Cicli storici

Dizionario di filosofia (2009)

cicli storici


Il concetto di ciclo o circolo è tipicamente greco, e caratterizza una concezione del tempo di chiara impronta naturalistica, basata sulla ciclicità: il ripetersi delle stagioni, il ciclico ripresentarsi delle costellazioni nel cielo, il ritmo biologico naturale, ecc. La concezione greca della storia non fa eccezione, ed è anch’essa circolare. Essendo la natura umana immutabile, ogni evento è destinato a ripetersi nelle sue linee essenziali. È questo il motivo per cui il massimo storico greco, Tucidide, poteva definire la sua opera «un insegnamento valido per sempre», in partic. per chi ha il compito di governare gli uomini. Lo stoicismo elaborò filosoficamente questo concetto, legandolo alla dottrina della ’εκπύϱωσις. Secondo gli stoici antichi il mondo nasce dal fuoco (il cosiddetto «fuoco artefice») e perisce nel fuoco, per poi risorgere a nuova vita dalle proprie ceneri, come la mitica fenice. Dal momento che secondo la concezione rigidamente deterministica degli stoici il caso non esiste, tutto ciò che accade ha una ragione per esistere, e quindi accade necessariamente. Poiché nel fuoco primordiale covano tutte le ragioni e tutte le cause degli esseri che furono, sono e saranno, ogni mondo che rinasce è perfettamente razionale, e quindi dovrà essere, persino nei minimi particolari, assolutamente uguale ai precedenti. Ne consegue che tutti gli eventi storici si ripeteranno esattamente allo stesso modo: Ercole sosterrà di nuovo le sue fatiche, Socrate verrà di nuovo condannato (I frammenti degli stoici antichi, I, 109). È questa la versione originaria della teoria dell’«eterno ritorno», che in età moderna verrà ripresa da Nietzsche. Un altro esempio di ciclicità è la teoria delle quattro età del mondo (oro, argento, bronzo, ferro), presente in Esiodo, Virgilio, Ovidio. Sul versante astronomico il più noto esempio di ciclicità è la teoria del «grande anno», ossia l’intervallo di tempo (parecchie migliaia di anni) che intercorre tra due successivi allineamenti sul piano dell’eclittica di tutti i pianeti, inclusi sole e luna. A questa concezione ciclica del tempo – tipica anche della storiografia romana e in generale del pensiero stoico classico – si opporrà la concezione biblica ebraico-cristiana, che concepisce il tempo come un fattore di progresso, soprattutto spirituale, e quindi contrappone alla metafora del circolo quella della linea (sull’opposizione fra tempo ciclico e tempo lineare resta fondamentale la trattazione offerta da O. Cullmann in Cristo e il tempo, 1946). La concezione lineare del tempo, che caratterizza per es. La città di Dio () di Agostino, entra in crisi nell’età moderna, che già con Machiavelli torna alla concezione ciclica della storiografia classica. L’idea biblica della storia come fattore di progresso non risorgerà nemmeno con Vico, che pure per molti aspetti è considerato come l’iniziatore dello storicismo moderno. Una tesi caratteristica di Vico è infatti quella dei «corsi e ricorsi storici», illustrata soprattutto nel 5° libro della Scienza nuova e influenzata chiaramente dalla concezione classica del tempo storico. Trattando «del ricorso delle cose umane nel risurgere che fanno le nazioni», Vico esamina, successivamente, il riproporsi nei tempi moderni della barbarie, del diritto romano antico, e delle forme politiche antiche. Un ritorno alla concezione lineare della storia come fattore di progresso si avrà invece con Herder, che nelle Idee per la filosofia della storia dell’umanità (1784-91) darà inizio alla nuova fase del pensiero storico europeo. La concezione fatta riemergere da Herder verrà svolta in modo sistematico da Hegel, che nella sua filosofia della storia dipinge un grandioso affresco nel quale le vicende della «Sostanza che diventa Soggetto» trovano una collocazione storica e un significato complessivo nelle tre grandi epoche dell’umanità: la comunità antica, lo stato di diritto moderno, e infine la comunità organica cristiano-protestante borghese. Vero è che all’interno di ciascuna di queste fasi riemerge un disegno circolare nella scansione tesi-antitesi-sintesi, che si ripete pressoché identica in ogni epoca, ma ciò non attenua la fondamentale linearità del processo, che per tali motivi può essere definito complessivamente ‘un movimento lineare progressivo nella forma di una spirale’, ossia una sintesi di circolarità greca e linearità critiana. Dopo Hegel, con lo storicismo moderno, a partire da Ranke («ogni epoca è ugualmente vicina a Dio»), si proporrà un nuovo ritorno a una concezione più vicina a quella classica. Questo ritorno della concezione ciclica culminerà non tanto o non solo con Nietzsche (nel quale il tema dell’«eterno ritorno» si lega a quello della «volontà di potenza»), quanto con le opere storiche di Toynbee e soprattutto con il Tramonto dell’Occidente (1918-22) di Spengler, nel quale la concezione ciclica si lega a considerazioni di ordine biologico sulla differenza fra le razze umane.

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