ROSSI, Cesare

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROSSI, Cesare

Irene Scaturro

ROSSI, Cesare. – Nacque a Fano il 19 novembre 1829 da Nicola e da Caterina Lombardi, decimo figlio di una famiglia della piccola aristocrazia marchigiana.

Avviato allo studio dell’avvocatura, compì gli studi elementari e di retorica frequentando con buoni risultati il collegio dei gesuiti. Al contempo, incoraggiato dal padre, appassionato filodrammatico, recitava abitualmente con i fratelli e le sorelle nel teatrino di famiglia in occasione del Carnevale; costituì inoltre una compagnia di dilettanti che recitava a Fano e nelle zone limitrofe.

Nel 1848 partì clandestinamente insieme ai fratelli maggiori per difendere Vicenza. Rientrato a Fano, l’anno successivo si unì alla legione Masi e combatté a Roma sul Gianicolo, dove il fratello Giovanni perse la vita. Dopo la caduta della Repubblica Romana tornò a casa dove – malvisto e costantemente sorvegliato dalla polizia – non riuscì a trovare un impiego; fu allora che decise di aggregarsi a una compagnia di comici di passaggio. Pur non provenendo da una vera formazione teatrale, negli anni successivi imparò la professione sulle tavole del palcoscenico, dando prova di grande tenacia e perseveranza.

Nel 1851 venne scritturato dalla compagnia Fabbri-Benvenuti; la gavetta si rivelò estremamente difficile, ma non perse fiducia nelle proprie capacità. Continuò a recitare come amoroso in diverse compagnie, tra cui la Coltellini. Nel 1853 sposò Clotilde Medici, sua partner in scena, che morì di parto l’anno seguente; tornò quindi con il figlio Roberto a Fano, dove si fermò per qualche mese, malato e isolato a causa dei suoi trascorsi liberali.

Nel 1855 tornò a calcare le scene con la compagnia Calamai per poi venir scritturato da Cesare Asti; a questo periodo risale il passaggio dalle parti di amoroso a quelle di brillante, con cui iniziò a riscuotere il consenso del pubblico delle piazze minori. Tuttavia, nel febbraio del 1856, al teatro Re di Milano, venne aspramente contestato dagli spettatori, niente affatto convinti dai suoi lazzi e da una mimica stereotipata. Ernesto Rossi – che si era unito alla compagnia in occasione del Carnevale – rincuorò il giovane collega annichilito dal fiasco, e lo indirizzò verso una recitazione più naturale.

Nello stesso anno sposò l’attrice e figlia d’arte Giuseppina Rocchi, da cui ebbe il figlio Alessandro, e a giugno firmò un contratto in cui si impegnava a recitare per un triennio (1857-60) nella compagnia di Ernesto Rossi. Questi lo convinse a passare dal ruolo di brillante a quello di caratterista e promiscuo, in modo da poter interpretare parti più consone alla sua fisionomia (una grande testa e un naso pronunciato); i risultati non tardarono ad arrivare: ben presto si mise in luce con personaggi come Claudio nell’Amleto e Lanciotto nella Francesca da Rimini. Contemporaneamente, il confronto con il pubblico smaliziato dei teatri cittadini e l’osservazione dei colleghi, attori di prim’ordine, gli permisero di migliorare la propria recitazione.

Nel 1860 esordì come primo caratterista nella compagnia ‘modello’ di Luigi Bellotti Bon con Papà Goriot di Honoré de Balzac. Qui ebbe modo di affinarsi ulteriormente al fianco di Francesco Ciotti, Gaspare Lavaggi, Amalia Fumagalli, Giacinta Pezzana, e dello stesso Bellotti Bon; affermandosi definitivamente grazie a personaggi quali il duca di Herrera ne I mariti di Achille Torelli e a ruoli da protagonista in pièces come La gerla di Papà Martin di Eugène Cormon ed Eugène Grangé, Luigi XI di Casimir-Jean-François Delavigne, Rabagas di Victorien Sardou, che gli valsero gli elogi del pubblico e della critica nostrana e d’Oltralpe. Si distinse anche per le sue interpretazioni nelle pièces goldoniane, per esempio in Il burbero benefico (Geronte) e in La Bottega del caffè (don Marzio).

La collaborazione con Bellotti Bon si interruppe per un triennio, nel quale Rossi venne scritturato da Fanny Sadowsky non solo come primo attore da parrucca, caratterista e promiscuo, ma anche, per la prima volta, come direttore. Dal 1874 al 1875 diresse e recitò nella compagnia Bellotti Bon n. 3, prendendo parte all’ambizioso esperimento delle tre compagnie gemelle.

L’esperienza di capocomico maturata negli ultimi anni, gli consentì di iniziare un proprio progetto, da lungo agognato: il 5 ottobre 1876 la municipalità di Torino deliberava a suo favore «l’uso e godimento gratuito del teatro Carignano per 6 mesi all’anno» (Fano, Biblioteca Federiciana, Cesare Rossi, faldone 24b), concessione triennale che venne in seguito prorogata fino al 1885. La drammatica compagnia della Città di Torino costituì, nell’Italia unita, il primo esempio di compagnia semistabile sovvenzionata da una municipalità. Venne inoltre istituito un premio annuale per gli autori delle migliori commedie rappresentate – a cui Rossi stesso contribuiva pecuniariamente – e progettata una scuola di declamazione. Il capocomico formò la nuova troupe con grande attenzione sia all’armonia dell’insieme, sia alle giovani promesse, cui fece da mentore, come Teresina Leigheb – sostituita poi da Celeste Paladini –, Claudia Lichi e soprattutto Eleonora Duse, che conquistò ben presto il ruolo di prima donna, orientando anche la scelta dei testi teatrali messi in scena dalla compagnia. Rossi, sovente restio nel mettere in scena i testi proposti da Duse, che considerava rischiosi, si lasciò però convincere ad assecondare le proposte della sua prima attrice, come nel caso de La principessa di Bagdad di Alexandre Dumas figlio e Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni.

Dal 1881 la compagnia conobbe un periodo particolarmente prospero; sebbene nel novembre del 1884 cessasse la propria attività come semistabile, la troupe continuò le proprie tournées sotto la direzione Rossi-Duse-Checchi, riscuotendo enormi successi in Sudamerica. Qui si ammalò di febbre gialla, guarendo grazie alle cure di Teresa Bernieri, con cui aveva intrecciato da tempo una relazione sentimentale.

Sciolta la compagnia, dopo un breve periodo di riposo, nel 1887 scritturò, insieme a Virginia Marini, la compagnia di Eugenio Casilini; l’anno dopo, questa volta senza alcuna sovvenzione comunale, rifondò la drammatica compagnia Città di Torino, che annoverò tra i primi attori Ermete Zacconi, Graziosa Glech e, successivamente, Teresina Mariani, sostituita poi da Corinna Quaglia.

Nel 1894 venne scritturato da Duse per due tournées: la prima a Londra, da maggio a giugno, e la seconda in Germania, tra novembre e dicembre. Sorsero però delle incomprensioni, dovute in primo luogo al fatto che pubblico e stampa credettero Duse alle dipendenze di Rossi; l’attrice, pur ribadendo il proprio affetto per l’antico maestro, a luglio lo invitò a non unirsi alla compagnia durante la seconda tournée. Nello stesso mese, Rossi annunciò alla stampa la sua volontà di ritirarsi dalle scene; la serata d’addio si tenne l’ultimo giorno del successivo Carnevale, al teatro Niccolini di Firenze.

Non si trattò di un allontanamento definitivo: dopo alcune apparizioni a Roma e Firenze, nel 1896 fondò con Giovanni Emmanuel una nuova compagnia che recitò fino al 1897. Fu poi in scena con la compagnia Giachi-Rovella e successivamente con la drammatica compagnia stabile della Città di Napoli, che diresse con Andrea Maggi.

Morì per un attacco cardiaco a Bari il 1° novembre 1898, poco prima di andare in scena con Un curioso accidente, una pièce goldoniana nella quale aveva riscosso grandi successi nei panni di Filiberto.

Una grande folla partecipò ai solenni funerali, tra cui i rappresentanti delle civiche istituzioni, della massoneria e del mondo teatrale. La salma venne poi traslata a Fano, dove fu proclamato il lutto cittadino.

I critici gli riconobbero grande versatilità come caratterista – sia nel genere comico sia in quello drammatico – e ne elogiarono la dizione accurata accompagnata dall’eleganza del gesto, la grande spontaneità e la ricchezza di gradazioni nel ritrarre i moti dell’animo umano. Vincenzo Andrei (1876) ne esaltò il metodo ‘scientifico’ alla base della costruzione di personaggi ben differenziati, Edoardo Boutet (1895) sottolineò al contrario una certa uniformità tra le diverse interpretazioni, pur riconoscendogli buone capacità di immedesimazione, mentre Luigi Rasi (1905) lo difese dall’accusa di manierismo mossagli nell’ultimo periodo della sua carriera, sostenendo che il giudizio sulla naturalezza della recitazione di Rossi andasse contestualizzato rispetto al suo tempo, e manifestando la più viva ammirazione per la grandiosità della sua arte.

Indubbiamente Rossi mostrò sempre una grande attenzione per il repertorio drammaturgico coevo. Oltre a imporsi come interprete goldoniano, fecero infatti scalpore le sue apparizioni in pièces di autori stranieri e italiani. Questi ultimi trovarono nel capocomico un attento promotore, soprattutto all’epoca della compagnia Città di Torino. A lui si deve, oltre al rilancio dell’idea di una compagnia stabile, la scoperta di molti giovani attori, che seppe formare e lanciare sulla scena italiana, anche quando il loro stile non si uniformava al suo.

Fonti e Bibl.: Fano, Biblioteca Federiciana, Fondo Cesare Rossi; Archivio di Stato di Pesaro, sezione di Fano; Roma, Biblioteca teatrale SIAE del Burcardo.

V. Andrei, Studi su C. R. in rapporto colla scienza e coll’arte, Pisa 1876; E. Rossi, Quarant’anni di vita artistica, Firenze 1887; E. Boutet, L’Arte di C. R., in Il Gazzettino. Periodico amministrativo settimanale di Fano, suppl. artistico al n. 9, 17 marzo 1895, pp. 2-3; L. Rasi, R. C., in I comici italiani. Biografia, bibliografia, iconografia, II, Firenze 1905, pp. 430-442; G. Pastina, R. C., in Enciclopedia dello spettacolo, VIII, Roma 1954, coll. 1223 s.; O. Signorelli, Lettere di Eleonora Duse a C. R. (1885-1894), in Eleonora Duse nel suo tempo, a cura di G. Guerrieri, Milano 1962, pp. 9-27; L. Anselmi, C. R. da Rabagas a Goldoni, in Fano, suppl. al Notiziario di informazione ai problemi cittadini, 1967, n. 4, pp. 17-21; G. Costetti, Il teatro italiano nel 1800, Bologna 1978; M. Sgattoni, L’incontro umano ed artistico di C. R. con Eleonora Duse, in Fano, suppl. al Notiziario di informazione sui problemi cittadini, 1979, pp. 7-55; T. Assennato, C. R., 2006, in Archivio multimediale attori italiani, http://memoria-attori.amati. fupress.net/S100?idattore=4&idmenu=8 (26 gennaio 2017); M. Schino, Il teatro di Eleonora Duse, nuova ed. riveduta e ampliata, Roma 2008; A. Colomberti, Dizionario biografico degli attori italiani, a cura di A. Bentoglio, Roma 2009, pp. 503-504; L’Amleto di C. R., a cura di S. Pietrini, Fano 2015.

TAG

Metodo ‘scientifico

Luigi bellotti bon

Repubblica romana

Bottega del caffè

Giacinta pezzana