CINO da Pistoia

Enciclopedia Italiana (1931)

CINO da Pistoia

Gennaro Maria Monti

Nacque da ser Francesco dei Sighibuldi e da Diamante di Bonaventura, in Pistoia, quasi certamente nel 1270, da famiglia magnatizia. Per cinque anni fu alla scuola di grammatica di Francesco da Colle, poi andò all'università di Bologna per gli studî legali sotto Dino, Francesco d'Accursio e il Ramponi e vi era certamente nel 1292. In quell'anno e nel seguente, fu in Francia e seguì ad Orléans le lezioni di Pietro da Bellapertica; nel 1297-1301, appare a Bologna; nel 1302 a Pistoia, dove sposò, pare, Margherita degli Ughi; nel 1303, fu bandito e ritornò in patria solo nel 1306, ripartendone, sembra, due anni dopo. Nel 1310, alla discesa di Arrigo VII, seguì le sue sorti, al seguito di Ludovico di Savoia, che lo ebbe consigliere nella sua ambasceria a Firenze e assessore al tribunale imperiale di Roma, di cui era senatore. Alla morte di Arrigo, tornò agli studî giuridici e il 9 dicembre prese a Bologna la solenne laurea dottorale (ma egli già era licenziato in diritto); negli anni seguenti esercitò l'ufficio di giudice in patria e fuori e la professione legale, finché nel 1321 cominciò ad insegnare nelle università: nel 1321-22, a Siena, nel 1325-6 anche a Siena, nel 1326-1330 a Pevigia, nel 1330-1331 a Napoli, nel 1332-3 ancora a Perugia. Rientrò allora definitivamente in patria, dove fu eletto gonfaloniere e poi membro del consiglio del popolo, e dove morì alla fine del 1336 o ai primi del 1337. È sepolto nella cattedrale. Ebbe amici, fra gli altri, Dante, col quale tenne corrispondenza e del quale pianse la morte in una canzone; e il Petrarca, che lo pianse morto in un celebre sonetto.

Come poeta egli appartiene alla scuola del "dolce stil nuovo" e di lui ci son pervenute circa duecento rime fra canzoni e sonetti. La maggior parte canta il suo amore doloroso e senza speranza per Selvaggia, da molti identificata con Selvaggia Vergiolesi di Pistoia, da pochi considerata come senhal o come pura astrazione. Altre rime si riferiscono a un precedente amore, ben corrisposto, per una giovane bolognese; e altre all'amore per una donna pietosa che avrebbe voluto consolare il poeta dell'amore di Selvaggia; infine, vi sono le corrispondenze in versi con poeti contemporanei e due canzoni in morte di Arrigo VII.

Lodatissimo da Dante e dal Petrarca, C. fu variamente giudicato dai moderni. Egli spesso s'intrica nelle conversazioni scolastiche e dottrinali, sì che il suo canzoniere difetta spesso d'evidenza e d'efficacia; ma non si può negare che abbia musicalità di ritmo, abbondante vena di tenerezza, successione di belle immagini. Certo C. fu sottile psicologo e seppe benissimo rappresentare il dolore, l'angoscia, il tedio, la paura della morte; ed è questa, senza dubbio, la parte migliore del suo canzoniere.

Come giurista, la sua maggiore opera è la Lectura in Codicem (cioè un commento alle leggi di maggiore importanza contenute nei primi nove libri del Codice giustinianeo); ma anche notevolissime sono una mutila Lectura in Digestum vetus, molte additiones, alcuni Consilia, una Quaestio, oltre a parecchie opere perdute. Egli appartenne alla scuola dei commentatori, fu maestro di Bartolo e celebratissimo dai contemporanei e dai posteri. Suo merito precipuo fu l'avversare l'antica scuola bolognese e il metodo dei glossatori, l'ammirare (senza servilismo) i giuristi francesi e il metodo dialettico, l'adattare il diritto alle esigenze del suo tempo, inaugurando una nuova scuola, segnando il passaggio fra le antiche e le nuove tendenze. Egli, inoltre, combatté vivamente i canonisti, sostenne il potere civile contro l'invadenza ecclesiastica, perseguì l'idea imperiale nei suoi libri, come l'aveva vissuta: secondo lui l'imperatore era soggetto solo a Dio, da cui solo riceve il potere, e la donazione di Costantino non solo poteva prescriversi ma anche essere revocata: sua è l'ardita metafora che la luna dovesse rappresentare il Papato e il sole l'Impero, metafora che inverte l'altra notissima.

Edizioni delle rime: Le migliori fra le antiche sono: ed. Pilli, Roma 1559; ed. Ciampi, Pisa 1813; fra le moderne: ed. Carducci, Firenze 1862, rist. Firenze 1864; ed. Bindi-Fanfani, Pistoia 1878; ed. Fiodo, Lanciano 1913; ed. Di Benedetto, in Rimatori del dolce stil novo, Torinn 1925; ed. Zaccagnini, Ginevra 1925. Per le edizioni delle opere giuridiche v. l'Introduzione bibliografica, in G.M. Monti, C. da P. giurista.

Bibl.: L. Chiappelli, Vita e opere giuridiche di C. d. P., Pistoia 1881; A. Corbellini, Dante, Guido e Cino, Pavia 1905; A. Mocci, La cultura giuridica di C. d. P., Sassari 1910; L. Chiappelli, Nuove ricerche su C. da P., I, Pistoia 1911; G. Zaccagnini, C. da P., Pistoia 1919; L. Di Benedetto, Coi rimatori dello stil novo, Chieti 1923; G. M. Monti, C. da P. giurista, (con bibliografia), Città di Castello, 1924.

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