Cicatrizzazione

Universo del Corpo (1999)

Cicatrizzazione

Luigi Frati
Matteo A. Russo

La cicatrizzazione è il processo di riparazione delle lesioni (ferite, lacerazioni ecc.) dei tessuti dell'organismo. In esso intervengono numerosi fattori cellulari e molecolari, capaci di portare alla formazione della cicatrice. Esistono farmaci in grado di controllare tale processo, al fine di accelerare e migliorare la riparazione e di evitare la comparsa di fenomeni patologici.

Quadro generale

La riparazione di un danno ai tessuti dell'organismo può avvenire con due quadri finali: la rigenerazione delle cellule danneggiate con completa restitutio ad integrum, oppure la formazione di una cicatrice che sostituisce parzialmente i tessuti danneggiati. La prima modalità è detta anche riparazione per prima intenzione, la seconda riparazione per seconda intenzione o cicatrizzazione. Le cellule, le molecole e i meccanismi coinvolti sono simili in ambedue le condizioni; tuttavia, nella formazione della cicatrice il processo riparativo deve far fronte alla sostituzione di un maggiore numero di cellule e, in questo, vengono favoriti i fibroblasti e la produzione di matrice extracellulare.

A) Riparazione per prima intenzione

Nella riparazione semplice o riparazione per prima intenzione vengono ripristinati sia la continuità tissutale interrotta dal danno, sia il numero e l'architettura delle cellule. Essa avviene di regola quando il danno occorso a un distretto dell'organismo (per es. la superficie cutanea) provoca la necrosi di un limitato numero di cellule che interessano i vari tessuti presenti in quel distretto (nel caso della cute: epitelio, tessuto connettivale, vasi, tessuto adiposo, terminazioni nervose, recettori sensoriali). In questo caso, solo se i margini della zona danneggiata sono vicini, la riparazione si completa rapidamente con un'opportuna e ordinata proliferazione delle cellule staminali dei vari tessuti e con la riparazione di quelle stabili (per es. le terminazioni nervose). Le eventuali cellule recettoriali, invece, andranno definitivamente perdute.

B) Riparazione per seconda intenzione

Con la formazione della cicatrice (riparazione per seconda intenzione), invece, si osserva prevalenza di tessuto connettivale e di matrice extracellulare da esso prodotta, tanto più abbondanti quanto più esteso è stato il danno.

La cicatrice più frequentemente si forma per tre motivi, spesso concorrenti fra loro:

1) la necrosi cellulare è abbondante, per cui si ha perdita di tessuti con i margini della lesione tra loro distanti;

2) il processo di riparazione è lento, per cui con il tempo si avvantaggiano i tipi cellulari a maggiore potenziale proliferativo, soprattutto i fibroblasti;

3) vi è un'eccessiva presenza di alcune citochine, importanti per la produzione di matrice extracellulare.

La riparazione per seconda intenzione avviene attraverso tre fasi distinte nei meccanismi, ma che possono essere simultanee: la contrazione, la formazione del tessuto di granulazione (riparazione provvisoria), la rigenerazione con formazione della cicatrice definitiva. La contrazione tende a ridurre la superficie danneggiata (fino al 70%) e ad avvicinarne i margini; avviene a opera dei miofibroblasti, una particolare sottofamiglia di fibroblasti, ricchi di elementi contrattili (filamenti di actina e di miosina), già presenti in loco o che migrano e sono attivati da stimoli citochinici.

La formazione del tessuto di granulazione rappresenta la risposta riparativa immediata e ha inizio con la costituzione del reticolo di fibrina coagulata, sul quale s'impianta tutto il processo rigenerativo e di produzione della sostanza extracellulare.

Cellule, molecole e meccanismi coinvolti nel processo di cicatrizzazione

Lo spazio dove si è verificata la perdita di tessuto con la necrosi cellulare viene rapidamente occupato da sangue o plasma e poi, per attivazione del processo di coagulazione, da un reticolo di fibrina nel quale vengono intrappolati leucociti e detriti cellulari. Nel caso di interruzione della parete vasale, sono abbondanti anche piastrine aggregate e globuli rossi. Il reticolo di fibrina e l'aggregato piastrinico costituiscono l'iniziale impalcatura e una guida per la migrazione e l'organizzazione delle varie cellule che partecipano alla riparazione.

L'insieme del reticolo di fibrina e delle varie cellule ivi migrate costituisce il cosiddetto tessuto di granulazione, che rappresenta il luogo e il precursore della cicatrice.Il tessuto di granulazione si forma progressivamente con la migrazione delle varie cellule a partire dai margini del tessuto vitale e con la lisi e il riassorbimento dell'aggregato piastrinico e della fibrina. Dapprima migrano i macrofagi, poi gli angioblasti, i fibroblasti, i mioblasti e altre cellule con potenziale proliferativo (cellule staminali dei vari tessuti). La migrazione è stimolata da fattori chemiotattici, come chemiochine e fibrinopeptidi e, soprattutto, dal fattore di crescita trasformante β (TGF-β) liberato dalle piastrine. Gli assoni dei nervi motori e sensitivi eventualmente danneggiati ricrescono a partire dal troncone prossimale e possono raggiungere i siti e le cellule con cui interagire (per es., cellule muscolari o epiteliali).

I macrofagi qui reclutati assolvono due funzioni principali. La prima funzione è quella di fagocitare i detriti cellulari e molecolari con liberazione e attivazione di enzimi che aiutano la plasmina a degradare la fibrina; la seconda funzione è quella di produrre e liberare citochine ad azione proliferativa su vari altri tipi cellulari: in particolare, fattori di crescita per i fibroblasti (FGF) e fattore di crescita derivato dalle piastrine (PdGF), i quali agiscono su fibroblasti, mioblasti e angioblasti; TGF-β, il quale coordina i principali aspetti della cicatrizzazione; fattori di crescita per l'endotelio derivato dalle piastrine (PdEGF); fattore di crescita per l'epidermide (EGF) e fattore di crescita per i cheratinociti (KGF), i quali agiscono sulle cellule basali degli epiteli; e, infine, fattori di crescita per i neuroni (NGF). I macrofagi, che in questa fase sono contraddistinti da una notevole capacità secretoria, ricoprono anche l'ulteriore ruolo di coordinazione della proliferazione dei vari tipi cellulari necessari alla riparazione. Molti di questi fattori, oltre che essere prodotti dai macrofagi, sono anche contenuti nei granuli piastrinici.

Gli angioblasti migrano a partire dai vecchi vasi e danno origine a piccoli capillari, che successivamente si organizzano in piccoli vasi contorti di tipo arterioso, venoso o linfatico. Essi sono visibili sulla superficie come piccoli punti rossastri, meglio osservabili con una lente di ingrandimento. È alla presenza di questi granuli rossi che il tessuto di granulazione deve il suo nome.

Contemporaneamente, dal tessuto fibroso periferico i fibroblasti invadono il reticolo di fibrina, proliferano e producono sostanza extracellulare che ingloba le varie cellule presenti. Una popolazione staminale di fibroblasti viene ritenuta a grande potenziale differenziativo, per cui si pensa che da essi derivino angioblasti, mioblasti, fibroblasti produttori di collagene e altre cellule mesenchimali.

I componenti della matrice extracellulare vengono prodotti, con varie modalità, da tutte queste cellule, ma soprattutto da fibroblasti attivati (per es., cellule di Ito, periciti ecc.), sensibili all'azione del TGF-β e di altre citochine. La matrice extracellulare contiene numerose molecole, alcune organizzate in polimeri fibrosi, altre con organizzazione amorfa; tra queste vi sono il collagene (almeno sei differenti isoforme), glicoproteine fibrose (fibronectina, laminina, tenascina, ondulina ecc.), elastina e vari proteoglicani (acido ialuronico, dermatansolfato, condroitinsolfato ecc.). I geni di queste molecole sono controllati dal TGF-β, il quale, interagendo con i suoi recettori, attiva una cascata di segnali, attraverso molecole della famiglia SMAD (il termine SMAD deriva dall'unificazione della nomenclatura di due famiglie di proteine, SMA e MAD, ambedue coinvolte nella trasduzione di segnali da recettori con attività serin/treonin-chinasica). Un eteropolimero di SMAD-2 o SMAD-3 e SMAD-4 funziona da fattore di trascrizione che, da solo oppure insieme ad altre proteine, coordina l'espressione dei geni coinvolti nella riparazione.

Altri elementi della famiglia SMAD sono in grado di bloccare la sequenza e, conseguentemente, la riparazione cicatriziale.Infine, l'architettura dei tessuti e le loro reciproche relazioni tendono a essere ripristinate attraverso le opportune interazioni cellula-cellula e cellule-matrice extracellulare. Le basi molecolari di questi eventi sono coordinate dal TGF-β e da altre citochine, mediante l'espressione di molecole di adesione tra le cellule (CAM) e dei recettori per le molecole della matrice extracellulare (integrine).

Riparazione delle ferite e suturazione

Da quanto detto sulla cicatrizzazione per prima e seconda intenzione si evince, come è chiaro fin dall'antichità, che avvicinare il più possibile i margini di un tessuto danneggiato, per es. mediante una sutura, è utile per una riparazione più rapida. Con la sutura, infatti, si riducono lo spazio e le superfici che devono essere riparate e si ricostituisce una prima continuità anatomica delle varie pareti. La sutura viene eseguita in maniera da permettere la riparazione ottimale del tessuto più importante per il ripristino della continuità anatomica, generalmente costituito da tessuti di rivestimento, come epiteli, mucose, sierose ed endoteli. Per facilitare la cicatrizzazione possono essere usate colle biologiche (concentrati di fattori della coagulazione con i quali si ottiene più rapidamente il reticolo di fibrina) e, più recentemente, alcuni principi attivi (citochine e fattori di crescita) che stimolano la proliferazione cellulare e la produzione di sostanza extracellulare.

È noto ai chirurghi che la cicatrizzazione viene favorita se nell'esecuzione di una sutura si frappone un pezzo di omento (sierosa addominale) fra i due lembi da suturare: ciò è dovuto al fatto che dalle cellule staminali, di cui è ricca la sierosa, si possono differenziare cellule, simili a macrofagi attivati, in grado di secernere fattori di crescita e citochine per la riparazione.

Patologia della cicatrizzazione

Il processo di cicatrizzazione può essere alterato per difetto o per eccesso. In generale, la deficienza della risposta omeostatica si associa a difetti del processo di cicatrizzazione e si manifesta con inadeguata formazione del tessuto di granulazione e incapacità a sintetizzare un'opportuna matrice extracellulare. Clinicamente si evidenzia con l'incontinenza delle suture chirurgiche e con l'ulcerazione delle ferite e si può osservare negli anziani defedati, in corso di coagulopatie e vasculopatie, durante terapia con glicocorticoidi e con agenti immunosoppressivi, e in corso di diabete e di avitaminosi C. In quest'ultimo caso, la vitamina C, un potente agente riducente, è necessaria alla sintesi del condroitinsolfato e, a partire da prolina, della idrossiprolina che serve alla polimerizzazione di un collagene normale e resistente. Un'abnorme cicatrizzazione con eccesso di processo riparativo è presente nelle cicatrici ipertrofiche o cheloidi, nelle cicatrici deformanti e nella fibrosi. La cicatrizzazione fuori luogo si manifesta con le aderenze.I cheloidi sono cicatrici cutanee in cui, essendo il processo riparativo sfuggito ai normali controlli, i vari componenti cellulari proliferano e producono in eccesso sia la matrice extracellulare, sia la cheratina degli strati superficiali dell'epidermide. La recidiva dopo asportazione chirurgica è frequente. Soprattutto in questo caso e per i meccanismi coinvolti, i cheloidi vengono considerati delle lesioni precancerose. Le cicatrici deformanti sono dovute a un eccessivo processo di contrazione dei miofibroblasti e delle fibrocellule muscolari presenti nei tessuti danneggiati. La deformazione di cicatrici cutanee, muscolari e tendinee può essere tale da ridurre notevolmente il movimento di arti e muscoli.

La fibrosi  è il risultato di una cicatrizzazione estesa nel tempo e nello spazio, a livello di specifici tessuti che progressivamente perdono le cellule del parenchima, sostituendolo con tessuto connettivale cicatriziale.Le aderenze si presentano quando il processo di cicatrizzazione avviene in siti dove non si è verificata necrosi cellulare, ma dove si è accumulato essudato infiammatorio fibrinoso o purulento, che si organizza in tessuto di granulazione e, quindi, determina la formazione di tessuto cicatriziale fuori luogo. Quando la raccolta di essudato si verifica, per es., in cavità sierose, le pareti della sierosa (peritoneo, pleura, pericardio ecc.) aderiscono tra loro per mezzo di tralci di tessuto cicatriziale (aderenze), limitandone la funzionalità.

Interventi terapeutici

Gli interventi terapeutici sulla cicatrizzazione possono essere classificati in due tipi: quelli mirati a favorire la riparazione dei danni nelle ferite e negli interventi chirurgici; e quelli atti a controllare la cicatrizzazione eccessiva che porta alla fibrosi e alle cicatrici deformanti. In ambedue i casi un grande aiuto è giunto dalle molecole ricombinanti ottenute dalla biologia molecolare.Le molecole che favoriscono la cicatrizzazione sono le citochine, i fattori di crescita e, soprattutto, il TGF-β. La somministrazione di TGF-β1 appare in grado di ottimizzare la cicatrizzazione nelle persone anziane e sotto terapia corticosteroidea.

La somministrazione di TGF-β2, da solo o in associazione con l'NGF, si è dimostrata utile nella riparazione di cornee, anche estesamente perforate. Infine, soprattutto per i casi di grave disepitelizzazione, come quelli determinati dalle ustioni, sono in via di sperimentazione preparati contenenti EGF e KGF, capaci di accelerare fino a quattro volte la rigenerazione dei cheratinociti.Le molecole che inibiscono la cicatrizzazione sono utili per evitare la deformazione (e le conseguenze estetiche e funzionali) indotta dalla rapida formazione di una cicatrice, o per rallentare il processo di fibrosi in atto nelle infiammazioni croniche. La famiglia di molecole maggiormente utilizzata è stata finora quella dei glicocorticoidi (cortisolo) che presenta azioni, per molti aspetti, opposte a quelle del TGF-β. I glicocorticoidi, attraverso i loro recettori, attivano o disattivano numerosi geni che concorrono al rallentamento, fino all'inibizione, della cicatrizzazione, impedendo la sintesi delle proteine della matrice extracellulare.

Tuttavia, gli effetti collaterali della terapia corticosteroidea limitano il loro uso efficace e prolungato. Attualmente sono disponibili antisieri policlonali o anticorpi monoclonali anti-TGF-β che si sono dimostrati efficaci nel rallentamento del processo riparativo fibrotico a livello di vari organi, come rene, polmone, cute, vasi e articolazioni. Di particolare interesse è l'efficacia nel ridurre la formazione di cicatrici nei traumi cerebrali e, a livello vasale, nel prevenire l'ispessimento dell'intima e la ristenosi dei by-pass arteriosi.

bibliografia

W.A. Border, N.A. Noble, Transforming Growth Factor β in tissue fibrosis, "New England Journal of Medicine", 1994, 331, pp. 1286-92.

A. Burlina, M. Plebani, Fibrosi epatica. Diagnostica di laboratorio, "Federazione Medica", 1993, 13, pp. 459-67.

C.H. Heldin, K. Miyazono, P. Ten Dijke, TGF-β signalling from cell membrane to nucleus through SMAD proteins, "Nature", 1997, 390, pp. 465-71.

M.A. Jennigs, H.W. Florey, Processi riparativi, in Patologia generale, ed. H.W. Florey, Padova, Piccin-Nuova libraria, 1972, pp. 469-573 (General pathology, Oxford, Lloyd-Luke, 1970).

A. Martinez-Hernandez, Repair, regeneration and fibrosis, in Pathology, ed. E. Rubin, J.L. Farber, Philadelphia, Lippincott, 1994, pp. 68-95.

TAG

Fattore di crescita derivato dalle piastrine

Terapia corticosteroidea

Fattore di trascrizione

Essudato infiammatorio

Matrice extracellulare