CERDÁ y LLOSCOS, Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 23 (1979)

CERDÁ y LLOSCOS, Antonio

Alfred A. Strnad

Nacque nel 1390 a Santa Margherita nell'isola di Maiorca nelle Baleari da nobile famiglia che vantava la propria discendenza dalla dinastia dei re locali, ed era figlio minore del cavaliere e consigliere Estéban Cerdá e di Leonor de Lloscos. Dopo la morte prematura del padre, la madre si risposò con Ramón Zaforteza y Burgués, entrando così in una famiglia dell'alta nobiltà aragonese. Destinato alla carriera ecclesiastica, il C. compì i primi studi di grammatica e di retorica a Palma, per passare poi, quindicenne, all'università di Lérida dove studiò teologia. Conseguito il titolo di magister in theologia, tornò in patria, dove ottenne un canonicato a Palma ed entrò nell'Ordine dei trinitari nel locale convento di S. Spirito. Più tardi ricoprì una cattedra di teologia morale all'università di Lérida, e rivestì anche la carica di esaminatore sinodale del vescovo. In seguito passò alla cattedra di teologia scolastica, ma insegnò anche Sacra Scrittura e compilò un commento esegetico. Sempre a Lérida, nel 1429 passò alla cattedra di diritto canonico. Poi fu assorbito completamente dagli affari del suo Ordine.

Nel capitolo generale celebrato nella casa madre di Cerfroid (Aisne) fu eletto, il 24 apr. 1429, "primus definitor" e nominato visitatore delle province dell'Ordine di Inghilterra, Scozia ed Irlanda. Rimase in carica per due anni introducendo in quelle province l'osservanza, ed elaborò, per incarico del generale Jean Halboult, i nuovi statuti dell'Ordine. Il successo di cui era coronato il suo operato indusse i capi dell'Ordine ad affidargli anche l'introduzione dell'osservanza in Spagna e in Italia, prima di nominarlo procuratore generale presso la Curia romana, dove presto si acquistò grande fama come eccellente canonista ed ottenne l'approvazione pontificia per i nuovi statuti dell'Ordine.

Eugenio IV gli donferì la carica di cubiculario pontificio. Ma il C. riuscì soprattutto a conquistarsi la particolare fiducia del suo successore Niccolò V, al quale lo legava una consonanza spirituale: e su proposta di Alfonso d'Aragona re di Napoli, Niccolò V gli conferì l'arcivescovato di Messina. Nella bolla di nomina il C. è, qualificato come "canonicus Maioricensis, in theologia magister et in sacerdotio constitutus, cubicularius noster": egli doveva dunque già aver ricevuto gli ordini (Arch. Segr. Vat., Reg. lat. 435, ff. 159v-162r). Fece amministrare l'arcivescovato, dal quale era quasi sempre assente, dal vicario Martino Lobet. Sempre per intervento del re, il 16 febbr. 1448 fu elevato alla dignità cardinalizia, come primo ed allora unico cardinale di Niccolò V, il quale il giorno successivo gli conferì il titolo presbiteriale di S. Crisogono. Dal 5 marzo in poi partecipò anche alle entrate del Collegio cardinalizio nel seno del quale era responsabile per il clero regolare. La fiducia di cui godeva presso Alfonso d'Aragona indusse il papa a nominarlo anche inquisitore generale nel regno d'Aragona, dove il 22 febbr. 1449 gli fu conferita in commenda l'abbazia cisterciense di Valdigna (diocesi di Valencia) e dove ottenne anche altri benefici ecclesiastici. Il 30 ag. 1448 fu incaricato da Niccolò V di recarsi, insieme con il cardinale Jean Le Jeune, alla corte di Alfonso V.

Lo stesso papa, accogliendo una'richiesta di Alfonso d'Aragona, lo trasferì il 28 marzo 1449 alla diocesi di Lérida, dopo avergli concesso una serie di benefici per migliorare le sue entrate. Gli permise di conservare i benefici conferitigli in precedenza, ad eccezione di Valdigna. Il capitolo di Lérida lo riconobbe come vescovo solo il 25 aprile, diviso com'era a causa di contrasti interni. Quale compenso, pare, della perdita di Valdigna, nel maggio 1449 ottenne in commenda il monastero benedettino di S. Pietro de Rodis (diocesi di Gerona). Il 30 maggio 1449 prese possesso del suo nuovo vescovato tramite un procuratore. Pare infatti che abbia soggiornato nella sua diocesi solo per brevi periodi, trattenendosi di solito in Curia o alla corte di Napoli, dove Alfonso d'Aragona gli aveva affidato, insieme con altri, l'educazione del principe ereditario. Frutto di quest'esperienza è, a quanto pare, il suo trattato De educatione principum. Per potersi dedicare a questo compito il papa lo liberò dall'obbligo di risiedere nella sua diocesi (1º ott. 1449). Il 26 ottobre 1451 aggiunse ai benefici del C. anche la prepositura di Palma di Maiorca e l'arcidiaconato di Gerona.

Dal 27 ottobre del 1450il C. fece parte del gruppo di cardinali residenti in Curia ed è ricordato come responsabile per i benefici nei regni di Napoli e di Aragona. Ma oltre a ciò fu incaricato di missioni diplomatiche sia dal papa sia dal re di Napoli. Fu coronata da successo soprattutto la sua mediazione nel conflitto tra Napoli e la Repubblica di Firenze. Nella primavera del 1452,per incarico di Alfonso d'Aragona, riportò ad Ariano le reliquie del patrono locale da Benevento, dove tempo prima erano state traslate. Nel 1456 funse come camerlengo del Sacro Collegio.

Partecipò ai due conclavi del 1455 e del 1458, ma pur essendo giudicato tra i papabili, non riuscì ad ottenere la tiara. Era di ostacolo, tra l'altro, probabilmente anche la sua appartenenza ad un Ordine religioso. Il suo connazionale Callisto III gli conferì il 28 giugno 1455 l'amministrazione della diocesi di Giovinazzo, alla quale il C. rinunciò prima del 27 febbr. 1458 a favore di Ettore Galgani. In compenso ricevette in commenda il 27 luglio 1458 il priorato e la prebenda di S. Paolo a Barcellona. Fu molto stimato anche da Pio II, il quale si servì spesso della sua competenza teologica, vantandolo come "princeps theologorum". Questo giudizio è condiviso anche da Vespasiano da Bisticci, il quale lo qualifica come "grandissimo filosofo et teologo, che pochi n'aveva la sua età".

Il C. morì a Roma il 12 sett. 1459, quasi settantenne (Bibl. Ap. Vat., Reg. lat. 770, f. 19). Fu sepolto a S. Pietro, nell'oratorio del coro d'inverno, demolito nel 1570. Con lui sparì l'unico cardinale uscito dall'Ordine dei trinitari.

Il C. fu grande amico e protettore degli umanisti. Per sollecitazione sua Rinuccio d'Arezzo tradusse dal greco la Vita Aesopi, mentre il certosino Francesco da Venezia gli dedicò il suo Tractatus de quattuor virtutibuscardinalibus (Bibl. Ap. Vat., cod. Chig. O. VI. 123). Il C. possedeva una raccolta di codici preziosi, che venne poi acquistata da Pio II, suo esecutore testamentario, che la incorporò nella propria biblioteca.

Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat.,Arm. XXIX, 28, f. 70v; Ibid., Oblig. et sol. 72, ff. 55v, 61rv, 101v; Ibid., Reg. lat. 435, ff. 159v-162r; Ibid., Reg. vat. 388, f. 250v; 390, f. 240rv; 406, ff. 265rv, 272rv; 407, ff. 157r-158r, 212v-213r; 408, ff.5r-6r, 70r-73r, 135r-136r, 256v-257r, 290r-292v; 409, ff. 112v-113r, 309v-311r; 410, ff.65v-67v, 152r-153v; 417, ff. 147r-149v, 418, ff. 190r-198v; 423, ff. 39rv, 101r-102v; 437, ff. 49r-50r, 69v-70r; 450, ff.236r-237v, 240v-241v; 453, ff. 357r-358r; 478, ff. 52v-54r; A. Ciacconio-A. Oldoino, Vitae, et res gestae pontificum Romanorum et S. R. E. cardinalium, II,Romae 1677, col. 969; G. J. Eggs, Purpura docta, III-IV, Monachii 1714, pp. 142 s.; R. Pirro, Sicilia sacra, a cura di A. Mongitore, I, Panormi 1723, p. 421; C.D. Gallo, Annali della città di Messina, II,Messina 1758, pp. 331 ss.; N. Antonio, Bibliotheca hispana vetus,II,Matriti 1788, p. 278; J. M. Bover, Biblioteca des escritores baleares, I,Palma 1868, pp. 180 s.; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d'altri edifici di Roma, VI,Roma 1875, p. 38; M. R. James, The Western Manuscripts in the Library of Trinity College, Cambridge, Cambridge 1901, pp. 8 s.; J. Rius Serra, Regesto iberico de Calixto III, I,Barcelona 1948, ad Ind.; II,ibid. 1958, ad Ind.; Vespasiano da Bisticci, Le Vite, a cura di A. Greco, I,Firenze 1970, p. 61; F. Cancellieri, De secretariis veteris Basilicae Vaticanae, Romae 1786, pp. 873 s.; L. Cardella, Mem. stor. de' cardinali della Santa Romana Chiesa, III,Roma 1793, p. 108; P. Sainz de Baranda, España sagrada, XLVII,Madrid 1850, pp. 81-84; J. Villanueva, Viage literário a las iglesias de España, XVII,Madrid 1851, pp. 39-42; G. Voigt, Enea Silvio de' Piccolomini als Papst Pius der Zweite, und sein Zeit-alter, III,Berlin 1863, p. 519; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, XXI,Venezia 1870, coll. 402, 565; L. Marziani. Istorie della città di Giovinazzo, I, Bari 1878, p. 114; L. Boglino, La Sicilia e i suoi cardinali, Palermo 1884, pp. 24 s. e tav. II n. 13; E. Müntz-P. Fabre, La Bibliothèque du Vatican au XVè siècle d'après des documents inédits, Paris 1887, p. 129; Antonino de la Asunción, Diccion. de escritores trinitarios de España y Portugal, I,Roma 1898, pp. 146-49; P. Deslandres, L'Ordre des trinitaires pour le rachat des captifs, Toulouse-Paris 1903, I, p. 189; D. P. Lockwood, De Rinucio Aretino Graecarum litterarum interprete, in Harvard Studies in Classical Philology, XXIV (1913), pp. 56, 62, 69-72, 76 s., 92 s.; W. Schürmeyer, Das Kardinalkollegium unter Pius II., in Historische Studien,CXXII (1914), pp. 15, 132 n. 17; J. Rius Serra, Calixto III y Lérida, in La Esperanza, 1925, p. 201; A.-A. García Carraffa, Diccionário heráldico y geneal. de apellidos españoles yamericanos, XXIV,Madrid 1926, p. 76; J. Rius Serra, Catalanes y Arag. en la corte de Calixto III, in Anal. sacra Tarrac., s. 1, III (1972), pp. 44, 48 s., 76, 94, 100, 131 nn. 33-34; Antoninus ab Assumptione, Ministr. gener. Ordinis SS. Trinit. series, Isola del Liri 1936, p. 230; Angelo Romano di Santa Teresa, L'Ordine trinitario in Italia, I,Roma 1941, p. 74; E. Tormo, Monum. de Españoles en Roma, y de Portugueses e Hispano-Americanos, Madrid 1942, I, p. 30; II, p. 144; L. von Pastor, Storia dei papi, I,Roma 1958, pp. 413, 651, 769, 859, 871; II, ibid. 1961, pp. 11, 192 s.; P. Künzle, E. S. Piccolominis Forsetzung zum Liber Augustalis von Benvenuto Rambaldi aus Imola, in La Bibliofilia, LX(1958), pp. 166 ss.; A. F. C. Ryder, La politica ital. di Alfonso d'Aragona, in Arch. stor. per le prov. napol., LXXVIII(1959), p. 243; A. A. Strnad, F. Todeschini-Piccolomini, in Römische historische Mitteilungen, VIII-IX(1966), p. 167 n. 63; Enea Silvio Piccolomini - Papa Pio II. Atti del Convegno per il quinto centen. della morte e altri scritti, a cura di D. Maffei, Siena 1968, ad Indicem; J. Ruysschaert, Une annonciation inspirée de Roger de la Pasture dans un manuscrit romain de 1459,in Mélanges d'archéologie et d'hist. de l'art offerts au professeur Jacques Lavalleye, Louvain 1970, pp. 251-54 (per la bibiblioteca del C.), tavv. LXII, LXIII; C. Eubel, Hierarchia catholica, II,Monasterii 1914, pp. 10, 31, 32; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, pp. 118, 256, 420; II, pp. 99, 165, 311, 391, 436.

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