CIRENE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi CIRENE dell'anno: 1959 - 1973 - 1994

CIRENE (v. vol. II, p. 655 e s 1970, p. 221)

S. Stucchi

Dopo il 1970, gli scavi e i restauri nell'area urbana di C. sono continuati a cura dell'amministrazione libica delle antichità e con il concorso della missione archeologica italiana. Nel santuario extraurbano di Demetra, ha operato dal 1969 al 1978 una missione americana sostenuta dall'Università del Michigan e poi da quella della Pennsylvania.

Topografia e architettura. - Considerata ormai esaurita dal punto di vista generale la conoscenza delle varie componenti urbanistiche della città, l'indagine topografica ha preso in esame il problema dei rapporti tra la città e il suo territorio, ponendo l'attenzione sui percorsi stradali di grande comunicazione viaria e su quelli che conducevano alle zone rurali, i primi ravvisabili in base a concrete testimonianze archeologiche (monumenti funerari) e gli altri grazie alle fotografie aeree riprese prima che i grandi lavori agricoli e di urbanizzazione distruggessero le tracce fino ad allora esistenti.

Nell'area dell'agorà gli scavi recenti hanno consentito di approfondire la conoscenza delle diverse fasi architettoniche: a O sono state messe in luce le strutture del più antico bouleutèrion, databile nella seconda metà del sec. a.C. - insistente su un edificio di epoca precedente, forse un portico della fine del VI sec a.C. costruito su terrazzamento - di cui resta il bèma e la pavimentazione a lastre. Concepito per accogliere un centinaio di persone, il bouleutèrion continuò a essere utilizzato in epoca tolemaica quando il bèma venne rifatto in marmo e si aggiunsero due file di sedili ortogonalmente alle pareti lunghe. Dopo la rivolta giudaica l'edificio fu completamente trasformato: il bèma divenne un basamento per una statua, i sedili vennero disposti in due settori curvilinei e all'esterno fu posta una decorazione con fregio dorico che continuava quello dei portici prospicienti la piazza, mentre al centro della facciata fu aperto un portale tripartito diviso da due colonne doriche; una base con dedica permette di datare l'esecuzione di questi lavori in età adrianea. Successivamente la facciata fu arricchita di un portico con colonne doriche a fusto liscio; tutto il complesso edilizio subì notevoli danni in seguito al terremoto del 365 d.C. e infine fu occupato da abitazioni popolari.

Sul lato S della platea inferiore nel primo quarto del sec. a.C. venne edificato il pritaneo. L'edificio presenta una pastàs, che forse era colonnata, al centro della quale era posta l’eschàra per il fuoco. Con l'espansione dell'agorà verso la platea superiore il pritaneo arcaico fu abbattuto e un nuovo edificio fu innalzato sul lato S della Skyrotà. Il nuovo pritaneo era ¡costituito da varí ambienti e da un grande peristilio preceduto da un portico prospiciente l'agorà. Modificato leggermente in età romana, l'edificio fu ricostruito dopo la rivolta giudaica, come si può desumere dai grandi capitelli corinzi databili all'età di Marco Aurelio, e nell'ultima fase della città fu ampliato verso S con la costruzione di un'abside.

L'attività ricostruttiva ha interessato monumenti come la Base degli Dei nell'agorà, il monumento equestre del proconsole C. Clodio Vestale (SEG, IX, 152), due altari monumentali e il grande monumento navale marmoreo. Quest'ultimo, ricollocato nella sua sede originaria sul lato E dell'agorà - e posto in relazione alla III guerra di Siria combattuta da Tolemeo III Evergete tra il 246 e il 241 a.C. - riproduce in proporzione ridotta la forma di una nave da guerra del periodo ellenistico con un rostro a tridente sotto il quale sono posti due delfini e sorregge sul castello di prua una Nike ápteros, in marmo, riccamente panneggiata.

I due grandi altari marmorei, datati anch'essi al periodo ellenistico, sorgono nella parte centrale della platea dell'agorà. Avvicinabili per tipologia all'altare di Apollo nel santuario, essi presentano alcuni gradini sopra la spianata alla sommità della gradinata, che si attestano nella parte centrale della mensa, evidentemente la sola utilizzata per i sacrifici. In epoca bizantina i due altari furono smontati e utilizzati come materiale di reimpiego in edilizia abitativa.

Occupata in età arcaica da edifici di carattere privato o semipubblico, la zona a O dell'agorà continuò ad avere la stessa destinazione anche in età tolemaica, allorché vi si riconoscono isolati con case a pianta regolare sulla parte orientale e viridaria recintati su quella occidentale. La pianta di queste abitazioni è costituita da un corridoio che porta a un cortile quadrato o rettangolare, su due lati del quale si aprono i varí ambienti, mentre in un angolo una scala consentiva l'accesso ai piani superiori. Dopo la rivolta giudaica molte abitazioni furono ricostruite mantenendo la pianta a peristilio che ricevette talvolta sviluppo monumentale, come la casa detta di Giasone Magno a SO del Cesareo, probabilmente sede di una magistratura ginnasiale che andò a inglobare strutture pubbliche e private preesistenti.

Nella zona a E dell'agorà di recente è stato ripreso in esame il teatro 3. L'indagine di scavo ha permesso di datare il monumento alla metà c.a del III sec. d.C., nonché di scoprire sotto le sue strutture un grande altare ben conservato, di età classica, lungo c.a m 25 e largo m 5,64. Esso potrebbe essere riferito al tempietto ipetrale - verosimilmente databile al V sec. a.C. e dedicato ai Dioscuri - di fronte al quale si trova collocato.

L'area del quartiere centrale non è stata interessata da nuovi scavi e l'indagine ha teso ad approfondire lo studio di monumenti già noti.

Nel caso del propileo celebrativo severiano, databile al 202 in base all'epigrafe incisa in maniera incompleta sull'architrave e celebrante la conclusione della campagna partica di Settimio Severo, si è proceduto a una lettura più approfondita della scena figurata, nella quale si è potuta riconoscere la presa di Seleucia di cui sullo sfondo compaiono le mura, mentre in primo piano si riconoscono le figure di Settimio Severo, Geta e Caracalla.

È stato ripreso in esame anche il tempietto F, identificato come uno dei primi luoghi di culto cristiano grazie all'interpretazione di un'epigrafe graffita su una colonna di marmo caristio (SEG, IX, 187-188) del Santuario di Apollo reimpiegata in un ambiente delle terme bizantine. Un'altra colonna simile conservata presso il tempietto reca un'iscrizione cristiana graffita a forma di croce e invocante il nome del figlio di Maria. Dopo il crollo del tempietto F per il terremoto del 365 d.C., il culto cristiano fu trasferito nell'edificio O all'interno della basilica civile presso il Cesareo, per essere poi di nuovo spostato nel V sec. vicino ai resti del tempietto F, nella basilica nota come edificio B, sorto su case preesistenti, da considerare forse come la cattedrale di Cirene. L'edificio B, a tre navate, orientato a E, ha un'abside sul fondo della navata centrale e una serie di ambienti minori che precedono il nartece; la navata centrale fu più tardi ricoperta da un mosaico.

Dopo il 1970 l'attività di scavo ha interessato in particolare il complesso del Santuario di Apollo. Le indagini eseguite attorno ai propilei greci hanno accertato che la terrazza della fonte in un primo momento era all'esterno dell'area santuariale e hanno permesso di individuare le diverse fasi degli ingressi monumentali precedenti gli attuali propilei (ora inglobati nello spazio del santuario), che, a partire dal V sec. a.C., costituivano il reale accesso all'area sacra. Nell'ultima fase di utilizzo, quando il monumento fu dedicato ad Apollo dal sacerdote Praxiadas, i limiti del santuario compresero anche la terrazza superiore e il monumento divenne un semplice passaggio di raccordo tra un livello e un altro: il complesso delle strutture precedenti fu inglobato in un passaggio tetrastilo architravato dorico con tre scalee in corrispondenza degli intercolumni.

Già individuate nel passato le fasi del Tempio di Apollo, le ricerche recenti sono state indirizzate a rintracciare la correlazione cronologica con i vari altari. Il primo altare in muratura era costituito da una lunga e bassa mensa, databile alla metà del VI sec. a.C. Nel rifacimento subito alla fine del secolo in relazione all'ampliamento del tempio, esso fu leggermente spostato a O, e fatto precedere da una gradinata resa necessaria dall'innalzamento della mensa. Alla fine del IV a.C. l'altare fu rivestito in marmo e reso ancor più monumentale nelle dimensioni. L'accresciuta altezza della mensa rese necessario porre una gradinata minore, limitata alla porzione centrale sopra il piano da cui si innalza la cassa, per permettere all'officiante lo svolgimento del sacrificio.

Di rilevante importanza era anche il Tempio di Artemide collocato vicino a quello di Apollo. Alla prima fase del tempio, compresa tra la fine del VII e gli inizi del VI sec. a.C. appartiene un òikos - dedicato probabilmente a entrambi i figli di Latona - che si presenta di forma quadrata, con due colonnine all'interno, lungo l'asse centrale, e quattro aperture. All'inizio del IV sec. a.C. il monumento - ora dedicato ad Artemide - fu totalmente ricostruito con tecnica isodomica più a Ν e preceduto da un pronao. Notevole in questa fase è il portale marmoreo che finora costituisce il più antico elemento architettonico, di una certa consistenza, lavorato in marmo, rinvenuto a Cirene. Nel II sec. d.C. sulla fronte dell'oboi ellenistico fu aggiunto un portico marmoreo di colonne scanalate con base ionica e capitello dorico. Davanti al tempio sorge l'altare di Artemide, su podio a quattro gradini, datato tra la metà del V e l'inizio del IV sec. a.C. Ai lati del piano della mensa esso ha due guance «a corna» ornate a rilievo figurato: quella superstite riproduce una scena del castigo dei Niobidi a opera di Apollo e Artemide, con allusione alle divinità venerate contemporaneamente nel relativo tempio arcaico.

Tra i luoghi di culto minori si è rivolta l'attenzione all'Iseo e al Mitreo. Nell'ultimo ventennio del IV sec. a.C. a S del Tempio di Apollo fu costruito un tempietto dedicato a Iside. La sua posizione a ridosso di un muro di terrazzamento costrinse ad adottare una pianta rettangolare più larga che lunga. Di questa prima fase si conserva solo la parte delle pareti a ridosso del muro di terrazzamento. Sotto Adriano il tempietto fu ricostruito e vi si aggiunse un pronao distilo in antis con semicolonne all'interno, preceduto da una breve scalinata; sotto Marco Aurelio 0 Caracalla fu poi nuovamente restaurato. A O dell'Iseo, a una quota superiore, raccordata alla terrazza del Tempio di Apollo da una lunga scalinata, si trova un vano ipogeico identificato come Mitreo, che si presenta di forma rettangolare, con tre nicchie sul fondo, quella centrale a sesto ribassato. Lungo le pareti corre un largo bancone con scalette di accesso: due pilastri litici contribuiscono a sostenere il soffitto. All'impianto del Mitreo vanno collegati un rilievo con dadoforo; la petra genetrix, tuttora in situ, costituita da un blocco siliceo a formazione mammellonare che presenta tracce di adattamenti e fori di perni; un frammento marmoreo di ghiera di arco, con segni zodiacali, che era posto a incorniciare la nicchia centrale. Il Mitreo è datato al III sec. d.C. e varie iscrizioni testimoniano che in precedenza era servito da grotta oracolare. All'esterno della grotta, a O, si trova un portichetto che può essere riconosciuto come oionoskopèion in riferimento all'arcaica pratica di trarre responsi dal verso e dal volo degli uccelli, detta oionoskopìa. Nel V sec. d.C. tutto il complesso entrò a far parte di una casa signorile e, con alcuni adattamenti, il Mitreo fu trasformato in ninfeo: chiuso l'ingresso principale, la navata centrale divenne una piscina, mentre furono aperti due ingressi minori laterali; infine tre arcate a blocchi vennero a inquadrare la fronte al posto dell'entrata originale crollata a causa di un terremoto.

Altre ricerche sono state dedicate a vari donari e a piccoli monumenti sacri, di alcuni dei quali si è intrapresa anche la parziale ricostruzione. A O dei propilei greci è situato il Donario degli Strateghi dedicato ad Apollo quale decima per una vittoria sulle tribù dei Macae e dei Nasamones: fu costruito dagli strateghi di un anno dell'ultimo venticinquennio del IV sec. a.C., presumibilmente il 308 a.C. Il donario ha forma di òikos con coronamento dorico: le pareti, all'interno, sono divise da una pesante cornice non terminata come, del resto, la maggior parte delle lesene. Sul lato anteriore si apre una grande porta con cornice di tipo dorico, sulla quale era un'epigrafe poi abrasa e sostituita da un'altra in epoca romana. Il Donario degli Strateghi si mostra, architettonicamente, molto interessante; gli accurati rilievi del Gismondi hanno permesso di notare rapporti proporzionali e modulari tra le varie parti dell'alzato e della pianta, decisamente ben meditati. L'elemento di maggior interesse è insito nella constatazione che tali rapporti sono stati istituiti ricorrendo a numeri irrazionali, sulla scia degli insegnamenti del matematico Teodoro di Cirene. Queste stesse caratteristiche si ritrovano nel Donario dei Cirenei a Delfi, di qualche decennio anteriore; in entrambi, infatti, i valori in pianta sono espressi in radici quadrate e quelli in elevato sono espressi in radici cubiche. All'inizio del I sec. d.C. il monumento fu dedicato a Tiberio, non ancora imperatore, da M. Sufena Proculo il cui nome è ricordato nell'epigrafe incisa sull'architrave monumentale della porta. Nell'ultima fase della città, dopo il crollo avvenuto presumibilmente nel 365 d.C., il monumento fu riutilizzato come tèmenos, chiuso dalla parte bassa della muratura. Questo recinto aveva al centro un basamento che sorreggeva una statua di stile eclettico e costituiva, nel suo insieme, un monumento che si ritiene dedicato a un imperatore tardo, probabilmente Onorio.

Sul lato S dello spiazzo davanti al Tempio di Apollo si pone il Donario di Pratomedes ricomposto da vari elementi, prima considerati isolatamente. Questo monumento, costruito da Pratomedes figlio di Polymnis - come risulta da un'epigrafe posta sulla base della colonna - è costituito da un'esedra semicircolare alle cui estremità sono collocati due leoni marmorei gradienti. Nella parte centrale della curva dell'esedra una colonna conoide in marmo pario sorge da un cespo d'acanto ed è poggiata su una base marmorea ornata con figure di divinità e di offerenti, tra cui Pratomedes stesso. La presenza della colonna conoide nel Santuario di Apollo ha una sua motivazione in; quanto rappresenta, in ambiente cirenaico, lo stesso Apollo Karnèios. Il progetto antico del monumento si mostra notevolmente accurato, basato su un gran numero di rapporti tra le varie parti architettoniche e figurate. Cronologicamente, il donario va posto nell'età di Magas e non più negli ultimi anni del IV sec. a.C.

Il Donario dei Carneadi è un naìskos monumentale, di ordine dorico, posto a SO del Tempio di Apollo. Questo monumento fu dedicato ad Apollo da un componente della potente famiglia dei Carneadi; al suo interno erano poste quattro statue di tre fratelli e del padre del dedicante, il nome del quale figura parzialmente sull'architrave. Dati di scavo, infine, e confronti con analoghi monumenti apuli, alessandrini e attici, hanno permesso di datare il monumento al terzo venticinquennio del IV sec. a.C. In epoca tarda, il monumento fu riutilizzato e, probabilmente, inserito in una struttura abitativa stabilitasi nella zona tra l'Iseo e la scalinata del Mitreo.

È da ricordare, infine, un piccolo recinto rettangolare posto tra i templi di Apollo e di Artemide. Fino a qualche anno fa questo monumento era ritenuto un donario, ma approfondite indagini hanno permesso di riconoscervi un recinto per piante sacre, coronato da un colonnato dorico di età ellenistica, con i sostegni per i rami più deboli. Si è pensato a un recinto per il mirto e tale ipotesi è confortata dal ritrovamento, nel secolo passato, di una dedica ad Apollo Mirtoo e dal fatto che, secondo il mito, avrebbe fatto da sfondo al luogo dove Apollo e la ninfa Cirene si amarono.

Appartenenti ancora al quartiere del Santuario di Apollo, posti sulla terrazza della Myrtousa, anche se esistenti fuori dei limiti del santuario, sono il teatro e le terme romane.

All'estremità O della terrazza del Santuario di Apollo è stata ricavata, scavando il pendio della collina dell'acropoli, la cavea del c.d. teatro greco. Sulla base dei rilievi eseguiti da Gismondi si è potuto smentire l'ipotesi di C. Anti circa una prima fase di un teatro con cavea trapezoidale, in quanto i tagli che Anti attribuiva a questo tipo di impianto teatrale si sono dimostrati, in realtà, tagli di cava preesistenti all'edificio. In pratica si possono riconoscere, attraverso una serie di incassi visibili nell'orchestra più tarda, almeno due prime fasi di un edificio scenico ligneo che si differenziano tra loro per la profondità del proscenio, fasi che vanno dal 500 a.C. all'età di Eschilo. In una terza fase, al teatro si accedeva probabilmente anche da S, cioè dal pendio dell'acropoli: la scena, di forma rettangolare, fu ampliata e completamente rifatta in pietra. A questa fase è da attribuire il taglio nella roccia dell’anàlemma orientale convergente verso il logèion. In età tolemaica, poi, la cavea venne ampliata verso Ν e furono necessari due muri di anàlem ma, tuttora visibili. A questa fase si debbono attribuire le file di sedili tagliati nella roccia attorno all'orchestra. In seguito alla rivolta giudaica il teatro subì una prima notevole trasformazione con la chiusura delle pàrodoi, l'aumento della profondità del logèion e la costruzione di una scalinata di accesso sul lato E. Con queste modifiche si ottenne la trasformazione dell'impianto dal tipo greco, con la cavea e l'edificio scenico ben distanziati, al tipo romano, saldato in un unico blocco. Qualche decennio più tardi, infine, l'edificio fu trasformato in anfiteatro, secondo una prassi riscontrata anche in altri teatri in varie regioni dell'impero.

Vita piuttosto travagliata, con successive aggiunte e modifiche, ebbe, infine, l'impianto termale posto nell'angolo NE della terrazza della Myrtousa, che andò a occupare parte del Santuario di Apollo. La prima fase, di epoca traianea, è testimoniata da un'epigrafe che data il primo impianto al 98 o al 99 d.C. L'edificio fu separato dal santuario mediante un muro con portico; l'ingresso è posto a S e precede una grande palestra porticata; attiguo a questa è un grande apoditerio, mentre a O si apriva un ristretto giro di ambienti riscaldati, tra i quali è da ricordare un raro caso di heliocaminus. Dopo la rivolta giudaica, come testimonia un'epigrafe, Adriano ricostruì il complesso con aggiunte e varianti. Fu innalzato un propileo davanti all'ingresso, mentre la costruzione di nuovi vani portò a una diversa disposizione degli ambienti funzionali veri e propri. Ultime modifiche si ebbero, infine, nel corso del III sec. d.C. Nei primi anni del VII sec. d.C., nella palestra vennero posti nuovi calidaria e altri ambienti. Si crearono, così, due impianti separati, ma riuniti nello stesso complesso, la funzione dei quali doveva essere quella di accogliere separatamente gli uomini e le donne. Comunque la parte NO venne abbandonata. Tutto il complesso dovette certamente sopravvivere al periodo dell'abbandono e fu utilizzato fino in epoca araba, come testimonia un'epigrafe incisa su un pilastro.

Nell'area archeologica del Tempio di Zeus nuove indagini di scavo hanno consentito di mettere in luce altri edifici all'interno del tèmenos, tra cui tre hestiatòria collocati davanti alla fronte orientale del tempio. Il meticoloso lavoro di restauro dell’Olympièion è proseguito fino al completamento della peristasi e di parte della trabeazione. Con lo studio metrologico e dei rapporti modulari dell'impianto di età classica del tempio si è riconosciuta una dipendenza diretta tra il progetto architettonico dell'edificio cireneo e quello del Partenone, consentendo un preciso inquadramento architettonico del tempio.

Tra i santuari di notevole importanza c'è anche quello extraurbano di Demetra, posto sul versante S del wādī Bel Gadir, dirimpetto alla collina del quartiere dell'agorà, che ebbe una prima fase nel periodo arcaico, quasi contemporaneamente alla fondazione della città. Il primo impianto, del quale restano scarsissime tracce, incluse già le linee essenziali del santuario, con un largo recinto in muratura all'interno del quale sono stati trovati i resti di una costruzione a un solo ambiente. L'area, così delimitata, andò a costituire il c.d. santuario mediano al quale si affiancò, ancora in epoca arcaica, una seconda area recintata identificata come il santuario superiore. Alla fine del periodo arcaico, il peribolo fu poi rifatto in muratura pseudoisodomica. In epoca classica si ebbero altre modifiche con l'allargamento a S dei limiti del santuario stesso e la costruzione di un ingresso presso l'angolo SE. A questo periodo risalgono tre «case sacre», costituite da semplici camere con un basso sedile in pietra stuccata che correva lungo le pareti, e altre costruzioni, tuttora poco investigate, delle quali restano tracce nel santuario superiore. Dalla metà del II sec. a.C. il santuario assunse un aspetto monumentale. Le murature delle fasi precedenti furono rifatte a blocchi squadrati, caratteristici del periodo ellenistico. Nel santuario mediano si costruì una «casa sacra» costituita da due camere, collegate fra loro, e una fontana; l'arcaico accesso al santuario mediano presso l'angolo SE fu eliminato e sostituito con una nuova porta e una scalinata che lo congiungevano con il santuario superiore. Quest'ultimo dovette avere un ingresso indipendente, monumentalizzato con un propileo pavimentato a mosaico, del quale sono stati trovati i resti presso l'angolo E; nel lato O è stata scavata una casa con fontana. Alla fase del primo periodo imperiale appartiene il rivestimento del margine superiore del santuario mediano con un muro a blocchi regolari e la costruzione di una porta con scalinata che scendeva nel c.d. santuario inferiore, in relazione al quale è da porre la costruzione di un ponte sul wādī. Nel santuario mediano fu costruita una nuova «casa sacra» e fu parzialmente restaurata quella già esistente. Alla stessa fase cronologica appartiene la costruzione di un grande edificio colonnato posto a SO del santuario superiore: esso poggia su parte della casa con fontana del periodo ellenistico, pavimentata a mosaico e provvista di un portico a N. In questa zona fu costruita una nuova porta e una scalinata di accesso al santuario mediano. Nello stesso periodo, infine, parte della zona O del santuario superiore fu esclusa dall'area sacra e adibita a scarico di prodotti ceramici. Importanti rifacimenti seguirono la rivolta giudaica del 115 d.C.; il ponte davanti al santuario inferiore fu distrutto durante la rivolta mentre fu trasformato l'angolo E del santuario superiore, presso l'ingresso principale che era preceduto da un propileo tetrastilo e da una corte. A quest'ultima era collegato un secondo cortile fiancheggiato a Ν da un vestibolo colonnato - fortemente danneggiato nel terremoto del 262 d.C. - che probabilmente consentiva l'accesso al santuario mediano attraverso un edificio «tardo» (così denominato per la presenza di numerosi pezzi di reimpiego), oggi parzialmente visibile.

Molti edifici dopo il sisma persero le loro funzioni religiose e in seguito al grande terremoto del 365 d.C. il santuario subì la stessa sorte di abbandono dei grandi monumenti di Cirene. La costruzione più importante di questo periodo fu un terrapieno nel santuario mediano tra le «case sacre», ormai crollate, costruito con lo scopo di delimitare una zona di discarica di elementi architettonici ed ex voto abbandonati, già in funzione, peraltro, subito dopo il terremoto del 262 d.C. I muri di contenimento del terrapieno possono datarsi al secondo venticinquennio del IV sec. d.C., quando, forse, iniziò a essere usato come rampa di collegamento tra il santuario superiore e la metà anteriore del santuario mediano, chiuso poi definitivamente.

Scultura. - Nel campo della scultura sono da segnalare alcuni importanti studi su materiali rinvenuti recentemente e su vecchi ritrovamenti inediti che hanno messo in luce alcuni elementi interessanti finora mai presi in considerazione. Il più importante di essi è il rapporto tra la cultura greca e la componente culturale libia nella vita della città, rapporto venuto in luce con l'esame di numerosi rilievi in pòros recentemente recuperati. Queste lastre, la cui produzione inizia nel tardo ellenismo, presentano il campo figurato diviso in due scene da una linea ondulata. Nella zona inferiore si scorgono figure di entrambi i sessi all'interno di una grotta; nello scomparto superiore sono raffigurate scene pastorali. Nel gruppo di figure sono state identificate divinità locali riconoscibili dalle acconciature e dai costumi tipici, poste accanto alle divinità olimpiche. La presenza di una gazzella presso alcune di queste figure indica il loro carattere teriotrofo, mentre i tipi raffigurati sulle lastre hanno profonde somiglianze con alcune statue che, pertanto, si debbono riconoscere come rappresentazioni di divinità libie.

Oltre a questi rilievi vanno segnalate numerose stele antropomorfe di epoca romana, alcune delle quali con iscrizione greca.

Il carattere greco-libio della cultura cirenea appare evidente anche dalla riconsiderazione del naìskos di Lysanias, da Bengasi, nel quale divinità locali sono rappresentate in uno schema iconografico tipicamente greco. Esse trovano confronti alquanto stretti con un rilievo e con una testa in calcare del museo di C. e confermano questa connessione anche al di fuori della città.

Nell'ambito della statuaria arcaica è di un certo interesse il ritrovamento di due statuette attualmente conservate nel giardino del museo di Ghegab e nel viale di accesso al Santuario di Apollo. Entrambe rappresentano una figura femminile ammantata e seduta in trono, ma divergono per destinazione, l'una realizzata per una nicchia, l'altra per un frontone, e per cronologia, seppur di poco: della fine del Vl-inizi del V sec. a.C. la prima, del primo trentennio del V sec. a.C. la seconda. Entrambe le statuette testimoniano il sorgere di una produzione artistica locale in cui si avverte l'eco di influssi artistici microasiatici e insulari.

Si devono anche menzionare alcune sculture connesse con la leggenda di C. e il mito della fondazione: in un caso si tratta di un rilievo appartenente a una fontana-abbeveratoio nel Santuario di Apollo, in cui sono rappresentati i buoi del mitico re Euripilo mentre si abbeverano all'acqua che realmente scorreva nella vasca della fontana. Le altre sculture, frammentarie, provengono da vecchi lavori di sbancamento sulla terrazza della Myrtousa e dovrebbero appartenere a un frontone del Tempio di Apollo del IV sec. a.C. In un torso frammentario di un personaggio seduto su un'ara si è riconosciuto Apollo. L'iconografia è nota in un mosaico di Neapolis nel quale è raffigurato l'arrivo dei greci a C., secondo il noto racconto erodoteo: al centro della scena il dio è seduto su una roccia-altare. Sempre attraverso il confronto con lo stesso mosaico, in un'altra statua maschile seduta, assai frammentaria, è stata identificata la figura di Aristeo. Una terza potrebbe rappresentare Dioniso. Due figure sdraiate potrebbero essere ben collocate negli angoli frontonali a rappresentare le divinità fluviali del wādī Bel Gadir e wādī Bu Turquia, sull'esempio noto dell'Alfeo e del Cladeo di Olimpia.

Nuovi studi su monumenti scultorei già noti hanno consentito di identificare in un ritratto conservato in due esemplari Tiberio Claudio Giasone Magno II; di ricomporre il modello originale di una statua seduta di età ellenistica, attribuendone il ritratto ad Arato di Soli anziché a Crisippo; di identificare il luogo di collocazione originaria del Rilievo di Afrodite nei resti di un basamento presso l'edificio circolare dedicato a Demetra nell'area centrale dell'agorà di Cirene.

Pittura e ceramica. - Un organico progetto di studio della pittura antica di C. è stato di recente messo a punto. Tra i suoi primi risultati va annoverato lo studio di una serie di metope appartenenti alla camera sepolcrale della Tomba dell'Altalena (necropoli O) e conservati attualmente al Museo del Louvre. Nei sei quadri affrescati, databili alla fine del ΙΙΙ-inizi del II sec. a.C., viene narrata attraverso scene allusive la vita di una giovane donna, in una specie di carmen sepulcrale tradotto attraverso immagini rievocatrici delle sue buone qualità. Numerosi ed eterogenei rinvenimenti ceramici forniscono per C. il quadro di una estesa diacronia storica: un frammento di borraccia fittile, altri frammenti di vasi e sigilli, databili al Minoico tardo III sono stati recuperati nella città e nella regione; nella zona dove successivamente si svilupperà l'agorà e presso la fonte di Apollo sono stati rinvenuti resti di abitazioni associati a ceramica d'impasto del tardo Bronzo. Il rinvenimento di questi oggetti ceramici prearcaici ha permesso di constatare la presenza di rapporti tra il mondo egeo e C. già in epoca prebattiade.

Queste tracce si inseriscono in un quadro più vasto di frequentazioni prearcaiche nel quale trova posto un ciclo di pitture minoiche della «Casa dell'ammiraglio» di Akrotiri, nelle quali, secondo una recente interpretazione sarebbe da vedere una campagna militare degli abitanti di Thera in Libia - regione riconoscibile per evidenti caratterizzazioni paesaggistiche - in aiuto di altri Therei già insediati. Questa presenza achea in epoca prebattiade è del resto ricordata anche dalle fonti letterarie, dall'analisi delle quali appare evidente che le coste libie furono approdo di varie ondate, più o meno consistenti, di Achei.

Va infine notata la coincidenza cronologica del materiale rinvenuto a C., che si colloca tra il 1375 e il 1200 a.C., con la data più antica di fondazione della città, riferita da Eusebio al 1336 a.C.

Di qualche rilievo è il ritrovamento di un piattello di Genucilia e di alcuni frammenti di ceramica aretina con i bolli di Cn. Ateius e M. Perennius. Alla ceramica nota dalle pubblicazioni degli scavi nell'agorà si è aggiunta di recente quella di alcune classi di materiali provenienti dal santuario extraurbano di Demetra.

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Epigrafia: SEG, IX, pp. 1-103; XIII, pp. 158-160; XVI, pp. 231-244; XVII, pp. 209-216; XVIII, pp. 228-242; XXVI, pp. 411-424; G. Gambuzzi, Lessico delle iscrizioni latine della Cirenaica, in QuadALibia, VI, 1971, pp. 43-104; L. Gasperini, Le iscrizioni del Cesareo e della Basilica di Cirene, ibid., pp. 3-22; id., Il sistema murale cirenaico e una nuova epigrafe dall'Agorà di Cirene, in AnnMacerata, XIX, 1986, pp. 359-366; G. Paci, Frammento di decreto onorario da Cirene, ibid., pp. 369-375; G. Pugliese Carratelli, Κυρηναικα, in Cirene e i Libyi, cit., pp. 25-32; S. M. Marengo, L'agorà di Cirene in età romana alla luce delle testimonianze epigrafiche, in MEFRA, C, 1988, pp. 87-101; G. Paci, Per la storia del dominio tolemaico in Cirenaica: nuovo basamento in onore dei dinasti alessandrini dall'agorà di Cirene, in Egitto e storia antica dall'ellenismo all'età araba. Atti del Colloquio Internazionale, Bologna 1987, Bologna 1989, pp. 583-593; L. Gasperini, Le laminette plumbee iscritte dal ripostiglio dell'Agorà di Cirene, in Giornata lincea sull'archeologia cirenaica, cit., pp. 17-33, tavv. I-VI; S. M. Marengo, Lessico delle iscrizioni greche della Cirenaica, Roma 1991.

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Pittura, Mosaico e Ceramica: L. Bacchielli, Un «Piattello di Genucilia»I rapporti di Cirene con l'Italia nella seconda metà del IV sec. a.C., in Cirene e la Grecia, cit., pp. 99-107; id., Le pittura dalla «Tomba dell'altalena» di Cirene nel Museo del Louvre, ibid., pp. 355-383, tavv. I-II; I. Baldassarre, Mosaici ellenistici a Cirene e a Delo: rapporti e differenze, ibid., pp. 193-221; S. Stucchi, Il Giardino delle Esperidi e le tappe della conoscenza greca della costa cirenaica, ibid., pp. 19-73, tavv. I-VIII; F. Martelli, Terra sigillata arretina e tardo italica a Cirene, ibid., pp. 431-434; E. Alföldi-Rosenbaum, J. Ward-Perkins, Justinianic Mosaic Pavements in Cyrenaican Churches, Roma 1980; I. Baldassarre, Tracce dell'abitato prebattiaco ad Ovest dell'Agorà di Cirene, in Cirene e i Libyi, cit., pp 17-24; M. Luni, Atelier di lucerne di Cirene, in Cyrenaica in Antiquity, cit., pp. 259-276; S. Stucchi, I vasi greci arcaici e la Cirenaica: importazioni, imitazioni ed influenze, in RendLinc, s. VIII, XXXIX, 1984, pp. 261-284; id., Leggenda e storia cirenee in mosaico e scultura, in Da Batto Aristotele a Ibn el-'As, cit., pp. 23-28; id., La ceramica laconica e la coppa di Arkesilas, ibid., pp. 29-34; D. White (ed.), Attic Black Figure and Black Glazed Pottery, III.2, e Hellenistic and Roman Fine Wares, III.4, Filadelfia 1988; G. P. Schaus, The Extramural Sanctuary of Demetra and Persephone at Cyrene, Libya - Final Reports, II. The East Greek Islands and Laconian Pottery, Filadelfia 1989 (ree. S. Stucchi, in ArchCl, XLII, 1990, pp. 460-467); W. Valentini, Bollo di M. Perennius a Cirene, in QuadALibia, XIV, 1991, pp. 99-101.

Altri articoli sono raccolti in: LibyaAnt, II, 1965, III-IV, 1966-67; V, 1968, VIII, 1971; IX-X, 1972-73; XIII-XIV, 1976-77; QuadALibia, IV, 1961; V, 1967; VI, 1971; VIII, 1976 (Cirene e la Grecia); XII, 1987 (Cirene e i Libii).