SAINTE-BEUVE, Charles-Augustin de

Enciclopedia Italiana (1936)

SAINTE-BEUVE, Charles-Augustin de

Mario BONFANTINI

Letterato, nato a Boulogne-sur-Mer il 23 dicembre 1804, morto a Parigi il 1° ottobre 1869. Di famiglia agiatamente borghese, orfano di padre prima di nascere, ebbe adolescenza solitaria. Fece gli studî classici a Boulogne e poi a Parigi, al Collège Charlemagne e al Bourbon. Nel 1823 si iscrisse alla facoltà di medicina. Filosoficamente, si formò sui materialisti-ideologhi: Destutt de Tracy e Daunou. Abbastanza simile in questo a Stendhal; egli vi aggiunse però i nuovi studî di scienze fisiche; si occupava di psicologia e di fisiologia. Nel 1824 il Dubois, suo ex-professore al liceo, lo sottrae all'università per lanciarlo nella via che fu poi sempre la sua, il giornalismo, facendolo entrare redattore al Globe. S.-B., critico letterario, si fece amico di Victor Hugo giovane, che gli rivelò, in certo modo, la poesia e la grande letteratura. Concorse a un premio dell'Accademia col Tableau historique et critique de la poéśie française au XVIe siècle: libro che ebbe grande importanza, in quanto trovò una tradizione al nascente romanticismo, riabilitando Ronsard e la Pléiade.

Seguirono alcuni tentativi di "arte pura": Vie, poésie et pensées de Joseph Delorme (1829), in cui, rifacendosi in parte agli inglesi "laghisti" precorre la corrente intimista della poesia romantica. Seguiranno, riel 1830, le Consolations, poesie di intonazione mistica; nel 1834 Volupté (specie di autobiografia giovanile immaginaria, importante per la psicologia del suo autore), che restò più un tentativo di romanzo che un romanzo vero e proprio. Pensées d'août (1837), fu il suo addio alla poesia: versi già sentenziosi e invasi dalla preoccupazione analitica.

Nel frattempo egli aveva iniziato la serie delle sue "esperienze". Una lite con Hugo, a causa del suo amore per la moglie di lui Adèle, lo distaccò per sempre dal romanticismo militante. Sempre più incline alla religione, diventa saint-simonista, conosce Enfantin, e assiste alle famose riunioni della Rue Taitbout (gli pareva, dirà con frase tipica, di osservare "une religion sous cloche"); si lega all'abbé Gerbet, a Lacordaire; Lamennais ha tanta stima di lui che nel 1831 lo vuol portare con sé a Roma. In politica però era rimasto liberale, collaborando con A. Carrel al National; e anche in morale non tardò gran tempo a persuadersi della sua "impossibilità di credere". Accettò tuttavia di tenere, a Losanna, un corso su Port-Royal (1837-38) e il libro che egli ne cavò, opera monumentale, lo classificò senz'altro in prima fila tra i nuovi storici. Il primo volume di quella grande opera uscì nel 1840; ma al tempo stesso egli pubblicava una chiara professione d'ideologismo sperimentale, nel saggio dedicato a La Rochefoucauld. V. Cousin lo nominò bibliotecario alla Mazzarina. Entrò nel 1844 all'Accademia, e frequentò i famosi salotti di Madame Récamier, M. me de Broglie, M. me de Boigne. Amico di Molé, M. me d'Arbouville, nipote di quest'ultimo, fu il suo più lungo e tormentoso amore, forzatamente ridotto all'amicizia. Nel 1848, con la rivoluzione, si affermò calunniosamente ch'egli attingesse ai fondi segreti di Luigi Filippo; si dimise da bibliotecario e andò professore a Liegi, dove tenne un corso su "Chateaubriand et son groupe" dal quale trasse poi un libro. Frattanto si era andato affermando sulla Revue des Deux Mondes per lunghi anni, come critico e ritrattista (ne uscirono i Portraits Littéraires, i Portraits de Femmes e in gran parte i Portraits Contemporains, cose che segnano già la cima dell'arte sua). Di ritorno dal Belgio, s'impegnò col Constitutionnel a fornire un artieolo, o saggio di critica o di storia, tutti i lunedì. Divenne così l'autore dei celebri Lundis, continuando questo lavoro nello stesso giornale per quasi vent'anni, fino alla morte, con una parentesi di otto anni al Moniteur: tenendo cattedra di storia letteraria, di critica e di storia, ma soprattutto di psicologia. Tra il colpo di stato e la proclamazione dell'impero, divenne partigiano dell'ordine e di Napoleone, scrivendo l'articolo Les Regrets, nel quale invitava i suoi ex-amici a se "rallier". Napoleone III lo nominò professore di poesia latina al Collège de France (1855). Dal '57 al '61 fu professore di letteratura francese all'École normale; dopo il'65, senatore dell'impero.

Ma progressivamente andava ritornando alle idee librali della gioventù, che erano il suo vero fondo: il clima più adatto per il suo ideale di una cultura tipicamente laica, tutta rivolta alla ricerca il più possibile spregiudicata della verità. Fondò con Gavarni il famoso "Dîner de la Quinzaine, chez Magny", che raccoglieva quasi tutti i più begli ingegni del tempo, da Théophile Gautier ai Goncourt, da Flaubert a E. Schérer, da Taine a M. Berthelot, da Robin a George Sand. Ma il suo atto più clamoroso, che portò la definitiva rottura con la stessa principessa Matilde e col governo, furono i tre discorsi al senato, del '67-68, in difesa di Renan, contro una legge sulla stampa, a favore della scuola laica.

Continuò i suoi studî e i suoi lavori fino alla fine, aiutato successivamente da diversi segretarî, di cui l'ultimo, Jules Troubat, si fece poi suo storico.

Prosatore e poeta, studioso e giornalista, critico e narratore, SainteBeuve è la figura più rappresentativa nella storia ideale dell'Ottocento francese. Partito dal Villemain, che primo tentava di collegare rigorosamente la storia politica con i fenomeni letterarî, egli si rivolse decisamente allo studio dell'individuo, di cui l'attività letteraria non è che una manifestazione, se pure la più genuina e spesso la più importante. Facendo il cammino inverso, egli giungeva dalla letteratura alla scienza delle anime (sua massima ambizione era di fondare "l'histoire naturelle des esprits"): sboccando alla storia del costume, con la chiara tendenza ultima verso la politica. Così egli veniva a personificare le due più grandi aspirazioni del secolo: l'ambizione scientifica (che diventerà poi positivismo), di ridurre tutti i dati della conoscenza a un sistema sperimentale; e la tendenza idealistica, cui egli arrivò non tanto per via di un consapevole sviluppo filosofico, quanto in virtù delle sue personali esperienze mistico-religiose, innestando sullo spregiudicato illuminismo degli enciclopedisti il grande movimento spirituale del romanticismo. Rifacendosi all'individuo, alle sue più segrete passioni, alle idee, alle influenze pratiche e culturali, egli arrivava a poco a poco a concepire la storia come il risultato di una serie infinita di atti spirituali. Per questo se da un lato egli tendeva irresistibilmente "al ritratto" e allo "psicologismo", d'altra parte precorre il Taine, e lo supera insieme di gran lunga, giungendo fino alle soglie dello storicismo idealista.

Con Sainte-Beuve la critica si affema pienamente e trionfa, come una disciplina indipendente e dominatrice nel campo dell'intelletto: anzi come l'attività suprema dello spirito, trascendente tutte le altre ("le vrai, le vrai seul; et que le beau et le bien s'en tirent en suite comme ils peuvent": e si sa che per lui l'unica via per giungere alla verità era la critica). Questo spiega perché, con le sue notevoli qualità di critico estetizzante, egli si sia andato ritraendo man mano verso una specie di estetica classicista, quasi tutta compresa e limitata dalla retorica tradizionale (serva d'esempio il libro su Virgilio), dove le stesse raffinate analisi stilistiche servono anzitutto a completare il ritratto psicologico. Egli giunge così a negare all'attività artistica quell'autonomia sulle cui tracce erano, per non parlare che di spiriti a lui vicinissimi, il Flaubert e il Baudelaire.

Si tocca qui il gran difetto di Sainte-Beuve e del suo sistema; cioè, in certa misura, il difetto capitale del secolo. Questo spirito critico sembra tale da astrarre dalle passioni anziché nutrirsene e superarle. Mancò a questa critica la chiara coscienza della sua necessità di presenza in tutte le azioni umane, di qualsiasi natura, che vogliano riuscire a bene, e cioè giungere alla loro verità; le mancò quell'impeto e quel coraggio di proclamarsi sola, unica guida della nostra volontà.

Opere: Tableau historique et critique de la poésie franç, ecc. (1828; 2ª ed., 1838; 3ª ed., 1843-1869); Vie, poésie et pensées de J. Delorme (1829); Les Cansolations (1830); Volupté (1834); Pensées d'août (1837); Poésies complètes (1840); Port-Royal (1840-1848, voll. 3; 2ª ed., 1860, voll. 5; 3ª ed., 1867, voll. 7); Critiques et portraits littéraires (1832-1836, voll. 3; 1836-1839, voll. 5); Portraits littéraires (1844, voll. 2; 1876-1878, voll. 3); Portraits de femmes (1844); Portraits contemporains (1846, voll. 3); Causeries du lundi (1851-1862, voll. 15); Étude sur Virgile (1857); Galerie des femmes célèbres (1859); Chateaubriand et son groupe littéraire (1860, voll. 2); Nouveaux lundis (1863-1872, voll. 13); Notice sur Littré (1863); À propos des bibliothèques populaires (1867); De la loi sur la presse (1868); De la liberté de l'enseignement (1868); Le comte de Clermont et sa cour (1868); Le général Jomini (1869). Inoltre: Le livre d'Amour (1843, edizione privata di 200 esemplari; poesie erotiche, tra cui i famosi sonetti per M.me Hugo).

Opere postume: M.me Desbordes-Valmore (1870); Talleyrand (1870); P.J. Prudhon, sa vie et sa correspondence (1872; biografia intima, già apparsa nella Revue Contemporaine del 1860); Souvenirs et Indiscrétions (1872); Lettres à la Princesse (1873); Premiers lundis (1875, voll. 3; articoli sparsi di gioventù); Chroniques parisiennes (1876); Les Cahiers (1876); Correspondence (1877-78, voll. 2); Nouvelle Correspondence (1880); Le clou d'or (1880; novella, seguita da lettere a M. me d'Arboville; e con l'abbozzo di un'altra novella, La Pendule); Lettres au professeur Gaullieur (1895); Mes Poisons (1926); Correspondance générale (in corso di pubblicazione dal 1935: ne sono usciti due volumi).

Bibl.: A. J. Pons, S.-B. et ses inconnues, Parigi 1879; J. Troubat, Souvenirs du dernier secrétaire de S.-B., ivi 1890; F. Brunetière, L'évolution de la critique, ivi 1890; id., L'évolution de la poésie lirique, ivi 1895; E. Faguet, Politiques et moralistes, ivi 1900; A. Séche, S.-B., ivi 1901; C. Pellegrini, La lett. ital. nella critica del S.-B., in Studi di filol. mod., VI (1913), pp. 211-30; G. Oliva, S.-B. e la lett. ital., Milano 1915; G. Michaut, S.-B., Parigi 1921; A. Bellessort, S.-B. et le XIXe siècle, Parigi 1927; W. F. Giese, S.-B., Literary Portrait, Madison 1931.

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