MAGDALENIANA, CIVILTÀ

Enciclopedia Italiana (1934)

MAGDALENIANA, CIVILTÀ

Raffaello Battaglia

. La civiltà magdaleniana segna il più alto stadio evolutivo raggiunto dalle civiltà miolitiche europee. Essa trae il nome, datole da G. de Mortillet, da un ampio abitato sotto roccia - La Madeleine - aperto lungo la riva destra della Vézère in Dordogna; abitato che fu per la prima volta esplorato da E. Lartet e H. Christy nel 1863.

La civiltà magdaleniana si estende dai monti Cantabrici alle Isole Britanniche e dalla Francia alla Polonia (e forse anche alla Russia). Malgrado quest'ampia distribuzione geografica, le stazioni principali e più significative sono raggruppate in territorî relativamente ristretti della Francia SO. (Périgord, Pirenei) e della Cantabria (Santander). Principalmente in base alle ricerche sistematiche intraprese nelle grotte francesi, fu possibile studiare la tipologia del materiale etnografico e individuare le principali fasi attraversate da quella civiltà nel corso millenario della sua evoluzione.

L'industria della pietra è caratterizzata dalla lavorazione delle lame silicee, spesso senza ritocchi. Si osserva una grande varietà di tipi, e da esemplari lunghi fino a 30 cm. si passa a sottili lamelle di 10-20 millimetri. Numerosi e caratteristici sono i bulini (bulini d'angolo, a becco di flauto, a becco di pappagallo, ecc.), alcuni con punta robusta per la preparazione delle ossa o per incidere la roccia, altri molto sottili per eseguire le fini incisioni sull'osso o sulle lastre di pietra tenera. Altri manufatti comuni sono punteruoli, raschiatoi di varie forme, seghe, coltelli e picchi. Nel Magdaleniano finale riappaiono in certe stazioni punte peduncolate, punte à cran, atipiche, e lamelle tipo La Gravette. In certi abitati si trovano anche microliti, adoperati forse per lavori delicati e forse anche (Peyrony) per il tatuaggio. Malgrado la varietà dei manufatti ora nominati molti dei quali sono lavorati con cura, l'industria della selce nel complesso è scadente, e i suoi prodotti risultano inferiori a quelli aurignaciani e solutréani.

Accanto agli oggetti di rocce silicee se ne trovano altri di scisto, di arenaria, di quarzite, di calcare: percussori, lisciatoi per la politura e la rifinitura dei manufatti di osso e di corno, piastre e macinelli per la preparazione delle terre colorate e per mesticare i colori. Si hanno anche lampade dello stesso tipo di quelle usate ancora al presente dagli Eschimesi. Nelle caverne magdaleniane della Francia ne furono raccolti circa una quindicina di esemplari, ricavati per lo più da un'arenaria rossa uguale a quella che affiora nei dintorni di Brive. Questo particolare rende plausibile l'ipotesi che a Brive (Corrèze) esistesse un centro di fabbricazione di queste lampade, o che da questa regione si esportassero i blocchi di roccia necessarî per la loro lavorazione. Di calcare erano invece le lampade trovate nella grotta des Fées e a Pair-non-Pair; un esemplare in quarzite conteneva la grotta di Gouërris. Anche in Moravia (Pekárna, Předmost) furono trovate lampade di pietra frammentate. Nella cavità centrale di esse aderisce spesso una materia nera, derivata dalla combustione delle sostanze grasse che alimentarono la fiamma. Probabilmente queste lampade, oltre e più che per rischiarare le abitazioni, venivano adoperate per penetrare nelle profonde gallerie delle caverne sacre.

Come abbiamo detto, è nella lavorazione dell'osso, del corno e dell'avorio che eccelle l'abilità tecnica dei Magdaleniani. Tra gli utensili di uso domestico sono da ricordare spatole, lisciatoi, scalpelli, punteruoli e principalmente sottili aghi di osso con cruna.

Altri oggetti d'osso servirono per la caccia e per la pesca: zagaglie (lanciate con propulsori di corno), arponi e ami. Ami da pesca sono probabilmente anche certi euriosi oggetti bifidi e muniti di più punte, che ricordano la forma delle pinne caudali dei pesci.

Oggetti di osso pisciformi, simili a quelli usati dagli Eschimesi per la pesca e aventi con tutta probabilità lo stesso scopo, trovò il Saint-Périer nella grotta des Harpons. Alcuni grandi manufatti puntuti di osso furono giudicati pugnali. Per completare la rassegna dei prodotti dell'osteotecnica magdaleniana è necessario accennare ancora ai bastoni forati e alle bacchette d'osso decorate con motivi spiraliformi, profondamente incisi.

I bastoni forati di corno di renne o, raramente, di corno cervino sono noti anche col nome di "bastoni di comando".

Le bacchette di corno con decorazioni spiraliformi, al contrario dei bastoni che sono diffusi su un largo territorio, hanno una distribuzione geografica limitata alla regione pirenaica, provenendo alcune dalle grotte di Arudy, Lourdes e Isturitz (Bassi Pirenei) e altre dalla grotta des Harpons (Alta Garonna). Anche l'uso di questi curiosi oggetti è ignoto. Per i loro caratteri essi ricordano i bastoni-messaggio degli Australiani o i modelli di tatuaggio delle isole Marchesi. G. Montandon mise in rilievo le analogie che essi hanno con le bacchette di libazione degli Ainu. Al gruppo degli strumenti magici o religiosi appartengono con ogni probabilità anche alcuni oggetti di osso a contorno ellissoidale allungato, con foro a un capo e quasi sempre coperti da incisioni. Essi ripetono esattamente la forma dei sacri rombi (churinga) australiani e di quelli di altre popolazioni primitive attuali.

Nell'inventario di una stazione magdaleniana sono frequenti pendagli (molti dei quali erano forse amuleti) e oggetti di abbigliamento: conchiglie forate, denti di cervidi, bovidi ed equidi con foro alla radice e qualche volta anche ornati d'incisioni. Numerosi sono anche i pendagli di osso e di avorio. Nel Petersfels e al Kesslerloch si ebbero anche interessanti serie di oggettini forati di lignite. A Wierzchow in Polonia fu trovato un oggetto fusiforme di avorio con solco mediano trasversale: forse un bastoncino da infilarsi nel setto nasale o nelle orecchie. Negli abitati magdaleniani sono comuni anche le materie coloranti (ocra gialla e rossa, ossido di manganese), delle quali la sola grotta des Eyzies (Dordogna) diede parecchi chilogrammi. È probabile che queste terre servissero, oltre che per preparare i colori per le pitture parietali delle caverne sacre, anche per la pittura del corpo.

Sembra che i Magdaleniani conoscessero strumenti musicali a fiato, ricavati da falangi di renne.

Un problema che sollevò un tempo molte discussioni è quello della conoscenza della ceramica da parte dei Magdaleniani. E. Pittard e H. Martin segnalarono l'esistenza di qualche coccio nella stazione di La Madeleine e in un giacimento di Nemours (Seineet-Marne) riferito al Magdaleniano in base ai dati stratigrafici. In un corridoio che unisce la grotta dei Trois-Frères a quella d'Enlène, il Bégouen e l'abate Breuil trovarono in uno strato magdaleniano una dozzina di pezzi di argilla cotta. Secondo il parere degli scopritori si tratta di argilla cotta casualmente dalla fiamma del focolare. È probabile, come pensa H. Martin, che i Magdaleniani, abili plasmatori di argilla, sapessero fare recipienti di argilla cruda; nulla autorizza invece a sostenere, allo stato presente delle cognizioni, che i Magdaleniani cuocessero l'argilla e praticassero l'arte del vasaio. Molto dubbia è anche la conoscenza da parte dei Magdaleniani di una scrittura.

Di tutti i manufatti d'osso e di corno fin qui nominati, quelli che meglio caratterizzano la civilta magdaleniana sono le zagaglie, gli arponi, i propulsori e i bastoni forati.

Nei livelli inferiori del Magdaleniano le zagaglie sono di forma lanceolata con la base sbiecata e incisa da solchi disposti a spiga o a raggiera. Segue un tipo col corpo a sezione circolare, base sbiecata o puntuta e fine solco longitudinale mediano. Negli strati più elevati s'incontrano piccole zagaglie con la base a sbiecatura semplice, alle quali succedono - nei livelli con arponi a una e a due serie di dentelli - le zagaglie con base a doppia sbiecatura. Non meno interessante è l'evoluzione degli arponi, studiata anch'essa dal Breuil. I primi arponi s'incontrano negli strati medî del Magdaleniano: alcuni sono armati di una serie laterale di piccoli dentelli uniti; altri presentano una doppia seghettatura marginale. Sono di osso e soltanto raramente di corno di renne. A questi seguono arponi con una sola serie di denti bene scolpiti e piccoli, in seguito meno numerosi ma più robusti e uncinati. Arponi a punte bilaterali sono ancora rari e di piccole dimensioni. Negli strati superiori infine troviamo eleganti arponi con doppia serie di punte e più tardi quelli - spesso coperti d'incisioni decorative - con denti di forma romboidale, molto robusti e distanziati. Negli stessi livelli appaiono in Francia i primi arponi piatti e i lisciatoi di corno cervino, che preannunciano quelli dell'Aziliano.

Già G. de Mortillet osservò l'esistenza dei principali tipi di zagaglie e di arponi qui descritti, senza tuttavia intuirne il significato cronologico. Una classificazione del Magdaleniano basata sui resti faunistici presentò il Piette nel 1889. Egli divise il Magdaleniano in quattro livelli: bovidiano, ippichiano, tarandiano ed elafiano, che raggruppò in due piani: equidiano e cervidiano. Questa divisione venne in seguito modificata dallo stesso Piette, che denominò le due successive fasi: époque hippiquiaune o arudiana (dalla grotta di Arudy, Bassi Pirenei) ed époque cervidienne o gourdaniana (dalla grotta di Gourdan, Alta Garonna).

Gli scavi del Breuil, del Capitan e del Peyrony nell'Abri Mège (1906) portarono un'altra modificazione alla terminologia del Magdaleniano, accettata anche dal Piette. Al Gourdaniano venne fatto corrispondere il Magdaleniano tipico antico, mentre per la fase più recente venne adottato il nome di Lortetiano (dalla grotta di Lorthet, Alti Pirenei). Una divisione più precisa e razionale venne proposta dal Breuil nel 1927. Egli divide l'intero ciclo magdaleniano in sei fasi, ognuna delle quali è caratterizzata da speciali tipi di zagaglie e di arponi.

Magdaleniano I. - Zagaglie piatte con la base a sbiecatura convessa e solcata, e altre più grosse a sezione circolare e base conica o a sbiecatura semplice.

Magdaleniano II - Zagaglie massicce a base conica.

Magdaleniano III. - Zagaglie coniche con la base a sbiecatura semplice.

Magdaleniano IV. - Prototipi di arponi, rari e di varie forme.

Magdaleniano V. - Arponi con una sola serie di denti, piccoli e uniti nei livelli più bassi, lunghi e uncinati nei livelli più recenti.

Magdaleniano VI. - Arponi a denti bilaterali, i più antichi con denti uncinati inclinati verso l'asta, i più recenti con denti larghi trapezoidali.

Manufatti i quali ripetono forme tipiche del Magdaleniano francese si trovano, come dicemmo, fino nelle grotte dell'Ungheria e della Polonia, e pare anche in alcune località dell'U. R. S. S. (in Ucraina). Alcune stazioni miolitiche all'aperto della Russia (Mezine) contengono saggi di un'arte decorativa a elementi geometrici, diversa dall'arte magdaleniana franco-cantabrica. A Ozarynci in Podolia si rinvenne invece la figura di un mammuth incisa in stile naturalista sopra un osso. In Siberia, in una stazione situata ai piedi dell'Antonova Gora (Krasnojarsk) e in quelle del Jenissei furono segnalati bastoni forati. Il Petris divide il Paleolitico superiore della Siberia in due strati e denomina quello più recente - strato di Irkutsk - "Magdaleniano sibirico". Malgrado le scoperte ora segnalate, la questione dell'esistenza di un Magdaleniano russo-siberiano, imparentato con quello dell'Europa occidentale, è ancora aperta. Comunque sia, procedendo dall'Europa orientale verso le coste dell'Atlantico incontriamo aggruppamenti di stazioni magdaleniane sempre più numerose e più ricche di manufatti silicei e ossei, e particolarmente di saggi artistici. La differenza fondamentale tra il classico Magdaleniano franco-cantabrico e quello degli altri paesi europei sta precisamente nella mancanza in questi ultimi dei superbi graffiti e delle pitture di stile naturalista. Come abbiamo detto, il Magdaleniano della Polonia e dell'Ungheria è molto povero. Gli abitati principali sono anche qui in caverne. Per la Polonia giova ricordare principalmente la caverna inferiore di Wierzchów e la Maszycka, la quale diede numerosi manufatti d'osso decorati con motivi simili a quelli del vecchio Magdaleniano di Placard.

Anche in Ungheria troviamo stazioni magdaleniane trogloditiche con selci microlitiche e rari oggetti di osso con decorazione geometrica. Povero è altresì il Magdaleniano nell'Austria inferiore (grotta Gudenus, Aggsbach). Meglio rappresentata è questa civiltà miolitica nella Moravia. Oltre ai manufatti d'osso e di corno uscì da queste grotte qualche saggio artistico comparabile a quelli di alcune caverne della Germania meridionale e della Francia. Anteriormente al Magdaleniano fiorì in Moravia (Predmost) una curiosa civiltà - predmostiana (Menghin) - caratterizzata principalmente da manufatti ricavati da ossa e avorio di mammuth e da corna di renne, i quali non trovano finora riscontro nell'osteotecnica delle altre civiltà preistoriche europee. Nel campo artistico il Predmostiano non presenta nessun contatto con l'Occidente europeo, mentre ha elementi in comune con l'arte di Mezine. È probabile che la corrente magdaleniana si sia innestata in queste regioni su elementi derivati dal Predmostiano.

Altri gruppi di stazioni magdaleniane esistono nella Germania meridionale, in Svizzera e nel Belgio. Gli abitati germanici sono disseminati intorno l'alto corso del Danubio e lungo il Reno. Nella maggioranza dei casi si tratta di abitati trogloditici; le stazioni all'aperto sono più rare. Tra le abitazioni cavernicole basti ricordare alcune delle principali: Petersfels (Baden); Sirgenstein, Schussenquelle (Württemberg); Hohlenstein, Hohlefels, Klausen, Kastlhäng (Baviera).

In Svizzera troviamo stazioni magdaleniane che si collegano da un lato con quelle della Germania meridionale, come Freudenthal, Schweizersbild e Kesslerloch intorno a Sciaffusa (Lago di Costanza); dall'altro con quelle della Francia: Veyrier. Stazioni trogloditiche con strati magdaleniani esistono pure nel Birstal. Un gruppo di abitati umani trogloditici si trova lungo le rive della Mosa e della Lesse nel Belgio. In tutti questi centri (Germania, Belgio, Svizzera) i manufatti presentano gli stessi caratteri di quelli del Magdaleniano francese, benché poche di queste stazioni possano venir comparate per la ricchezza del materiale con quelle del Périgord. Una quindicina di stazioni, tra quelle ora elencate, fornirono anche oggetti scolpiti e incisi, la maggior parte dei quali rivelano lo stesso stile dell'arte franco-cantabrica. Caverne contenenti rari manufatti di tipo magdaleniano esistono anche in Inghilterra. Dalle grotte di Creswell (Derbyshire) provengono alcune incisioni rappresentanti animali e una figura umana mascherata, la quale viene riferita però a un livello più antico protosolutréano. Le selci mantengono forme arcaiche simili alle aurignaciane. Nei Pirenei francesi si aprono le celebri grotte di Gourdan, Lorthet, Lourdes, Arudy, Mas d'Azil, La Vache, esplorate dal Piette e dal Garrigou, e alle quali vanno aggiunte quelle, non meno interessanti per il loro contenuto, dell'Alta Garonna, illustrate recentemente dal Saint-Périer (Harpons, Rideaux, Scilles, Gouërris). Nel Périgord i principali abitati si addensano lungo le rive della Vézère e della Beune a Les Eyzies: grotta des Eyzies, Gorge d'Enfer, Laugerie-Basse, Laugerie-Haute, La Madeleine, Ruth, La Mouth, ecc., nomi che hanno tutti una risonanza mondiale. Altre caverne occupate anche dai Magdaleniani troviamo nei dipartimenti più settentrionali: Placard, grotta des Morts, des Champs, Cabreret, Reilhac, Bruniquel. Nella Francia del nord il Magdaleniano diventa più raro: grotta des Fées, Trilobite, Le Hoteaux.

Nella Spagna settentrionale i Magdaleniani occuparono il versante marino della catena cantabrica e solo raramente valicarono i passi per stabilirsi nei paesi posti a sud. Si conoscono finora una trentina di caverne contenenti focolai magdaleniani o graffiti e pitture parietali. Esse vanno dalla provincia di Guipùzcoa alle Asturie e scendono a sud nelle provinm di Gerona e di Barcellona. Territorio classico nei Cantabrici è la province di Santander: basti nominare le grotte del Castillo, di Altamira, di Hornos de la Peña e di Valle. Gli abitati cantabrici contengono molti manufatti di osso e di corno di cervo (essendo raro il renne), come spatole, punteruoli, zagaglie con ornamenti geometrici, arponi con una o due file di denti e bastoni di comando. Arponi diede anche la cueva de Serinyà (Gerona). Nell'Abric Romani (Barcellona) mancano invece ossa lavorate. Le grotte catalane erano considerate le stazioni europee piìi meridionali contenenti materiale magdaleniano. Gli scavi intrapresi nel 1931 dal "Servicio de Investigación prehistórica" di Valencia misero in luce nella grotta del Parpallò un deposito dello spessore di 4 metri contenente i resti di un lungo stanziamento di famiglie magdaleniane, le quali abbandonarono nella caverna zagaglie a sbiecatura semplice e doppia, alcuni arponi di tipo primitivo, punteruoli, aghi con cruna e piastre di pietra con graffiti rappresentanti figure nastriformi simili a quelle della grotta Romanelli (Terra d'Otranto) e animali. Tutto questo materiale va riferito per i suoi caratteri etnografici alla prima metà del Magdaleniano e precisamente alle fasi I-IV del Breuil. La presenza di un Magdaleniano arcaico nella grotta del Parpallò può spiegare l'esistenza di graffiti e pitture di animali, che presentano strette analogie stilistiche con quelli delle caverne cantabriche, in due caverne dell'Andalusia: La Pileta e Doña Trinidad (Malaga). Il Magdaleniano manca in Italia.

I Magdaleniani franco-cantabrici si distinguono per il loro sorprendente talento artistico. Gli abitati e le caverne sacre del Périgord, dei Pirenei e dei Cantabrici contengono un grande numero di opere d'arte, che vanno dal bassorilievo alla scultura e dal graffito alle pitture policrome. Le materie prime adoperate dagli scultori e incisori sono l'osso l'avorio, il corno, l'argilla, il calcare, talvolta anche la lignite e altre rocce (e forse anche il legno). Per incidere e scolpire venivano adoperati picchi e bulini di selce. Le sostanze coloranti - anche le sculture portano spesso tracce di coloritura - erano ricavate dall'ocra, dall'ematite e dal manganese.

Viene distinta dai paleoetnologi francesi un'arte industriale (art mobilier) prevalentemente decorativa e un'arte parietale, alla quale appartengono i graffiti, le sculture e le grandi pitture eseguite sulle pareti delle caverne. Quest'arte è caratterizzata dalle figure animali di stile naturalista. Nel campo della scultura si passa dalle grandi statue di animali in calcare e in argilla ai piccoli esemplari scolpiti in avorio di mammuth o in corno di renne, e dei quali non è sempre possibile indicare con precisione l'uso e lo scopo. Per alcuni di essi si può pensare ad amuleti o talismani; la statuetta di Isturitz, rappresentante un felino col corpo attraversato da fori e con due arponi incisi sulle cosce e sulla spalla, servì con ogni verosimiglianza per la magia di caccia.

Apparteneva probabilmente a una statua una magnifica testa di bue muschiato in calcare, lunga 20 cm., scoperta a Laugerie-Basse. Esemplari unici per la loro rarità, e per l'importanza che hanno per la conoscenza dei riti magici praticati dai Magdaleniani, sono le statue e i bassorilievi d'argilla del Tuc d'Audoubert (Ariège) e di Montespan (Alta Garonna). In una sala della prima grotta, appoggiate contro un blocco di roccia, siavano due statue di bisonti, maschio e femmina, plasmate con mano maestra. A Montespan in una delle ultime sale furono scoperti altri animali modellati in argilla. A un metro dalla parete stava la statua acefala di un orso. Tra le zampe anteriori giaceva un teschio di U. spelaeus. Si può pensare che durante le cerimonie rituali la statua di argilla venisse completata con la testa di un orso ucciso e ricoperta con la pelliccia tolta dal corpo dell'animale.

Lungo le pareti della stessa caverna erano modellati ad altorilievo altri animali; un felino misurava m. 1,60 di lunghezza. Tra i bassorilievi occupa un posto a parte la serie di cavalli e di ruminanti scolpiti lungo la parete calcarea del riparo sotto roccia di Cap-Blanc a Laussel (Dordogna). La lunghezza dei cavalli varia da m. 1,40 a m. 2,30. Alcuni di essi portano tracce di colorazione. Mirabili per la perfezione del lavoro sono le statuine di corno e di avorio, rappresentanti per lo più animali.

Comunissimi sono i graffiti eseguiti su oggetti di osso e di corno a scopo decorativo e in molti casi anche, è lecito pensare, a scopo magico. Profili di animali sono incisi anche su pezzi di osso e di avorio o su piastre di calcare e di altre rocce tenere. Nelle caverne dell'Europa sud-occidentale si conoscono anche figure di animali segnate con le dita sull'argilla che copre il suolo e le pareti delle caverne. Ben più numerosi sono i graffiti incisi con bulini litici e le figure tracciate con materie coloranti sulle pareti delle stesse grotte. Di tutte le manifestazioni artistiche magdaleniane il graffito è quella che presenta la più grande distribuzione geografica, estendendosi dalle Isole Britanniche alla Polonia e alla Podolia. La grande diffusione dei graffiti eseguiti su armi o su pezzi di osso e di corno può venire spiegata con le migrazioni stagionali e gli spostamenti delle tribù. L'area delle pitture parietali è al contrario molto meno estesa, essendo limitata alle grotte della Dordogna, del Lot, dei Pirenei e dei Cantabrici. Fuori di questi confini si conoscono solo le pitture parietali delle caverne andaluse della Pileta e Doña Trinidad.

Le piccole figure animali incise su piastrine di pietra o su pezzi di osso sono ritenute schizzi dal vero, fatti dagli stessi artisti che eseguirono poi i graffiti e le pitture delle caverne. Nell'Abri La Genière (Ain) fu trovata una piastrina di calcare lunga pochi centimetri con ineiso sopra il profilo di un bisonte identico a uno dei bisonti policromi della grotta di Font-de-Gaume (Dordogna). Con ogni probabilità le due figure sono opera della stessa persona. Oggi conosciamo una cinquantina di caverne con graffiti e pitture parietali, la maggior parte delle quali si aprono nel Périgord, nei Pirenei e nella provincia di Santander. Le pitture e i graffiti cominciano ad apparire nelle parti interne e oscure delle grotte, talvolta a parecchie centinaia di metri dall'ingresso. Tra le più ricche sono quelle di Font-de-Gaume e di Combarelles. Nella prima il Breuil identificò 198 figure; la grotta di Combarelles ne contiene 291. Celebre è il fregio policromo dipinto sul soffitto della grande sala dì Altamira.

Nell'interno di queste caverne i Magdaleniani celebrarono i riti magici per promuovere la riproduzione della selvaggina, per la distruzione degli animali dannosi e per il buon esito della caccia. In queste caverne dovevano venire celebrate anche cerimonie e danze sacre, forse riti d'iniziazione, come lasciano supporre le impronte di piedi umani coperte da un leggiero strato stalagmitico, trovate dal Bégouen in una sala del Tuc d'Audoubert, lasciate da un gruppo di due o tre giovani procedenti sui talloni, come se eseguissero qualche passo ritmico. Collegate con le cerimonie sacre della tribù sono anche le riproduzioni della figura umana. Sulle pareti delle caverne appaiono con una certa frequenza profili di personaggi, talvolta itifallici, coperti con maschere animalesche. Tra questi si distingue la figura di uno stregone o di una divinità, della grotta dei Trois-Frères. Statuette femminili di stile naturalista o stilizzate diedero le stazioni di Laugerie-Basse (la celebre Vénus impudique), il Trou de Magrite (torso di donna incinta) e le caverne di Petersfels e Pekárna. L'ipotesi che le numerose riproduzioni di animali nell'interno delle caverne stessero in relazione con una religione totemistiea (S. Reinach) non risulta dimostrata.

Per completare il quadro della vita dei cacciatori magdaleniani giova accennare ancora ai riti funebri. I corpi dei defunti venivano sepolti in fosse aperte nelle stesse grotte che servivano di abitazione. La fossa e il cadavere erano abbondantemente cosparsi di ocra rossa. Per lo più intorno al defunto, abbigliato con i suoi ornamenti usuali, veniva deposto il corredo funerario composto di manufatti silicei e ossei. In certi casi il corpo veniva piegato e legato in modo che le ginocchia toccassero il mento; uso questo molto frequente anche tra i popoli primitivi attuali.

Esistono indizî anche dell'uso di scarnire i cadaveri e del seppellimento secondario.

Dai resti scheletrici raccolti in queste sepolture è possibile farsi un'idea dei caratteri fisici dei Magdaleniani. L'ipotesi che la civiltà magdaleniana fosse stata importata da una stirpe eschimoide (Boule) non è confermata dai dati di fatto. Un elemento eschimoide (Chancelade) visse probabilmente in Francia durante il Magdaleniano, e forse anche un po' prima; ma accanto a questi troviamo elementi razziali di altra origine, cromagnoniani, negroidi e mediterranei.

L'animale dominante nelle stazioni magdaleniane è il renne (Tarandus rangifer), donde anche il nome âge du renne dato a questo periodo. Nelle fasi più antiche s'incontrano ancora rappresentanti dei grandi mammiferi pleistorinici estinti: Elephas primigenius, Rhinoceros thicorhice, Felis leo spelaea, Ursus spelaeus. Negli strati più recenti questi animali scompaiono. Nei livelli più antichi abbonda anche il cavallo; in quelli più recenti divengono comuni i bovidi e il bisonte. La fauna artico-alpina è ben rappresentata: oltre al renne abbiamo Ovibos moschatus, Gulo gulo, Canis lagopus, Myodes torquatus, Foca, Capra ibex, Lepus variabilis, quella di steppa da Spermophilus rufescens, Lagomys pusillus, Saiga tartarica ed equidi asiatici.

Il Magdaleniano vien riferito dal Boule al Postglaciale. L'apparizione di questa civiltà in Europa coincide con un periodo climatico freddo-secco di tundra e con l'ultima grande espansione della fauna artico-alpina. Non si possono riferire però tutte le stazioni magdaleniane al Postglaciale. In Germania e nell'Europa centrale gli strati magdaleniani sono racchiusi nelle formazioni lössiche (löss recente), le quali vengono ora riferite concordemente all'ultima glaciazione quaternaria. È necessario tenere conto anche delle differenze faunistiche tra i livelli inferiori e superiori del Magdaleniano. È da ritenere perciò conforme al vero il riferimento cronologico proposto dal Breuil, il quale sincronizza il Magdaleniano antico al Würm II e quello recente al Postwürmiano.

Nella classica serie stratigrafica delle caverne francesi gli strati magdaleniani poggiano sopra quelli contenenti i resti dell'industria solutreana, sostenuti a loro volta dai depositi antropozoici aurignaciani. Sopra il Magdaleniano si estendono i livelli aziliani. Anche nei Cantabrici, in alcune stazioni germaniche e in Ungheria il Magdaleniano poggia sopra strati solutréani. Nella Pekárna (Moravia) e a Wildscheuer invece esso si sovrappone direttamente all'Aurignaciano. Tenendo conto degli elementi etnografici più significativi, risulta che tra il Magdaleniano e l'Aurignaciano esistono strette affinità, tanto da fare supporre che la civiltà magdaleniana sia derivata da quella di Aurignac, per quanto non si possa escludere anche la partecipazione di elementi asiatici o nordici. Comunque sia, è certo che alcuni dei principali manufatti magdaleniani, come le zagaglie e i bastoni forati, hanno i loro prototipi nella civiltà aurignaciana. L'arte magdaleniana poi forma un tutto indivisibile con quella aurignaciana, come dimostrano le ricerche del Breuil e dell'Obermaier nelle caverne francesi e cantabriche. I primi inizi dell'arte parietale appaiono nell'Aurignaciano e da questo momento seguono uno sviluppo regolare fino alle pitture policrome del Magdaleniano finale.

Il Magdaleniano arcaico di Placard (Charente), secondo H. Breuil, arriva appena alla Dordogna e manca nei Pirenei. Nella Cantabria si trovano soltanto oggetti sporadici. Il Magdaleniano III è ben rappresentato nella Dordogna, nei Pirenei e nei Cantabrici e arriva fino nella Svizzera e nella Polonia. È interessante notare la grande espansione geografica che hanno i manufatti del Magdaleniano arcaico di Placard, tanto rari nella regione franco-cantabrica. Essi arrivano all'est fino in Galizia e al sud fino a Valencia (grotta del Parpallò), abitato che rimane finora isolato in un territorio etnografico estraneo (Capsiano iberico). Questo fatto potrebbe far pensare a un'origine meridionale od orientale del Magdaleniano, ma potrebbe anche essere il risultato di una prima e rapida espansione di tribù magdaleniane. Giudicando in base ai dati forniti dalle manifestazioni artistiche, la culla del Magdaleniano andrebbe ricercata in qualche regione della Francia sud-occidentale.

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