Baudelaire, Charles

Enciclopedia Dantesca (1970)

Baudelaire, Charles

Remo Ceserani

Il paragone fra D. e B. e il riconoscimento di tonalità dantesche in alcune parti dell'opera del poeta moderno sono tradizionali nella critica. Già nel 1857, anno di pubblicazione di Les fleurs du mal, Edouard Thierry, recensendo il libro in " Le moniteur universel ", scriveva: " il vecchio poeta fiorentino riconoscerebbe più di una volta nel poeta francese la sua foga, la sua parola terrificante, le sue immagini implacabili e la sonorità del suo verso di bronzo ". Nel nostro secolo è assai diffusa tra i critici (particolarmente quelli di gusto simbolista) la tendenza a proclamare l'analoga grandezza profetica dei due poeti, a trovare fra di loro affinità spirituali (un'uguale rappresentazione della sensualità degradata e del demoniaco, un uguale senso della corruzione e della morte), e a ritenere il B. una specie di " moderno D. " (vi hanno accennato, fra gli altri, Alfred Poizat, T.S. Eliot, André Suarès, Albert Thibaudet, Wallace Fowlie, Erich Auerbach). Qualcuno (Gonzague de Reynold, C.B., Parigi 1920, 136-191) ha sostenuto addirittura che nella struttura di Les fleurs du mal si possono riconoscere gironi, guardiani e punizioni. In realtà, a un attento esame, le affinità fra i due poeti risultano scarse e anzi radicalmente diverse appaiono le loro concezioni del mondo, dell'uomo, dell'arte. Potrà sorprendere, ma molto scarsi furono anche i rapporti diretti: il B. non conosceva l'italiano e di D., a quanto pare, lesse soltanto l'Inferno o parti dell'Inferno in traduzione francese. L'immagine che aveva di D., quale risulta dai pochi accenni nelle opere in prosa, sembra derivata più dai quadri romantici di Delacroix che da conoscenza diretta: D. è poeta " sombre " (Les oeuvres complètes de C.B., Parigi 1922-53, Oeuvres postumes I 131); è " le poète le plus sérieux et le plus triste " (ibid., Corréspondance générale II 317). Non a caso l'accenno più esteso si trova in connessione con un quadro del Delacroix rappresentante L'incontro di D. con i poeti dell'antichità (forse fu proprio il quadro del Delacroix a suscitare nel B. il primo interesse per D.): nel Salon del 1846, davanti a quel quadro, il B. si sente spinto a citare (ibid., Curiosités esthétiques 115-116) il corrispondente passo dantesco, per intero (If IV 64-102), nella traduzione francese di Pier Angelo Fiorentino (Parigi 184-43, più tardi ristampata con testo a fronte e illustrazioni del Doré; ma il B. cita sicuramente dalla prima edizione), che egli definisce (ibid. 477) " la sola buona traduzione per i poeti e i letterati che non conoscono l'italiano ". In altri punti dell'opera in prosa (ibid. 14, 100-103, 109, 242, 244, 292) il B. parla con grande ammirazione di un altro quadro famoso del Delacroix, rappresentante D. e Virgilio all'Inferno.

Per un certo numero di passi dell'opera poetica del B. i commentatori hanno ipotizzato suggestioni e reminiscenze dantesche, non sempre sicure e convincenti: Les Fleurs du mal - Au lecteur 15-16: vagamente dantesco; 29-30: If I; Don Juan aux Enfers 7-8: If V 46-49; Duellum 9-12: If I 31-60; L'Irrémédiable 3-4: If VII 103-108; L'Imprévu 27-28: If XXXIV. L'unica poesia che abbia una decisa impronta dantesca è Femmes damnées, nella versione di Les épaves, che nella parte finale (vv. 85-104) echeggia l'episodio di Paolo e Francesca (If V 28-33, 43-45), dandone un'interpretazione romantica originale e penetrante (l'affanno e la pena degli amanti sono sentiti dal B., nel nuovo contesto, come passione sempre bruciante e sempre insoddisfatta). Titolo dantesco ha, in Les fleurs du mal, La Béatrice (e titolo analogo avevano in un primo tempo altri due componimenti: De Profundis e Le Vampire): si tratta di un'allusione al nome della donna amata da D., ma pur sempre di un richiamo generico, e non c'è motivo di pensare che B. conoscesse a fondo né la Commedia né la Vita Nuova.

Bibl. - J.S. Patty, Baudelaire's Knowledge and Use of Dante, in "Studies in Philology" LIII (1956) 599-611.

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