Wieland, Christoph Martin

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Scrittore tedesco (Oberholzheim, Svevia, 1733 - Ossmannstädt, Weimar, 1813). Inizialmente attratto dall'Illuminismo, fu il maggior esponente del rococò letterario tedesco. Tra le sue opere spiccano i romanzi Geschichte des Agathon (2 voll., 1766-67) e Die Abderiten (1774), e il poema cavalleresco Oberon (1780).

Vita

Figlio d'un pastore protestante, studiò diritto nell'univ. di Tubinga, prima di trasferirsi a Zurigo (1752) su invito di J. J. Bodmer. Tornò in Svevia, a Biberach, nel 1760, essendo stato nominato senatore e direttore della cancelleria della piccola libera repubblica. Fu poi prof. di filosofia (1769-72) all'univ. di Erfurt, sede che abbandonò quando fu chiamato a Weimar come precettore del principe ereditario Carlo Augusto, lo stesso che di lì a poco avrebbe chiamato a Weimar Goethe. Dal 1775, libero da precisi impegni, ma con una congrua pensione, visse per lo più isolato in una sua proprietà acquistata nelle immediate vicinanze di Weimar.

Opere

Educato pietisticamente, si sentì in un primo tempo attratto verso il pensiero illuminista, come testimonia la giovanile lunga poesia Die Natur der Dinge (1752). Gli Zwölf moralische Briefe in Versen (1752), denunciano reminiscenze moralistiche socratiche, ed elementi platonici presentano le Erzählungen, anch'esse del 1752, mentre frammentario (e pubbl. solo nel 1882) rimaneva il poema patriottico Hermann, d'ispirazione klopstockiana. Primo frutto della vicinanza di J. J. Bodmer, fu il poemetto a lui dedicato, Der geprüfte Abraham (1753), mentre più vicini all'esperienza vissuta d'un amore infelice sono i Briefe von Verstorbenen an Hinterlassene Freunde (1753), in cui classicheggiando si servì dell'esametro. La crisi della giovinezza, che poteva dirsi compiuta nel 1756, si risolveva nella collocazione di W. a contatto con le espressioni letterarie europee più avanzate e più compiute, anzitutto (ma non solamente) a contatto col rococò francese, da cui derivò una lezione di stile che ne fece l'esponente più qualificato d'un autonomo rococò letterario tedesco, come tale assai apprezzato al suo tempo ma anche criticato e dileggiato dai poeti dello Sturm und Drang e da quanti, su orma klopstockiana, si battevano in spirito di germanicità. Un fatto quasi isolato rimase la tragedia, in endecasillabi, Lady Johanna Gray (1758), che però denuncia un interessamento per il mondo culturale anglosassone che troverà la più massiccia e valida testimonianza nella traduzione di 22 drammi di Shakespeare (8 voll., 1762-66). Intanto, non era andato oltre il V canto il poema Cyrus (1759), progettato in esaltazione di Federico II e valido quasi esclusivamente per pregi formali. Più personalizzato, a testimonianza d'una maturità poetica ormai raggiunta, il dialogo Araspes und Panthea (1760), recupero classico per una moderna nobilitazione del sentimento d'amore. Un passo ulteriore segna il romanzo in prosa Don Sylvio de Rosalva (1764), fantasticheria satireggiante, sulla traccia del Don Chisciotte, a condanna della fantasticheria di pretesa idealizzante. Le Comische Erzählungen (1765) preannunciano, nella gioiosità serena e contenuta dell'atmosfera, la prima grande opera di W., la Geschichte des Agathon, romanzo di alto livello che traccia lo sviluppo d'una personalità al traguardo dell'autocoscienza. Seguirono, in rapida successione, l'incompiuto poema eroicomico Idris (1768), legato ad Ariosto nella gioia d'un divertito favoleggiare, e il poemetto Musarion (1768), dal sintomatico sottotitolo Die Philosophie der Gratien, professione d'un edonismo saggiamente temperato ma non mortificato, felice commistione di rococò e neoclassicismo, cui si collegano i 6 idilli che costituiscono il poema Die Gratien (1770). Poco aggiunge il nuovo poema eroicomico Der neue Amadis (1771), e troppo composito, rispetto alla pretesa pedagogico-politica che lo motiva, il romanzo Der goldene Spiegel (4 voll., 1772). Il maggior W. torna invece nel romanzo Die Abderiten, vero capolavoro di ironizzazione che nulla risparmia della mediocrità saccente e del provincialismo soddisfatto d'una certa società tedesca, pur risultando ambientato, come di consueto, nel mondo antico. Il periodo più produttivo di W., il quale fra l'altro fondò nel 1773 la rivista Der Teutsche Merkur che fu tra le più influenti nell'epoca classica, si era così esaurito. Eppure, a esso successivo è quello che unanimemente viene ritenuto il suo capolavoro, il poema cavalleresco Oberon, fusione preziosa di spirito favoleggiante e di controllo che non è solamente estetico. Spirito recettivo, tradusse, oltre a Shakespeare, Orazio, Euripide, Cicerone, Aristofane e Luciano, cercando anche di imitare quest'ultimo nei Gespräche im Elysium del 1788 e nei Götter-Gespräche del 1790-93.

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