ACHEULEANA, CIVILTÀ

Enciclopedia Italiana (1929)

ACHEULEANA, CIVILTÀ

Ugo Rellini

. Il nome deriva dalla località di Saint-Acheul, sobborgo di Amiens, nella valle della Somme, in Francia. Qui si cominciarono a raccogliere, verso la metà del secolo scorso, i celebri amigdaloidi o asce scheggiate di selce, che furono i primi strumenti paleolitici presi in esame scientifico. (v. amigdaloidi).

La scuola classica francese, con i De Mortillet, considera il deposito di Saint-Acheul come tipico della seconda fase o periodo del paleolitico, ponendolo nel quaternario antico, e vede in esso la continuazione delle precedenti industrie della fase detta chelleana (chelléenne). Poiché il suo prodotto caratteristico è l'amigdaloide, questa facies appartiene alla cosiddetta "civiltà degli amigdaloidi" secondo le idee di coloro che sostengono l'esistenza di cicli industriali.

Null'altro di cotesta età ci è pervenuto che le selci scheggiate. Le famiglie umane dovettero ancora vivere nomadi e all'aperto. Sugli altipiani e lungo i fiumi gli oggetti abbandonati - selci scheggiate - si rinvennero sporadici o trascinati nelle alluvioni. Sul finire di quest'epoca incomincia l'occupazione delle caverne.

Industria. - Risulta di amigdaloidi e di robuste schegge ritoccate sul margine. Gli amigdaloidi sono perfezionati in confronto di quelli di età anteriore, sono appiattiti, completamente lavorati su le due facce, ovali quelli dell'acheuleano inferiore, triangolari e più svelti nell'acheuleano superiore.

La dibattuta questione se essi fossero immanicati o affustati dovrebbe risolversi in senso affermativo per le fogge a contorno così accuratamente ritoccato da renderlo tagliente se si stringa, per colpire, nella mano nuda. Per la presenza delle schegge a punta, denticolate, ecc. la scuola francese considera l'acheuleano come un'età di passaggio.

In Francia, si riconobbero due facies diverse nell'acheuleano superiore: 1° facies de la Micoque (Dordogna) e 2° facies di Levallois (presso Parigi). La facies de la Micoque è caratterizzata dalla piccolezza degli strumenti: gli amigdaloidi hanno appena 6-9 cm.; si hanno inoltre piccoli raschiatoi, perforatori e bulini. Si pensa da taluni autori che questa industria sia stata prodotta da una razza di pigmei microchiri come quelli dell'Africa (ma nemmeno i negroidi di Grimaldi si possono considerare pigmei). L'altra facies, o di Levallois, presenta, con grandissima abbondanza, lame corte e larghe, talvolta quasi rettangolari: son lavorate ad ampia scheggiatura, con faccia inferiore piana.

Posizione geologica e stratigrafia. Il concetto dell'acheuleano è inscindibile da quello della sua posizione geologica. A Saint-Acheul, deposito generalmente considerato come acheuleano inferiore, l'industria si trovò associata a rari avanzi dell'elefante antico. Ad Achenheim, nell'Alsazia, si notò inoltre la presenza del rinoceronte di Merck. Ma già nell'acheuleano superiore di Amiens, negli strati di löss e di lehm, l'industria è accompagnata dal mammuto e dal rinoceronte lanoso (Rh. thicorhinus). Si ha dunque un refrigeramento del clima, benché manchi ancora la renna. Si pensò a una fase di steppa, deducendola dai resti abbondanti degli equidi. Messa pertanto fuori dubbio l'appartenenza dell'acheuleano all'èra quaternaria, resta a stabilire se esso spetti al quaternario inferiore o medio, il che dipende dalle idee che ci facciamo sulle glaciazioni (per le idee generali in proposito v. chelleano). Qui si ricordi che il Penck, ammettendo quattro maggiori espansioni glaciali (gunziana, la più antica, mindeliana, rissiana, wurmiana) col ritorno della fauna calda nei periodi temperati interglaciali, colloca l'acheuleano nel secondo interglaciale, mindel-rissiano. L'Obermaier, pur ammettendo lo stesso numero di glaciazioni, sposta la civiltà acheuleana nel terzo periodo interglaciale, nel quale riconosce tre fasi: di steppa, di boschi, e poi di nuovo di steppa. L'acheuleano è in corrispondenza della parte media e finale dell'interglaciale.

All'acheuleano alpino spetterebbero due notevoli giacimenti: quello di Conliège (Lons-le-Saunier, nel Giura), che dètte due asce a mano trovate in pieno terreno glaciale, descritte dal Boule. Giacevano in un'argilla più recente dei depositi glaciali di quella regione, che lo stesso Penck attribuisce alla glaciazione di Riss. Può connettersi con questa la località di Challes de Boan (Hautecour, nell'Ain, in Francia), dove si trovarono alcune asce di fattura acheuleana in un'argilla rossa, con detriti glaciali, che il Penck fa corrispondere alla glaciazione rissiana. La fauna è data dai giacimenti svizzeri di Flurlingen presso Sciaffusa e Dürnten, presso Zurigo, ricoperti dalle morene del 4° periodo glaciale: ivi il rinoceronte di Merck è associato all'elefante antico di cui sarà imminente la scomparsa. In Spagna, nella valle della Garonna tra Tolosa e Gazères, l'Obermaier ha riconosciuto quattro sistemi di ghiaie fluvio-glaciali corrispondenti ad altrettante glaciazioni.

Sulla terza terrazza si hanno tre giacimenti acheuleani: Fonsorbes, Cambernard, Saint-Clar. A questi corrisponde, nella valle dell'Ariège la stazione di Infernet, che ci dà la fauna del mammuto associato al rinoceronte ticorino, al megacero, al leone delle caverne, al bisonte, ecc., posteriore alla glaciazione rissiana, quindi dall'Obermaier collocata nell'interglaciale riss-wurmiano. Il Werth, che pure ammette quattro glaciazioni, pone per la Germania, l'acheuleano in corrispondenza della terza grande avanzata dei ghiacciaî. Egli ritiene acheuleani gli esemplari di Markleeberg presso Lipsia, nelle ghiaie dell'Elster. Il Boule riconosce nell'Europa centrale, almeno nella Francia, tre sole glaciazioni, con una sola successione di faune, senza ritorni della fauna calda, una volta sparita; cioè: fauna dell'elefante meridionale; fauna dell'elefante antico; faum del mammuto e della renna. L'acheuleano è per lui in parte nell'interglaciale riss-wurmiano, in parte glaciale.

Le revisioni più recenti della stratigrafia di Saint-Acheul sono quelle del Commont e del Vaycon. (Per la stratigrafia generale della vallata della Somme v. chelleano). Riguardo a Saint-Acheul, il Commont, per la comodità della sua residenza (era professore di scienze naturali nella scuola normale di Amiens), ha potuto per anni vigilare le cave, notando l'andamento variabile dei depositi e raccogliendo immensi materiali, che hanno permesso studî comparativi. Il Commont stabilì un parallelismo tra il löss della valle della Somme e quello della valle del Reno, e credette di riconoscere a Saint-Acheul quattro terrazze: la più alta è la quarta, pliocenica, senza fauna né resti di industria umana. Specialmente sulla seconda terrazza il Commont raccolse l'acheuleano, distinto per lui in inferiore e in superiore. Ecco le sue osservazioni stratigrafiche.

Acheuleano superiore. - Strumenti lanceolati con patina bianca. Giacimento: limon rosso-sabbioso (corrisponde al limon feudillé del geologo Ladrière), e lehm alterato dell'antico löss (Älterer Lösslehm) sulla seconda terrazza di Amiens a Saint-Acheul e Montières. Fauna rara, ma il limon degli altipiani ha dato, associati alla stessa industria, mammuto e rinoceronte ticorino (mai la renna). A Saint-Acheul il löss inferiore contiene cavallo di grande statura, leone, coniglio.

Acheuleano inferiore. - Amigdaloidi di forme diverse, con predominio delle forme ovali (limandes) associati a un armamentario di piccole dimensioni. Giacimento: officina importante nei depositi sabbiosi alla base del limo quaternario medio (löss antico) sulla seconda terrazza di Saint-Acheul, con due livelli ndustriali. Elefante antico, cavallo di grande síatura, grande bovide, conchiglie di Belgrandia marinata e Unio litoralis.

Il Vaysog non riconosce la formazione delle quattro terrazze, che si sarebbero dovute incidere in un dislivello di appena una cinquantina di metri. Cotesti gradini non appaiono mai nettamente tagliati, ma a profili incerti, a fondo irregolare e inclinato. Lo stesso Commont d'altronde ammetteva in taluni punti la parziale fusione di due terrazze. Il fatto importante è l'esistenza di ghiaie scaglionate su 68 − 13 = 55 m. ad Amiens, e su 40 + 15 = 55 ad Abbeville, il che indica l'uniformità dello scavo per tutta la vallata della Somme. L'altezza dei depositi sull'antico letto del fiume poggiante sulla creta, ne stabilisce l'età relativa. La zona tra 30 e 40 m. ha dato i trovamenti famosi, in depositi sicuramente fluviali (sono a Saint-Acheul i luoghi oggi chiamati via Barni, via Caguy, via dei Bovi, ecc.; ad Abbeville, Moulin Quignon, Porte du Bois, Meuchecourt, ecc.). Le ricerche di D'Ault de Mesnil, Capitan, Breuil, Commont, Vayson dimostrano l'errore di D'Acy, il quale, volendo abolire la fase acheuleana, sosteneva che nei depositi della vallata della Somme, dall'alto al basso, si ha sempre la stessa industria. Le raccolte del Commont dimostrano la varietà degli amigdaloidi acheuleani, e degli strumenti sussidiarî, tra cui notevoli le cuspidi a lavoro unifacciale e gli strumenti denticolati.

Distribuzione geografica. - Cli amigdaloidi di fattura acheu- leana sono sparsi per tutto il mondo antico, nell'Europa, nell'Asia, nell'Africa, ma i giacimenti sicuramente riconosciuti sono scarsi. Una lista completa delle località che ne hanno fornito sarebbe ben difficile dare, perché gli autori, quando si tratta di materiale sporadico, generalmente lo indicano insieme col materiale chelleano, e così fa anche il De Mortillet, il quale pertanto insisteva nel distinguere queste due fasi cronologiche. Ne ha dati, in Spagna il giacimento di S. Isidro, presso Madrid; sono sicuramente apparsi nel Belgio, nell'Inghilterra, nella Polonia. Per l'Italia, se ne hanno dai dintorni di Gubbio (raccolta Pagliari) e da altre località dell'Umbria (raccolta Bellucci a Perugia). Di questi ultimi, cinque sono di diaspro stratificato, e si ravvicinano al bell'esemplare, pur di diaspro stratificato, di Montepulciano (Toscana). Poiché i depositi di questa roccia si trovano nel Senese, essi ci confermano il nomadismo di quelle tribù. All'acheuleano il Mochi attribuisce i bellissimi esemplari del giacimento di Terranova di Venosa, che sono stati raccolti dal Rellini, associati all'elefante antico e al bue primigenio. Alla detta epoca può ascriversi il deposito di Sansonello sulla sponda opposta dell'antico bacino lacustre, con i suoi tipi appiattiti. Belle serie se ne conservano nel Museo Preistorico di Roma.

Certamente questi amigdaloidi, per la bellezza della loro fattura, corrispondono a quelli acheuleani francesi; ma il deposito manca affatto di schegge mousteriane, carattere dei depositi acheuleani.

Secondo l'Obermaier, si avrebbe in Europa un aclheuleano occidentale, che tende a svolgersi verso il nord, e sarebbe di origine africana, penetrando in Europa per le vie della Spagna e dell'Italia; e un acheuleano orientale con sviluppo indipendente, attestato dai tipi foliacei di alcune caverne della Germania e della Baviera (Klause presso Kellheim; Kösten presso Lichtenfels). È anche probabile l'esistenza di una terza corrente, derivata dall'Asia minore, attraverso i Balcani, fino all'Ungheria.

Bibl.: G. Chauvet e G. Rivière, La Station quatern. de la Micoque, Saint-Étienne 1897, II; V. Commont, L'industrie des graviers supér. à Saint-Acheul, in Revue de l'école d'anthrop., XVII (1907), pp. 14-32; id., Les industries de l'ancien Saint-Acheul, in L'Anthrop. XIX (1908); G. e A. de Mortillet, La Préhistoire, Parigi 1910; V. Commont, Note sur le quaternaire du N. de la France, ecc., in Ann. de la Soc. géolog. du N., XLI (1912); id., CHronologie et stratigraphie des industries protohistoriques, ecc., in Congrès d'archéol. et anthropol. préhistorique, Session de Genève, 1912, I, pp. 239-255; G. Bellucci, Forme amigdaloidi in diaspro dell'Italia centrale, in Arch. per l'Antropol. e l'Etnol., XLII (1912); U. Rellini, Sulle stazioni quaternarie di tipo chelléen dell'agro venosino, in Mem. dei Lincei (classe sc. morali), 1915; A. Mochi, Il paleolitico di Terranera secondo nuove ricerche, in Arch. per l'Antropol. e l'Etnol., XLV (1915), pp. 328-337; id., I sincronismi tra glaciaz. faune e industrie quatern. in Europa e le concordanze italiane, in Archivio per l'Antropol. e l'Etnol., XLVII (1917), pp. 137-185; A. Vayson, La plus ancienne industrie de Saint-Acheul, in l'Anthropologie, XXX (1919), pp. 441-496; E. Werth, Der fossile Mensch, Berlino 1921; M. Boule, Les hommes fossiles, Parigi 1921, pp. 34-36; H. Obermaier, El hombre fósil, in Museo Nac. de Ciencias Naturales, 1925; U. Rellini, Successione probabile delle industrie pleistoceniche europeo-africane, in Rivista di antropologia (Soc. rom. di antropol.), XXVII (1926), pp. 133-181.

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