CIMONE

Enciclopedia Italiana (1931)

CIMONE (Κίμων, Cimon)

Gaetano De Sanctis.

Figlio di Milziade, il vincitore di Maratona, e di Egesipile, la figlia del re tracio Oloro, C. apparteneva alla nobile gente dei Filaidi ed era ascritto al demo di Laciade. Nato nel Chersoneso Iracio, di cui il padre era signore, circa il 515 a. C., seguì il padre in Atene e rimase orfano poco dopo la battaglia di Maratona (490). Sebbene dovesse pagare la grave multa a cui il padre era stato condannato, rimase in possesso di una notevole fortuna. La sua carriera politica cominciò, per quel che sappiamo, nel 479, quando fu inviato ambasciatore a Sparta. Già nel 479-78 fu, per quel che pare, stratego. In politica, si oppose alla tendenza democratica di Temistocle e si mise a capo del partito conservatore. Si segnalò in quegli anni con la presa di Eione alla foce dello Strimone occupata dai Persiani, con la conquista dell'isola di Sciro (476-75), con l'occupazione di Caristo nell'Eubea; poi domò la ribellione di Nasso, e riportò il suo maggiore successo militare, la vittoria sui Persiani presso la foce dell'Eurimedonte (v.) in Panfilia (470-69). Represse in seguito la ribellione di Taso, ma dopo questo successo fu accusato dagli avversarî, i quali avrebbero voluto che egli ne profittasse per estendere l'autorità d'Atene nella regione del Pangeo. Assolto dalle accuse (463), ottenne di essere spedito in soccorso degli Spartani che assediavano Itome, ove si erano rifugiati i Messenî ribelli. L'assedio tirò in lungo e gli Spartani rinviarono con poco riguardo gli ausiliarî ateniesi. Questo portò da una parte alla rottura dell'antica alleanza tra Sparta e Atene, dall'altra alla vittoria politica degli avversarî di Cimone, Efialte e Pericle, i quali volevano un indirizzo più democratico. C. fu colpito da ostracismo (primavera del 461). Si narra che poi, sebbene esule, volesse partecipare a Tanagra alla battaglia che ivi si combatté tra Ateniesi e Lacedemoni (457). Comunque, dopo la catastrofe della spedizione ateniese in Egitto (452), C. fu richiamato e riuscì a ottenere da Sparta una tregua di 5 anni (451). Gi Ateniesi ne profittarono per cercare la rivincita della catastrofe egiziana sottomettendo Cipro (449-48). C., inviato colà, morì, probabilmente di peste, mentre assediava Cizio. Dopo la sua morte, gli Ateniesi tolsero l'assedio e, aprendosi la via con una vittoria sulla flotta persiana presso Salamina, riportarono le sue ossa in patria.

Di C. gli antichi stessi esaltano le doti di generale, riconoscono le scarse attitudini come politico. Certo la sua politica antidemocratica non ebbe alcun successo. Nella politica estera egli avrebbe voluto l'amicizia con Sparta, contro le direttive di Temistocle e poi di Pericle. Ma dell'amicizia con Sparta e della conseguente rinunzia a una politica attiva in Grecia non seppe profittare per tentare una vigorosa offensiva contro la Persia (sul genere di quella poi tentata da Pericle in Egitto) quando le condizioni della Persia e della Grecia rendevano tale offensiva più promettente di risultati. E, in sostanza, al suo difetto d'iniziativa si deve soprattutto se nella lega marittima ateniese le tendenze disgregatrici cominciarono a farsi sentire quasi appena essa fu costituita.

Fonti: Fonte principale Thucid., I, 98 segg. Qualche notizia in Arist., Resp. Athen., 26 seg. La vita di Cimone di Plutarco è fondata sopra una biografia alessandrina e, insieme con molti aneddoti senza valore, ha importanti citazioni di Ione, Cratino, Eupoli e Stesimbroto, tutti contemporanei o quasi di Cimone.

Bibl.: G. Busolt, Griech. Geschichte, III, i, Gotha 1897, passim; J. Beloch, Griech. Geschichte, Strasburgo 1914, II, i, pp. 65 segg., 145 segg.; II, ii, p. 159 seg.; G. De Sanctis, 'Ατϑίς, 2ª ed., Torino 1912, p. 401 segg.; H. Swoboda, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XI, col. 438 segg.

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