CHEMIOTERAPIA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

CHEMIOTERAPIA (IX, p. 965; App. II, 1, p. 567)

Eugenio Paroli

Caratteristica essenziale dei chemioterapici è l'azione selettiva, la capacità che hanno, e che li differenzia dagli antisettici, di agire su un agente morboso, senza provocare sofferenze somatiche di un qualche momento, grazie a un favorevole rapporto - indice chemioterapico - tra dose tossica per l'organismo e dose lesiva per l'agente patogeno. L'indice chemioterapico è precisato con prove in vivo e in vitro, che prendono in considerazione l'agente patogeno, l'organismo infetto e le sue cellule di difesa e che fanno ricorso anche ai sempre più progrediti metodi dell'indagine tossicologica. Sotto questo punto di vista e per quanto è detto a proposito della farmacologia (v. farmacologia, in questa App.), di cui la c. è parte integrante, la c. non può più essere considerata "una scienza abbastanza empirica". Più avanti, riprendendo il discorso della selettività e nei paragrafi dedicati alla c. antiblastica e a quella antivirale, sarà illustrato come la difficoltà a realizzare sostanze dotate di un soddisfacente indice chemioterapico renda particolarmente laboriosa l'affermazione della c. in settori diversi da quelli tradizionali.

La possibilità di una c. delle malattie infettive, preconizzata sull'ipotesi - rivelatasi fondata - che i microrganismi offrano un'organizzazione biochimica diversa da quella delle cellule dei tessuti e pertanto vulnerabile in modo selettivo da sostanze chimiche di specifica conformazione molecolare, fu dimostrata da Ehrlich allorché attraverso la sistematica sintesi di centinaia di composti arsenicali organici, poté realizzare arsenobenzoli (606, 914) che, pur contenendo un atomo fortemente tossico come l'arsenico, erano in grado di danneggiare in modo selettivo le spirochete della sifilide. Al seguito di queste indagini numerosi altri arsenicali furono realizzati, attivi su treponemi, tripanosomi, amebe e altri parassiti.

La realizzazione degli arsenobenzoli non solo aprì la strada al trattamento razionale della sifilide, ma fissò i criteri generali per lo sviluppo dei numerosi efficaci chemioterapici che hanno seguito. I sulfamidici, i nitrofuranici, l'acido nalidixico, l'acido mandelico, gli antifolici derivati della pirimetamina nelle infezioni da cocchi e batteri; i sulfoni nel trattamento e nella profilassi della lebbra; i tiosemicarbazoni (oggi dimenticati), l'isoniazide (idrazide dell'acido isonicotinico), l'acido aminosalicilico, la pirazinamide, l'etionamide e l'etambutolo, nell'infezione turbercolare; le diamidine (pentamidina), la suramina, gli arsenicali (melarsoprolo e melarsonile) nelle tripanonosomiasi; alcuni composti di antimonio (stibogluconato) nelle leishmaniosi; il metronidazolo nella trichomoniasi e nella giardiasi; i numerosi antimalarici di sintesi cui va il merito, con gl'insetticidi diretti contro le anofele, dell'eradicazione della malaria.

Inoltre, tra gli antimalarici, la primachina, la cloroguanide e la pirimetamina attive sulla fase esoeritrocitica del plasmodio (P. vivax, P. ovale) hanno consentito di realizzare la profilassi causale (diretta contro gli schizonti esoeritrocitari). L'atebrina (e la chinina), la clorochina, l'idrossiclorochina, l'amodiachina, la cloroguanide, la pirimetamina e la combinazione di sulfoni e sulfamidici (agenti soppressivi degli schizonti nel sangue), usati in via preventiva hanno permesso una profilassi clinica della malaria (passaggio di schizonti dai tessuti nel sangue). La primachina per la proprietà di distruggere i gametociti, di eliminare gli schizonti del P. vivax presenti nei tessuti e capaci di reinfettare l'ospite, di rendere i gametociti non infettivi per la zanzara (sporontocida), ha contribuito a eradicare la malaria anche prevenendo l'ulteriore trasmissione da parte dell'anofele.

Nell'amebiasi i derivati chinolinici alogenati, la clorochina, l'emetina, il metronidazolo, gli arsenicali (carbarsone e glicobiarsolo) cui vanno affiancandosi nuovi prodotti di sintesi, consentono di applicare un trattamento chemioterapico efficace.

Alla base della selettività degli arsenobenzoli, vi è solo una vantaggiosa disposizione di enzimi tiolici (inattivati dal comune intermedio metabolico, arsenossido) sulla superficie dei microrganismi sensibili, rispetto alla collocazione profonda degli stessi enzimi nelle cellule dell'organismo. Una complicata tecnica di somministrazione e una speciale posologia si richiedevano per sfruttare ai fini terapeutici modeste differenze di permeabilità dell'arsenicale.

Conseguenze tossiche acute (shock medicamentoso) e croniche (epatopatie, neuriti retrobulbari e altre) non furono infrequenti nell'uso degli arsenobenzoli sicché questi composti, con i più antichi e tossici composti del mercurio e i composti antiluetici bismutici, sono stati sostituiti da antibiotici meglio tollerati e sicuramente più attivi.

Un più elevato indice chemioterapico caratterizza i sulfamidici, antimetaboliti dell'acido paraaminobenzoico, che interferiscono con la sintesi microbica dell'acido folico, la cui funzione coenzimatica è essenziale per la produzione di acidi nucleici e pertanto per il processo di riproduzione cellulare. I microrganismi non sono in grado di utilizzare, a differenza degli organismi superiori, l'acido folico preformato e debbono a tale limitazione biochimica la suscettibilità all'effetto batteriostatico dei sulfamidici. Sebbene queste sostanze non siano esenti da effetti indesiderabili specie di natura allergica (sindrome di Stevens Johnson, sindrome di Lyell, agranulocitosi, ecc.), essi rispondono a criteri di selettività antimicrobica che non trovano, forse, riscontro in altri chemioterapici, la cui reattività biochimica può coinvolgere alcuni substrati dell'organismo. L'antimalarico clorochina e i suoi analoghi formano complessi con l'acido desossiribonucleico dei plasmodi della malaria, ma, altresì, con altri substrati come i costituenti delle melanine nella retina inducendo retinopatie. L'antitubercolare isoniazide, forse interferendo con il metabolismo del triptofano, può indurre neuropatie metaboliche. Le diamidine, impiegate nella tripanosomiasi e nelle leishmaniosi, sono attivi liberatori d'istamina e producono ipotensione. I chemioterapici antimoniali, impiegati nelle leishmaniosi viscerale e l'emetina, usato nell'amebiasi, condividono con gli arsenobenzoli la limitata selettività sui microrganismi e impongono come questi un'adeguata tecnica di somministrazione.

Chemioterapia antiblastica. - Nella fase attuale della c. antitumorale la richiesta specificità di azione citotossica e citostatica non trova la desiderata corrispondenza nei farmaci disponibili. Lo scopo di arrestare la riproduzione delle cellule neoplastiche viene perseguito largamente con la realizzazione di antimetaboliti e inibitori enzimatici che interferiscono con le varie fasi connesse alla sintesi del materiale nucleare, o con reattivi delle molecole dell'ADN (acido desossiribonucleico).

Tuttavia, non sono state, per ora, individuate differenze di organizzazione biochimica tra cellule normali e cellule neoplastiche suscettibili di garantire una c. selettiva. Le sostanze antiblastiche disponibili debbono piuttosto le loro possibilità di successo e il loro "spettro" d'azione talora alla ripartizione preferenziale nel tumore, talaltra alla suscettibilità della fase di moltiplicazione neoplastica, al tipo di neoplasia, alla tecnica posologica, alla tecnica di somministrazione, alle terapie associate radianti o farmacologiche. Quanto al meccanismo d'azione, gli agenti alchilanti bifunzionali (mostarde azotate, ciclofosfamide) attivi nei linfomi, leucemie croniche e in alcuni tumori solidi, reagiscono mediante legami di covalenza con gli acidi nucleici di cellule tumorali in fase riproduttiva; sono potenziali farmaci mutageni e cancerogeni. Gli alcaloidi della vinca rosa (vinblastina e vincristina usati specialmente nelle leucemie linfatiche acute e nei linfomi), agirebbero poco prima della metafase inibendo la sintesi delle proteine microtubulari così pregiudicando la funzione dei fusi durante la mitosi. L'asparaginasi (da E. coli) determina carenza totale di asparagina nelle cellule della leucemia linfoblastica acuta. Per il suaccennato meccanismo d'azione, hanno trovato applicazione nella c. delle leucemie e dei tumori solidi gli antimetaboliti: dell'acido folico (antifolici: metotrexato, aminopterina), attivi nel prevenire la formazione di coenzimi interessati in molte fasi della sintesi di materiali nucleari; delle basi puriniche (6 mercaptopurina, 6 tioguanina, 8 azaguanina), capaci d'inibire la sintesi purinica, per accumulazione di intermedi inutilizzati, e di provocare rottura di cromosomi e alterata funzione degli acidi nucleici che li incorporano; delle basi pirimidiniche (5 fluorouracile), inibitori della timidilato sintetasi; di ribosidi pirimidinici (citosina arabinoside), mutageni e inibitori della sintesi dell'ADN. Altri antimetaboliti, come gli alogenouracili, possono essere inclusi nelle molecole dell'ADN delle cellule neoplastiche, rendendole selettivamente sensibili alla radioterapia.

Il risultato più vistoso degli agenti chemioterapici antiblastici si è registrato, per ora, nelle leucemie acute, specie nelle linfoblastiche, allorché la selezione dei casi, le associazioni di antiblastici, la tecnica di somministrazione e le terapie generali di sostegno permettono di sfruttare al massimo il limitato indice chemioterapico di cui tali farmaci dispongono, sino a ottenere vere guarigioni (v. anche tumore: Terapia dei tumori, in questa Appendice).

Chemioterapia antivirale. - Le strette relazioni tra il metabolismo della cellula dell'ospite e quello del virus rendono difficoltosa la realizzazione di farmaci antivirali con sufficiente indice chemioterapico. Pochi composti rivestono interesse clinico. La iododesossiuridina e la bromodesossiuridina s'incorporano negli acidi nucleici di alcuni virus (herpes simplex) comportandosi da analoghi della timidina. Sono efficaci nella cheratite erpetica. Il metisazone, derivato del tiosemicarbazone, interferisce con la molecola dell'ARN messaggero e previene la sintesi proteica nel virus vaccinico, in quello della varicella e del vaiolo, infezione nella quale esercita attività profilattica. È inoltre attivo contro vari tipi di adenovirus e contro il virus dell'encefalomiocardite. L'amantadina previene la penetrazione nella cellula dell'ospite di numerosi mixovirus. Trova impiego profilattico nell'influenza da virus A.

Di notevole interesse sperimentale i polimeri sintetici ribonucleotidici (Poli IC) induttori di interferone, il fattore specifico scoperto da Isaacs (1957) sintetizzato da cellule infette con virus (soprattutto virus ARN) e da macrofagi e idoneo, a bassissima concentrazione, a interferire con la duplicazione intracellulare dei virus. L'interferone è specie-specifico e la preparazione di quello umano pone prdblemi di carattere tecnologico.

Chemioterapia antielmintica e antiparassitaria in genere. - Anche la c. antielmintica si è trovata a lungo a operare in condizioni di limitata specificità, in rapporto all'affinità tra le funzioni biologiche dell'agente infestante e dell'ospite. Nella lotta contro gli elminti, il tetracloruro di carbonio, epatotossico; la santonina, il felce maschio, l'esilresorcinolo e il tetracloroetilene potenzialmente neurotossici sono ormai obsoleti.

Nell'ascaridiosi e nella ossiuriasi i composti piperazinici agiscono paralizzando selettivamente la motilità del verme e il befenio, attivo contro il Necator americanus e l'Ancylostoma duodenale, non viene praticamente assorbito dall'organismo.

Il tiobendazolo offre l'esempio di antielmintico larvicida a largo "spettro" (anchilostomiasi, trichiurasi, strongiloidiasi, enterobiasi) anche se il farmaco è potenzialmente epatotossico; la dietilcarbamazina nella filariasi e il niridazolo e il lucantone nelle schistosomiasi, in rapporto all'elevata specificità d'azione su definiti tipi di elminti hanno consentito la bonifica di massa nelle aree endemiche (Africa centrale, Sud America, India, Cina).

La niclosamide, atossica per l'ospite anche per il trascurabile assorbimento dal tubo intestinale, e il diclorofene esercitano nelle teniasi (T. saginata, T. solium) effetto vermicida, al pari della atebrina, anch'essa di limitata tossicità. Realizzando la digestione del verme, ma non delle uova, i primi due offrono tuttavia il rischio delle cisticercosi nelle infestazioni da T. solium. Sono impiegati con vantaggio oltre che nelle teniasi anche nelle infestazioni da Diphyllobothrium latum e da Hymenolepis nana e l'atebrina anche nelle infestazioni da giardia lamblia. Il pirvinio è un chemioterapico attivo nelle ossiurasi e non è assorbito dal tubo digerente. Scarso margine di sicurezza per la coesistenza nell'ospite del processo neuro-chimico interessato nell'azione farmacologica, offre il trattamento delle infestazioni da ectoparassiti (scabbia, pedicuiosi) dove l'impiego per applicazione esterna di insetticidi organofosforici (parathion e analoghi) ha determinato gravi intossicazioni acute mortali e quello del DDT (diclorodifeniltricloroetano) e del lindano (ambedue convulsivanti) espongono a qualche rischio di tossicità cronica. Il benzilbenzoato nella pediculosi e il crotamiton nella scabbia sono tollerati in modo soddisfacente. Per la bibliografia v. farmacologia, in questa Appendice.

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