio di fornire manufatti difettosi.

Lo stampaggio di queste polveri semi-secche si ottiene in presse, di solito idrauliche, di elevata potenza (spinte anche di 1000÷1500 t) in grado di esercitare pressioni specifiche di 150÷250 kg/cm2, a seconda delle dimensioni dei manufatti da stampare, e capaci di effettuare 10÷20 operazioni di stampaggio al minuto, munite anche di dispositivi di espulsione dell'aria così da ridurre la porosità e le disomogeneità.

Naturalmente questi sistemi richiedono robusti stampi e controstampi in acciaio e sono adatti per prodotti di forma piana (mattonelle, piatti, ecc.) o anche cava, ma con pochi o semplici sottosquadri. Per essere stampabili le polveri debbono avere una ridotta percentuale di umidità (3÷7%); per stampare polveri più secche occorre l'aggiunta di additivi ad azione lubrificante e legante.

Ai forni continui a tunnel, dove i manufatti vengono caricati su carrelli con spessi piani di refrattario e per lo più entro cassette (o caselle) disposte sui piani di refrattario, si sono sostituiti forni a rulli a suola mobile. Il passaggio a questo tipo di forno costituisce un progresso notevole in quanto consente l'eliminazione dei carrelli e dei contenitori in refrattario, che costituendo una massa inerte notevole, di lento riscaldamento e di altrettanto lento raffreddamento, costringevano a lunghi cicli di cottura imposti anche dalla necessità di realizzare una sufficiente uniformità di temperatura all'interno di ciascun pezzo e in ogni sezione del forno. Per questo erano richiesti forni molto lunghi e basse velocità di avanzamento dei carrelli. Nei forni a rulli a suola mobile, quest'ultima è formata da spesse lastre di refrattario sulle quali i manufatti sono disposti in un unico strato; il refrattario, oltre a costituire il piano d'appoggio, ha anche la funzione di proteggere le parti metalliche (rulli, dispositivi di trascinamento) dall'azione dei gas caldi. I manufatti da cuocere, nelle zone che non poggiano sul piano, sono riscaldati per irraggiamento e convezione dalle fiamme e dalle pareti radianti, le parti del manufatto che poggiano sul piano sono riscaldate dal calore ceduto dal refrattario a sua volta riscaldato, nelle parti scoperte, dai gas e dall'irraggiamento delle pareti. Questi tipi di forni, consentendo un più rapido riscaldamento e raffreddamento del materiale, risultano più corti e hanno cicli di cottura più brevi.

Ulteriori progressi sono stati compiuti recentemente con i forni a rulli liberi, cioè rulli privi della copertura con piastre mobili, e sui quali poggiano direttamente i manufatti. I rulli sono formati da un'anima metallica, in leghe resistenti al calore, protetta da un tubo di refrattario con elevate caratteristiche di resistenza meccanica alle alte temperature del forno. I rulli debbono essere di diametro il più piccolo possibile, di lunghezza pari alla larghezza del forno, e ravvicinati tra loro tanto da assicurare un sufficiente appoggio per i manufatti ed evitarne la possibilità di caduta fra l'uno e l'altro; la riduzione del diametro è imposta anche dalla necessità di assicurare uniformità di cottura su tutta la superficie dei manufatti, cottura che viene effettuata direttamente dai gas e dall'irraggiamento delle pareti, anche quelle disposte sotto i rulli; rimangono ''in ombra'' solo le limitate zone di contatto dei manufatti con i rulli, la cui temperatura però è uguale a quella delle altre parti del forno. Di solito i bruciatori di riscaldamento sono alimentati a gas ad alta velocità e ad alta turbolenza, in modo da realizzare un'elevata uniformità di temperatura nei vari punti (anche con differenze da punto a punto non superiori a 1°C). Ciò ha reso possibili cotture molto più rapide (anche meno di un'ora) e quindi produttività elevate dei forni. Per alcuni prodotti, specie piastrelle da pavimento e da rivestimento, si usa quasi ovunque il sistema di monocottura in monostrato. La monocottura, già utilizzata in passato per alcuni prodotti (per es., sanitari), oggi è diffusa per piastrelle, stoviglie, ecc.; essa comporta l'eliminazione della cottura a biscotto dei manufatti in quanto lo smalto e le decorazioni vengono applicati direttamente sul materiale crudo, essiccato. Così, con un unico trattamento termico si realizza la cottura del supporto e dello smalto, che in questo modo si àncora più saldamente al supporto.

Un altro progresso realizzato in questi ultimi anni dalla tecnologia ceramica è il largo uso di sistemi di automazione introdotti nelle varie fasi della lavorazione, dal comando delle presse al carico e scarico dei forni, alla loro regolazione, alla scelta e finitura dei prodotti. I forni sono dotati di microprocessori con memorizzazione dei dati caratteristici dei vari programmi, e quindi in grado di variare la curva di cottura in funzione dei vari parametri (condizioni di carico del forno, materie prime usate, temperature da raggiungere, ecc.).

Ceramiche avanzate o speciali. - Comprendono un vasto gruppo di prodotti che, pur avendo in comune con quelli tradizionali la struttura composita, i sistemi di foggiatura e il consolidamento mediante ''cottura'' ad alta temperatura, presentano tuttavia caratteristiche (meccaniche, termiche, elettriche, ecc.) notevolmente più elevate, che ne consentono l'impiego in applicazioni vietate alle c. tradizionali. Lo sviluppo di questi nuovi materiali ceramici parte da un approfondito studio delle relazioni fra struttura e proprietà dei compositi ceramici; l'insufficienza di alcune proprietà meccaniche delle c. tradizionali deriva dalla presenza di un'elevata quantità di fase vetrosa o dalla sua bassa temperatura di rammollimento (che d'altra parte facilita la cottura, la riduzione della porosità, ecc.).

La riduzione quasi totale della fase vetrosa (specie attraverso la scelta di materie prime pure); il ricorso a un processo di sinterizzazione delle fasi cristalline per il consolidamento della massa; la riduzione della porosità attraverso la scelta di adeguate granulometrie e di migliorati sistemi di stampaggio; la valorizzazione delle fasi cristalline, scelte fra quelle che presentano caratteristiche particolari, sono tutti elementi che hanno permesso di realizzare prodotti che, valorizzando le caratteristiche dei materiali ceramici, risultano adatti ad applicazioni particolari, in cui si richiedono elevate caratteristiche meccaniche, di resistenza alle alte temperature, alla corrosione, facile formabilità, ecc.

Le applicazioni di maggiore interesse per queste c. avanzate riguardano le parti strutturali o i componenti (autoveicoli, industria aerospaziale), i dispositivi di taglio, l'elettrochimica, la medicina, ecc.

Le materie prime per queste c. sono costituite da ossidi metallici (alluminio, zirconio), da carburi (di silicio), da azoturi (di alluminio). L'allumina (Al2O3) è un ossido di relativamente facile approvvigionamento, che si può ottenere a elevato grado di purezza; le tracce di silice che possono rimanere nel prodotto danno origine, durante la sinterizzazione, a una fase vetrosa ai bordi dei granuli, che se da una parte facilita la formazione dei manufatti, dall'altra è sufficiente a provocarne una sensibile diminuzione delle caratteristiche meccaniche. Si cerca pertanto di eliminare totalmente le tracce di silice e aggiungere come coadiuvante della sinterizzazione piccole quantità di ossido di magnesio.

L'ossido di zirconio (ZrO2), data la sua alta temperatura di fusione, si presta per preparare materiali strutturali utilizzabili fino a temperatura alta; l'ossido ha l'inconveniente di subire una trasformazione di fase quando viene raffreddato, passando da forma tetragonale a monoclina; ciò può essere evitato con piccole aggiunte di ossidi (calcio, magnesio, yttrio, ecc.) che stabilizzano la forma cubica, propria delle alte temperature. Aggiungendo una quantità di MgO minore di quella necessaria per una totale stabilizzazione, si ottiene un ossido di zirconio parzialmente stabilizzato, caratterizzato da importanti proprietà: resistenza agli sbalzi termici (attribuita a una precipitazione molto fine di fase tetragonale che presenta in questa forma scarsa tendenza a passare a monoclina), resistenza a flessione e a rottura, superiore a quella del prodotto completamente stabilizzato. Se l'additivo è ossido di yttrio (meno del 4%) si ottiene un prodotto costituito dal 100% di fase tetragonale a granuli fini, con elevate caratteristiche.

Il carburo di silicio, caratterizzato da elevata durezza e da buone proprietà meccaniche anche ad alta temperatura (fin verso i 1500°C), si può ottenere sotto forma di polvere minuta riducendo, in fase gassosa, a temperature superiori ai 1000°C, composti organici del silicio, oppure per decomposizione termica sempre di composti organici, per es. metilclorosilano, CH3SiCl, liquido che bolle a circa 66°C. Si ottiene la fase del SiC sotto forma di particelle cristalline, con un ristretto campo di granulometria, da meno di 1 μ fino a qualche μ. Queste polveri si prestano a dare (per pressatura, per colaggio, per estrusione, ecc.) manufatti che per riscaldamento sinterizzano raggiungendo densità superiore al 90% del teorico; innalzamenti di temperatura, durata lunga di riscaldamento, ecc., favoriscono il passaggio dalla forma α alla β, quella stabile ad alta temperatura (fra i 1900 e i 2200°C).

Il carburo di silicio è un composto di tipo covalente e per questo sinterizza con difficoltà, a meno che non sia presente un qualche additivo, per es. piccole quantità di boro, o non si operi sotto pressione. Si distinguono diversi tipi di carburo di silicio: sinterizzato per reazione, senza pressione o per pressione a caldo. Nel primo caso, prima della compattazione, al carburo si aggiunge un po' di carbone in polvere e il materiale pressato s'immerge in silicio fuso; durante il riscaldamento carbonio e silicio reagiscono, formando del carburo al bordo dei grani, che ne favorisce l'unione. Al posto del carbone si può usare un legante organico che favorisce lo stampaggio e poi crackizza nel riscaldamento, lasciando un residuo carbonioso che reagisce infine col silicio. Questo può anche essere introdotto in fase vapore. Nel processo senza pressione si può usare come coadiuvante della sinterizzazione una piccola quantità di boro (0,5% circa) e circa 1% di carbone, che reagendo fra loro favoriscono il collegamento dei grani di SiC. Il sistema di sinterizzazione a caldo, sotto pressione elevata, non si usa che in misura molto limitata.

L'azoturo di silicio è anch'esso difficile da sinterizzare, dato il suo carattere covalente; si conoscono coadiuvanti che agiscono solo in quantità piuttosto elevata (5÷10% di fase vetrosa); tale quantità può essere di molto ridotta se si opera sotto pressione, a caldo. Si può effettuare l'operazione in due fasi: nella prima si riscalda a circa 2000°C in presenza di una pressione di gas (azoto) di circa 20 atm; si ha la formazione di un po' di ''liquido'' senza decomposizione dell'azoturo. Successivamente la pressione del gas aumenta a circa 70 atm, mentre la temperatura scende leggermente; in questa fase la densità sale fino a raggiungere il 99% del teorico. L'additivo aggiunto in questo caso (5÷7%) è di solito azoturo di silicio e berillio.

L'azoturo in polvere si prepara con metodi simili a quelli seguiti per il carburo: reazione in fase gassosa di composti del silicio (CH3SiCl3,HSiCl3, ecc.) con idrogeno e azoto (3 HSiCl3 + 2 N2 + 3 H2 → Si3N4 + 9 HCl), azoturazione diretta della silice, reazione di composti del silicio (cloruro, clorosilano) con ammoniaca liquida a formare ammidi o immidi che poi, per decomposizione termica in presenza di azoto, danno l'azoturo. Azoturo e carburo di silicio presentano anche l'importante proprietà di dar luogo, con ossiazoturo e ossicarburo di alluminio, a un'ampia serie di soluzioni solide dotate di interessanti proprietà strutturali ad alta temperatura.

Nel caso dell'azoturo di silicio e dell'ossiazoturo di alluminio (Al2O3ON) le soluzioni solide si possono esprimere con la formula generale Si6zAlzOzN8-z con z variabile fra 0 e 4. I prodotti con z prossimo a zero presentano buona resistenza alle alte temperature, allo scorrimento, alla corrosione, quelli con z prossimo a 4 buone caratteristiche (resistenza meccanica, tenacità, resistenza all'abrasione, ecc.) a temperature più basse. Queste soluzioni solide (indicate, dalla formula, come SIALON) si possono ottenere per riscaldamento a 1400°C circa da materie prime di basso costo, come argilla, carbone, azoto: 3(Al2O3·2 SiO2·2 H2O) + 15 C + 5 N2 → 2(Si3N4·Al2O3ON) + 15CO + 6 H2O. Il prodotto ottenuto viene macinato e la polvere foggiata per compressione e sinterizzata a temperature di 1600÷1700°C. I manufatti, caratterizzati da un'elevata densità, presentano un basso coefficiente di dilatazione termica, resistenza agli sbalzi termici, alla frattura, allo scorrimento, ecc., fino a temperature di 1200÷1300°C.

Analoghi prodotti si ottengono da azoturo di alluminio (AlN) e ossicarburo di alluminio (Al2OC), e anche da SiC e AlN, da SiC e Al2OC (SICALOC), da SiC, AlN e Al2OC (SICALON). Questa vasta gamma di prodotti con proprietà più o meno differenti consente, con un'adeguata scelta dei componenti, di arrivare a manufatti con caratteristiche rispondenti a diverse esigenze.

Per la preparazione di c. avanzate sono stati sviluppati anche sistemi particolari per l'ottenimento delle materie prime, per la foggiatura, ecc. Per realizzare manufatti col massimo grado possibile di compattazione, con assenza pressoché totale di vuoti, riducendo al minimo la fase vetrosa, occorre disporre di granuli di forma sferica, di diametro il più piccolo e il più uguale possibile, che non si possono ottenere coi normali sistemi di macinazione che danno di solito particelle di forma e grandezza irregolari, le quali provocano nell'impaccamento disuniformità, che sono fonte di difetti nei prodotti finiti. Per ottenere granuli sferici si ricorre a sistemi basati sulla trasformazione degli ossidi (di alluminio, di zirconio, di titanio, ecc.) in composti (organici o inorganici) solubili e/o vaporizzabili, dai quali poi si ha una condensazione controllata dei vapori o una precipitazione omogenea dalle soluzioni o dalle emulsioni.

Per la foggiatura e la compattazione di questi granuli minuti si applicano sistemi differenti da quelli seguiti per le normali c.; si usano prevalentemente compressioni di tipo isostatico, in cui la pressione si esplica con uguale intensità su tutta la superficie dell'oggetto da formare. Si ricorre anche a compressione a caldo, che oltre alla compattazione dei granuli favorisce una loro incipiente sinterizzazione che poi s'intensifica nella fase di cottura. Prima della compressione si può favorire, per decompressione spinta, l'espulsione dell'aria presente fra i granuli che si oppone alla densificazione del materiale e può anche favorirne alterazioni. Anche i forni differiscono da quelli per le c. tradizionali; di solito sono forni discontinui, date le modeste produzioni; il riscaldamento avviene in atmosfera controllata, inerte, per evitare alterazioni dei manufatti; molta cura è posta alla regolazione e controllo della temperatura e del ciclo di cottura.

Applicazioni. - Come già accennato, queste c. avanzate interessano diversi campi (aeronautico, veicolistico, meccanico, elettrochimico, medico, ecc.); in alcuni di questi campi i nuovi prodotti sono già di uso corrente, in altri l'adozione è soggetta a ricerche in atto; le applicazioni si vanno estendendo rapidamente mano a mano che crescono le conoscenze sui singoli materiali e maggiore ne diviene la disponibilità.

L'efficienza di un motore termico dipende dal salto di temperatura disponibile (fra l'ambiente esterno e la camera di combustione); ma la temperatura della camera è limitata dalle caratteristiche dei materiali metallici usati; ciò tanto nei motori a combustione interna, che nei diesel e in quelli a reazione. L'adozione di materiali ceramici potrebbe consentire di aumentare almeno di 200°C le temperature attualmente permesse dai materiali metallici. Molte le ricerche in atto in questo settore, specie negli USA ma ancor più in Giappone; per la costruzione di una struttura monolitica del motore le maggiori attenzioni sono rivolte al carburo e all'azoturo di silicio, al Sialon, che a temperature superiori ai 1000°C circa presentano resistenze meccaniche superiori a quelle delle migliori superleghe, e hanno anche un'elevata resistenza allo scorrimento, all'ossidazione, ecc. Il problema tuttora da risolvere è quello di stabilire con buona approssimazione la vita della nuova struttura.

Molti tuttavia sono i componenti ormai provati in laboratorio, in prove al banco e in esercizio; fra questi si possono citare le canne dei cilindri, i pistoni, le teste dei pistoni, gli spinotti, le giranti delle turbine (quasi tutti in azoturo di silicio pressato e sinterizzato), oltre al rivestimento di diverse parti effettuato con ossido di zirconio parzialmente stabilizzato. Il rivestimento interno della camera di combustione protegge le pareti dalla corrosione, ma soprattutto costituisce un'efficace barriera al flusso di calore, cosicché il metallo si mantiene a temperatura accettabile. Con un sistema di spruzzatura con pistola a plasma la Alfa Avio riveste la camera di combustione di motori turbofan montati su aerei di grandi dimensioni. Rivestimenti ceramici si applicano anche sulle palette delle turbine, un componente di difficile fabbricazione; le palette metalliche debbono essere raffreddate internamente. La sostituzione del metallo col prodotto ceramico sinterizzato non dà ancora sufficienti garanzie mentre il rivestimento ceramico (ossido di zirconio) col suo basso coefficiente di trasmissione del calore crea una barriera al passaggio di questo, tanto che il metallo sottostante non richiede di essere raffreddato.

I materiali ceramici sono usati da tempo nella preparazione di utensili da taglio, poiché presentano elevata durezza che conservano anche ad alta temperatura; possiedono però una bassa tenacità e una scarsa resistenza agli sbalzi termici. Questi utensili, a base di ossido di alluminio, si ottenevano pressando la polvere a freddo e sinterizzando il materiale. Oggi si aggiunge all'allumina dell'ossido di zirconio, che porta a un aumento sensibile della tenacità. Manufatti a base di ossidi possiedono scarsa conduttività termica, non sopportano forti sbalzi di temperatura che si presentano nelle lavorazioni con macchine ad alta velocità o con cicli di lavorazione brevi, ripetuti, o per tagli di profondità, ecc. Si possono migliorare le proprietà degli ossidi, aggiungendo azoturo o carburi per es. di titanio, che oltre a elevata durezza possiedono una conduttività termica molto alta. Si vanno anche affermando manufatti di Sialon, i quali presentano tenacità e durezza che si conservano anche ad alta temperatura. Questi utensili si usano largamente, per es. nella finitura dei dischi e dei tamburi dei freni di autoveicoli. Una particolare applicazione di alcuni di questi prodotti ceramici si ha nel campo elettrochimico, dove si utilizzano come elettroliti solidi in accumulatori, in celle a combustibile, in sensori, come conduttori elettronici.

Alcuni ossidi presentano, allo stato solido, conduttività elettrolitica dovuta alla presenza di difetti reticolari che consentono la migrazione di uno ione. Presentano questo comportamento ossidi di valenza iii e iv nei quali la presenza di cationi bi- e trivalenti in soluzione solida, per mantenere la neutralità elettrica, provoca la formazione di vacanze ioniche. Gli ossidi più importanti da questo punto di vista sono quelli di zirconio, di alcune terre rare.

Nelle celle a combustibile a ossidi solidi l'elettrolita utilizzato è costituito da ossido di zirconio parzialmente stabilizzato con ossido di yttrio. Inizialmente il materiale era preparato miscelando i due componenti in polvere, comprimendo il materiale e riscaldandolo, per sinterizzarlo, a 1600÷1800°C. Oggi si ricorre alla co-precipitazione, in cui i due ossidi vengono rispettivamente solubilizzati e trasformati in alcossidi (Zr(OC3H7)4, Y(OC3H7)3), che poi vengono sciolti in solvente organico; le due soluzioni si mescolano e per idrolisi si ha la precipitazione dei due ossidi, frammisti, che poi si essiccano, si calcinano formando granuli con diametro medio dell'ordine del micron, i quali dopo compattazione si sinterizzano a circa 1450 °C. Il prodotto in granuli si può anche ottenere dalla soluzione dei due sali per co-precipitazione degli idrati che sono poi separati, lavati, essiccati, pressati e sinterizzati. L'impiego di ossidi solidi nelle celle a combustibile consente di ovviare a problemi di corrosione, fenomeni di evaporazione, e rende possibile operare a temperature alte (800÷1000°C) che favoriscono la cinetica delle reazioni e accrescono il rendimento della trasformazione. Allo stato attuale il costo di preparazione del materiale ceramico rende queste celle non competitive rispetto a quelle all'acido fosforico, le più usate. Le c. a base di ossido di zirconio, per la loro capacità di funzionare ad alta temperatura, trovano impiego come sensori di ossigeno nel controllo del rapporto aria/combustibile e quindi dell'efficienza della combustione nelle caldaie, nei motori a combustione interna, per il controllo dei gas di scarico, per il monitoraggio dell'ossigeno presente negli ambienti, ecc.

Oltre a questi materiali ceramici che consentono il moto di ioni ossigeno, se ne hanno altri che conducono ioni sodio, potassio, litio, ecc.; in particolare i conduttori rispetto al sodio sono rappresentati dall'allumina (β−Al2O3) e dal Nasicon.

L'allumina β si distingue in due varietà β2 e β3, a seconda della struttura presentata dalla cella elementare, a due o a tre blocchi di spinello (a simmetria rispettivamente esagonale e romboedrica), con rapporto molare allumina/ossido di sodio rispettivamente 8,5÷11 e 5÷6.

Queste allumine si ottengono miscelando allumina e carbonato sodico in polvere e calcinando la miscela; è preferibile sospendere l'allumina (in granuli di frazione di micron) in una soluzione di soda ed essiccare la sospensione a spruzzo. Si ottiene un prodotto in granuli fini che possono essere foggiati in presse isostatiche e poi sinterizzati a temperature dell'ordine dei 1600°C (β3) o di 1650÷1700°C (β2). A volte, dopo la sinterizzazione, che porta a un'incompleta trasformazione a β3, si opera una ricottura prolungata, ma a temperatura più bassa di quella di sinterizzazione, per evitare un eccessivo ingrossamento dei granuli. Si ottiene un elettrolita formato da granuli di 5÷50 μ, meccanicamente resistente, con conduttività di 3÷5 Ω−1·cm−1, a 300°C.

Col nome di Nasicon si indica un gruppo di prodotti ceramici conduttori di ioni sodio, di recente individuazione, di composizione generale Na1+xZr2SixP3-xO12 (dove x ha valore compreso fra 0,4 e 2,8); si preparano in maniera analoga a quanto indicato per i prodotti sopra ricordati (miscelazione a secco dei componenti: carbonato sodico, fosfato, biossido di zirconio, silice; macinazione, calcinazione, sinterizzazione oppure solubilizzazione o dispersione dei componenti, o loro precursori, precipitazione, ecc.). Un vantaggio di questi prodotti è dato dalla loro sinterizzazione a temperatura più bassa, circa 1200°C e anche meno, ricorrendo alla pressatura a caldo. Non hanno le elevate caratteristiche meccaniche delle allumine, ma presentano all'incirca la stessa conduttività e quindi possono trovare vantaggiosa applicazione in molti casi.

Nel campo elettronico l'impiego di materiali ceramici è largamente sviluppato; per la singolarità delle caratteristiche di alcuni prodotti questi materiali trovano applicazione per scopi differenti, come dielettrici, come materiali magnetici, come semiconduttori, in dispositivi di ottica elettronica, come substrati isolanti in circuiti stampati, in c. multistrato, ecc.

Ricordiamo solo alcuni dei materiali interessanti l'elettronica. L'allumina si usa nei circuiti per l'elevata resistività elettrica, la bassa costante dielettrica, le favorevoli proprietà meccaniche, il basso coefficiente di dilatazione termica, ecc. Una particolare forma d'impiego è costituita da nastri sottili dello spessore di alcune decine o centinaia di micron usati, per es., nella costruzione di circuiti modulari. Si ottengono in maniera analoga alla preparazione della carta patinata: una sospensione di allumina con additivi vari (disperdenti, adesivi, regolatori della viscosità, ecc.) viene distribuita su di un nastro di materiale plastico a mezzo di un coltello livellatore scorrevole; questi laminati si sovrappongono in numero anche di alcune decine, ponendo fra gli uni e gli altri conduttori metallici utilizzati per collegare le singole parti dei circuiti in una rete tridimensionale. Nei circuiti integrati complessi nei quali si verifica un forte sviluppo di calore, che va disperso il più rapidamente possibile, si ricorre a supporti di carburo di silicio e di ossido di berillio, che presentano conduttività termica dieci volte superiore a quella dell'allumina.

Una classe importante di materiali ceramici usati come piezoelettrici, ferroelettrici, è costituita da titanati (di bario, di piombo), da zirconati e niobati (di piombo), da soluzioni solide, zirconati-titanati sempre di piombo.

Un campo particolare di applicazione di materiali ceramici è rappresentato dalla superconduttività; in questi ultimi anni sono stati trovati materiali che presentano superconduttività a temperature superiori a quelle dei materiali sinora noti; questi nuovi materiali sono formati da ossidi ceramici di lantanio, rame e bario (o stronzio) (di formula generale La1,8Sr0,2CuO4) con temperatura critica di circa 40°K e da ossidi di yttrio, rame e bario (di formula generale YBaCu3O7), con temperatura critica di 92°K.

Nel campo medico i materiali ceramici sono usati nelle protesi, nella ricostruzione e nella sostituzione di parti ossee. L'allumina si presta in molti casi per la sua durezza e resistenza all'abrasione e alla corrosione. Le sue possibilità d'impiego sono oggetto di studio in varie cliniche. Altro prodotto ceramico proposto, specie per applicazioni che non richiedono particolari caratteristiche meccaniche, è rappresentato da c. a base di idrossiapatite (che è il costituente principale della parte inorganica delle ossa). Il prodotto è ben tollerato, poco soggetto a fenomeni di rigetto e si presta per parti non destinate a sopportare carichi elevati o sforzi particolari.

C. a base di idrossiapatite sono largamente studiate per interventi in odontoiatria, in ricostruzioni dell'osso mascellare, nella impiantazione di radici artificiali nelle cavità lasciate da denti estirpati.

Bibl.: Proceedings international symposium ceramic components for heat engines, Hakone 1981; S. W. Richerson, Modern ceramic engineering, New York 1982; Forming of ceramics, a cura di J. A. Mangels, G. L. Messing, Columbus (Ohio) 1984; Ultrastructure processing of ceramics, glasses and composites, New York 1984.

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