Ciclopi

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

Ciclopi

Massimo Di Marco

I giganti con un solo occhio in mezzo alla fronte

I Ciclopi, simbolo di una condizione di vita primitiva, sono esseri rozzi, asociali, violenti. Il più famoso di essi è Polifemo, il mostro crudele di uno dei più celebri episodi dell'Odissea di Omero: alla sua forza bruta si oppone l'intelligenza di Ulisse, che riesce a ingannarlo e a sconfiggerlo con l'astuzia

Il mito più antico e i Ciclopi dell'Odissea

Nel mito più antico i Ciclopi sono figli di Gea (la Terra) e Urano (il Cielo). Abili artigiani, fabbricano il tuono, il lampo e il fulmine con cui Zeus (Giove) combatte contro i Titani. Le fucine in cui aiutano Efesto (Vulcano) si trovano sotto l'Etna e lo Stromboli: i rumori e le faville che i vulcani emettono sono prodotti dal loro lavoro. A essi, creature gigantesche e dotate di una forza immane, si attribuiva la costruzione di grandi mura, per esempio quelle di Micene.

I Ciclopi di Omero abitano invece nel mondo degli uomini, praticano la pastorizia e hanno una diversa genealogia: Polifemo, per esempio, è figlio di Poseidone e di una ninfa marina. Sono selvaggi e violenti, non conoscono semina e aratura, vivono in grotte profonde sulle cime dei monti.

Ulisse nella grotta di Polifemo

Nel viaggio di ritorno da Troia Ulisse giunge all'isola dei Ciclopi e con dodici compagni si spinge sino alla grotta di Polifemo. Il Ciclope, di ritorno con le sue greggi, li sorprende all'interno dell'antro. Invano Ulisse gli chiede di essere trattato come un ospite sacro a Zeus: Polifemo risponde che i Ciclopi non si curano degli dei, prende due compagni dell'eroe, li uccide sfracellandoli al suolo e si ciba delle loro carni; poi si addormenta. Ulisse potrebbe ucciderlo nel sonno: ma come spostare l'enorme macigno con cui il mostro ha chiuso la caverna?

L'indomani, dopo che Polifemo ha divorato altri due compagni e ha portato al pascolo il bestiame, Ulisse, con l'aiuto dei suoi, sgrossa un tronco d'olivo, ne arroventa nel fuoco la punta e lo nasconde. Al suo rientro il Ciclope uccide altri due Greci. A questo punto l'eroe gli offre del vino eccezionalmente forte che si era portato dietro in un grande otre. Il Ciclope ne chiede ancora e domanda a Ulisse il suo nome; l'eroe astutamente gli risponde che il suo nome è Nessuno. Quando Polifemo cade in un sonno profondo, Ulisse e i compagni conficcano il tronco dalla punta rovente nell'occhio del Ciclope e lo accecano. Il mostro invoca l'aiuto dei Ciclopi suoi fratelli; ma quando questi gli chiedono chi lo stia derubando o uccidendo, Polifemo risponde: "Nessuno". A questa risposta essi vanno via.

All'alba seguente, per fare uscire il gregge, Polifemo toglie il macigno dall'ingresso della grotta, ma tasta sul dorso le pecore perché nessuno dei Greci possa sfuggirgli. Ulisse però ha legato i suoi compagni sotto il ventre delle pecore ed egli stesso sfugge al controllo, aggrappato al vello del montone più caro al Ciclope.

Raggiunta la nave, svela a Polifemo il suo vero nome. Il Ciclope ricorda allora una profezia che gli prediceva quanto sarebbe accaduto e scaglia contro la nave la punta di una montagna, ma invano. Poi invoca Poseidone affinché Ulisse non faccia ritorno in patria o vi torni tardi, dopo molte sofferenze e dopo aver perso tutti i compagni.

La parodia del mito

Una parodia dell'episodio omerico si legge nel dramma satiresco Il Ciclope di Euripide: quando Ulisse e i compagni giungono alla grotta di Polifemo, vi trovano schiavi i satiri e il loro vecchio padre Sileno; una volta accecato il Ciclope, anch' essi torneranno alla libertà e potranno ricongiungersi con il loro dio, Dioniso.

La letteratura di età ellenistica farà di Polifemo l'innamorato goffo e sgraziato della bella nereide (cioè una delle figlie di Nereo) Galatea: il mostro si illude di poterne conquistare il cuore offrendole capretti e formaggi, ma non si accorge che la ninfa - che vive nel mare, a lui inaccessibile - lo prende garbatamente in giro; solo il canto può lenire le sue pene d'amore.

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