CICLO DEGLI ELEMENTI IN NATURA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

CICLO DEGLI ELEMENTI IN NATURA

Giovanna Vitagliano Tadini

. Tutti gli organismi viventi dipendono dall'ambiente per il rifornimento dell'energia e del materiale necessario per il nutrimento, indispensabile all'accrescimento, allo svolgimento e al mantenimento delle funzioni vitali. La più importante fonte di energia è quella luminosa, che viene convertita in energia chimica dagli organismi dotati di clorofilla, cioè batteri verdi e rossi, alghe verdi-azzurre, fitoplancton, oltre alla grande massa delle piante superiori. Altre fonti di energia sono i composti chimici inorganici e organici (viventi o non) che sono utilizzati da tutti gli altri organismi viventi. L'energia ottenuta viene utilizzata per la sintesi delle sostanze organiche che servono di accumulo e di base energetica. Tramite la cosiddetta "catena alimentare" (produttori-consumatori-decompositori-trasformatori) le sostanze inorganiche e/o gli elementi che sono stati incorporati nei composti organici sono restituiti al mondo non vivente, parte in forma immediatamente riutilizzabile dai viventi e parte in condizioni chimiche tali da dover essere riciclati dalle forze chimico-fisiche nell'atmosfera-litosfera-idrosfera, prima di poter tornare in forma accettabile ai viventi.

Di tutti gli elementi chimici del sistema periodico, una quarantina. sono essenziali per gli organismi. Quattro di essi (carbonio, azoto, idrogeno e ossigeno) sono richiesti in grande quantità; altri (zolfo, sodio, potassio, magnesio, ferro e cloro), meno impegnati nella costruzione della materia vivente, sono richiesti in concentrazioni più basse, pur svolgendo importanti funzioni di controllo nelle ossido-riduzioni biologiche. Tutti gli elementi, quale ne sia la richiesta da parte degli organismi, entrano in caratteristici c. partecipando a una precisa serie di reazioni passando alternativamente dalla materia vivente alla materia inorganica. Questi circuiti che rappresentano un importante aspetto dell'evoluzione geo-chimica e della funzionalità biosferica, vengono denominati c. biogeochimici in quanto coinvolgono ambedue le frazioni naturali, quella vivente e quella non vivente; quei circuiti che interessano in modo particolare i materiali biologicamente importanti sono invece, più giustamente, denominati c. nutritivi.

Impedendo l'accumulo degli elementi in forma statica, la natura evita l'esaurimento delle riserve scambiabili, altrimenti inevitabile nei normali processi ossidativi nel corso dell'erosione atmosferica. Tutto l'azoto biosferico (stimabile in miliardi di t), per es., si ritroverebbe (in tempi geologici piuttosto brevi) nell'atmosfera in forma ossidata (stabile), se l'azoto molecolare non venisse continuamente idrogenato dai microrganismi fissatori. Dal punto di vista strutturale, in un c. biogeochimico si possono distinguere due compartimenti distinti ma non dissociati fra loro, in cui l'elemento si trova sotto aspetti chimici differenti. Un primo compartimento, generalmente non biologico, è di riserva con funzione di grande serbatoio, chimicamente o fisicamente estraneo agli organismi; il secondo compartimento, biologico, è di scambio, più piccolo del primo ma più attivamente impegnato nella circolazione dell'elemento (che qui si trova nelle adatte condizioni chimico-fisiche) tra l'ambiente fisico e gli organismi. Nella figura è rappresentato un modello del c. che evidenzia in tratteggio i due compartimenti (uno di riserva e l'altro di scambio) e il collegamento fra loro; essa mostra inoltre come il flusso di materia tra autotrofi-eterotrofi-ambiente fisico sia azionato da una piccola frazione di tutta l'energia solare che giunge sulla superficie terrestre.

La distinzione in due compartimenti si rende necessaria, in quanto in natura gli elementi non sono quasi mai presenti sotto lo stesso aspetto chimico né sono omogeneamente distribuiti; infatti la possibilità che un elemento ha di migrare da uno stato di aggregazione (solido) a un altro (liquido), più facilmente accessibile agli organismi, è spesso dipendente dalla sua carica elettrica a livello dell'interfacie (solido-liquido): il ferro e il manganese sono liberamente mobili allo stato ridotto come ioni bivalenti e insolubili nello stato ossidato (fatta eccezione per i complessi organici), formano perciò composti ossidati che sostano, costituendo "riserva"; il cromo, il selenio, come pure il vanadio, invece, migrano molto più facilmente quando sono in forma ossidata, in questa forma perciò si ritrovano nel compartimento di scambio. Il ritorno in c. più rapido e sicuro di un elemento solubile e volatile è certamente rappresentato dalla migrazione dei suoi composti dall'acqua alla terra ferma attraverso l'atmosfera. L'acqua nel suo c. continuo, operato dai processi di evaporazione e condensazione in prossimità della superficie terrestre, trascina - parzialmente - tutti gli elementi i cui composti siano solubili. Per elementi solubili ma non volatili, un c. chiuso naturale è possibile solo attraverso la biosfera; il fosforo, per es., non esistendo composti volatili, entra nel c. idrologico ma i meccanismi di ritorno sono essenzialmente biologici.

I c. biogeochimici si dividono in due tipi fondamentali: c. gassosi, in cui il serbatoio principale dell'elemento (C, N, O, H,) è rappresentato dall'atmosfera e dagli oceani, e c. sedimentari nei quali la riserva dell'elemento (P, Fe, Ca), per le proprietà fisico-chimiche dei suoi composti, è localizzata nei sedimenti terrestri e oceanici a cui è strettamente legata. La diversa mobilità dei materiali implicati in questi due tipi fondamentali di c. fa sì che i c. gassosi risentano meno fortemente di quelli sedimentari di eventuali perturbazioni localizzate, sia naturali sia provocate dall'uomo: un aumento della concentrazione di anidride carbonica nell'aria (che rappresenta il suo serbatoio naturale), per ossidazione o per combustione, viene rapidamente livellato dai suoi rapidi spostamenti e compensato dall'aumento del tasso fotosintetico e dalla precipitazione dei carbonati neoformati nel mare. È presente dunque una naturale autoregolazione che conferisce ai c. gassosi elevata stabilità. La riserva di elementi come il fosforo, che è invece localizzata nella crosta terrestre, risulta relativamente inattiva per il tipo stesso di meccanismi (erosione, sedimentazione, attività vulcanica) implicati nella sua circolazione. Una iperfertilizzazione da fosfati, per es., può essere altrettanto dannosa di una ipofertilizzazione, appunto perché nel c. di elementi di questo tipo l'assenza di efficaci meccanismi a feed back negativo ne compromette la stabilità. La velocità con la quale gli elementi vengono prelevati dall'ambiente e restituiti a esso è dunque notevolmente diversa per elementi che costituiscono composti chimicamente diversi. È molto importante conoscere la velocità dello scambio di materiali tra una parte e un'altra di un ecosistema per meglio comprendere e controllare il meccanismo stesso dei c. biologici. Un metodo valido che quantizza il tempo di riciclo di un elemento è la misura del tempo di turnover, che rappresenta la richiesta di tempo di un particolare ecosistema per sostituire la quantità di materia pari a quella già presente in esso.

Nell'ultimo trentennio i progressi fatti con l'uso di isotopi radioattivi e con la teletrasmissione dei dati, hanno permesso la misura quantitativa della velocità di ciclizzazione degli elementi a livello globale, anche in grandi ambienti come mari, laghi e foreste. Si è calcolato per es. che tutta l'acqua terrestre è decomposta per fotosintesi e ricostituita dagli organismi in un periodo di due milioni di anni e l'ossigeno generato nel processo di fotolisi circola attraverso l'atmosfera, l'idrosfera e la biosfera in duemila anni circa. Con la medesima tecnica si è calcolata la velocità di circolazione (misurabile in decenni) del materiale organico derivato dalla CO2 atmosferica e si sono interpretate molte delle connessioni tra i c. e si è potuto arrivare a costruire un modello verosimile della biosfera. Usando un isotopo del calcio (45Ca), per es. Thomas ha calcolato il turnover di questo elemento (misurabile in centinaia di milioni di anni) e ha potuto dimostrare l'importanza della traspirazione di alcune piante, apparentemente inutili come il corniolo, nel riciclaggio di questo elemento che viene accumulato nelle radici e mantenuto quindi in circolo negli strati superiori del terreno (dove può essere utilizzato), evitandone lo slittamento in profondità. Sono stati anche precisati due aspetti particolarmente importanti del c. dell'acqua: 1) la quantità di acqua che torna alla terra con le precipitazioni è maggiore di quella da essa evaporata; vale a dire che parte dell'acqua che precipita sulle terre emerse proviene dal mare, perciò nel mare ricade meno acqua di quanta ne evapori; 2) il turnover medio dei laghi e dei fiumi (studiati) è di circa un anno, dato che la quantità di acqua che esce da un lago o da un fiume in un anno (0,2 geo-grammi), è simile al loro contenuto totale (0,25 geo-grammi). Il controllo della funzionalità dei c. biologici e quindi dei sistemi ecologici che essi mantengono può essere effettuato sia misurando la velocità di flusso dei materiali, sia misurando la concentrazione dell'elemento considerato in un dato momento nel sistema. Questo tipo di misura dà però spesso indicazioni molto limitate ed erronee sulla disponibilità reale dell'elemento: per es. gli scambi di fosforo tra sedimenti/organismi sono irregolari e dipendenti dall'attività organica e dalla temperatura, con alternanza di periodi in cui prevale la liberazione di fosforo dai sedimenti e periodi in cui prevale l'assorbimento da parte degli organismi; nel periodo di fioritura gran parte del fosforo disponibile si ritrova nei produttori e nei consumatori, il flusso quindi diminuisce fino a che alcune parti degli organismi non iniziano a decomporsi liberando i nutrienti. Il fosforo quindi, in un dato momento, può trovarsi quasi totalmente all'interno degli organismi viventi, mentre una misura limitata alla sola concentrazione nell'ambiente fisico ne farebbe apparire una bassa disponibilità.

Differenti latitudini comportano una diversa distribuzione delle sostanze che vengono riciclate tra i due compartimenti che costituiscono un c. biologico. Nelle foreste tropicali, la maggiore percentuale di materia organica si trova nella biomassa; infatti, i 3/4 del carbonio organico e il 58% dell'azoto organico si trovano concentrati nella vegetazione (compartimento biotico) e solamente 1/4 del carbonio e il 44% dell'azoto nel terreno e nella lettiera (compartimento abiotico). Gli scambi subiscono pertanto una sorta di corto circuito in quanto il riciclaggio dei materiali avviene esclusivamente all'interno del sistema organico senza attraversare l'ambiente fisico. Per es., le micorrizie associate alle radici possono digerire la materia organica morta e trasferirla in forma minerale direttamente alle piante, senza che i sali inorganici vengano dilavati dalle pioggie e irrimediabilmente perduti. L'intervento microbico può essere anche scavalcato tramite un altro particolare percorso di riciclizzazione; esso viene denominato di autolisi, si attua quando è grande il rapporto superficie/volume dei corpi o delle particelle di sostanza organica morta, in questi casi si libera in forma utile anche il 75% (della quantità totale) degli elementi presenti, senza ulteriore richiesta di energia metabolica. Si può dire perciò che nelle foreste tropicali il controllo dei c. biologici è essenzialmente di tipo biologico. Nelle regioni temperate e in quelle fredde una notevole quantità delle sostanze nutritive e del materiale organico si ritrova nel terreno o nel sedimento. Nelle foreste a conifere dell'emisfero boreale è stato osservato che oltre la metà del carbonio organico e circa il 91% dell'azoto organico si ritrovano nell'humus e nel terreno. I fattori che influenzano i cicli sono quindi (in queste regioni) per lo più di natura fisica: il gelo invernale, per es., mantiene i nutrienti nel terreno (che non viene perciò dilavato), ed è possibile un normale trasporto di materia tra l'ambiente fisico e l'ambiente organico. Nei mari temperati esistono tuttavia percorsi di riciclizzazione all'interno del solo mondo organico: l'escrezione del microzooplancton contenente composti organici e inorganici dell'azoto, dello zolfo e del carbonio può essere usata direttamente dai produttori, senza ulteriori trasformazioni chimiche ad opera dei batteri. Recenti valutazioni indicano infatti che lo zooplancton libera, in vita, una quantità di sostanze nutritive solubili molto superiore a quella derivante dalla loro decomposizione microbica dopo la morte.

I c. naturali stanno subendo tangibili modificazioni ad opera delle moderne attività umane. L'uomo infatti immette sempre nuove risorse di elementi essenziali, non essenziali e tossici che influenzano negativamente i c. biologici e conseguentemente l'accettabilità di questi elementi, da parte dei normali processi biologici. Attualmente la più importante interferenza umana dei c. naturali è la fissazione industriale dell'azoto: la quantità dell'azoto fissato è oggi cinque volte maggiore di quella fissata da tutti gli ecosistemi terrestri prima dell'avvento dell'agricoltura moderna. In una natura non contaminata la quantità di azoto sottratta all'atmosfera viene equilibrata da quella ad essa restituita dagli organismi che trasformano i nitrati organici in azoto gassoso; nelle condizioni attuali, però, questo equilibrio non è più tale e le conseguenze di una disproporzione tra fissazione e denitrificazione, in favore della prima, si sono già rese evidenti specie negli ambienti acquatici dove eccessive fioriture algali e conseguente consumo di ossigeno hanno causato morie di pesci e di altri organismi aerobi. Il bilancio dell'azoto è ancora oggi piuttosto sommario: non si possiedono infatti dati sicuri sui fenomeni ionizzanti dell'atmosfera, e anche potendo misurare la quantità di azoto nella pioggia si è costretti all'approssimazione nel distinguere la quantità dell'azoto prodotto per ionizzazione, da quello proveniente dalla terra e dal mare. Le valutazioni più recenti dànno comunque: 25 milioni di t annue di azoto fissato che cade sulla terra con la pioggia, in cui il 70% è azoto fissato precedentemente che sta compiendo il suo ciclo. Difficilmente determinabile è anche la perdita di azoto che va a fissarsi nelle rocce sedimentarie e la sua reimmissione in c., attraverso l'attività vulcanica. Tenendo soprattutto conto che l'azoto prodotto industrialmente raddoppia ogni 6, 7 anni, le lacune nelle conoscenze del c. dell'azoto sono preoccupanti ma sufficienti per capire che l'obiettivo più immediato dev'essere il controllo della denitrificazione.

Altri elementi con caratteristiche chimiche simili a quelle di specifici elementi essenziali per la vita, presenti generalmente in basse concentrazioni nell'ambiente, stanno diventando estremamente pericolosi per l'uomo e per gli animali, a causa della loro rapida diffusione dovuta all'uso sperimentale e industriale dell'energia atomica. L'isotopo dello stronzio (90Sr prodotto di fissione), per es., che ha un comportamento biologico simile al calcio e circola quindi con esso, contrae stretti rapporti con tessuti particolarmente sensibili alla radioattività. Una certa quantità di radiostronzio ha già sostituito il calcio (specie nelle zone più povere di questo elemento) passando dal terreno e dall'acqua alla vegetazione e da questa negli animali, compresi quelli costituenti normale cibo per l'uomo. Recenti studi hanno dimostrato infatti che elevate concentrazioni di questo radioelemento (da 1 a 5 picocurie), giudicate pericolose, si trovano nelle ossa umane. In condizioni naturali elementi particolarmente pericolosi, come il mercurio e il piombo, migrano attraverso l'ambiente fisico subendo una serie di trasformazioni che li rendono in una forma chimica accettabile dagli organismi viventi. Dagl'impianti di utilizzazione industriale, però, del mercurio per es., fuoriescono massicci affluenti liquidi e gassosi, di composti chimici (non tossici) facilmente convertibili (in tossici) nell'ambiente, tramite un percorso diverso da quello del naturale c. biologico del mercurio.

Il meccanismo di trasformazione risiede in alcuni batteri alchilanti presenti nei sedimenti acquatici, che trasformano il metallo e alcuni composti organici di esso, come per es. i fenilmercuriali [(C6H5)2Hg] o i metossietilmercuriali [CH3 O (CH2) Hg+], presenti in alte concentrazioni negli scarichi industriali, in metil e di-metilmercuriali che, essendo molecole difficilmente demolibili, possono continuare la loro azione deleteria, svolta principalmente a livello della membrana cellulare per tempi molto lunghi che ne rendono l'effetto irreversibile. Questi composti quindi persistono nell'ambiente in quanto non vi sono sistemi biologici capaci di trasportarli e degradarli attivamente. L. G. Goldwater recentemente ha dimostrato l'importanza delle catene alimentari di ecosistemi acquatici, nella meccanica di concentrazione dei metil e alchilmercuriali. Le principali fonti d'inquinamento a cui è necessario prestare attenzione sono gli scarichi liquidi e solidi, che immessi nelle acque vengono spesso accumulati dalla flora e dalla fauna ittica, in ragione crescente del livello trofico considerato. Alcune alghe marine contengono mercurio in concentrazioni cento volte superiori all'acqua in cui sono immerse; nei pesci che se ne nutrono è stato trovato mercurio accumulato fino a 50 parti per milione, cento volte superiore, cioè, ai limiti di tolleranza accettabili negli anelli superiori della catena alimentare. L'uomo, che si trova al termine della catena alimentare, sta già pagando gli effetti deleteri della sua stessa civiltà; gli abitanti del golfo di Minamata e gli agricoltori iracheni, uccisi dai metilmercuriali, ne sono un esempio.

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