CHIANTI

Enciclopedia Italiana (1931)

CHIANTI (A. T., 24-25-26)

Attilio MORI
Giovanni DALMASSO

Regione storica e naturale della Toscana, che comprende la zona montana e collinosa tra il bacino dell'Arno e quello dell'Ombrone, rispettivamente a sud e a nord di Firenze e di Siena. La breve catena dei Monti del Chianti, una piega parallela a quella del Pratomagno e dell'Appennino casentinese, culminante col M. San Michele (893 m.), ne forma per una ventina di km. il limite orientale; ma da ogni altra parte i confini della regione sono indeterminati e soggetti a estendersi nei contigui territorî dell'alta valle della Greve (Arno) verso Firenze e di quella dell'Arbia (Ombrone) verso Siena. Storicamente il Chianti, di cui il nome di origine incerta pare cominci ad apparire nei documenti solo nel sec. XIII, dovrebbe corrispondere al territorio dell'antica Lega del Chianti: circoscrizione medievale dello stato fiorentino che risale ai primi del sec. XIV, avente i proprî statuti, suddivisa nei "terzi" di Radda (capoluogo della Lega), della Castellina e di Gaiole; le comunità, succedute nel 1774 agli antichi "terzi", portanti oggi tutte l'aggiuntivo di "in Chianti", abbracciano complessivamente un'area di kmq. 293,81 e annoverano una popolazione di 13.800 ab. A tale popolazione corrisponde una densità di 47 ab. per kmq., densità assai bassa, giustificata dalla mancanza di centri abitati notevoli (Radda, il maggiore di tutti, ne conta appena 941) e dalla considerevole estensione che vi hanno le terre boscose e pascolative, in apparente contrasto con la fama che da secoli la regione si è acquistata per l'eccellenza dei prodotti agricoli e soprattutto vinicoli (v. sotto). È appunto tale fama che in questi ultimi tempi in particolar modo ha valso a far estendere la denominazione regionale a parte dei territorî dei comuni limitrofi, di Greve, di Castelnuovo Berardenga, di Siena. La produzione agricola del Chianti non si limita del resto al solo vino, ma comprende anche cereali e olî assai pregiati. Le comunicazioni nella regione sono assicurate da una fitta rete di strade rotabili, con servizî automobilistici. Nessuna linea ferroviaria l'attraversa; e un solo tronco tranviario, che s'intitola appunto del Chianti, congiunge Greve, che storicamente rimarrebbe fuori della regione, con Firenze.

I vini del Chianti. - La delimitazione precisa della zona che, a termini di legge, dà pieno diritto ai vini di servirsi del nome di "Chianti" ha dato luogo a vivaci discussioni. Stando alle disposizioni impartite dal Ministero dell'Economia nazionale (marzo 1928), la zona del Chianti dovrebbe comprendere i comuni di Gaiole, Castellina, Radda in Chianti, nonché parte dei comuni di Castelnuovo Berardenga e di Poggibonsi in provincia di Siena; il comune di Greve, parte di quelli di Barberino Val d'Elsa e di Tavernelle Val di Pesa, e gran parte di quello di S. Casciano Val di Pesa in provincia di Firenze.

La regione, che si trova proprio al centro della Toscana, è nel suo insieme montuosa e aspra, con larghe zone petrose, ricoperte in parte di boschi e di magri pascoli, mentre, nella parte migliore (che sta fra i 250 e i 600 metri sul livello del mare) è coltivata a campi e prati, ma soprattutto a vite. I filari spesso sono sostenuti da terrazze, e le viti s'alternano frequentemente con gli olivi. I terreni del Chianti sono costituiti da rocce dei periodi cretacico ed eocenico, ma specialmente di quest'ultimo. Al primo appartengono gli scisti bruni e rossi; al secondo soprattutto le arenarie (macigno, pietra serena, pietra forte) e gli scisti marnoso-calcarei e argillosi. I più abbondanti sono i calcari marnosi (alberesi) e gli scisti argillosi (galestri). Si pongono in generale per primi i vini ottenuti dagli alberesi, poi quelli ottenuti dai galestri, e infine quelli ottenuti dalle arenarie. Ma una netta graduatoria non è possibile, data la variabilità che presentano i terreni da una località all'altra.

Per quanto riguarda i vitigni, i più importanti per la produzione del Chianti sono il Sangioveto (o Sangiovese) e il Canaiolo a frutto nero; la Malvasia (o Malvagia) e il Trebbiano a frutto bianco. Il primo serve a dar robustezza e corpo ai vini; il secondo a dar colore e tonicità, nonché un sapore amarognolo; mentre i bianchi, e specialmente la Malvasia, dànno gentilezza al sapore e grazia al profumo.

I sistemi di coltivazione e potatura delle viti sono diversi. Nel Chianti troviamo tanto le viti allevate a palo secco, per lo più di castagno, quanto quelle maritate a sostegni vivi, per lo più aceri. Caratteristico è il modo di potare gli aceri (o testucchi, o chioppi, o loppi), nell'intento di ridurre al minimo il disturbo per le viti: di solito essi non presentano che due branche orizzontali; più raramente quattro, disposte a vaso.

La conduzione dei fondi nel Chianti avviene tipicamente col sistema della mezzadria classica toscana: divisione dei prodotti e delle spese a perfetta metà. L'unità culturale è il podere; più poderi riuniti costituiscono la fattoria. Tanto al progresso agrario in generale, quanto a quello viticolo-enologico in modo speciale, contribuì largamente nel secolo scorso il barone Bettino Ricasoli, che aveva la più vasta proprietà della regione, divisa in sette fattorie, di cui alcune divenute ben note nel mondo agrario, come quelle di Brolio e di Meleto. Fra i varî meriti del barone Ricasoli va ricordato quello di aver disciplinato razionalmente una pratica già in uso nella regione per la preparazione dei vini da pasto, cioè la mescolanza delle uve. Le proporzioni fissate dal Ricasoli per la mescolanza destinata a produrre il celebre Chianti di Brolio sono le seguenti: Sangioveto i0; Canaiolo 2/10; Malvasia o Trebbiano 1/10.

Altra pratica caratteristica dell'enologia del Chianti (come d'altre zone della Toscana) è quella del governo. Essa consiste nell'aggiungere al vino, per lo più in novembre, una certa quantità di mosto, unito alle rispettive bucce, ottenuto dalla pigiatura di uve scelte raccolte durante la vendemmia e conservate sopra stoie, in locali ben arieggiati, in modo da farle leggermente appassire. Le uve che s'adoperano sono per lo più il Sangiovese, il Canaiolo e il Colorino. L'aggiunta di questo mosto provoca una nuova fermentazione, molto lenta, nei vini giovani, la quale viene ad arricchire i vini stessi d'anidride carbonica, impartendo loro il caratteristico frizzante, mentre ne migliora la limpidezza, ne ravviva il colore, ne rende più spiccata e gradevole la fragranza e più armonico il sapore. Il governo si pratica però quasi esclusivamente per i vini che debbono venire consumati nel primo anno di vita, non per quelli che debbono subire un invecchiamento. Infatti, tra i vini del Chianti si possono distinguere due tipi: un vino da pasto fine e un vino da pasto superiore. I vini del 1° tipo vengono normalmente governati.

I caratteri dei vini fini sono i seguenti: colore rosso rubino vivo, odore vinoso con particolare fragranza caratteristica, sapore asciutto, frizzante o fresco, giustamente di corpo, moderatamente tannico, mediamente alcoolico. Per lo più l'alcoolicità di essi oscilla fra il 10 e il 12 per cento (raramente di più), e l'acidità fra il 6,5 e il 7,5 per mille. I caratteri dei Chianti superiori sono: color rosso rubino tendente al granato, o decisamente granato (a seconda dell'età); profumo intenso, caratteristico di mammola e di vecchio; sapore asciutto, pieno, giustamente tannico, appena fresco, di buona alcoolicità, armonico, vellutato, pur essendo alquanto austero. La gradazione alcoolica per lo più oscilla fra 11,5 e 13 per cento; l'acidità fra 6,5 e 7 per mille.

Normalmente l'invecchiamento si continua per almeno due anni (dopo il primo) in botti di legno. I Chianti superiori raggiungono il massimo pregio di solito fra il 5° e il 6° anno: ma questo limite varia a seconda delle località e anche delle annate.

Il Chianti è senza dubbio uno dei prodotti più importanti dell'enologia italiana, non solo per i suoi pregi intrinseci, ma anche per la quantità notevole in cui viene prodotto. Si calcola infatti che la produzione annua di esso raggiunga i duecentomila ettolitri. Esso pertanto, oltre a essere largamente consumato all'interno, è fra i pochi vini italiani che vengono abitualmente esportati nei più lontani paesi, grazie anche alla sua buona resistenza ai viaggi (specialmente il Chianti superiore). Disgraziatamente, non poco vino viene venduto, in Italia e all'estero, con questo nome, senza che sia stato prodotto nella zona classica sopra ricordata, e nemmeno nelle altre zone della Toscana, pur esse produttrici d'ottimi vini, quali il Carmignano, il Pomino, il Rufino, ecc. Per frenare questi abusi s'è appunto costituito un "Consorzio per la difesa del vino tipico del Chianti ' a norma del decreto 7 marzo 1924, n. 497 che ha adottato, come marca per contraddistinguere i prodotti dei consorziati, l'arme del Chianti" quale figura nel soffitto del salone dei Cinquecento a Firenze: il gallo nero in campo d'oro.

Il commercio dei vini Chianti si fa abitualmente nei fiaschi, la cui capacità in origine era di litri 2,270, mentre per lo più oggi è di 2 litri. Per il trasporto su vie ordinarie i fiaschi sono accatastati sopra appositi barrocci (ceste) su cui si riescono talora a caricare da 600 a 800 fiaschi.

Bibl.: A. Strucchi, I migliori vini d'Italia, Milano 1908; A. Casabianca, Guida storica del Chianti, Firenze 1908; T. Guarducci, Il Chianti vinicolo, S. Casciano Val di Pesa 1909.

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