FOURIER, Charles

Enciclopedia Italiana (1932)

FOURIER, Charles

Vincenzo Tosi

Precursore del socialismo, capo della scuola falansteriana, François-Marie-Charles F. nacque a Besançon il 7 aprile 1772, morì a Parigi il 10 ottobre 1837. Il padre aveva un negozio e fu in quel negozio che il F., bambino, prese in odio il commercio. Ciò nonostante, perduto durante l'assedio di Lione (1793) ogni suo avere, fu costretto, per vivere, a fare il "sergent de boutique" per conto altrui. Nel 1798 un incidente banale (il prezzo di una mela) richiamò la sua attenzione sul fatto che vi è nel "meccanismo industriale" un disordine cui occorre mettere riparo. Questo pensiero lo afferrò. Dopo lunghi anni di ricerche, nel 1808, espose la sua dottrina in proposito nell'opera Théorie des quatre mouvements et des destinées génerales, cui fece seguire altri volumi, ricchi di chiarimenti, di particolari, di aggiunte, di difese (Traité de l'association domestique agricole, 1822; Le nouveau monde industriel et sociétaire, 1829; La fausse industrie, 1835-36). Una piccola scuola, frattanto (1825), si raccolse intorno a lui, pubblicò giornali, tenne conferenze, tentò realizzazioni; ma il F., mal compreso, ombroso, deluso, rimase un solitario.

Nel groviglio degli scritti di F. è dato sceverare gli elementi di tre parti distinte: una filosofica e generale - che è, o vorrebbe essere, la base del sistema - una critica e una ricostruttiva. Nella parte generale il F. si avventura, sotto l'impulso di una fantasia irrequieta, quasi morbosa, nei dominî della cosmogonia e della metafisica. Se in questa parte l'opera del F. appare priva di valore scientifico e anche di senso comune, quando ridiscende sul terreno della realtà, il F. rivela uno spirito di osservazione vigile, pronto, minuziosissimo.

Quali le cause del disordine sociale? Gli uomini - egli afferma - agirono a controsenso, cercando, in nome del dovere, di comprimere le passioni (12 di numero) che Dio mise nella loro anima e nella loro carne. Basterà seguire le passioni per uscire dall'attuale periodo di civiltà ed entrare in quello di armonia. Ma a tale uopo occorre creare un ambiente propizio: il falansterio. Il falansterio, è un vasto fabbricato, capace di 1600 persone, con dormitorî, refettorî, laboratorî, teatro, biblioteca, ecc.: in una parola, tutto ciò che è richiesto dalle esigenze di un grosso aggregato sociale, salvo tribunali e carceri, superflui nel mondo di "armonia". Intorno, si stendono 400 ettari di terreno, coltivati a ortaggi, frutta e fiori, o riservati all'allevamento degli animali, il ritorno alla vita campestre essendo caratteristica del sistema. Gli ospiti del falansterio costituiscono una falange alle dipendenze di un unarca elettivo, e provvedono in comune alla produzione dei beni loro necessarî e al consumo. Il lavoro è libero nel falansterio, e per ciò solo cessa di essere penoso. Ognuno si dedica a quelle occupazioni che sono più consone al suo temperamento e ai suoi gusti. La divisione del lavoro consente di affidare ogni produzione a serie di lavoratori, divise in gruppi ascendenti e discendenti, animati dalla emulazione; il metodo delle corte sedute permette di passare da un'occupazione a un'altra seguendo gli allettamenti della volubilità (la papillonne) e di dare al lavoro la stessa appassionante attrattiva di uno sport. Per il vitto e l'alloggio sono istituite cinque diverse classi a pagamento, più una gratuita per i poveri, un minimum di sussistenze essendo garantito a tutti. La vita in comune, nel riguardo economico, presenta l'innegabile vantaggio di una diminuzione di spese; nel riguardo sociale, quello di affratellare ricchi e poveri. A torto si è affermato che la dottrina del F. sia comunista: il F., infatti, ammette la proprietà privata e il diritto di eredità: vuole anzi trasformare i salariati in comproprietarî, in azionisti. Fissa la ripartizione degli utili in ragione di 4/12 al capitale, 5/12 al lavoro e 3/12 al talento (direzione); ma ogni individuo concorre alla ripartizione a più titoli, per cui non vi può essere conflitto fra classi. Le falangi si assistono a vicenda mediante scambî; provvedono in comune, con le armate industriali, ai grandi lavori di pubblica utilità, e sono raggruppate sotto gerarchi (duarchi, triarchi, ecc.) di grado sempre più elevato fino all'omniarca, sedente in Costantinopoli, che tutte le comanda.

Questo sistema fu a giusto titolo qualificato utopistico; ogni tentativo di attuazione fallì e solo alcuni dei suoi principî informatori trovarono applicazione nel Familisterio di Guise, fondato da André Godin nel 1859. Ma non si può disconoscere che, pur tra incongruenze e bizzarrie, il F. ebbe più di ogni altro l'intuito dei tempi che stavano per sorgere.

Bibl.: H. Bourgin, Fourier: contribution à l'étude du socialisme français, Parigi 1905, pp. 10-28 (bibliografia completa degli scritti di e su F.); V. Considérant (già capo della scuola fourierista), Destinée sociale, 3ª ed., Parigi 1851; Ch. Pellarin, Ch. F., 5ª ed., Parigi 1871; Ch. Gide, Introd. aux æuvres choisies, Parigi s. a.; id., Les prophéties de F., in La Coopération, Parigi 1900, pp. 276-311; Ch. Gide e Ch. Rist, Hist. des doctrines écon., 5ª ed. Parigi 1929, pp. 286-299. Cfr. inoltre: G. Mazzini, Di alcune dottrine sociali: scuola fourierista, Imola 1910; V. Tosi, C. F. e il suo falansterio, Savona 1921.

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