CINZIO

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 81 (2015)

CINZIO

Pietro Silanos

(Capellus, Carellus). – Considerata anche la data di morte (intorno alla metà del 1182), Cinzio nacque probabilmente all’inizio del XII secolo.

Il suo legame con la famiglia romana de Papa o Papareschi, proveniente dal rione di Transtevere, a cui sarebbe appartenuto anche papa Innocenzo II, si fonda essenzialmente su una notizia tratta da un’iscrizione che nel XVII secolo si poteva ancora leggere su un leggio marmoreo della chiesa di S. Giacomo in Septimanio.

Tale scrittura, oggi perduta – consistente in un epitaffio funebre di un certo Cynhtius Domini Petri Papae indicato anche come clericus e nepos Innocentii papae secundi  – fu riprodotta per la prima volta dal Ciaconio, anche se mutila e corrotta (Ciaconius, Vitae et res gestae, col. 562). La medesima iscrizione fu riconsiderata in modo più corretto da Onofrio Panvinio e riproposta, sulla scorta di quest’ultima edizione, anche dal Terribilini (Roma, Biblioteca Casanatense, cod. 2180, c. 28v), dal Martinelli (Martinelli, Roma ex ethnica, p. 117) e dal Forcella (Forcella, Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Roma, VI, p. 323).

La storiografia che si è occupata di prosopografia cardinalizia del XII secolo ha fatto affidamento quasi esclusivamente sulla lezione del Ciaconio e ha così forzato l’appartenenza familiare del cardinale (Brixius, Die Mitglieder, p. 59; Zenker, Die Mitglieder, p. 154), attribuendogli un legame di sangue certo con Innocenzo II e la domus romana dei Papareschi. Una lettura attenta del testo dell’iscrizione – anche nella versione mutila del Ciaconio – tuttavia, già avvertirebbe di questa errata esegesi: il Cinzio dell’iscrizione, infatti, è presentato semplicemente come figlio di un certo Pietro Papae del gruppo familiare di Giovanni di Guidone Papae e come chierico, nella lezione del Ciaconio, «f. Romani» (da leggersi probabilmente come fraternitatis romanae) o, nella lezione del Panvinio, «Sancti Adriani». Se fosse un epitaffio funebre di un cardinale – titolare prima della diaconia di S. Adriano e poi del presbiterato di S. Cecilia – non mancherebbe certo menzione di un tale curriculum ecclesiastico, di cui nell’iscrizione citata, invece, non si fa cenno in nessuna delle versioni trasmesse. Tillmann, del resto, nel suo lavoro sulle origini dei membri del collegio cardinalizio del XII secolo, ha precisato con prove sufficienti che il Cinzio dell’iscrizione non è da identificare con il cardinale di S. Adriano ma con un chierico della medesima chiesa, appartenente – lui sì – al consorzio dei Papareschi, morto all’inizio del XIV secolo (Tillmann, Ricerche sulle origini, pp. 330-332).

Se dunque l’appartenenza di Cinzio ai Papareschi va rigettata, si deve considerare che sia Brixius sia Zenker sia Kartusch (Brixius, Die Mitglieder, p. 59; Zenker, Die Mitglieder, p. 154; Kartusch, Das Kardinalkollegium, p. 118) citano Cinzio anche con l’appellativo di Capellus.

Tale epiteto, usato da Romualdo Salernitano nei suoi Annales e nel Chronicon (Romoaldi II archiepiscopi Salernitani Annales, p. 443; Romualdi Salernitani, Chronicon, p. 270), è stato interpretato in modo diverso dalla storiografia: Huelsen (Chiese di Roma, p. 322) e con lui Giulio Savio (Monumenta Onomastica Romana Medii Aevi, I, p. 1037), pur con fragili prove, lo leggono ancora una volta come indizio di un legame con il consorzio dei de Papa, per via della titolazione di una chiesa (S. Maria de Cappella) nei pressi di Trastevere di cui i Papareschi avrebbero detenuto il patronato; Tillmann, più realisticamente, come indizio per escludere una sua provenienza romana, essendo tale cognome diffuso in diverse aree della penisola (Ricerche sulle origini, p. 400).

Si può, tuttavia, avanzare un’altra ipotesi, vale a dire che l’epiteto Capellus, usato da Romualdo, sia in realtà un’errata scrizione di Carellus. Se così fosse, Cinzio non sarebbe da associare alla famiglia dei Papareschi bensì a quella aristocratica dei Carelli, attestata a Roma dalla prima metà dell’XI secolo (Maleczek, Papst und Kardinalskolleg, p. 96, n. 296). In questo caso egli sarebbe il primo cardinale appartenente a questo consorzio familiare romano e il suo curriculum potrebbe dare ulteriore ragione della cooptazione all’interno del collegio cardinalizio, durante il successivo pontificato di Clemente III, del canonico del capitolo di S. Pietro in Vaticano Gregorio Carelli/Carellus/Cecarelli (ibidem; Johrendt, Die Diener des Apostelfürsten, p. 413).

Non si hanno notizie precise circa la carriera precardinalizia e la formazione culturale di Cinzio, anche se una sua lettera della prima metà degli anni sessanta del XII secolo, indirizzata al preposito premostratense di Reichersberg Gerhoch, uno dei maggiori teologi tedeschi del XII secolo, documenta una fine conoscenza della scienza teologica (Gerhohi Epistolae, n. 21, coll. 585 s.), elemento a favore di una preparazione in tale campo ottenuta forse presso le scuole parigine come era consuetudine per i cardinali del tempo.

Nel marzo del 1158 fu nominato da Adriano IV cardinale diacono della chiesa di S. Adriano, succedendo al magister e cardinale Alberto da Morra, futuro papa Gregorio VIII. La sua prima sottoscrizione cardinalizia a un privilegio papale è datata 16 maggio 1158 (Cartulaire de l’église de Saint-Étienne de Dreux, f. 16v-17v). Durante il pontificato di Adriano IV, Cinzio sottoscrisse regolarmente sino alla fine di maggio del 1159, segno di una sua costante presenza presso la corte pontificia anche durante gli spostamenti di quest’ultima (Jaffé, Regesta Pontificum Romanorum, II, pp. 102-145).

Non è sicuro che egli abbia partecipato direttamente alla concitata elezione papale del settembre del 1159, forse perché ammalato.

Le fonti coeve tra l’altro lasciano aperto il problema di quale posizione avesse assunto il cardinale tra i due contendenti, Ottaviano e Rolando. Nella lettera enciclica, prodotta durante il concilio di Pavia del febbraio del 1160, i cardinali che appartenevano alla fazione vittorina vollero far apparire Cinzio come membro di quest’ultima (Recueil des historiens des Gaules et de la France, XV, pp. 750-753; Friderici I constitutiones, n. 190, p. 268). Ottone di Frisinga, al contrario, riporta nei suoi Gesta Friderici una lettera inviata da alcuni membri del collegio cardinalizio – tra cui figura anche «C. Sancti Adriani» – all’imperatore Federico I all’inizio del settembre 1159 nella quale si richiedeva il suo intervento a difesa della Chiesa contro le rivendicazioni del cardinale Ottaviano Monticelli definito falsus frater, intrusus e insensatus. Questa fonte e il successivo coinvolgimento di Cinzio nel gruppo di cardinali legato a papa Bandinelli, fa pensare che egli, seppur realmente ammalato al momento dell’elezione, fu tra quei porporati che sostennero la causa di Alessandro III.

Nei primi anni dello scisma Cinzio rimase probabilmente presso la Curia, coprendo incarichi di routine (Jaffé, Regesta Pontificum Romanorum, II, p. 146): tra il 1160-1163, ad esempio, lo si ritrova insieme al cardinale diacono Giovanni d’Anagni quale auditor di una causa che vedeva contrapposti il monastero di S. Vincenzo di Le Mans e l’abbazia di S. Stefano di Fontenay per la proprietà della chiesa di S. Salvatore a La Villette (Papsturkunden in Frankreich, V, n. 122, p. 214). Nei primi mesi del 1177 fu inviato insieme al cardinale prete di S. Pietro in Vincoli, Guglielmo di Pavia, quale legato nel nord dell’Italia (Dunken, Die politische Wirksamkeit der päpstlichen Legaten, p. 133, 141), per preparare il congresso di pace che si sarebbe tenuto a Venezia.

Insieme al papa e a un ristretto gruppo di cardinali – presumibilmente i più fidati collaboratori del Bandinelli – nella primavera dello stesso anno, Cinzio partì da Anagni per raggiungere Venezia, dove partecipò all’assise con l’imperatore e i rappresentanti dei Comuni dell’Italia settentrionale (Romoaldi II archiepiscopi Salernitani Annales, p. 443, Romualdi Salernitani Chronicon, p. 270). Tra il maggio e l’agosto del 1177 egli fu coinvolto in una commissione di quattro cardinali chiamata ad esaminare una causa tra l’abate di Pomposa e quello di S. Vitale di Ravenna (Monumenti ravennati, II, n. 77, pp. 148-151; Kehr, Italia pontificia, V, n. 25, p. 185). Al di là delle sottoscrizioni ai privilegi papali, la mancanza di documentazione non permette di comprendere il suo ruolo specifico all’interno della Curia alessandrina.

Negli ultimi anni di pontificato di Bandinelli, nel contesto della disputa cristologica che vedeva contrapposti da circa vent’anni Gerhoch di Reichersberg e i discepoli di Gilberto Porretano e di Pietro Lombardo, a Cinzio fu delegata la verifica delle posizioni del teologo bavarese. Il cardinale diacono aveva verosimilmente conosciuto Gerhoch in occasione di un soggiorno romano di quest’ultimo e lo doveva stimare come teologo, anche se dal tono di una lettera che gli inviò intorno al 1164 si può dedurre che non fosse d’accordo con le dure posizioni da lui assunte, in particolare contro il magister sententiarum, Pietro Lombardo (Gerhohi Epistolae, n. 21, coll. 585 s.).

Tra il settembre e l’ottobre del 1178 Cinzio fu nominato da Alessandro III cardinale prete di S. Cecilia. La prima sottoscrizione cardinalizia in questa veste è del 1° ottobre 1178 (Jaffé, Regesta Pontificum Romanorum, II, n. 13105). Ormai vecchio, il cardinale prete partecipò nel settembre del 1181 all’elezione papale del lucchese Ubaldo Allucignoli che divenne papa con il nome di Lucio III. L’ultima sottoscrizione cardinalizia di Cinzio è datata 18 giugno 1182. Oltre questa soglia cronologica non si hanno più sue notizie.

È probabile che egli sia morto entro la fine dell’anno 1182.

Fonti e Bibl.: Cartulaire de l’église de Saint-Étienne de Dreux, in Paris, Bibliothèque nationale de France, Lat. 10106, cc. 16v-17v; Friderici I constitutiones, a cura di L. Weiland, Hannoverae 1893 (MGH, Const., 1), n. 190, p. 268; Romoaldi II archiepiscopi Salernitani Annales, a cura di W. Arndt, Hannoverae 1866 (MGH, Scriptores, 19), ad ind.; Romualdi Salernitani Chronicon, in RIS, VII/1, a cura di C. A. Garufi, Città di Castello 1935, ad ind.; Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1892, pp. 423, 437; Ottonis et Rahewini Gesta Friderici I. imperatoris, a cura di G. Waitz - B. Von Simson, Hannover 1997 (MGH, Scriptores rerum Germanicarum, 46), ad ind.; Gerhohi Praepositi Reichersbergensis Epistolae, in PL, CXCIII, n. 21, coll. 585-586; per le sottoscrizioni cardinalizie ai privilegi di Adriano IV, Alessandro III e Lucio III si veda Ph. Jaffé, Regesta Pontificum Romanorum, II, Graz 1956, pp. 102-418, 432-450 e le raccolte di lettere dei suddetti papi in PL, CLXXXVIII, CC, CCI; Papsturkunden in Frankreich, V, a cura di J. Ramackers, Göttingen 1956, n. 122, p. 214; Italia Pontificia, a cura di P. F. Kehr, V, Berlin 1961, n. 25, p. 185; A. Chacon, Vitae et res gestae pontificum, I, Romae 1630, col. 562; F. Martinelli, Roma ex ethnica sacra, Romae 1653, p. 117; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d’altri edifici di Roma dal secolo XI fino ai giorni nostri, IV, Roma 1875, p. 323; Recueil des historiens des Gaules et de la France, a cura di M. Bouquet, XV, Paris 1878, pp. 750-753; J.M. Brixius, Die Mitglieder des Kardinalkollegiums von 1130 bis 1181, Berlin 1912, ad ind.; C. Huelsen, Chiese di Roma nel Medioevo, Firenze 1927, ad ind.; G. Dunken, Die politische Wirksamkeit der päpstlichen Legaten in der Zeit des Kampfes zwischen Kaisertum und Papsttum in Oberitalien unter Friedrich I, Berlin 1931, ad ind.; E. Kartusch, Das Kardinalkollegium in der Zeit von 1181-1227. Ein Beitrag zur Geschichte des Kardinalates im Mittelalter, Wien 1948, ad ind.; B. Zenker, Die Mitglieder des Kardinalkollegiums von 1130 bis 1159, Würzburg 1964, ad ind.; H. Tillmann, Ricerche sulle origini dei membri del collegio cardinalizio nel XII secolo, in Rivista di Storia della Chiesa in Italia, XXVI (1972), pp. 330-332, XXIX (1975), pp. 399-401; W. Maleczek, Papst und Kardinalskolleg von 1196 bis 1216, Wien 1984, p. 96, n. 296; G. Savio, Monumenta Onomastica Romana Medii Aevi (X-XII secoli), I, Roma 1999 p. 1037, II, pp. 36 s.; J. Johrendt, Die Diener des Apostelfürsten. Das Kapitel von St. Peter im Vatikan (11.-13. Jahrhundert), Berlin-New York, 2011, p. 413.

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