CITOLOGIA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

CITOLOGIA (X, p. 461; App. II, 1, p. 626; III, 1, p. 396)

Benedetto Nicoletti

Nel corso degli ultimi quindici anni le conoscenze sulla struttura e sulle funzioni della cellula, grazie agli sviluppi di nuove discipline quali la microscopia elettronica applicata ai materiali biologici e la biologia molecolare, sono notevolmente progredite. A una descrizione esclusivamente morfologica dell'organizzazione cellulare ottenuta con l'impiego del microscopio ottico, si è sostituita oggi una visione integrata dei processi vitali, ricondotti sempre più a reazioni fisicochimiche, che si svolgono a livello di particolari e specializzate ultrastrutture presenti nelle cellule. L'utilizzazione del microscopio elettronico a trasmissione, che con i più recenti perfezionamenti ha raggiunto un potere risolutivo dell'ordine dei 5 Å, e di quello a scansione che fornisce un'immagine tridimensionale delle superfici osservate, ha permesso di ottenere preziose informazioni sull'organizzazione sub-microscopica delle varie strutture cellulari. Contemporaneamente i progressi delle tecniche di analisi biochimiche (ultracentrifugazione, impiego dei gradienti, elettroforesi, uso di radioisotopi e loro rilevamento mediante scintillatori o autoradiografie, ecc.) hanno consentito di sovrapporre - in molti casi - al dato morfologico quello funzionale.

Procarioti ed eucarioti. - Sono definiti procarioti quei microrganismi a struttura cellulare di tipo primitivo, in cui il materiale nucleare o nucleoide non è racchiuso entro una specifica membrana. Ai procarioti appartengono i micoplasmi o PPLO (Pseudo Pneumonia Like Organisms), che sono i più piccoli e più semplici organismi viventi (dimensioni da 0,13 nm a 0,25 nm), in grado di accrescersi e riprodursi autonomamente (fig. 1 A). Rivestiti da una membrana lipoproteica plasmatica simile a quella delle cellule superiori, contengono DNA a doppia elica, RNA ribosomico e solubile, oltre a proteine, lipidi e metaboliti vari. Anche le cianoficee sono alghe di tipo primitivo, in cui accanto al DNA del nucleoide e ai vari tipi di RNA, sono presenti pigmenti fotosintetici (principalmente clorofilla "a" più ficocianina) depositati in strutture citoplasmatiche lamelliformi (fig. 1 B). Oltre che dalla membrana plasmatica queste alghe sono rivestite da una parete cellulare di natura cellulosica. La loro riproduzione avviene per scissione binaria.

I batteri sono i rappresentanti più numerosi e specializzati dell'organizzazione cellulare di tipo procariotico. La loro struttura schematica è rappresentata in fig. 1 C.

Il citoplasma è rivestito da una membrana plasmatica di tipo lipoproteico, che presenta introflessioni di varia complicazione, dette mesosomi, la cui funzione non è ancora del tutto chiarita. Per alcuni autori, si tratterebbe di strutture collegate con la formazione della parete cellulare, per altri i mesosomi avrebbero invece la funzione di supporto per gli enzimi implicati nella fosforilazione ossidativa. Altri ancora, infine, sostengono che la funzione dei mesosomi è principalmente quella di supporto fisico alla duplicazione del cromosoma batterico.

Oltre al rivestimento della membrana plasmatica, i batteri presentano una parete cellulare di natura mucopolisaccaridica, che conferisce loro una morfologia definita. Alcune specie di batteri possiedono inoltre una capsula di rivestimento, e ciglia per la funzione motoria.

Nel citoplasma cellulare si trovano numerosi ribosomi, con coefficiente di sedimentazione all'ultracentrifuga di 70 S (vedi in seguito), oltre a tutti gli altri tipi di RNA, enzimi, e metaboliti vari.

Il nucleoide è formato da un filamento circolare di DNA a doppia elica (cromosoma batterico) della lunghezza di circa un millimetro, ma strettamente spiralizzato e ripiegato, sì da occupare un volume di circa 1 micron cubico.

Per eucarioti s'intendono gli organismi le cui cellule sono provviste di un nucleo ben definito e separato dal citoplasma da una specifica membrana. Fondamentalmente, l'organizzazione di una cellula eucariote può essere schematicamente descritta come una membrana limitante che riveste materiale citoplasmatico, con all'interno un nucleo ben differenziato. I diversi organismi - unicellulari o pluricellulari, animali o vegetali - sono tutti riconducibili a un'organizzazione di base cellulare di questo tipo, e si differenziano per una serie di altre caratteristiche (presenza per i vegetali di una parete di natura cellulosica, e di cloroplasti; presenza di ciglia-flagelli, di diversi inclusi citoplasmatici, di particolari caratteri morfologici, ecc.). In fig. 2 appaiono le rappresentazioni schematiche di una sezione di cellula animale e di una vegetale con le varie strutture messe in evidenza dalle indagini al microscopio elettronico.

Qui di seguito in maniera piuttosto sintetica prenderemo in esame i diversi componenti cellulari, cercando di unire alla descrizione morfologica informazioni sulle caratteristiche funzionali.

La membrana cellulare. - Fino a pochi anni fa, il modello per la struttura della membrana era quello proposto da J. F. Danielli e H. Davson (1935) e in seguito precisato da J. D. Robertson (1957), consistente in un doppio strato di molecole di fosfolipidi incluse tra due strati di catene proteiche. Questo modello era tra l'altro confermato dalle immagini delle membrane ottenute col microscopio elettronico e che mostravano uno strato meno denso agli elettroni, compreso tra due strati più densi, di uno spessore medio di circa 75 Å (fig. 3). Le maggiori critiche a questo modello erano dovute al fatto che uno strato continuo di molecole lipoidiche mal si conciliava con la permeabilità della membrana all'acqua e ai composti idrosolubili.

Inoltre, anche il concetto espresso da Robertson di una struttura unitaria per tutte le membrane dei vari organelli cellulari, urtava contro alcune immagini della microscopia elettronica, che mostravano strutture globulari ed esagonali, con un'organizzazione micellare di proteine e lipidi, in diversi tipi di membrane prese in esame.

Attualmente è stato proposto un modello "dinamico di membrana cellulare, secondo il quale i rapporti tra molecole proteiche e molecole lipoidiche sarebbero molto meno rigidi, e avverrebbero sulla base di una certa fluidità, in relazione alle specifiche funzioni - nello spazio e nel tempo - che la membrana sarebbe chiamata ad assolvere (fig. 4).

La fig. 5 mostra in dettaglio la struttura schematica di un fosfolipide tipico, con la testa polare idrofila rappresentata da un acido fosforico, e la testa non polare rappresentata da una doppia catena di acidi grassi saturi idrofobi. I lipidi presenti nella membrana sono in gran parte fosfolipidi (lecitine e cefaline) e colesterolo, ma talvolta sono presenti anche glicolipidi (cerebrosidi), cioè lipidi complessati con molecole di zuccheri.

Gli strati proteici interno ed esterno che ricoprono la parte lipidica della membrana sono formati da proteine enzimatiche che svolgono la funzione di carriers, ovvero di trasportatori di molecole attraverso la membrana. Inoltre, recenti acquisizioni hanno dimostrato che lo strato centrale idrofobo della membrana non è formato soltanto dalle code alifatiche dei lipidi, ma anche dai gruppi non polari delle strutture terziarie delle proteine. Quest'ultimo dato giustifica la permeabilità dello strato lipidico a certi ioni o gruppi polari che potrebbero superarne la barriera soltanto attraverso la mediazione chimica (enzimatica) di proteine delle quali almeno una parte, quella apolare, fosse situata nella zona idrofobica di membrana. Le "permeasi" studiate da J. Monod in Escherichia coli sono un esempio di molecole proteiche che permettono la diffusione catalizzata di composti attraverso la membrana.

Un altro modello di trasporto, che si effettua anche contro il gradiente di concentrazione della sostanza da trasportare (trasporto attivo), è quello rappresentato nella fig. 6. In questa si osserva il trasporto di una molecola (S) dall'esterno all'interno di una cellula. Tale trasporto avviene anche qualora la concentrazione all'interno sia maggiore che all'esterno. L'ipotesi più semplice postula l'esistenza di una proteina trasportatrice (carrier) completamente "immersa" nella membrana, che affaccia inizialmente una sua porzione (sito attivo) verso l'esterno con cui si lega alla molecola specifica. Il legame con la sostanza modifica la struttura della proteina che può quindi ruotare e rilasciare la molecola nel citoplasma. Questo sistema, che implica un lavoro per vincere il gradiente di concentrazione, necessita di energia che viene assicurata dal metabolismo cellulare sotto forma di adenosintrifosfato (ATP), composto ricco di legami energetici.

Un'ultima ipotesi sulla permeabilità della membrana si riferisce al grado variabile d'insaturazione delle catene alifatiche dei fosfolipidi. La fig. 7 chiarisce il sistema proposto. L'ordine molecolare dello strato idrofobico è dovuto al parallelismo delle catene alifatiche laterali dei lipidi. In esse i legami del carbonio sono nella quasi totalità saturati da atomi d'idrogeno. In caso di perdita di due atomi d'idrogeno legati a due atomi di carbonio contigui, i due orbitali rimasti liberi si uniscono a formare un doppio legame, che, come si osserva bene nella figura, turba l'ordine molecolare e quindi anche l'effetto d'impermeabilità della barriera.

Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che la permeabilità cellulare aumenta con l'innalzarsi della temperatura, a cui corrisponde un aumento del grado d'insaturazione delle catene sature.

Oltre a questi sistemi che permettono l'ingresso e la fuoruscita di materiali attraverso la membrana, esiste la possibilità che sostanze solide o liquide entrino nella cellula mediante invaginazione della membrana, che in seguito rilasceranno i materiali inglobati all'interno del citoplasma. Si tratta del fenomeno denominato "pinocitosi" per materiali liquidi o "fagocitosi" nel caso di particelle solide.

Le conoscenze sulla struttura e il funzionamento delle membrane biologiche sono tuttavia ancora molto insoddisfacenti. La soluzione del problema del trasporto dei materiall e di come l'energia chimica venga trasformata in lavoro meccanico è legata alla possibilità di arrivare a scomporre il complesso sistema morfologico delle membrane in tutti i suoi componenti.

Negli organismi multicellulari dove le cellule sono a contatto tra di loro esistono alcune strutture che ne garantiscono un'intima adesione. Si passa dalle interdigitazioni alle placche di fusione dove le membrane di due cellule attigue sono saldate in un'unica membrana, ai desmosomi che costituiscono particolari regioni d'ispessimento delle membrane da cui si dipartono fasci di tonofibrille che permettono la trasmissione di potenziali elettrici e facilitano il passaggio diretto di molecole anche di notevoli dimensioni (fig. 8).

Il citoplasma e la sua organizzazione submicroscopica. - Il citoplasma, o ialoplasma, circondato dalla membrana plasmatica che presenta numerose invaginazioni per facilitare gli scambi con l'ambiente esterno, oltre a contenere numerosi organelli di cui verranno più avanti specificate forme e funzioni, mostra un complesso sistema di membrane che possono essere considerate derivazioni e trasformazioni della stessa membrana esterna. Si tratta del reticolo endoplasmico, che è costituito da una serie di membrane che si articolano in diverticoli molto ramificati con l'aspetto o di canalicoli appiattiti o di tubuli più o meno contorti con diametro variabile tra 250 e 10.000 Å (fig. 9). La struttura di queste membrane è dello stesso tipo di quella della membrana plasmatica, della membrana nucleare che avvolge il nucleo delle cellule degli organismi superiori, e delle altre membrane che incontreremo nella descrizione di alcuni organuli cellulari. Il reticolo è denominato "liscio" se alla sua superficie non presenta granulosità, "granulare" nelle zone dove sulla superficie delle sue membrane sono presenti numerosi ribosomi. Il reticolo granulare è particolarmente sviluppato nelle cellule a intensa attività di sintesi proteica, in accordo con la funzione dei ribosomi in questo processo.

Analogamente alla membrana plasmatica, la parte proteica del reticolo endoplasmico è formata da enzimi di varia natura che intervengono nelle reazioni metaboliche citoplasmatiche, tra le quali degne di nota sono quelle del metabolismo degli ormoni steroidei. Le vescicole che si possono osservare qua e là nella vasta ramificazione del reticolo, sono spesso luogo di accumulo di prodotti intermedi del metabolismo, che attraverso i tubuli del reticolo stesso vengono convogliati nei siti specifici di trasformazione.

In sostanza le funzioni principali del reticolo endoplasmico sono quelle di supporto alla sintesi proteica, compartimentazione, trasformazione e trasferimento di prodotti del metabolismo nei vari distretti cellulari.

Nel citoplasma, oltre al reticolo endoplasmico e ai vari organuli, si può individuare una parte con struttura di tipo fibroso e una vera e propria matrice citoplasmatica costituita da una soluzione acquosa di tutti i componenti chimici presenti nella cellula. La parte fibrosa, di consistenza variabile da cellula a cellula col variare del tempo e delle condizioni chimico-fisiche, è formata da filamenti che si possono distinguere in tonofibrille e miofibrille. Le prime, che hanno un diametro di 50 Å sono costituite di cheratina e sono diffuse in tutto lo ialoplasma, principalmente in quelle zone contigue alla membrana in cui sono situati i desmosomi. Le seconde, di diversa natura proteica, sono particolarmente abbondanti nelle cellule contrattili e hanno uno spessore variabile tra 50 e 100 Å.

Sempre di natura fibrosa sono i microtubuli, strutture filamentose di diametro di circa 250 Å formate da subunità di 40 Å, che si trovano diffuse nello ialoplasma di quasi tutte le cellule e contribuiscono a determinare un vero e proprio citoscheletro interno.

La matrice vera e propria è formata dall'85% di acqua, in cui è disperso un gran numero di molecole diverse: vi si trovano tutte le proteine enzimatiche delle catene metaboliche che avvengono in fase dispersa, molti tipi di lipidi spesso associati in piccole goccioline, sali minerali, acidi nucleidi, zuccheri, aminoacidi, nucleotidi e tutti gli altri componenti intermedi del metabolismo cellulare. Questi composti, di peso molecolare generalmente elevato, fanno sì che la matrice assuma l'aspetto di un colloide, in cui la fase disperdente è rappresentata dall'acqua e dalle piccole molecole, e quella dispersa dalle macromolecole organiche. I legami di varia natura che possono intervenire tra le diverse macromolecole che si trovano nel citoplasma, conferiscono a questo un grado variabile di viscosità, per cui si usa distinguere un plasmagel, molto viscoso, da un plasmasol di scarsa viscosità.

Apparato del Golgi. - Si tratta di un organulo formato da una o più pile di sacchetti (sacculi) molto appiattiti e a decorso parallelo, cui fanno da contorno delle vescicole molto numerose che si distaccano per gemmazione dal bordo esterno degli stessi sacculi (fig. 10). I sacculi appiattiti consistono anch'essi di cavità, circondate da una membrana analoga a quella del reticolo endoplasmico, di ampiezza variabile tra 100 e 200 Å, e sono detti dittiosomi. Le vescicole invece tendono a una forma sferoidale di diametro variabile tra 500 e 1000 Å. Tali vescicole si distaccano per gemmazione alle estremità dei dittiosomi e rappresentano dei luoghi di accumulo di sostanze, sintetizzate nei dittiosomi stessi, che col distacco dal corpo centrale vengono trasportate in altri siti cellulari oppure all'esterno della cellula stessa.

L'apparato del Golgi è particolarmente sviluppato nelle cellule secretorie e partecipa attivamente ai processi di sintesi dei mucopolisaccaridi, alla formazione di granuli di secreti contenenti soltanto proteine (zimogeno nelle cellule del pancreas, granuli proteici delle cellule mammarie) o proteine coniugate con catene glicidiche o lipidiche. Le molecole proteiche, dopo esser state sintetizzate nei ribosomi e concentrate a livello del reticolo endoplasmico, pervengono nei sacculi dove possono subire ulteriori processi per uscire sotto forma di granuli di secrezione avvolti in membrane derivate da gemmazione delle pareti dei sacculi. Le molecole proteiche sarebbero anch'esse avvolte da membrane, prima di entrare nei sacculi, in seguito a gemmazione del reticolo endoplasmico. In questo modo il reticolo contribuirebbe a rifornire di nuove superfici membranose l'apparato del Golgi, dato che queste vescicole, denominate elementi di transizione, si fonderebbero con le membrane dei sacculi per riversarvi gli enzimi in esse contenuti (fig. 11). È da sottolineare inoltre che in questo modo alcuni tipi di enzimi ad azione litica non sono mai a contatto con la matrice plasmatica, ma si trovano sempre racchiusi entro vescicole rivestite da membrane. Nelle cellule germinali maschili, durante la trasformazione degli spermatidi in spermatozoi, le vescicole si raggruppano a formare un unico corpo che costituisce l'acrosoma il cui contenuto è prevalentemente di natura polisaccaridica.

Mitocondri. - Sono degli organuli che si possono osservare in gran numero dispersi nel citoplasma di ogni cellula eucariote, e hanno forma di bastoncelli con le terminazioni arrotondate alcuni, forma sferoidale o elissoidale altri. Sono costituiti da membrane sovrapposte dello spessore di 75 Å, dello stesso tipo di quelle descritte finora (membrana plasmatica, reticolo endoplasmico e apparato del Golgi) separate da uno spazio di circa 100 Å: mentre quella esterna è liscia, quella interna presenta delle pieghe che s'introflettono verso l'interno dell'organulo, dette creste mitocondriali (fig. 12). Tali creste sono più o meno numerose a seconda del tipo di cellula, e hanno un andamento in genere perpendicolare alla superficie del mitocondrio. Talora invece di creste appiattite le pieghe della membrana interna si presentano sotto forma di cilindretti e allora si parla di tubuli mitocondriali. La superficie della membrana interna che guarda verso la cavità mitocondriale è tappezzata di granuli attaccati mediante sottili peduncoli. Questi granuli, detti particelle elementari, particelle F o ossisomi, sono la sede delle reazioni della catena respiratoria, ultima fase della glicolisi aerobia. La fase precedente, il ciclo di Krebs, avviene invece nella matrice mitocondriale, che contiene in soluzione gli enzimi implicati nel ciclo e che occupa tutta la cavità del mitocondrio. In questa matrice si trovano inoltre dispersi dei ribosomi, con coefficiente di sedimentazione diverso da quello dei ribosomi citoplasmatici, e una molecola di DNA di forma circolare (cromosoma mitocondriale, sede delle informazioni genetiche del mitocondrio) che garantisce a questo organulo l'autonomia nei processi di riproduzione. Possono inoltre osservarsi qua e là goccioline lipidiche che rappresentano una riserva energetica endocellulare.

È interessante rilevare che i mitocondri contengono una molecola di DNA con struttura simile a quella del cromosoma dei batteri e che inoltre i ribosomi presenti nella matrice sono di tipo 70 S, come quelli delle cellule dei procarioti. Questo fatto ha indotto alcuni biologi a ritenere che questi organelli siano il risultato di una trasformazione di antichi batteri simbionti che l'evoluzione ha adattato a vita esclusivamente endocellulare.

Per quanto riguarda le funzioni del mitocondrio, esso può essere considerato la centrale energetica della cellula, dato che nel suo interno si compie il metabolismo terminale ossidativo di glicidi, lipidi e protidi con liberazione di notevoli quantità di molecole di ATP (fig. 13).

Data la precipua funzione energetica del mitocondrio queste strutture si presentano in numero, forma e localizzazione diverse a seconda delle necessità cellulari. Possono infatti addensarsi in prossimità del reticolo endoplasmico granulare in fase di attiva sintesi proteica, raccogliersi accanto a strutture contrattili quali le miofibrille del muscolo striato, circondare i flagelli degli spermatozoi oppure concentrarsi nei pressi della membrana plasmatica di cellule che necessitano di energia per attuare processi di scambi attivi.

Ribosomi. - I ribosomi, particelle submicroscopiche osservate per la prima volta al microscopio elettronico da G. E. Palade nel 1953, sono strutture presenti in tutte le cellule. Possono trovarsi sia liberi nel citoplasma, sia attaccati alle membrane del reticolo. Quando sono liberi formano in genere degli aggregati di più unità (da 5 a 40) che prendono il nome di polisomi o poliribosomi. Ogni ribosoma, di dimensioni di circa 250 × 150 Å, è formato di due subunità, di forma globulare, aderenti l'una all'altra, di diversa grandezza (precisamente di coefficiente di sedimentazione 40 Svedberg la minore, e 60 Svedberg la maggiore negli eucarioti, mentre il ribosoma intero ha coefficiente di sedimentazione di 80 S). Ricordiamo che nelle cellule dei procarioti i ribosomi interi hanno coefficiente di sedimentazione di 70 S mentre l'unità minore è di 30 S e la maggiore di 50 S. I ribosomi contengono il 40-60% di RNA (RNA ribosomale o RNAr); il resto è costituito da proteine, probabilmente di natura basica, associate a due tipi di molecole di RNA ribosomale, uno con coefficiente di sedimentazione 28 S e l'altro con coefficiente 5 S. Quest'ultimo tipo si riscontra anche nella subunità minore associato a un RNA di coefficiente 18 S. Tale RNA è sintetizzato all'interno del nucleo in apposite sedi cromosomiche, dette organizzatori nucleolari, e che concorrono a formare i nucleoli.

Delle molecole che costituiscono il ribosoma, presumibilmente la parte proteica ha sede nella parte interna, mentre gli RNAr avvolgono il nucleo centrale proteico. Le due subunità sono tenute insieme da ioni Mg++ che si legano ai radicali fosforici degli RNA. I ribosomi sono la sede della sintesi proteica ed è a livello della subunità minore che avviene la presa di contatto con l'RNA messaggero contenente l'informazione trascritta dal DNA cromosomico. In seguito sopravverrà la subunità maggiore a formare l'intero ribosoma, s'inizierà quindi il processo di traduzione con l'intervento delle molecole di RNA di trasferimento, legate ai vari aminoacidi, e si avrà così la formazione di una proteina specifica per quel determinato messaggio.

Cloroplasti. - Sono organuli caratteristici delle cellule vegetali e contengono strutture specializzate per la fotosintesi clorofilliana. Il colore verde è dovuto alla presenza nel loro interno di numerose molecole di clorofilla. Hanno una struttura simile a quella dei mitocondri, sono cioè rivestiti da una doppia membrana che racchiude una porzione detta stroma. La membrana interna s'introflette in numerose digitazioni lamellari (lamelle) che percorrono il cloroplasto in tutta la sua lunghezza e mostrano un andamento parallelo l'una all'altra. Qua e là si distinguono altre lamelle impilate a guisa di monete che costituiscono i grani e che sono la sede della prima fase della fotosintesi (fig. 14). La struttura fine delle lamelle che formano i grani è costituita da una serie continua di subunità dette quantasomi (fig. 15), all'interno dei quali sono disposte le molecole di pigmenti e di enzimi che costituiscono i fotosistemi capaci di sfruttare l'energia luminosa. Nello stroma, che contiene in soluzione tutti i componenti necessari allo svolgimento della fase oscura della fotosintesi, sono presenti anche dei granuli densi ricchi di RNA e formazioni fibrillari contenenti molecole di DNA.

Come i mitocondri, anche i cloroplasti sono dotati di capacità di riproduzione autonoma e sono in grado di effettuare sintesi proteiche indipendenti da quelle dirette dal DNA del nucleo. Anche per questi organuli si può ipotizzare una derivazione da batteri fotosintetici che, da un'iniziale condizione di simbionti, si siano trasformati per evoluzione adattativa negli attuali cloroplasti.

Lisosomi. - Sono gli organuli cellulari scoperti più recentemente: descritti nel 1955 da Ch. De Duve, si presentano come corpi densi, di diametro compreso tra 2500 e 5000 Å. Sono costituiti da un insieme di enzimi capaci d'idrolizzare proteine, DNA, RNA e alcuni carboidrati, racchiusi in una membrana che impedisce l'azione di questi enzimi sui relativi substrati. I principali enzimi sono: la fosfatasi acida, la ribonucleasi e la desossiribonucleasi, la perossidasi, la beta-galattosidasi.

I lisosomi possono essere considerati un apparato digerente interno delle singole cellule e derivano dall'attività dell'apparato del Golgi. Da questo si distaccano sotto forma di lisosomi primari per confluire poi in ammassi di lisosomi secondari che prendono diversi nomi a seconda della loro funzione (fagolisosomi, pinolisosomi, macroautofagi, microautofagi, crinofagi; v. fig. 16). Possono inoltre essere classificati come autolisosomi, se contengono materiali appartenenti alla stessa cellula, o come eterolisosomi, se si occupano della digestione di materiali provenienti dall'esterno.

I lisosomi, soprattutto quelli dei globuli bianchi e dei macrofagi, sono i responsabili principali della distruzione dei batteri e dei microbi che attaccano l'organismo.

I lisosomi possono inoltre versare il loro contenuto enzimatico nel citoplasma cellulare e causare così la demolizione della cellula stessa (autolisi), una volta che qualche danno cellulare abbia determinato la dissoluzione della membrana lisosomica.

I lisosomi hanno assunto una notevole importanza quando si è riconosciuto che numerose malattie genetiche, le tesaurismosi congenite (malattie di Gaucher, Nieman-Pick, Tay-Sachs, Hurler, Hunter, Fabry, ecc.), sono dovute all'accumulo patologico nei lisosomi di sostanze che non vengono degradate per la mancanza di enzimi specifici.

Centrioli. - Sono due bastoncelli cilindrici (diplosoma) del diametro di 1500 Å e della lunghezza variabile da 3000 a 5000 Å, situati in posizione ortogonale tra loro in prossimità della membrana nucleare. Altre volte sono più addossati alla membrana plasmatica, altre ancora costituiscono il corpuscolo basale per ciglia o flagelli. La parete del cilindretto centriolare è costituita da 9 tubuli, ognuno dei quali consta di tre subunità (fig. 17).

I centrioli hanno la capacità di duplicarsi per gemmazione. Durante la mitosi i due centrioli si pongono ai poli opposti della cellula e verso di essi si dirigono le fibre del fuso mitotico. Alla telofase ogni centriolo gemma in modo ortogonale un centriolo figlio che si accrescerà in interfase e costituirà insieme a quello preesistente il nuovo diplosoma.

La loro importanza è in relazione all'organizzazione di strutture che sono alla base di alcune funzioni di motilità cellulare: le fibre del fuso per gli spostamenti dei cromosomi durante i processi di mitosi e meiosi e la formazione e funzione di ciglia e flagelli.

Il nucleo. - Il nucleo, come struttura delimitata e separata dal resto del citoplasma mediante una membrana, è una caratteristica delle cellule eucariotiche. Esso rappresenta la centrale informativa della cellula e cambia assetto strutturale a seconda del momento funzionale in cui si trova. Distinguiamo un nucleo interfasico da un nucleo in divisione: il primo caso si riferisce alla struttura del nucleo che è presente tra una divisione e l'altra, oppure dopo l'ultima divisione in quelle cellule che si differenziano nelle strutture stabili tissutali, il secondo rivela le modificazioni che le strutture nucleari subiscono durante la divisione cellulare (mitosi).

Il nucleo interfasico può esser facilmente messo in evidenza in tutte le cellule eucariotiche, tranne che in rare eccezioni, come nei globuli rossi maturi dei mammiferi, in cui il nucleo degenera dopo che la cellula ha terminato la prima fase di accrescimento e differenziazione. Vi sono inoltre cellule che presentano più di un nucleo, come alcune cellule epatiche o le cellule muscolari.

Il nucleo appare in genere come una massa tondeggiante immersa nel citoplasma, ma talvolta, nelle cellule differenziate, assume forme particolari, presentando strozzature che lo suddividono in due o più lobi. Esso è delimitato da una membrana, la membrana nucleare, che si presenta come una modificazione di quella del reticolo endoplasmico, e che delimita una matrice, detta nucleoplasma o succo nucleare, con rifrangenza diversa da quella del citoplasma. Nella membrana nucleare osservata al microscopio elettronico sono presenti caratteristici pori di circa 25-100 Å di diametro, che facilitano i continui scambi di materiali tra citoplasma e nucleo (fig. 18). Con l'utilizzazione di colorazioni specifiche si può osservare che il nucleoplasma non ha una struttura omogenea, ma presenta zone più colorabili, dette zolle di cromatina, e qua e là corpi diversamente rifrangenti detti nucleoli. Le colorazioni specifiche per mettere in evidenza il nucleo sono quelle che colorano gli acidi nucleici (reazione di Feulgen, alla fucsina basica, carminio e orceina acetica, verde di metile, ecc.); infatti il nucleo è ricco di acidi nucleici, come DNA, RNA e loro precursori (nucleotidi), cui sono spesso associate proteine acide e basiche.

Il DNA, costituente principale dei cromosomi, nel nucleo interfasico risulta disperso a formare le zolle di cromatina in quanto i cromosomi stessi, che durante la mitosi sono ben condensati e facilmente distinguibili l'uno dall'altro, sono notevolmente despiralizzati e aggrovigliati tra loro a formare come un unico gomitolo. La despiralizzazione non è però uniforme, per cui, anche in interfase, si possono distinguere zone cromosomiche spiralizzate che si colorano intensamente e sono dette eterocromatiche, e zone molto despiralizzate che nel loro complesso costituiscono la eucromatina.

L'utilizzazione del microscopio elettronico, per ottenere informazioni sull'ultrastruttura del nucleo o dei cromosomi, non ha fornito risultati molto soddisfacenti data la grande opacità della cromatina agli elettroni.

I nucleoli sono masserelle fortemente rifrangenti che si trovano spesso associati alla membrana nucleare, e la cui struttura generalmente compatta e omogenea è costituita da ammassi molecolari di RNA ribosomale. Con particolari tecniche di colorazione si può mettere in evidenza che i nucleoli si originano in prossimità di quelle porzioni cromosomiche (costrizioni secondarie) sulle quali viene codificato l'RNA ribosomale (organizzatori nucleolari).

Riproduzione cellulare. - Nei procarioti la riproduzione cellulare è un fenomeno relativamente semplice e consiste nella duplicazione del DNA e nella sua ripartizione nelle due cellule che traggono origine dalla suddivisione del citoplasma che si è accresciuto. Nelle cellule eucariotiche dove esiste una netta separazione tra materiale nucleare e citoplasmatico, il fenomeno si accompagna a importanti modificazioni che si verificano a livello del citoplasma e a notevoli trasformazioni che intervengono all'interno del nucleo con la comparsa e successiva scomparsa dei cromosomi. In questo tipo di cellule durante il periodo che intercorre tra una divisione e la successiva, il materiale nucleare della cellula cosiddetta a riposo (terminologia che si riferisce all'assenza di processi visibili di divisione) prende il nome di cromatina che è costituita da DNA, istoni, proteine acide e RNA. La cromatina, anche senza ricorrere all'uccisione e alla fissazione delle cellule, è un materiale inomogeneo che può presentarsi all'osservazione microscopica sotto forma di addensamenti (zolle di cromatina o cromocentri) o di reticolo. Nelle cellule somatiche dei mammiferi di sesso femminile, all'interno del nucleo è contenuta una masserella detta corpo di Barr, che oggi viene interpretata come uno dei due cromosomi sessuali X allo stato ancora addensato e inattivo geneticamente. Negl'individui che presentano anomalie del cariotipo, quali i maschi Klinefelter XXY si può notare la presenza di un corpo di Barr mentre nelle femmine triplo X (XXX), le masserelle di cromatina sono due. La condizione generale è quella che i corpi di Barr, meglio definiti come cromatina sessuale, sono pari al numero delle X presenti nel cariotipo meno una. In ogni cellula somatica di mammifero i cromosomi X attivi geneticamente, e quindi completamente despiralizzati durante l'interfase in maniera che il loro contenuto in DNA possa essere trascritto, sono pertanto sempre meno, come nel maschio XY. Questo tipo di eterocromatina sessuale, detta anche facoltativa perché è inattiva solo nelle cellule somatiche e non in quelle della linea germinale, viene contrapposta all'eucromatina che costituisce la frazione attiva del genoma e che si duplica durante tutta la fase S del ciclo cellulare. L'eterocromatina sessuale presenta invece la caratteristica di duplicarsi tardivamente, alla fine della fase S del ciclo. Esiste poi un'altra specie di cromatina, quella cosiddetta costitutiva, ma di questa parleremo a proposito della struttura e composizione dei cromosomi.

Il ciclo cellulare. - Cellule eucariotiche impegnate in cicli successivi di divisione passano da una fase di mitosi, in cui sono ben evidenti i fenomeni nucleari a carico dei cromosomi, alla fase d'interfase in cui prevalgono i fenomeni di sintesi citoplasmatiche e nucleari. Per quanto riguarda il materiale cromosomico, una cellula che abbia terminato la mitosi dà origine a due cellule nei cui nuclei si trovano due completi assetti di cromosomi omologhi monocromatidici. Alla scomparsa dei filamenti cromosomici e alla riformazione delle membrane nucleari in telofase inizia il cosiddetto periodo G1 (gap 1, o primo intervallo). Segue un periodo S, di sintesi, durante il quale i cromosomi si replicano e avviene la sintesi del DNA. Al termine di questo periodo la cellula ha replicato il proprio complemento cromosomico e contiene pertanto due assetti d'informazione genetica costituiti da 2n cromosomi dicromatidici (fig. 19).

Finita la fase di sintesi la cellula inizia un periodo detto G2 (gap 2 o secondo intervallo) che dura sino all'inizio della profase mitotica.

I cromosomi durante l'interfase sono pertanto costituiti da un solo filamento o cromatide sino alla fine della fase G1 per poi duplicarsi e diventare dicromatidici durante la fase S e così conservarsi sino alla fine di G2. Con la profase, questa loro natura di filamenti costituiti da due sottounità risulterà visibile anche al microscopio ottico. Al termine dell'anafase mitotica i due cromatidi di ciascun cromosoma verranno ripartiti, a seguito della scissione longitudinale del centromero, nelle due cellule figlie. Mentre durante le fasi G1 e G2 avvengono le sintesi di tutte le proteine necessarie alle cellule, in S si compiono esclusivamente le sintesi del DNA, degl'istoni e delle proteine acide associate ai cromosomi. Mediante metodi autoradiografici, o con l'impiego di radioisotopi incorporati nei precursori del DNA e poi analizzati allo scintillatore, è oggi possibile calcolare con sufficiente accuratezza la lunghezza relativa delle varie fasi del ciclo cellulare che mostra caratteristiche variabili a seconda del tipo di cellula considerata. Le fasi G1 e G2 sono alquanto variabili, mentre la fase S si dimostra abbastanza costante, attorno alle 7 ore, per quasi tutte le cellule di mammifero.

Struttura e funzioni dei cromosomi. - È da lungo tempo che il cromosoma viene considerato come una struttura formata da un'associazione di DNA e proteine. Solo piuttosto recentemente si è cercato di far luce sui rapporti tra queste due componenti, dopo aver riconosciuto al DNA il ruolo di materiale genetico e quindi informativo per eccellenza. Nonostante i progressi conseguiti anche in questo settore, molti sono i problemi rimasti ancora insoluti. La condensazione dei cromosomi e la loro spiralizzazione durante il processo mitotico e meiotico non sono ancora fenomeni del tutto spiegati, poiché implicano la conoscenza della struttura del cromosoma interfasico e dei rapporti che esso contrae con le proteine per trasformarsi nel cromosoma condensato della profase. Poco si conosce sulla natura submicroscopica delle costrizioni nonché dei centromeri che sovraintendono ai movimenti cromosomici e cromatidici, e che devono essere costituiti da segmenti specifici di DNA e proteine. Ancora nulla si sa sulle proprietà che permettono ai cromosomi omologhi di riconoscersi e associarsi alla meiosi attraverso dei processi di adattamento di superfici che siamo ben lungi dal conoscere. Anche sulla struttura del cromosoma metafasico si è molto discusso; il modello più accettato è quello proposto dagli studi di E. J. DuPraw e D. E. Comings al microscopio elettronico, in cui ogni cromatide consisterebbe da una doppia elica di DNA complessata con proteine, più volte ripiegata su sé stessa, sino a dare l'organizzazione tridimensionale del cromosoma osservato al microscopio ottico (fig. 20). Le fibrille elementari avrebbero un diametro di circa 100 Å, mentre il trattamento dei cromosomi con enzimi proteolitici metterebbe in evidenza fibrille di 25-50 Å, di diametro (una doppia elica di DNA ha uno spessore di circa 25 Å). La regione del centromero consisterebbe principalmente di fibre non ancora replicatesi e che terrebbero insieme i due cromatidi ciascuno dei quali sarebbe provvisto di un "cinetocoro" a cui si attaccherebbero le fibre del fuso (fig. 21).

Oltre alla costrizione primaria, che corrisponde alla localizzazione del centromero, i cromosomi possono spesso presentare delle costrizioni secondarie, dette anche organizzatori del nucleolo (NO) dove un particolare DNA, il DNA che codifica per l'RNA ribosomale, è organizzato sotto forma di cistroni ripetuti molte volte (130 volte in Drosophila, 460-650 in Xenopus). L'RNA ribosomico 28 S e 18 S della subunità maggiore e minore del ribosoma viene prodotto sotto forma di un precursore di 45 S che subisce successivamente un processamento. La componente di RNA ribosomico 5 S, che andrà a costituire insieme con la 28 S la subunità maggiore del ribosoma, viene invece sintetizzata da un rDNA che è in larga parte situato nelle zone terminali dei cromosomi. Nelle regioni centromeriche (e per alcuni cromosomi anche in altre regioni) esisterebbe poi un DNA formato da sequenze semplici e ripetute (il cosiddetto DNA satellite) che costituisce la cosiddetta eterocromatina costitutiva. Questo DNA non verrebbe trascritto in RNA messaggero e la sua funzione è ancor oggi abbastanza oscura. Per alcuni autori potrebbe servire quale materiale di riserva per un'ulteriore evoluzione della specie, mentre per altri rivestirebbe funzioni associate al movimento dei cromosomi durante il processo di divisione mitotica o di riconoscimento dei cromosomi omologhi durante il processo meiotico (fig. 22).

Recentemente, tramite le tecniche di bandeggio cromosomico, è stato possibile identificare in ogni cromosoma regioni che si colorano differentemente, dopo particolari trattamenti, con il Giemsa o con certi fluorocromi (quinacrina, Hoechst, ecc.). Le C Bande, localizzate ai centromeri, sono identificabili con l'eterocromatina costitutiva: per le bande G (Giemsa) e Q (fluorocromi) non è certo che si tratti di un differenziamento tra regioni eterocromatiche; è probabile che si tratti invece di diversi rapporti di condensazione con le proteine associate al DNA o di composizione in basi diverse per il DNA presente nei vari segmenti cromosomici.

La mitosi. - Lo schema generale della mitosi è ancora quello dei primi citologi che la descrissero - rispettivamente nelle cellule vegetali (E. Strasburger, 1876) e nelle cellule animali (W. Flemming, 1879); da allora pochi particolari di rilievo si sono aggiunti mediante l'utilizzazione delle più moderne tecniche d'indagine. L'apparato del fuso e la sua costituzione in microtubuli, l'ultrastruttura dei centrioli e la loro duplicazione per gemmazione, la reduplicazione dei cromatidi secondo lo schema semiconservativo della duplicazione del DNA (esperimenti di Taylor) sono alcune delle principali e più recenti acquisizioni (fig. 23). Molte informazioni sono state invece raccolte sulle anomalie del processo, specialmente in cellule trattate con raggi X e UV dati i notevoli sviluppi della radiobiologia in questi ultimi anni. Per es.: tipo e numero di rotture in relazione alle dosi di raggi impiegate, conseguente formazione di micronuclei a carico dei frammenti cromosomici privi di centromero che vengono esclusi dalla cellula, formazione di mitosi a fusi multipolari anziché bipolari.

Altre anomalie descritte sono la non disgiunzione o irregolare distribuzione dei cromatidi, processo che porta alla costituzione di cellule e tessuti aneuploidi e quindi di organismi detti mosaici. L'irregolare distribuzione dei cromatidi di uno dei due cromosomi X, durante la prima divisione embrionale con perdita in uno dei due blastomeri di un cromosoma X, può originare negl'insetti individui detti ginandromorfi: metà del loro corpo sarà per gli eterocromosomi con corredo XX (femminile) e metà di tipo XO (maschile).

Anche nell'uomo sono stati descritti casi di mosaicismo, per es. per il cromosoma 21, e si conoscono individui costituiti da una mescolanza di cellule con trisomia 21 (sindrome di Down) insieme con cellule normalmente diploidi.

Fra le anomalie della mitosi, sono particolarmente interessanti quelle che hanno come conseguenza la mancata formazione del fuso, e quindi della distribuzione dei cromosomi a costituire due nuclei figli. Ne risulta un unico nucleo con numero di cromosomi raddoppiato rispetto al normale 2n. È questo uno dei modi da cui può avere origine la poliploidia (v. poliploidia, App. III, 11, p. 444). La soppressione del fuso si può ottenere sperimentalmente con vari trattamenti chimici o fisici (v. antimitotici, in questa App.). Le mitosi in cui non avviene la separazione dei cromosomi in due nuclei figli sono state indicate col nome di endomitosi. A processi di questo tipo si deve la formazione dei cromosomi politenici (v. oltre), in cui i singoli cromatidi che risultano dalla duplicazione non si allontanano, ma rimangono uniti a fascio, dando origine a strutture di dimensioni cospicue (donde il nome di cromosomi giganti; v. genetica, in App. II, 1, p. 1023).

Meiosi. - Anche per la meiosi gli aspetti fondamentali del processo sono rimasti quelli ormai classici dopo le descrizioni di C. D. Darlington nelle piante e di M. J. D. White negli animali. Ancora dibattuti e a livello d'ipotesi i meccanismi che presiedono al riconoscimento, appaiamento e disgiunzione dei cromosomi omologhi. Per quanto riguarda invece il processo del crossing-over, lo studio di alcuni mutanti nei procarioti e le conoscenze sugli enzimi che presiedono ai fenomeni della ricombinazione genica ha permesso di formulare alcuni modelli che attendono, per essere verificati negli eucarioti, una più completa descrizione dei fenomeni biochimici connessi con la meiosi negli organismi superiori (fig. 24).

Hotta e Stern hanno intanto potuto appurare che, durante la meiosi di Lilium, si ha la comparsa di una proteina che si associa al DNA e che nelle fasi di zigo-pachitene vi è una sintesi di DNA ricco di basi G e C da mettersi in relazione con i fenomeni di ricombinazione a livello molecolare.

Da un punto di vista morfologico, il microscopio elettronico ha messo in evidenza che durante la profase meiotica di cellule che vadano incontro (ma non solo in queste) a ricombinazione è presente una struttura di una certa complessità denominata complesso sinaptonemico. Questo consiste in una serie altamente organizzata di filamenti proteici che si dispone, sotto forma di struttura complanare, tra due cromosomi omologhi al momento del loro appaiamento. Il complesso sembra garantire l'appaiamento meccanico e la corrispondenza grossolana tra identiche parti di cromosomi omologhi: dato che il crossing-over implica la ricombinazione a livello del DNA tra nucleotidi corrispondenti, si può pensare che il complesso sinaptonemico, formando una struttura rigida tra i cromosomi omologhi, favorisca il processo di ricombinazione anche a livello molecolare. Nell'insieme è costituito da due strutture dense parallele, gli elementi laterali, separati da una regione centrale meno densa contenente un filamento piuttosto sottile ma denso detto elemento centrale. Gli elementi laterali sono strettamente associati ai cromosomi omologhi lungo tutta la loro lunghezza; mentre spesso il complesso termina sulla membrana interna dell'involucro nucleare (fig. 25).

Anche durante il processo meiotico possono verificarsi delle anomalie, alcune delle quali sotto controllo genetico, altre di tipo occasionale indotte da qualche causa esterna: la non disgiunzione dei cromosomi in I divisione - per mancanza di appaiamento (asinapsi) e di formazione dei chiasmi (desinapsi) - e in II divisione, la diversa frequenza di chiasmi e crossing-over nei due sessi (nella Drosophila melanogaster, per es., il crossing-over è addirittura assente nel maschio). La presenza poi di cromosomi omologhi strutturalmente alterati (per es. inversioni, traslocazioni eterozigoti) potrà poi portare alla formazione di gameti anomali o sotto il profilo della ricombinazione o di un bilanciato contenuto genico. Per le specie a riproduzione partenogenetica esiste infine tutta una serie di adattamenti speciali della meiosi a seconda delle specie considerate sia animali che vegetali.

I cromosomi politenici. - Si tratta di un particolare tipo di cromosomi, detti anche giganti per le loro dimensioni che sono di circa 100 volte maggiori di quelle dei cromosomi metafasici delle altre cellule. Sono permanentemente presenti nei nuclei di alcuni organi dei Ditteri, quali le ghiandole salivari della larva, i tubi malpighiani, alcune cellule intestinali, alcune cellule annesse alle setole, ecc. Oltre che per raffinati studi di citogenetica, quali la localizzazione dei geni a livello delle bande di cui sono composti, i cromosomi giganti sono stati utilizzati per studiare le attività fisiologiche dei geni. Lungo i cromosomi politenici possono infatti essere osservati dei rigonfiamenti, o puffs (detti anche anelli di Balbiani quando particolarmente sviluppati), che non sono altro che l'espressione morfologica del gene (o complesso di geni) in attività (fig. 26).

Si è potuto dimostrare che a livello dei puffs il DNA assume uno stato particolarmente despiralizzato e che su questo vengono sintetizzate elevate quantità di RNA messaggero e di proteine. Non tutte le regioni cromosomiche che entrano in puffs lo fanno simultaneamente, e questo sta a dimostrare che l'attività dei geni procede con ordine ben determinato e sequenziale: inoltre facendo il paragone tra gli stessi cromosomi presenti nei diversi organi si può notare come non ci sia corrispondenza tra i puffs che entrano in attività. Il che sta a dimostrare che con il differenziamento si stabilisce anche un'attività differenziale dei vari geni presenti nel genoma (fig. 27).

I cromosomi piumosi o a spazzola. - Sono anche questi cromosomi giganti (arrivano a lunghezze di 500-800 micron contro i 15-20 micron dello stato contratto in metafase) e assumono tale aspetto durante un intervallo del processo meiotico negli ovociti di Anfibi e di altri animali (figg. 28 e 29).

In questi ultimi anni il loro studio al microscopio elettronico ha potuto confermare come l'ipotesi del cromosoma uninemico sia la più corretta. Inoltre è stato microfotografato il processo di trascrizione del DNA in RNA messaggero, mentre il processo dell'amplificazione, per cui numerose copie (circa 400) ridondanti di DNA vengono amplificate sino a 1000 volte, è stato chiarito tramite l'intervento della trascriptasi inversa. Il DNA "metabolico" che si accumula in queste cellule non sarebbe altro che un rDNA ottenuto dall'rRNA per azione della trascriptasi inversa.

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