CILICIA

Enciclopedia Italiana (1931)

CILICIA (A. T., 88-89)

Roberto PARIBENI
Roberto PARIBENI
Guillaume DE JERPHANION
Lino BERTAGNOLLI,

Regione d'Asia Minore che occupa la parte sud-orientale di quella penisola. È una vasta regione di transito fra l'Armenia e la Siria, confinante a ponente con la Panfilia, a settentrione con la Isauria, la Licaonia e la Cappadocia, a levante con la Commagene e con la Siria, a mezzogiorno col mare. Un'esatta delimitazione non è del tutto possibile, e probabilmente non è stata sempre costante durante i secoli della storia antica. Per il confine occidentale, piuttosto che fermarsi a Coracesium (moderno Alaiye) come fa Strabone (XIV, 667) sembra più rispondente a una razionale delimitazione l'importante corso d'acqua che gli antichi chiamavano Melas (moderno Manavgat Çay) come vuole Plinio (Nat. Hist., V, 93). Altri punti ben determinati di confine sono a N. le Κιλίκιαι Πύλαι, passo del Tauro a 1100 metri sul mare (moderno Gülek Boǧaz, nel Bulǧar Daǧ) e a SE. le 'Αμανικαὶ Πύλαι, o passo del monte Amano, confine fra Cilicia e Siria.

Per ciò che concerne il rilievo, si possono distinguere nella regione, cinque zone diverse: la Cilicia Montana, corrispondente alla Cilicia Trachea (Κιλικία τραχεία o C. aspera) degli antichi, e il Tauro di Cilicia a O.; l'Antitauro a N.; l'Amano a E.; e, al centro, inclinata verso il mare, la pianura cilicia (la Κιλικία πεδιάς o Cilicia campestris degli antichi).

La Cilicia montuosa è una regione impervia d'altipiani e di catene, scendenti ripide verso il mare e degradanti dolcemente verso N.; scarsamente popolata nelle altezze e sul versante interno in gran parte brullo e deserto, sovrapopolata invece nelle ristrette zone facilmente irrigabili nel fondo di bacini vallivi e più ancora lungo la costa, stretta e lussureggiante di vegetazione mediterranea. Sulla costa, Alaiye e Anamur; nell'interno Ermenek (7-8000 ab.) sono i centri principali. Selefke (15.000 ab.), l'antica Seleuca aurea, allo sbocco della valle del Göle Su (l'antico Calycadnus nel quale trovò la morte Federico Barbarossa) è capolinea dell'importante strada carovaniera Karaman-Selefke.

Il fiume Lamas divide la Cilicia Trachea dal Tauro di Cilicia, la cui linea di vetta varia fra i 2000-3000 m., e nel quale si possono distinguere tre gruppi montuosi: il Dümbelek, il Bulǧar Daǧ, il più alto (3560 m.) il vero Tauro di Cilicia, povero di vegetazione, tagliato da frequenti e profondi burroni, e l'Ala-Dağ, il gruppo più interno nelle cui valli aperte è abbastanza sviluppata la cerealicoltura e la frutticoltura.

Aperta verso il golfo di Alessandretta si stende la pianura cilicia, coperta da profondi materiali alluvionali portati dai fiumi Saihun e Giaihun Irmak, poco abitata e steppica nella parte più interna, più fertile e popolata nella meridionale, escluse alcune zone costiere paludose. La posizione della pianura, riparata tutt'intorno dai monti e aperta solo ai venti e al sole di mezzogiorno, permette che la flora mediterranea qui si stenda anche molto lontana dalle coste, fin sulle prime alture dell'Antitauro, coperte ancora di mirti e di allori. Diversi tratti della zona costiera vengono fertilizzati annualmente mediante regolari inondazioni primaverili. Vi troviamo tutte le colture della zona mediterranea: frumento, orzo, sesamo e miglio, granturco, riso e canna da zucchero e inoltre il cotone che si pianta, dopo la mietitura dei cereali, in giugno. Numerosi sono i villaggi agricoli. I centri principali sono Adana, mercato importante per il grano e per il cotone, Farso (25.000 ab.) sulle rive del freddo Cidno, ora Farsus Çay (nelle cui acque per poco non trovò la morte Alessandro) e Mersina, la città dei mirti, centro nuovissimo e mercato fiorente, che era abitata in gran parte da Greci e da Europei; questi centri sono uniti fra loro e col mare da una ferrovia. Nella parte più interna prevale l'allevamento delle pecore, che dànno una lana assai pregiata; il centro principale è Sis (5000 ab.), importante come porta d'ingresso dell'Antitauro.

A O. della pianura si stende la regione del boscoso Amano (cipressi e cedri in basso, querce e pini in alto), che raggiunge i 1700 m., mentre il passo di Belan, le Pylae Siriae degli antichi più a N., segnano il valico meno elevato della catena (670 m.) e uniscono la Siria settentrionale al porto di Alessandretta. Nella stretta pianura costiera a N. di Alessandretta, la cittadina di Payas (6000 ab.) è di una discreta importanza per la tessitura della seta.

Zona di confine fra l'Anatolia, l'Armenia e la Mesopotamia è l'Antitauro (2700 m.), catena montuosa assai aspra. Frutteti e campi di cereali circondano i recenti villaggi dell'Antitauro sud-occidentale. Le valli sono abitate scarsamente: i centri più notevoli sono Hacin, Elbistan e Setum (20.000 ab.), fiorente per le industrie del ferro e del rame estratto dalle miniere vicine.

Storia. - Il nome di Cilicia appare per la prima volta in documenti egizî nella forma Chlk e assiri nella forma Chilakku. Anche Omero ricorda i Cilici, dei quali era re il padre di Andromaca, ma li colloca nell'Anatolia settentrionale poco lungi da Troia. Erodoto, che ne conosce la vera sede, riferisce che essi avevano tratto il nome dal fenicio Cilix, figlio di Agenore. È più probabile fossero della stirpe stessa alla quale appartengono le altre popolazioni dell'Asia Minore, e soltanto, data la vicinanza, mescolati con elementi aramaici e fenici. Fecero forse parte dello stato degli Hittiti, e per un certo tempo obbedirono certo agli Assiri. Si parla poi più tardi (circa il sec. VII a. C.) di sovrani di Cilicia che si chiamano Syennesis (nome proprio o comune?). Un Syennesis è mediatore di pace tra Creso re di Lidia e Ciro. La piccola monarchia locale sussiste anche quando la Cilicia è incorporata, come tutta l'Anatolia, nell'impero persiano. Cento navi di Cilicia, al comando di un re Syennesis, avrebbero preso parte alla spedizione di Serse contro la Grecia. Un altro re Syennesis governava il paese, quando Ciro il giovane attaccò il fratello Artaserse. Fenici e Greci ebbero forse fattorie e colonie sulle coste; più sicure, tra le colonie greche, Mallos e specialmente Soli, colonia di Rodî, nota per il barbaro modo di parlare il greco (da cui il termine solecismo).

Solo con Alessandro Magno comincia l'ellenizzazione del paese, proseguita poi più intensa coi successori, le cui lotte diuturne portarono la Cilicia a dipendere ora dagli uni, ora dagli altri, ma specialmente dai Seleucidi di Siria. Circa il 145-4 a. C., un piccolo capo ribelle ai Seleucidi, Diodoto Trifone, pose il suo quartier generale sulla montagna di Coracesio che cade ripida sul mare, e fece di quel luogo il rifugio di una flotta corsara. Attività questa nella quale i Cilici perseverarono oltre l'effimera signoria di Diodoto, approfittando della debolezza degli altri stati mediterranei per sempre più audaci imprese. Per le quali diedero preoccupazioni anche a Roma che fin dal 103 a. C. assegnò a Marco Antonio la Cilicia come provincia, ossia come sfera di azione per reprimere appunto la pirateria. Dei pirati Cilici dovettero occuparsi ancora Metello e Silla e Servilio Vatia l'Isaurico, finché, con larghi mezzi e con poteri speciali conferitigli con apposita legge, non fu investito delle guerre contro i pirati Pompeo. Questi riuscì a distruggere la pirateria occupandone i rifugi, conquistando la Cilicia Aspra e facendosi cedere dal re Tigrane di Armenia la Piana. La Cilicia divenne così provincia romana, e uno dei suoi primi governatori fu Cicerone che non fu troppo lieto di quella lontana e faticosa destinazione. Dovette infatti combattere contro le tribù interne ancora non domate (Eleutherocilices) e porre assedio ed espugnare a forza una loro città, Pindenissus. I confini non furono determinati in modo definitivo, ora attribuendosi alla Cilicia la Panfilia, la Pisidia, l'Isauria, la Licaonia e alcuni distretti della Frigia, ora ripartendosi questi paesi tra le provincie d'Asia e di Siria. Marco Antonio, il triumviro, aveva donato la Cilicia e Cipro a Cleopatra, e un regolo dei paesi di Cilicia vicini al monte Amano segue la flotta egizia ed è ucciso ad Azio. Augusto ordina la provincia tenendola probabilmente riunita alla Siria. Rimangono tuttavia entro la provincia alcuni piccoli principati protetti, come quello dei re sacerdoti di Olba, un cui sovrano Marco Antonio Polemone muore sotto Claudio. Sotto Nerone abbiamo un governatore della Cilicia che è legato imperiale, e con Vespasiano pare siano cessati tutti i piccoli stati tributarî. Con la Cilicia furono generalmente unite Isauria e Licaonia; il capoluogo della provincia fu Tarso. L'ultima divisione a cui fu sottoposta la Cilicia sotto l'impero è quella del tempo di Arcadio, in Cilicia prima, con capitale Tarso, retta da un consolare, C. secunda, capitale Anazarba, con un praeses, e Isauria, capitale Seleucia, pure con un praeses.

Gli avvenimenti più notevoli durante la storia del dominio romano furono la nascita a Tarso di S. Paolo, la morte di Traiano a Selinunte, detta poi Traianopoli, e la battaglia fra Settimio Severo e Pescennio Negro presso il monte Amano. La popolazione dovette essere in antico molto più folta dell'attuale, come è provato dalle rovine numerose e vaste di grandi città. Nell'antichità, dei prodotti agricoli di Cilicia era famoso lo zafferano, e dei prodotti industriali una rude e pesante stoffa di pelo di capra, il cilicio.

La Cilicia dopo la dominazione romana segue le vicende dell'Asia Minore: sotto i Bizantini e i Selgiuchidi, è regno rupenide di Cilicia (v. armenia: Storia, IV, p. 455)

Bibl.: A. Forbiger, Handbuch der alten Geographie, 2ª ed., Amburgo 1877, II, p. 271 segg.; H. Kiepert, Lehrbuch der alten Geographie, Berlino 1878, pagina 129 segg.; F. Beaufort, Karamania, Londra 1817; V. Langlois, Voyage dans la Cilicie, Venezia 1861; E. Meyer, Geschichte des Altertums, 2ª ed., I, ii, p. 623 seg.; R. Preuss, De Cilicia Romanorum provincia, Königsberg 1859; Th. Mommsen, Röm. Geschichte, V, 3ª ed., Berlino 1886, p. 307 segg.; G. Marquardt, L'amministrazione pubblica romana, I, Firenze 1887, p. 410 segg.; J. Beloch, Griechische Geschichte, IV, i, ii, Berlino 1925-27; E. Meyer, Die Grenzen der hellenistischen Staaten in Kleinasien, Lipsia-Zurigo 1925, passim; D. Vaglieri, s. v. Cilicia, in Dizionario epigrafico, di E. De Ruggiero, II, 222-36; W. Heberdey e A. Wilhelm, Reisen in Kilikien, in Denkschriften der kais. Akad. d. Wiss. in Wien, XLIV (1896); R. Paribeni-P. Romanelli, Studî e ricerche archeologiche nell'Anatolia Meridionale, in Mon. antichi R. Acc. Lincei, XXIII (1914), col. 85 seg.; R. Paribeni, Saggio di bibliografia anatolica, Venezia 1921, p. 159 seg.

Monumenti. - La Cilicia conta una serie di monumenti importanti per la storia dell'evoluzione dell'architettura religiosa in Oriente, in quanto essi segnano la transizione fra i tipi siriaci e quelli propriamente anatolici. La costruzione accurata a grandi blocchi calcarei sembra imitata dagli edifici della Siria settentrionale. Nella Cilicia orientale domina la pianta basilicale, coperta a travatura. Le absidi sono mascherate spesso all'esterno o da un muro diritto o da ambienti rettangolari che occupano gli angoli formati dalle absidi laterali. Si trova talvolta una disposizione singolare particolare a questa regione: le absidi della chiesa sono racchiuse da altre absidi su una specie di periplo esterno. Le porte e finestre bigemine o trigemine, divise da colonnette (v. karadaǧ), costituiscono un elemento anatolico. Un gruppo importante di basiliche si vede tra le rovine di Corico. Maggiore interesse offrono gli edifici della parte occidentale della Cilicia e della Panfilia e Licia. Sono stati designati col nome di basiliche a cupola, perché la loro pianta si avvicina a quella della basilica (corpo allungato diviso in tre navate parallele con gallerie sulle laterali e tre absidi), mentre la cupola che ne copre la parte centrale conferisce all'edificio quell'aspetto nuovo che forma il carattere principale dell'architettura bizantina. La chiesa di Koca Kalesi è nell'Asia Minore meridionale il migliore esemplare di questo tipo e probabilmente anche il più antico, da cui sono derivati i congeneri.

Bibl.: G. Lowthian Bell, in Revue archéol., 1906, I, pp. 1-29, 385-414; II, pp. 7-36, 225-52, 380-401; 1907, I, pp. 18-30.

V. tav. LIII.

TAG

Allevamento delle pecore

Amministrazione pubblica

Marco antonio polemone

Canna da zucchero

Alessandro magno